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facendo altro. In una parola, la differenza che ha mirabilmente sintetizzato Marshall
McLuhan (1967) tra “medium caldo” (a basso coinvolgimento, la radio) e “medium
freddo” (ad alto coinvolgimento, la televisione).
La seconda ragione è la maggiore facilità con cui una radio può andare in onda. Non
sono necessari telecamere, truccatori, luci particolari, abiti adatti, pubblico, soubrette in
vestiti più o meno succinti; se da una parte la radio deve fatalmente pagare alla
televisione il dazio salato della mancanza di immagine, dall’altra recupera in
immediatezza sia dentro la sua stessa programmazione , per esempio il passaggio
dall’intrattenimento all’informazione e viceversa, spesso all’interno dello stesso
programma, sia nei confronti di altri media: basta un lancio di agenzia ed ecco che lo
speaker è pronto a dare la notizia, in notevole anticipo rispetto agli anchor-men
televisivi con buona pace di Emilio Fede e dei suoi record.
Un esempio tragicamente lampante di tutto questo si è avuto l’11 settembre 2001, il
giorno della gravissima catastrofe negli Stati Uniti quando alcune radio, in particolare il
network RTL 102.5, hanno potuto anticipare sia le televisioni sia i portali internet, e le
hanno poi battute sul piano dell’approfondimento restando in diretta per più di 72 ore,
alternando notizie e commenti, laddove la televisione, vincolata all’Auditel e agli spazi
pubblicitari già venduti agli inserzionisti, ha dovuto dare spazio alla programmazione
“quasi-normale”, dopo i telegiornali fiume e le inevitabili trasmissioni speciali dedicate
all’argomento.
Si diceva, dunque, che le radio sono riuscite a sopravvivere all’ondata di TV
tematiche musicali, agli anni Ottanta dominati dal culto dell’immagine, agli anni
Novanta in cui la musica è entrata spesso in polemica con la televisione, sebbene
utilizzando il mezzo televisivo stesso, cercando di scardinarne il sistema dall’interno.
Ed allo stesso modo stanno brillantemente sopravvivendo anche al nuovo millennio, in
certi casi rinnovandosi ed in altri restando fedeli a se stesse.
Nel primo caso molte emittenti radiofoniche hanno imparato a sfruttare il mondo di
internet: è infatti possibile ascoltarle in real audio via web e, spesso, è anche possibile
vedere quello che succede nel chiuso dello studio grazie ad una web-cam, infrangendo
così uno dei più consolidati tabù radiofonici, quello delle voci senza volto. Altre radio
sono addirittura andate a combattere in “territorio nemico”: Radio Italia (3 milioni e
800 mila ascoltatori), Radio Deejay (6 milioni) e RTL 102.5 (4 milioni e 700 mila)
2
, le
3
tre principali stazioni italiane del FM, trasmettono anche via satellite, andando ad
ampliare l’offerta musicale satellitare già ricchissima e presente in maniera plurale in
tutti i bouquet d’abbonamento proposti dalle piattaforme digitali.
Ma non tutte le radio si rinnovano. Alcune scelgono di restare emittenti di nicchia,
specializzate in un genere o in un pubblico di riferimento ed hanno il loro punto di
forza in una programmazione in controtendenza con l’appiattimento delle playlist di
tutta l’FM sui canoni imposti da MTV, dai principali network ed in ultima analisi da
quello che viene imposto sul mercato dalle case discografiche piuttosto che scelto dai
consumatori di musica.
Se la radio è rimasta in buona salute come dimostrano, tra l’altro, i milioni di
ascoltatori che ogni giorno si sintonizzano sulle frequenze di AM e FM, non si può certo
dire che dal 1981 ad oggi il panorama sia rimasto immutato. Lentamente, ma
inesorabilmente, MTV, le reti musicale e la televisione tout court hanno comunque
rubato spazio alle radio come mezzo principale deputato alla trasmissione di musica. Le
case discografiche hanno fatto investimenti cospicui in videoclip (in alcuni casi essi
arrivano ad avere il budget di un piccolo film hollywoodiano) ed in promozione
televisiva; trasmissioni dai target diversi ma ugualmente importanti in termini di
promozione come il Festival di Sanremo ed il Festivalbar sono assurti al ruolo di veri e
propri fenomeni mediatici di massa, fino a manifestazioni collettive difficilmente
spiegabili come la presenza di centomila persone in piazza per un finto-concerto, come
erano i concerti del Festivalbar visto che gli artisti, almeno fino a quest’anno
3
, erano
soliti esibirsi in playback, salvo rarissime eccezioni.
