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INTRODUZIONE
Il linguaggio è una delle facoltà che sono state donate, tra tutti gli esseri
viventi, solo all‟uomo. È il modo che utilizziamo per esprimere noi stessi e
per descrivere ciò che ci circonda.
Le lingue sono un prodotto culturale, caratterizzano la cultura di un popolo
e lo esprimono in modo unico. Per questo motivo quello del traduttore non
è un lavoro facile, non è solo una sostituzione di parole ma
un‟immedesimazione nella cultura di arrivo attraverso le parole di un testo.
L‟apprendimento di una seconda lingua risulta, perciò, un processo lungo e
laborioso che porta alla scoperta di curiose differenze tra la lingua che si sta
apprendendo e la propria lingua madre. Tale processo però non sempre si
porta a compimento con successo. Si è scoperto che, soprattutto quando si
tratta di apprendenti adulti, è impossibile (o quasi) acquisire una
competenza nella seconda lingua (L2) pari a quella che lo stesso
apprendente possiede nella sua lingua madre (L1). Uno dei fenomeni che
impediscono di raggiungere tale obiettivo è proprio quello di cui si tratta in
questo lavoro: la fossilizzazione. È il fenomeno per cui alcune forme
“errate” cristallizzano e l‟apprendente, nonostante i suoi sforzi, non riesce a
correggerle. Credo sia uno dei problemi che affliggono maggiormente gli
studenti, ma anche gli insegnanti che si a volte si sentono un po‟ sfiduciati.
È un fenomeno interessante e inevitabile per il quale non è stata trovata
ancora una “cura”. L‟unica cosa da farsi è la pratica continua sia in
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ambiente scolastico ma anche in contesti naturali in cui l‟apprendente può
sentirsi più libero e rilassato.
La fossilizzazione è una manifestazione per cui è anche difficile fare dei
lavori di ricerca affidabili, perché necessita di studi longitudinali, cioè
protratti nel tempo, che sono l‟unico modo per verificare se una particolare
struttura si è davvero fossilizzata, o è solo l‟emergenza di un caso isolato e
quindi, non sistematico. Per attestare la fossilizzazione in modo
inequivocabile tali studi dovrebbero durare anche tutta la vita dei soggetti
presi in esame e si può ben capire quanto ciò rappresenti una notevole
difficoltà per qualsiasi studioso.
Gli studi su questo fenomeno nascono all‟interno della linguistica
acquisizionale (o Second Language Acquisition) di cui si parla nel primo
capitolo.
Il capitolo successivo è dedicato a un excursus delle principali teorie
sull‟acquisizione di L2 (comportamentismo, cognitivismo). Il terzo capitolo
è invece riservato alla Error Analysis e a Pit Corder, il primo a teorizzare il
concetto di interlingua. Pit Corder non ha avuto negli anni una grande
“considerazione mediatica”; è citato in poche pagine internet di cui la
maggior parte sono bibliografie e non esiste il suo articolo né in lingua
originale né in traduzione. Vista la sua importanza, e poiché ho trovato
spesso il suo articolo (The significante of learners’errors) citato durante le
mie ricerche, ho sentito l‟esigenza di leggerlo e la sua traduzione costituisce
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parte del sesto capitolo del mio lavoro.
Il quarto capitolo invece è incentrato sul concetto di interlingua, anch‟esso
come quello di fossilizzazione, fondamentale nella SLA e sulle varie teorie
che lo caratterizzano. Esso costituisce quell‟insieme di regole, quel sistema
che l‟apprendente usa per comunicare. È una lingua in una specie di limbo
che presenta ancora strutture della lingua madre e non è la L2 con tutte le
sue forme corrette (che pochissimi soggetti riusciranno a raggiungere).
