7
Il cattivo scolaro invece, diventa non l’eroe dei suoi genitori, ma dei suoi
compagni, assumendo atteggiamenti negativi, diventando il “ bullo” della scuola,
assumendo l’identità di “ fighetto” della situazione, atteggiamenti che oggi si
stanno diffondendo sempre di più tra i ragazzi; altre volte invece decide di
cancellare, completamente la scuola dai propri pensieri, ingrossando le file di quel
fenomeno che è la dispersione scolastica.
Il disagio scolastico è una realtà molto diffusa in Italia, compresa la
Sardegna e per avere un riscontro pratico di ciò, ho articolato il mio lavoro anche
in una parte sperimentale, somministrando un questionario alle classi 1^B del “
Liceo Scientifico, M. Pira” di Dorgali, sez. staccata di Bitti, 1^ CR (cerere) dell’
“Istituto tecnico agrario, B. Brau” di Nuoro, 1^ A dell’ “ Istituto psico- socio-
pedagogico, S. Satta” di Nuoro e la 1^ A dell’ “Istituto tecnico commerciale S.
Satta” di Nuoro; con questo questionario si capisce chiaramente come viene vista
l’istituzione scolastica dai giovani di oggi, e come quest’ultimi si rapportano alla
scuola, in particolare alla scuola media.
8
CAPITOLO PRIMO
L’ IDENTITA’
9
1.1 Cenni sull’identità
Quando si parla di identità, bisogna far riferimento sia al processo attraverso
il quale si pongono le basi per la sua costruzione, sia al significato che ha questo
termine.
Per quanto riguarda il primo aspetto bisogna fare riferimento al processo di
socializzazione e alla sua componente fondamentale: l’educazione, ossia, quel
processo di trasmissione di conoscenze e di definizione di valori che preparano i
giovani a una serie di ruoli che esulano dall’ambito familiare e che in una società
complessa come la nostra non sempre, possono essere previsti in anticipo.
Per quanto riguarda il secondo aspetto parlare di costruzione di identità
significa far riferimento <<(…)alla forma più importante di sviluppo che si
realizza durante l’intera vita di un individuo>>
1
e <<(…) alla capacità elastica
necessaria a mantenere costanti certi modelli essenziali, pur nei processi di
cambiamento.>>
2
.
Infatti, dire che una persona ha raggiunto una propria identità significa che:
• ha preso coscienza di essere sempre la stessa nonostante nel tempo
vada incontro a mutamenti riguardanti il suo Sé, ecco perché l’identità
personale <<(…)è un persistere di tratti stabili>>
3;
• ha preso coscienza di essere sempre la stessa nonostante a volte si
presenti agli altri con immagini diverse secondo le situazioni sociali che si
trova a vivere
4
;
• ha preso coscienza del fatto che nonostante si trovi in un contesto
sociale dove vi sono delle forze che tendono a determinare il suo
comportamento, egli è comunque in grado di sentirsi capace di iniziativa
1
G. W. Allport, Divenire:fondamenti di una psicologia della personalità, Giunti Barbera, Firenze 1970, cit. p. 28;
2
E. H. Erikson, Introspezione e responsabilità. Saggi sulle implicazioni etiche dell’introspezione psicoanalitica, trad.it.
Armando, Roma 1972, cit. p.55;
3
A. Polmonari, Sviluppo e identità, in AA.VV. Trattato enciclopedico di psicologia dell’età evolutiva, Piccin, Padova
1988, vol I- tomo II, cit. p. 30;
4
Cfr. Ibidem;
10
personale e di esprimerla, anche in modo limitato sull’ambiente e sugli
eventi
5
;
E’ utile ricordare che la formazione dell’identità non termina con
l’adolescenza, nonostante quest’ultima rappresenti lo stadio durante il quale il
consolidamento dell’identità personale prende le funzioni di un “compito
evolutivo specifico” caratterizzato da una sintesi tra le fasi precedenti durante le
quali, l’individuo ha provveduto a organizzare gradualmente il proprio Sé, e tra il
differente rapporto con la realtà che all’adolescente viene chiesto dalla vita, ossia
la ricerca di autoattivazione che si basa sul sentimento di una soggettiva
singolarità e le pressioni sociali per il conseguimento di condotte personali che
porteranno l’adolescente ad integrarsi nella comunità degli adulti
6
.