Il videoclip è diventato uno strumento non solo di promozione, ma anche di
sperimentazione artistica nelle cui pieghe spesso i musicisti ed i registi hanno imparato
a dare vita a forme di comunicazione forti, d’impatto violento, spesso scandalose.
Talvolta volutamente e artificiosamente improntate al “far parlare di sé”, talvolta vere e
proprie opere d’arte dall’altissimo valore comunicativo. In questi vent’anni è nata,
cresciuta e maturata una generazione figlia di MTV, adolescenti ma anche ragazzi e
giovani adulti che non riescono ad immaginare una canzone senza un video, una voce
senza una faccia, un ritornello senza una coreografia. L’industria discografica ha
dovuto fare i conti con questo fenomeno, ora adattandosi ad esso, ora cavalcandolo e
portandolo fino alle estreme conseguenze, come vedremo in seguito. Gli artisti, dal
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canto loro, hanno potuto trarre ispirazione dalla televisione, dai valori (positivi e
negativi) che essa trasmette, dalle potenzialità offerte dal supporto visivo per le loro
esibizioni live e dalle nuove possibilità espressive offerte dalle tecnologie che rendono i
videoclip sempre più belli dal punto di vista della confezione.
In altri termini, chiunque agisca oggi nell’ambito dell’industria musicale, sia esso un
artista, un produttore, un discografico o quant’altro deve fare i conti con la realtà
televisiva, deve sapere che tipo di impatto un nuovo prodotto può avere sul pubblico
televisivo, deve capire come coniugare l’efficacia delle canzoni con la spendibilità di
un immagine, deve tenere conto di un nuovo tipo di pubblico cresciuto a pane e front-
men patinati nel collocare sul mercato un nuovo lavoro.
Per tutti questi motivi l’idea di fondo di questo lavoro è che la televisione esercita
una grandissima influenza sulla diffusione di musica attraverso i teleschermi, sulla
promozione della stessa tramite i canali televisivi, sulla produzione di musica (tanto
quella registrata in studio degli album, quanto quella suonata dal vivo nei concerti) ed
in ultima analisi su tutta l’industria discografica. L’analisi verterà esclusivamente sulla
musica leggera, quella che ha trovato più spazio nei programmi televisivi e che ora ne
trova sulle radio e sulle televisioni tematiche. Anche perché la buona tradizione della
RAI degli esordi, che mandava in onda numerosi programmi di musica classica, operetta
e prosa si è un po’ persa nel tempo, accantonata come molti altri programmi culturali
sacrificati in nome dell’audience, anche se ai giorni nostri si cerca di recuperarla con
trasmissioni ad hoc, seppure trasmesse ad orari improbabili. Raitre, infatti, la rete più
intellettuale della TV pubblica che programma ben due appuntamenti musicali colti ad
un orario piuttosto insolito, il sabato mattina dalle nove alle undici, dedicati alla musica
classica e lirica. I programmi si chiamano La Musica Di Raitre e Prima Della Prima,
vanno in onda in sequenza ed offrono concerti di musica sinfonica e parti di opera,
diretti ed interpretati dai maggiori nomi della musica colta internazionale. Scelta
intellettuale, simile a quella di Raitre, anche per Retequattro, che ogni domenica
mattina alle 8.30 (con replica la sera stessa quasi a notte fonda) propone Domenica In
Concerto in cui si propone un’esecuzione integrale di un concerto di musica sinfonica,
con la presenza delle migliori orchestre e dei migliori direttori della scena
internazionale. Senza dimenticare, infine, la lunga diretta del 1° gennaio di ogni anno
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su Raiuno de Il Concerto Di Capodanno, con i più grandi direttori d’orchestra del
mondo a dirigere i Wiener Philarmoniker nello splendido scenario di Vienna.
Nella prima parte di questo lavoro affronteremo il modo in cui la televisione diffonde
la musica nei programmi prettamente musicali e negli show di varietà o di
intrattenimento. Il primo capitolo verterà su una rassegna storica della rappresentazione
della musica nella TV generalista con uno sguardo d’assieme sull’offerta di musica nella
RAI del monopolio, nel duopolio consolidato RAI-Fininvest e negli ultimi anni dopo
l’arrivo di MTV via etere in Italia. Il secondo capitolo sarà invece dedicato alla storia
della televisione musicali in Italia, dal tentativo di Videomusic, allo sbarco di MTV fino
all’arrivo recentissimo del canale tematico tedesco Viva. Nel terzo capitolo sarà
affrontato il fenomeno più importante dal punto di vista del rapporto tra musica e
televisione, cioè il Festival di Sanremo, del quale analizzeremo storia, pregi, difetti e
virtù propedeutiche in termini di promozione o di lancio di nuovi artisti. Nel quarto
capitolo vedremo in cosa consiste l’offerta musicale delle televisione generaliste oggi,
analizzando i programmi (musicali e non) della stagione 2001-2002 con un particolare
interesse per il Festivalbar, manifestazione estiva che riscuote ogni anno un seguito
maggiore di popolarità e di pubblico. Ed infine, nel quinto capitolo, analizzeremo la
programmazione delle due reti musicali via etere presenti in Italia, MTV e Viva,
mettendo in luce il tipo di programmi messi in onda e l’organizzazione dei propri
palinsesti, anche in relazione al target di riferimento (il pubblico giovane) e la vera
concorrenza (quella delle radio).