L‟argomento centrale della tesi è trattato invece nel quinto capitolo, in cui si
presenta un excursus sulle diverse teorizzazioni della fossilizzazione e si
cerca di fornire una serie di cause che portano ad essa. Si presenta, inoltre,
ed è da qui che questo lavoro è partito, la traduzione dell‟articolo
Fossilization: five central issues (che costituisce la seconda parte del sesto
capitolo) tratto da un periodico specializzato e scritto dallo studioso
ZhaoHong Han, professore della Columbia University. Infine nel settimo
capitolo vengono riportate alcune considerazioni del traduttore che
riguardano la traduzione pratica dei due articoli.
In appendice sono riportate a titolo esemplificativo due e-mail tratte dalla
corrispondenza di una studentessa americana di italiano e uno studio sulla
fossilizzazione e altre questioni della linguistica basato su enunciati di
apprendenti di inglese.
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Capitolo 1
LA NASCITA DELLA SLA E IL SUO AMBITO DI STUDIO
La Second Language Acquisition (SLA) è un campo di ricerca
relativamente nuovo che si occupa della descrizione e spiegazione della
competenza linguistica e comunicativa di apprendenti che apprendono una
seconda lingua (L2), cioè una lingua diversa da quella madre (L1).
Le prime fasi di questo nuovo campo di ricerca possono essere ricondotte
agli anni ‟60. La SLA nasce a partire da due stimoli principali: la necessità
di indagare le affermazioni delle teorie in competizione e per migliorare la
pedagogia delle L2. Inoltre il bilinguismo e il multilinguismo sono la norma
nel mondo di oggi in cui quasi tutti oltre alla lingua madre conoscono
almeno una L2.
Gli scopi principali della SLA sono: descrivere la competenza linguistica
dell‟apprendente, scoprire eventuali regolarità nello sviluppo e nel controllo
della conoscenza della L2 da parte dell‟apprendente, spiegare come gli
apprendenti trasformano l‟input in conoscenza e come utilizzano
quest‟ultima per comunicare e individuare i fattori che causano variazioni
nella competenza degli apprendenti. Quindi le parole chiave di tale ambito
sono descrizione e spiegazione. Ovviamente il materiale di lavoro dei
ricercatori é un materiale linguistico costituito in gran parte dagli enunciati
prodotti dagli apprendenti nei vari contesti, cioè sia quello scolastico che
quello naturale. Inoltre la competenza degli appendenti non è direttamente
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osservabile e le loro produzioni linguistiche sono l‟unica manifestazione di
essa.
Essendo un campo di ricerca molto vasto e soprattutto legato a diverse
variabili, la SLA si appoggia a diverse discipline: la linguistica generale e
applicata, la psicologia sociale e cognitiva, la didattica, la neurolinguistica.
Tutte forniscono un contributo fondamentale, poiché l‟indagine ha interessi
sia in campo sociolinguistico poiché indaga la competenza linguistica anche
in base alle condizioni sociali e culturali in cui gli apprendenti si trovano,
psicologico perché prende in considerazione i vari meccanismi della mente
umana in rapporto all‟acquisizione della competenza linguistica e didattico
perché serve per elaborare anche strategie utili all‟insegnamento in contesti
guidati.
In sintesi i due poli attorno a cui ruota tale indagine sono l‟apprendente e
l‟apprendimento.
Si possono distinguere inoltre tre fasi principali della SLA:
La fase situata temporalmente nel 1960 caratterizzata dal
comportamentismo e dall‟analisi contrastiva;
La fase del 1970 caratterizzata dalla Error Analysis (EA) e
dall‟elaborazione dell‟innovativo concetto di Interlingua (IL);
La fase del 1980 in cui si ha una ridefinizione della teoria della SLA.
Nell‟evoluzione della ricerca sono stati presi in considerazione di volta in
volta diversi aspetti della lingua dell‟apprendente:
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1. Gli errori dell‟apprendente;
2. I modelli e gli schemi di sviluppo;
3. La variabilità;
4. Le caratteristiche pragmatiche.
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Capitolo 2
FASI E TEORIE DELLA SLA
Nel 1960 vengono poste le basi per le attuali teorie di SLA; nasce la teoria
comportamentista che consisteva in un approccio esclusivamente linguistico
in contrasto con quelli cognitivi; si tiene conto, cioè, di fattori
esclusivamente linguistici mentre passano in secondo piano i processi
mentali che sono invece fondamentali nelle teorie cognitive quale quella di
Chomsky.