5
Cfr. Ibidem;
6
Cfr. B. Rossi, Identità e differenza, Ed. La Scuola, Brescia 1994;
11
1.2 Adolescenza e identità
Per adolescenza intendiamo quella fase dell’esistenza umana che segna la
transizione dall’infanzia allo stato adulto, vale a dire, l’età compresa fra i 12 e i 18
anni. E’ una fase in cui il soggetto incrementa da un punto di vista sia cognitivo
che emozionale il rapporto tra sé e il mondo circostante e alla cui conclusione, ha
individuato alcuni punti di riferimento relativamente stabili per definire la
relazione Sé- mondo sociale.
Questo difficile, quanto intenso momento di vita, è diventato un fatto di
massa ed è entrato nella coscienza collettiva solo fra le due Guerre Mondiali, o
meglio, nel momento in cui il contesto industrializzato ne ha creato l’esigenza, ma
anche la possibilità di vederla come momento di preparazione per l’inserimento
nella vita adulta.
L’esigenza di studiare l’adolescenza come percorso prolungato e
differenziato nel corso del quale il soggetto deve affrontare diversi conflitti e
passaggi di crisi per giungere, come abbiamo detto, a maturare tutte le componenti
della propria identità, ha spinto gli studiosi a riprendere la nozione di compiti di
sviluppo
7
.
Con quest’espressione ci si riferisce ai problemi concreti che ogni
adolescente deve affrontare e vengono definiti in rapporto all’ambiente storico e
sociale in cui ogni individuo è posto, infatti se si vuole capire ciò che accade a un
adolescente è necessario analizzare le forze sociali presenti nel contesto in cui
vive, la rete relazionale in cui è posto e le azioni che compie.
Per questo motivo i compiti di sviluppo non vengono vissuti allo stesso
modo da tutti i soggetti, per alcuni possono essere affrontati senza grosse
difficoltà per altri invece appaiono talmente difficili da superare, che possono
trasformarsi in vere e proprie frustrazioni.
7
Cfr. A. Nardi, La didattica del Sé: percorsi di riflessione sul rapporto tra educazione e costruzione dell’identità, Franco
Angeli, Milano 1999;
12
Queste vere e proprie sfide, che richiedono da parte dell’adolescente
numerose energie per essere affrontate, possono essere classificate secondo tre
tipologie:
• compiti di sviluppo in rapporto all’esperienza della pubertà;
• compiti di sviluppo in rapporto all’acquisizione del pensiero
ipotetico-deduttivo;
• compiti di sviluppo in rapporto all’esigenza di autonomia e di
inserimento sociale e quindi di costruzione dell’identità.
Non potendo fornire una descrizione dettagliata delle singole tipologie
riportate in precedenza, mi soffermerò su alcuni esempi di compiti di sviluppo che
l’adolescente deve affrontare in riferimento al cambiamento del sistema del Sé.
Ogni adolescente, deve trovare la propria unità personale pur vivendo
l’esperienza di un Sé diviso e contraddittorio. Infatti, attraverso la molteplicità di
relazioni che vive, si rende conto di presentarsi agli altri in modi diversi da
situazione a situazione: a casa, a scuola, nel rapporto col sesso opposto….; questo
doversi presentare in modo adeguato a ogni tipo di contesto è vissuto
dall’adolescente sia come esigenza, perché presentarsi allo stesso modo in ogni
situazione apparirebbe agli occhi degli altri una persona ridicola, sia come
minaccia perché vede in questa diversità di ruoli che ogni volta deve assumere, un
modo dove può facilmente perdere la sua coerenza e la continuità di sé stesso.
Questo compito di sviluppo può essere riferito all’esigenza di trovare
un’identità sincronica del Sé e differenziarlo quindi dall’esigenza di trovare
un’identità diacronica del Sé, ossia la scoperta di essere diverso sul piano fisico e
psicologico da ciò che era in passato ( bambino) a ciò che sarà in futuro( adulto).
In altre parole, il soggetto, deve essere in grado di accettare i suoi diversi modi di
presentarsi nei vari contesti e incontri personali come fossero l’espressione di un
proprio modo, più profondo e sentito, di essere sé stesso.
Nella ricerca di un’unità del sé, l’adolescente avverte l’esigenza di avere un
interlocutore comprensivo, ben identificato come ad esempio il gruppo dei pari;
ma altrettanto significativi restano i rapporti con gli adulti di riferimento che con
la loro stabilità e comprensione danno anch’essi una mano nel trovare l’unità di
cui parliamo: queste persone possono essere rintracciate sia in ambito familiare (
13
i genitori) sia in ambito scolastico ( l’insegnante). Nonostante questo però,
l’adolescente, diventa capace di allontanarsi dalle figure parentali per intrecciare
delle relazioni umane al di fuori della famiglia,generalmente nel gruppo dei pari,
lasciandosi dietro i comportamenti “ da bambino”e adottandone degli altri che lo
conducono verso l’assunzione di uno status da “ quasi adulto”
8
.