Nella seconda parte entreremo più nel dettaglio della video-musica, analizzandone la
struttura in un capitolo (il sesto) interamente dedicato al linguaggio dei videoclip ed ai
vari gradi di declinazione di un testo audiovisivo apparentemente dalla struttura rigida.
Nel settimo capitolo ci addentreremo nelle scelte di una casa discografica, per cercare
di capire quale tipo di rapporto i discografici hanno con la televisione, in termini di
promozione e di lancio di nuovi talenti e quanto il mezzo televisivo influisce sulle
scelte degli addetti ai lavori. Nell’ottavo capitolo assumeremo il punto di vista degli
artisti, analizzando il tipo di contributo che la televisione porta a livello creativo, nella
scrittura della musica, nella stesura dei testi ed in ultima analisi come fondamentale
supporto video durante molte performance live. A questo proposito analizzeremo da
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vicino la struttura dello Zoo TV Tour del 1993 degli U2, in cui si fa largo uso non solo
del supporto video, comune a molti artisti, ma di una vera e propria emittente televisiva
fittizia con tanto di tralicci, ripetitori e telecamere. Per concludere daremo una rapida
occhiata al contesto discografico italiano ed agli scenari futuri che si delineano
soprattutto in relazione alla sempre maggiore diffusione di internet.
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(1) Così si definiscono i gruppi che spariscono dopo un solo brano di successo.
(2) Dati Audiradio relativi al primo semestre del 2000 (15 gennaio – 9 giugno). Fonte: Corriere
della Sera.
(3) Nella prima puntata del Festivalbar del 2002, andata in onda il 27 maggio, su 24 artisti ben 22 si
sono esibiti dal vivo su basi registrate, mentre alcuni di loro come Red Hot Chili Peppers e
Jovanotti hanno suonato interamente dal vivo con la propria band, dando luogo ad un mini-
concerto.
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1. La storia della musica nella televisione
generalista
1.1 La RAI del monopolio
1.1.1 Dagli esordi alla fine degli anni Cinquanta
L’inizio ufficiale della televisione italiana, naturalmente sull’allora unico canale RAI
denominato Programma Nazionale, è datato domenica 3 gennaio 1954 ed è subito
musica: prima l’ultimo atto del rossiniano Guglielmo Tell, sigla che inaugura le
trasmissioni, e poi i primi programmi musicali della televisione italiana. Alle 15
Orchestra delle quindici con Febo Conti ed in seconda serata Settenote in cui Virgilio
Riento presentava alcuni brani di musica leggera. Ma il programma dell’anno è un
varietà a tutto tondo in cui la componente musicale ha un’importanza primaria, si tratta
di Un, due, tre, una trasmissione epocale per aver inquadrato nella rigidità di un
palinsesto la libertà e l’anarchia del teatro di rivista. Il successo del programma è
sottolineato dal numero di edizioni, cinque fino al 1959, e di puntate (77) al timone
delle quali si sono alternati personaggi come Mario Carotenuto, Riccardo Billi e Mario
Riva e soprattutto una coppia storica della televisione italiana, quella formata da Ugo
Tognazzi e Raimondo Vianello.
IL 1955 è un anno fondamentale per la musica in televisione in Italia perché per la
prima volta il Festival di Sanremo è trasmesso in diretta dalla RAI-TV che lo “scippa”
alla radio, dopo le prime quattro edizioni. Il Festival è ancora in una fase pionieristica:
pochi cantanti, pochi autori e case discografiche pressoché inesistenti, chi ha una
canzone la deve far avere alla RAI che la passa alle proprie orchestre ed ai propri
cantanti. Inutile sottolineare in questo contesto il ruolo e l’impatto del Festival
televisivo sulla musica e sulla televisione italiana.
1
Con Primo applauso, in onda nel 1956, inizia l’era dei “dilettanti allo sbaraglio”.