L‟apprendimento linguistico era considerato dai comportamentisti una
semplice acquisizione di abitudini che avveniva attraverso lo schema
“stimolo-risposta-rinforzo” e l‟apprendimento di una L2 una sostituzione
delle abitudini linguistiche vecchie con abitudini nuove. Di grande
importanza in questo approccio è il ruolo della L1, le cui strutture sono
responsabili della maggior parte degli errori compiuti dagli apprendenti, in
quanto essa produce interferenza, cioè la lingua madre interagisce con le
strutture (abitudini) di L2 acquisite dall‟apprendente. Se le strutture
linguistiche di L1 ed L2 sono molto diverse tra loro si avrà un‟interferenza
negativa; al contrario se sono simili si avrà un‟interferenza positiva.
Pertanto la lingua madre può ostacolare l‟apprendimento attraverso le sue
strutture linguistiche ma anche facilitarlo.
Attraverso l‟analisi contrastiva, quindi, si cercano di prevenire gli errori
degli apprendenti. Tale metodologia consiste nell‟analisi delle differenze tra
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le lingue per determinare i potenziali errori dell‟apprendente e quindi per
predire quando avrà luogo l‟interferenza. L‟analisi contrastiva consiste di
quattro fasi: descrizione delle strutture delle due lingue, selezione di alcune
aree che verranno sottoposte a confronto, identificazione di somiglianze e
differenze, predire quali sono le aree in cui è probabile che ci sia
interferenza.
Tale approccio presenta però molti punti che possono essere sottoposti a
critica: innanzitutto la presunta uguaglianza tra differenza e difficoltà, la
definizione di lingua che non è un insieme di abitudini, ma un insieme di
strutture definito da regole e l‟apprendente induce queste regole dagli input
ed esse gli permettono di formare enunciati nuovi.
Da un punto di vista empirico, l‟analisi contrastiva non predice numerosi
errori che invece si presentano negli enunciati reali. Inoltre solo una piccola
parte degli errori compiuti, secondo alcuni studi (Richards 1971b e Dulay e
Burt 1974b), sono da attribuire all‟interferenza della L1. A seguito di ciò
viene ridimensionato il ruolo dell‟analisi contrastiva: comparare le lingue
non predice gli errori a priori ma spiega a posteriori gli esiti
dell‟apprendimento.
Un primo attacco all‟approccio comportamentista giunse nel 1967 da parte
di S. Pit Corder. Egli intendeva trovare una spiegazione alternativa agli
errori degli studenti sulla base dell‟ipotesi dell‟acquisizione linguistica che
Chomsky aveva proposto in opposizione al modello comportamentista.
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Chomsky aveva infatti elaborato un modello che enfatizzava il ruolo della
componente innata nell‟acquisizione di una lingua. Lo studioso oppone alla
teoria comportamentista l‟argomento della povertà dello stimolo:
l‟acquisizione non può avvenire esclusivamente per imitazione di
comportamenti linguistici in quanto produciamo frasi che non abbiamo mai
sentito; ogni essere umano è esposto nell‟età cruciale all‟ascolto di un
corpus primario (campione finito) che non può essere paragonato alla
competenza finale acquisita che è invece infinita. Chomsky ritiene che il
processo di apprendimento linguistico si fondi su un dispositivo innato di
acquisizione del linguaggio (LAD Language Acquisition Device) in cui
vengono elaborati i dati linguistici primari (input) che vengono poi
trasformati nella competenza linguistica finale (output).
Pit Corder riteneva tale ipotesi valida anche per gli apprendenti di una L2.