8
Cfr. L. De Natale, Devianza e pedagogia, La Scuola, Brescia 1998;
14
1.3 L’identità dell’adolescente nei contesti della vita
Ogni adolescente, porta avanti il proprio percorso verso la costruzione della
propria identità, all’interno di tre contesti in cui si trova a vivere, anche sulla base
delle relazioni che intreccia con gli attori coinvolti.
Vediamo ora di seguito quali sono questi contesti di vita e le rispettive
relazioni che all’interno di essi si vengono a creare.
a) La famiglia: relazione genitori-figlio
E’ sostanzialmente la famiglia ad accompagnare l’adolescente in questo
processo maturativo e proprio a causa di ciò, vi è una rinegoziazione dei legami
pre-esistenti da cui ne deriva un rapporto educativo instabile e paradossale: i
genitori tendono a favorire l’autonomia del figlio, cercando, di allontanarlo dai
comportamenti dannosi, insegnandogli la capacità di cambiamento, ma allo stesso
tempo garantendogli anche una stabilità di abitudini all’interno di un determinato
quadro di valori.
Nel momento in cui la famiglia risulta inadeguata a svolgere questo
compito, lo sviluppo evolutivo dell’adolescente riporterà sicuramente qualche
problema.
L’esigenza di autonomia dell’adolescente dalla famiglia d’origine avviene
con un’ambiguità di fondo legata al fatto che in questo periodo, il soggetto in
questione, viene definito da molti studiosi del tema come “un qualcosa di
indeterminato”, ma nonostante ciò, oltre all’adolescente anche i genitori, o
meglio soprattutto i genitori, si trovano particolarmente implicati in questo
fenomeno, in quanto, devono dosare gli interventi in modo da consentire al figlio
momenti di regressione affettiva e sortite di autonomia.
Attraverso una ricerca della Cospes
9
, effettuata su un campione di
adolescenti di entrambi i sessi, ne è risultato che il rapporto tra genitore e figlio
per poter essere valutato positivamente da quest’ultimo, deve essere caratterizzato
dalla presenza di quattro elementi:
9
Cfr. G. Tonolo, Adolescenza e identità. Il Mulino, Bologna 1999;
15
• lo sforzo di comprensione: ossia il senso di rispetto che ogni
genitore nutre nei confronti del figlio; molti ragazzi\e ammettono che i
propri familiari si sforzano di capirli, altri invece denunciano una mancata
sintonia legata al fatto che molti genitori pensano che in quanto tali
devono essere i figli a capire le loro ragioni e non viceversa;
• il coinvolgimento dei figli nelle decisioni: anche in questo caso
sono state riscontrate delle sfumature, in quanto, da un lato emerge che
molti giovani interagiscono con i propri genitori e risultano concordi
anche nelle decisioni più importanti, dall’altro lato invece ci sarebbero dei
genitori definiti “ impositivi” in quanto sono loro che decidono da soli e
quasi sempre accettano con difficoltà argomenti e decisioni diversi dai
propri;
• la gestione dei compiti abituali di responsabilità: ogni famiglia ha
dei diritti e dei doveri sulla base dei ruoli ricoperti da ogni suo
componente. Durante l’adolescenza avviene una ristrutturazione di questi
compiti, per cui i genitori devono cercare di garantire l’emancipazione,
verso la vita adulta dei propri figli, purché ciò avvenga nel rispetto delle
regole familiari e sociali. Quasi tutti gli intervistati ammettono che i
propri genitori si sforzano per trovare degli accordi; in questo caso però le
differenze esistono riguardo i maschi e le femmine, in quanto i primi
accettano questi compiti di responsabilità con molta più difficoltà rispetto
alle loro coetanee;
• l’aiuto che ricevono nell’affrontare i problemi legati alla crescita:
riguardo questo punto le risposte sono state di tre tipi: a) genitori che
pongono una certa attenzione ai problemi dei figli adolescenti e cercano di
dare dei consigli che risultino anche oggetto di maturazione; b) genitori
che vedono i propri figli incerti per cui presentano le proprie soluzioni
sulla base delle loro passate esperienze, per cui il ragazzo non è portato a
una maturazione consapevole; - infine quei- c) genitori che si impongono
sui figli, facendoli sentire in colpa se esprimono opinioni diverse,
bloccando quindi il loro sviluppo maturativo.