Infatti, nel varietà condotto prima da Silvana Pampanini e poi da Enzo Tortora, si
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sfidano a colpi di “applausometro” giovani alle prime armi nel mondo dello spettacolo.
Le performance musicali, naturalmente, sono i più numerosi e grazie ad uno di questi
viene lanciato nell’orbita televisiva un giovane orologiaio milanese di nome Adriano
Celentano. Sempre nel 1956 si ha uno dei primi esempi di one man show
2
tuttora molto
popolari sulle reti RAI, si chiama Rascel la nuit ed ha ovviamente come protagonista
Renato Rascel che propone le sue canzoni, portando sul piccolo schermo alcuni brani
del teatro di rivista classico.
Un’altra pietra miliare sulla strada della rappresentazione televisiva della musica è
datata 1957 e si chiama Il musichiere, gioco musicale a premi, progenitore di molti quiz
attuali, ideato dalla premiata ditta Garinei & Giovannini. Il programma, che dura fino al
1960 per un totale di 90 puntate che riempiono i sabati sera di milioni di italiani, si
reggeva sulla brillante conduzione di Mario Riva, sulle interpretazioni dell’orchestra
diretta da Gorni Kramer e sulla regia di Antonello Falqui. La formula del gioco è
semplice: l’orchestra suona poche note di una canzone famosa, i due concorrenti
devono scattare dalle famose cigolanti sedie a dondolo ed arrivare per primi a suonare
la campana che dà il diritto di rispondere. Il concorrente lascia metà del premio vinto
nella “cassaforte musicale”, e si guadagna il diritto di vincere l’intero premio e quello
di tornare la puntata successiva solo indovinando il motivo misterioso mascherato dai
cigolii di una saracinesca arrugginita. Uno dei momenti di maggior successo del
programma è però quando Mario Riva introduce un personaggio famoso e lo “obbliga”
a cimentarsi con una canzone famosa: tra gli imbarazzatissimi protagonisti di questo
improvvisato palcoscenico vanno ricordati Fausto Coppi e Gino Bartali (in coppia!),
Mario Soldati, Totò, Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Gary Cooper, Anita Ekberg
e Jayne Mansfield. Tutti impegnati in questa sorta di karaoke ante litteram, che
esemplifica bene come Il musichiere sia stato (e sia tuttora) fonte di ispirazione per
moltissimi giochi musicali a premi nella televisione italiana, anche se è giusto ricordare
che la formula originale del programma appartiene alla NBC che nel 1954 aveva creato
il gioco Name that tune, che oggi definiremmo un “format di successo”.
Nel 1958 la RAI sperimenta la trasmissione del popolarissimo programma americano
Perry Como show, anch’esso trasmesso dalla NBC. Ma il doppiaggio italiano non è
sempre preciso e spesso il pubblico a casa rimane disorientato dalle risate del pubblico
in studio e dalla mancata comprensione di molte battute tradotte male. La traccia più
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importante lasciata dalla trasmissione è la sigla Magic Moments interpretata dallo stesso
Perry Como e diventata un classico anche in Italia. Ma la vera novità dell’anno in fatto
di trasmissioni musicali è sicuramente Canzonissima.
Canzonissima è un programma abbinato alla Lotteria di Capodanno, secondo l’idea
di abbinare una gara musicale alla lotteria nata già nel 1956 alla radio. La prima delle
tantissime edizioni del programma
3
è firmata ancora una volta dal duo Garinei e
Giovannini, per la regia di Antonello Falqui e la conduzione di Renato Tagliani,
coadiuvato da Ugo Tognazzi, Walter Chiari ed Enza Soldi. La prima vincitrice è Nilla
Pizzi con L’Edera, ma l’esplosione del programma si colloca all’anno successivo,
grazie al contributo di Dino Verde e Lina Wertmüller e soprattutto grazie alla
conduzione leggera e disincantata di Paolo Panelli, Nino Manfredi e Delia Scala con i
loro personaggi che danno vita ad il primo esempio di varietà all’italiana compiuto, da
cui tutti i varietà successivi hanno preso spunto o con cui si sono poi dovuti
confrontare. D’altra parte lo spettacolo abbinato alla Lotteria Italia resiste ancora oggi,
anche se il retaggio di Canzonissima è arrivato fino a Fantastico ma poi è stato
abbandonato nella ricerca di altre formule di varietà dettate più che altro dall’esigenza
di contrastare la concorrenza. Attorno a Canzonissima si sono avvicendati i migliori
autori della televisione italiana, oltre ai già citati Garinei e Giovannini, Dino Verde e
Lina Wertmüller, vanno ricordati Amurri, Fo, Terzoli, Marchesi, Vaime, Paolini,
Silvestri, Castellano e Pipolo. Ne hanno curato la regia personaggi come Antonello
Falqui, Mario Landi, Eros Macchi, Romolo Siena e Piero Turchetti; lo hanno condotto i
principali presentatori affiancati dalle star più affermate del mondo dello spettacolo. I
nomi sono quelli di Ugo Tognazzi, Walter Chiari, Gianni Agus, Delia Scala, Nino
Manfredi, Paolo Panelli, Lauretta Masiero, Alberto Lionello, Aroldo Tieri, Sandra
Mondaini, Enzo Garinei, Dario Fo e Franca Rame, Lina Volonghi, Nino Taranto,
Corrado, Alice ed Ellen Kessler, Peppino De Filippo, Alberto Lupo, Franco Franchi e
Ciccio Ingrassia, Mina, Johnny Dorelli, Raimondo Vianello, Raffaella Carrà, Alighiero
Noschese, Vittorio Gassman, Loretta Goggi, Monica Vitti, Pippo Baudo, Cochi
Ponzoni e Renato Pozzetto.