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Capitolo 3
PIT CORDER E LA NASCITA DELLA ERROR ANALYSIS
L‟articolo di Corder del 1967 The significance of learner’errors può essere
considerato il punto di partenza della SLA in quanto ha avuto una rilevanza
notevole nella nascita della Error Analysis, per lo studio del ruolo della L1
nel processo di acquisizione come pure per il feedback correttivo.
Il lavoro di Corder è innovativo (e ciò è possibile notarlo anche dal titolo)
poiché comporta innanzitutto una riconsiderazione degli errori, da cui gli
studiosi devono partire per identificare le regole e la grammatica che sono
alla base della lingua dell‟apprendente. La Error Analysis punta
l‟attenzione non tanto sulle difficoltà presunte degli apprendenti ma sulle
loro produzioni linguistiche reali e in particolare su quelle devianti. L‟errore
non viene più considerato solo come qualcosa da evitare, non è più il
sintomo di una cattiva abitudine da “estirpare”, ma diventa
improvvisamente qualcosa di buono.
Gli errori sono inevitabili nell‟apprendimento e sono utili per l‟insegnante e
per il ricercatore in quanto forniscono informazioni su quanto l‟apprendente
ha appreso e per l‟apprendente stesso perché gli permettono di “scoprire” le
regole della lingua obiettivo, confutando o confermando le sue ipotesi sulla
natura della seconda lingua che sta apprendendo.
Corder distingue due tipi di deviazioni dalla norma della lingua obiettivo:
error e mistake. Il primo si ha a causa di mancanza di conoscenza e
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competenza. Il secondo si ha quando l‟apprendente applica male la propria
competenza in quanto c‟è qualcosa che ostacola l‟accesso alla sua
conoscenza. Secondo Corder solo i primi dovrebbero essere oggetto della
Error Analysis in quanto i secondi sono fenomeni superficiali legati alla
perfomance che possono essere causati da particolari stati emotivi, da
momenti di particolare agitazione e paradossalmente anche di particolare
calma.
La Error Analysis prevede innanzitutto una raccolta di dati e campioni di
enunciati; da questi bisogna identificare gli errori, descriverli, spiegarli e
infine valutarli. Gli errori dovuti alla mancanza di competenza possono
essere: errori dovuti a interferenza o errori intralinguistici. Negli studi
compiuti nell‟ambito della Error Analysis si è ridimensionato il ruolo della
L1 cioè si è verificato che la maggior parte degli errori compiuti non sono
dovuti al transfer linguistico dalla L1 (come credevano i comportamentisti)
ma sono errori intralingustici.
Numerose critiche sono state rivolte alla Error Analysis: innanzitutto
vengono presi in considerazione solo gli errori degli apprendenti ma sono
trascurate le loro produzioni esatte; inoltre è difficile stabilire
empiricamente l‟esatta causa degli errori.
La Error Analysis ha il suo apice negli anni ‟60 e ‟70 ma viene tutt‟ora
utilizzata come strumento di analisi piuttosto che come teoria generale sulle
produzioni degli apprendenti.
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Corder nel suo articolo presenta altri due concetti molto importanti anche
per gli studi successivi: quello di programma incorporato e quello di
competenza transitoria.
Secondo Corder l‟input non è controllato totalmente dall‟insegnante ma è
l‟apprendente stesso che decide quale parte dell‟input sarà assimilata e
diventerà intake (ciò che è realmente trasformato in conoscenza
dall‟apprendente) in base al suo programma incorporato, una sorta di piano
di studi che determina la sequenza di acquisizione degli elementi linguistici.
Lo studioso nel suo articolo lancia un appello affinché nello stabilire i
programmi di studi si presti maggiore attenzione alle vere esigenze degli
apprendenti e non si badi più a nozioni e preconcetti ormai antiquati.
La competenza di transizione avrà grande fortuna negli anni successivi
soprattutto grazie a Selinker, ma fu Corder il primo a parlarne. La
competenza di transizione costituisce il sistema alla base delle produzioni
linguistiche dell‟apprendente. Tale sistema linguistico non è quello della
L2, è in continua evoluzione e può essere descritto in un determinato
momento studiando gli errori sistematici dell‟apprendente. Il concetto di
competenza transitoria ebbe maggiore successo col nome di Interlingua che
fu coniato da Selinker nel suo articolo del 1972.