Nel 1959 con Buone Vacanze nasce il primo varietà musicale estivo, ideato dal
maestro Gorni Kramer e dal regista Antonello Falqui, in cui due ospiti famosi
affiancano ogni settimana un cast di giovani cantanti (tra cui Wilma De Angelis, Betty
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Curtis e Johnny Dorelli) che si presentano reciprocamente, data l’assenza di un
conduttore vero e proprio. Una seconda edizione del programma va in onda l’estate
successiva, nel 1960. Il 1959, invece, è anche il primo anno dello Zecchino d’oro, la
manifestazione canora dedicata ai bambini voluta da Cino Tortorella che dal 1961 si
trasferirà poi a Bologna dove nel 1963 nasce il Piccolo Coro dell’Antoniano guidato
dalla oggi scomparsa Mariele Ventre. Lo Zecchino d’oro è rimasto in vita fino ai giorni
nostri grazie ad una formula azzeccata che evita di riprendere i lati peggiori delle simili
rassegne canore per adulti (come Sanremo), e sotto il patrocinio dell’Unicef nel 1976 è
diventata una kermesse internazionale che ha regalato alcune canzoni che tuttora sono
ricordate, e che vantano tra gli autori personaggi del calibro di Mogol, Pino Daniele,
Fred Bongusto, Memo Remigi, Tony Renis e lo stesso maestro Gorni Kramer.
1.1.2 Gli anni Sessanta
Il successo della televisione comincia ad ingolosire i privati ed il 6 luglio 1960 la
Corte Costituzionale deve intervenire con una prima, storica sentenza in merito alla
legittimità costituzionale del monopolio radio-televisivo. La sentenza è favorevole alla
RAI, in quanto nega ad una società privata che aveva chiesto di poter trasmettere
programmi televisivi il permesso di farlo, ma introduce due importanti obblighi a carico
della concessionaria statale: quello di garantire a tutti i cittadini d’accesso al servizio e
quello di garantire l’obiettività e l’imparzialità dell’informazione. Nel 1961, invece,
nasce il secondo canale RAI. L’esordio è datato 4 novembre e le trasmissioni sono
limitate a sole due ori serali, ma la svolta è comunque importante e ben presto anche la
futura Raidue inizia a marciare a pieno regime.
Il 21 ottobre del 1961 fa il suo esordio Studio Uno, un varietà diretto da Antonello
Falqui con un linguaggio televisivo tutto nuovo, frutto di un’esperienza maturata dallo
stesso Falqui durante un viaggio negli Stati Uniti dove ha visto un nuovo modo di fare
spettacolo e televisione. Studio Uno è essenzialmente un varietà, che riempirà il sabato
sera degli italiani per ben cinque anni, ma l’aspetto musicale è fondamentale. Basti
pensare al Dadaumpa inventato da Don Lurio per le gemelle Alice ed Ellen Kessler, al
ruolo di Mina perfettamente a proprio agio nei panni della soubrette, fino a Rita
Pavone, Ornella Vanoni ed il Quartetto Cetra. Tra gli altri protagonisti di Studio Uno i
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volti più amati della televisione di allora: Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Franca
Valeri, Bice Valori, Sandra Milo, Walter Chiari, Paolo Panelli, Luciano Salce, Lelio
Luttazzi, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Alla fine del 1961 Studio Uno è il
programma più visto secondo la neonata classifica stilata dal Servizio Opinioni della
RAI (peraltro non attendibile come l’odierna Auditel), alle sue spalle altri programmi ad
alto contenuto di musica: i varietà Canzonissima (terzo) e L’amico del giaguaro
(secondo). Quest’ultimo è il primo programma in cui la televisione prende coscienza di
se stessa e della propria forza, ed inizia a giocare con l’autoreferenzialità e
l’autocitazione. La “tombola-quiz” presentata da Corrado è solo il pretesto per
presentare i filmati realizzati dal trio Gino Bramieri – Marisa Del Frate – Raffaele Pisu.
Il dominatore dell’inizio degli anni sessanta è stato sicuramente Adriano Celentano:
il “molleggiato” è stato omaggiato da Federico Fellini di una sequenza nel suo
capolavoro La Dolce Vita, ha ottenuto un secondo posto a Sanremo con il rock
scatenato di Ventiquattromila Baci ed è il personaggio più in voga del momento. Nel
1964, è quasi logico dedicare un programma televisivo a lui e, soprattutto, alla cerchia
di amici e collaboratori di cui si è circondato; nasce così Adriano Clan, una
trasmissione dedicata a Celentano ed al Clan, composto da Detto Mariano, Ricky
Gianco, Miki Del Prete, Milena Cantù, Gino Santercole, Don Backy e da I Ribelli. Il
programma, condotto, da Gino Negri, propone momenti in studio con ospiti, servizi
filmati sui membri del Clan in giro per Milano ed interviste a personaggi famosi e gente
comune su Celentano. Nello stesso anno nasce Un disco per l’estate, le cui serate finali
sono trasmesse in diretta da Saint Vincent dal 18 al 20 giugno 1964 con la conduzione
di Nunzio Filogamo che cede il microfono a Pippo Baudo per l’ultima serata, in diretta
sul Programma Nazionale.
Nel 1965 sulla scorta dell’esperienza di Alta pressione, vede la luce un’altra
trasmissione interamente dedicata alla musica ed alle esibizione degli artisti. La
trasmissione si chiama Pick up, come la puntina del giradischi, ed è articolata in due
puntate dirette da Antonello Falqui, gli artisti che si esibiscono sono quelli esclusi
l’anno precedente da Sanremo a causa di divergenze tra le loro case discografiche e
l’organizzazione. I nomi sono quelli di Paul Anka, Neil Sedaka, Dalida, Riccardo Del
Turco, Sergio Endrigo ed altri, il presentatore è Walter Chiari e la grammatica delle
riprese è anch’essa ispirata ad Alta pressione: il conduttore è su una pedana al centro
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dello studio con il pubblico intorno a lui a semicerchio, una disposizione che, con
qualche variante, sarà d’ispirazione per molti altri programmi musicali ancora da
venire. L’evento dell’anno è però lo sbarco dei Beatles in Italia. Alle 22 di venerdì 25
marzo i “fab four” fanno la loro prima apparizione sul Programma Nazionale e fioccano
le polemiche, accese dalla rabbia degli opinionisti più conservatori che vedono nel
gruppo di Liverpool tutto il marcio della degenerazione giovanile nella musica e non
solo.
Tra il 1965 ed il 1966 continua l’esperienza degli one man show, o meglio in questo
caso degli one woman show. Si tratta, infatti, di Rita Pavone con il suo Stasera: Rita!,
spettacolo in quattro puntate costruito intorno alle nuove tendenze giovanili come lo
“shake” e lo “yé-yé” di cui Rita era fautrice e capostipite in Italia; e di Gigliola
Cinquetti con Io, Gigliola, un programma certamente più tradizionale e rassicurante in
cui la cantante veronese racconta la sua vita e come è cambiata dopo il successo
sanremese di due anni prima. Il 1966 è anche l’anno della prima vera affermazione di
Pippo Baudo, con un programma musicale di successo in onda la domenica pomeriggio
e che resterà in palinsesto per ben quattro stagioni. Si tratta di Settevoci, in cui sono
presenti sette ospiti musicali a puntata (da cui il titolo), dei quali quattro sono voci
conosciute, due debuttanti ed un ospite d’onore. Parallelamente si svolge un gioco in
cui quattro concorrenti abbinati alle quatto voci famoso rispondono a domande sulla
musica, sommando i loro punti a quelli dell’ormai immancabile “applausometro” per
far avanzare il proprio artista. Con Settevoci ed il nuovo telegiornale in onda la
domenica alle 13.30, poco prima del programma, si ha la prima applicazione pratica del
concetto di traino verticale, mentre Pippo Baudo si rivela sagace talent scout e lancia
giovani artisti come Al Bano, Nicola Di Bari, Loretta Goggi e Massimo Ranieri.
Sempre nel 1966 c’è il primo appuntamento con Festivalbar, il tour canoro estivo
voluto da Vittorio Salvetti, anch’egli già organizzatore del Festival di Sanremo, che
debutta il 9 settembre sul Secondo Programma. Dopo aver lanciato le più belle canzoni
estive di successo, passerà alle reti Fininvest diventando un fenomeno popolare.
Nel 1967 è ancora Mina protagonista. Il nuovo show del sabato del Programma
Nazionale si chiama semplicemente Sabato sera, la tigre di Cremona introduce ogni
settimana un ospite che l’affianca alla conduzione mentre nel cast fisso c’è un giovane
Rocky Roberts ed il suo gruppo, gli Airedales. Tra i balletti di Lola Falana e la carica di
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Rocky Roberts, il tasso musicale del programma è elevatissimo e la brava ed
intelligente Mina ne approfitta per lanciare alcuni dei suoi brani più famosi. Il 27
giugno del 1968 debutta un nuovo show musicale sul Programma Nazionale, si tratta di
Senza rete che il regista Enzo Trapani forgia sul modello dello spettacolo musicale
rigorosamente dal vivo senza quindi la “rete” di sicurezza del playback. Il successo di
Senza rete è grandissimo: andrà in onda ininterrottamente per otto estati, vantando
inoltre una promozione a varietà del sabato sera a partire dal 1970 sulla scorta di dati di
ascolto stratosferici che parlano di 18 milioni di spettatori a puntata. Negli anni la
formula rimane invariata, resistendo ai cambi di regia, da Enzo Trapani a Stefano
Stefani e Giancarlo Nicotra, e di conduzione, da Enrico Maria Salerno a Luciano Salce,
da Paolo Villaggio a Renato Rascel, da Aldo Giuffré a Pippo Baudo e Alberto Lupo.
L’anno seguente, tra i protagonisti delle sei puntate del nuovo one man show firmato
Marchesi, Terzoli e Vaime, i protagonisti della musica leggera la fanno da padrone:
Patty Pravo, Gianni Morandi e Adriano Celentano si affiancano ad altri personaggi
dello spettacolo come le gemelle Kessler, Gina Lollobrigida e Gino Bramieri.
1.1.3 Gli anni Settanta
Sono gli anni della contestazione, anche in video. Il 20 aprile 1971 Telebiella, la
prima TV italiana via cavo, ottiene dal Tribunale di Biella la registrazione come
“giornale periodico a mezzo video”. Il suo direttore è un ex regista della RAI di Milano,
Peppo Sacchi. Negli stessi giorni dalla Jugoslavia, Tele Radio Capodistria trasmette per
tre ore al giorno programmi televisivi a colori perfettamente visibili in gran parte
dell’Italia del Nord-Est: Friuli, Veneto, Romagna e Marche. Un’altra svolta epocale si
sta preparando.
Ed i tempi sono ormai maturi anche per affrontare la musica in televisione da un altro
punto di vista, quello divulgativo. Il Secondo Programma lo fa con una trasmissione in
onda dal 15 febbraio 1972 curata dal compositore contemporaneo Luciano Berio e
chiamata C’è musica e musica. E’ un viaggio alla scoperta della musica e di tutti i suoi
aspetti, del suo linguaggio, dei suoi segreti riguardanti tanto la composizione quanto
l’esecuzione. Non manca, evidentemente, il varietà musicale tradizionale. Nel 1972 e
nel 1973 prende le sembianze di Teatro 10 con Alberto Lupo in cui si alternano stelle
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musicali internazionali di prima grandezza come i Bee Gees, protagonisti indiscussi
della scena disco degli anni Settanta, come il compositore lounge Burt Bacharach, la
cantante francese Mireille Mathieu ed il grande Harry Belafonte, primo esportatore in
Italia del calypso e degli altri ritmi caraibici. Protagonista dell’ennesimo one man show
è ancora una volta Adriano Celentano che si esibisce nelle due puntate speciali di C’è
Celentano, accanto a lui la compagna Claudia Mori ed un inedito Marcello Marchesi
che firma i testi insieme alla coppia Amurri – Verde.
Nel frattempo prosegue la battaglia delle televisione private contro il monopolio: nel
1973, nonostante l’opposizione del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, il
piemontese Giovanni Goria, nascono proprio in Piemonte altre TV “libere” sulla scorta
dell’esperienza di Telebiella. Da TeleIvrea a Tele Alessandria fino a Tele Vercelli, il
fenomeno si estende anche in altre zone d’Italia con Tele Piombino, Teleromacavo e
tante altre. Il luglio dell’anno seguente due importantissime sentenze della Corte
Costituzionale riconoscono il diritto dei privati di trasmettere programmi esteri e di
trasmettere programmi via cavo su scala locale. La prima emittente ad avvalersi della
grande novità è Telemontecarlo che inizia a trasmettere per l’Italia già il 5 agosto,
mentre cinque giorni dopo tocca a Firenze Libera servirsi dei ripetitori di
Telecapodistria per trasmettere i propri programmi. Il 24 settembre, invece, inizia a
trasmettere via cavo una piccola emittente destinata a sconvolgere gli equilibri del
mercato televisivo e, per quanto ci riguarda, a portare un notevole contributo alla
rappresentazione della musica in televisione. Si tratta di TeleMilano, il cui proprietario
è un giovane Silvio Berlusconi.
Ma la RAI di certo non si ferma: il nuovo varietà del Programma Nazionale nel 1973
si chiama Formula due ed è retto dalle imitazioni di Alighiero Noschese e Loretta
Goggi anche se non mancano i numeri musicali con canzoni e balletti. A fine stagione
sarà il programma più visto con oltre 21 milioni di spettatori di media. Mentre nel 1974
è la volta di Milleluci, un varietà in onda dal celebre Teatro delle Vittorie che punta
sull’accoppiata Raffaella Carrà – Mina. Il tema di ognuna delle otto puntate è un genere
dello spettacolo e la sua storia. Da sottolineare le coreografie di Gino Landi, la regia
avveniristica e mobile di Antonello Falqui e l’alto profilo dei numeri musicali, non solo
di quelli di Mina, come è ormai tradizione nel varietà “convenzionale” targato RAI, e
come avviene anche nell’altro spettacolo del 1974, Tante scuse con Sandra Mondaini e
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Raimondo Vianello e nel successivo La compagnia stabile della canzone con variété e
comica finale che vede un giovane Christian De Sica come protagonista. Tra gli autori
del programma anche Maurizio Costanzo. Il varietà debutta il 6 settembre 1975 sul
Programma Nazionale che la legge 103/75 del 14 aprile
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ha ribattezzato Rete 1.
Un altro momento importante per la televisione e per la musica in televisione, è
fissato al 3 ottobre 1976 quando nasce il primo “contenitore” domenicale della durata
smisurata di sei ore, dalle 14 al telegiornale delle 20. La trasmissione è Domenica in ed
i conduttori sono Corrado e Dora Moroni ed all’interno dello show intervengono
cantanti e musicisti ad esibirsi, oltre ad altri numeri di spettacolo, di intrattenimento e di
informazione. Domenica in è giunta nel 2001 alla sua 26ª edizione e, dopo undici
edizioni
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all’insegna dello spettacolo discreto, dell’informazione e
dell’approfondimento, ha seguito la concorrenza sulla strada dell’intrattenimento facile,
banale e volgarotto a scapito anche della buona musica che il contenitore aveva sempre
proposto, dando spazio a personaggi molto nazional-popolari quali Pupo, Ricchi e
Poveri, Toto Cutugno, Francesca Alotta, Massimo Modugno (figlio di Domenico),
Orietta Berti, Jimmy Fontana ed Iva Zanicchi. Comunque, l’importanza di Domenica in
per la musica sarà consolidata l’anno dopo il suo esordio dall’inserimento di una vera e
propria trasmissione musicale all’interno di essa.
Di particolare rilevanza anche il debutto di Odeon: tutto quanto fa spettacolo, rubrica
di approfondimento curata da Brando Giordani ed Emilio Ravel, che si occupa
principalmente, ma non esclusivamente, di cinema e musica. La novità del programma
è rappresentato dal ritmo frenetico ed incalzante con cui si cercava di catturare
l’attenzione dello spettatore, quasi in risposta all’ormai imminente incremento della
concorrenza. D’altra parte l’evoluzione della televisione sta cambiando molte regole in
campo: dal punto di vista legislativo la Corte Costituzionale ha appena consentito la
creazione di stazioni radiofoniche e televisive via etere in ambito locale; dal punto di
vista della sintassi televisiva e dei contenuti si stanno affermando trasmissioni come
Onda libera con Roberto Benigni alias Mario Cioni ed i suoi dissacranti monologhi, e
soprattutto come L’altra domenica di Renzo Arbore che, con la sua nutrita truppa, fa
concorrenza a Domenica in con una trasmissione d’avanguardia forgiata sul modello
radiofonico di Alto gradimento
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. L’altra domenica va in onda dal 28 marzo 1976 fino al
1979 su Rete 2 lanciando personaggi come Andy Luotto, Mario Marenco, Milly