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Capitolo 4
IL CONCETTO DI INTERLINGUA
L‟interlingua è un sistema linguistico a sé stante che emerge dall‟output
dell‟apprendente quando tenta di produrre enunciati nella lingua target. Si
può ipotizzare la sua esistenza poiché si nota che gli enunciati prodotti
dall‟apprendente sono spesso diversi da quelli che produrrebbe un parlante
nativo.
Tale termine si intende sia da un punto di vista sincronico come insieme di
conoscenze in un determinato momento, che diacronico, come la serie di
sistemi o continuum di interlingue che caratterizzano i progressi
dell‟apprendente nel tempo.
Selinker elenca cinque processi che sono alla base dell‟acquisizione di una
L2, mettendo in atto un primo tentativo di spiegare i processi mentali
responsabili dell‟apprendimento di una L2:
Transfert linguistico (influenza delle strutture linguistiche della L1);
Transfert di insegnamento (influenza del modo in cui vengono
insegnate le strutture linguistiche della lingua target);
Strategie di apprendimento di una L2 (attività cognitive che
l‟apprendente utilizza per la formazione di ipotesi riguardo alle
strutture linguistiche della lingua target);
Strategie di comunicazione di una L2 (modo in cui gli apprendenti
tentano di comunicare con i parlanti nativi della lingua target)
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Ipergeneralizzazione del materiale linguistico di una lingua target.
Selinker stima che solo il 5% degli apprendenti di una L2 riesce a
raggiungere una competenza finale paragonabile a quella dei parlanti nativi.
Nel resto degli apprendenti la competenza si blocca a un determinato stadio.
Inoltre Selinker nell‟articolo spiega che coloro che hanno raggiunto una
competenza pari a quella dei nativi (quindi quel 5% di cui si parla) non
possono aver raggiunto tale competenza attraverso un processo di
insegnamento ma, devono aver acquisito tali conoscenze riattivando la
struttura linguistica latente, un meccanismo proprio del cervello che è
attivato ogni volta che l‟adulto tenta di esprimersi in una L2 che sta
apprendendo. In questo caso Selinker sembra riavvicinare l‟apprendimento
di una L2 all‟acquisizione della L1, processo del tutto differente. È nota
infatti la distinzione tra apprendimento e acquisizione fatta da Krashen
(1981; 1982): l‟apprendimento è un processo consapevole in cui si presta
attenzione alla lingua sforzandosi di capire e memorizzare le regole
linguistiche, mentre l‟acquisizione è un processo inconscio che emerge
quando l‟apprendente usa la lingua per comunicare.
Corder nel suo articolo del 1976 definisce l‟interlingua come un continuum
caratterizzato da grande variabilità e che appartiene non a una comunità ma
a un individuo o a un gruppo di individui. Può essere un continuum di
ristrutturazione, in cui l‟apprendimento consiste in una graduale
sostituzione delle caratteristiche della lingua materna con quelle della
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lingua target; o di ricreazione in cui l‟apprendimento è concepito come un
graduale processo di intensificazione e complessificazione dell‟interlingua.
Corder a questo punto si chiede: qual è il punto di origine dell‟interlingua?
Certamente non è un processo che parte dal nulla come l‟acquisizione della
lingua madre in quanto l‟apprendente è già a conoscenza della L1. Diverse
ipotesi sono state fatte su tale questione: il punto di partenza potrebbe
essere la lingua madre come nel caso del continuum di ristrutturazione o un
sistema semplificato della lingua madre più elementare e universale.
L‟apprendente costruisce la nuova grammatica mediante l‟interazione con
l‟ambiente esterno e attraverso due processi: quello di accomodamento e
quello di assimilazione. Il primo consiste nell‟adattamento della
grammatica dell‟IL ai fatti percepiti mentre il secondo consiste nell‟adattare
i fatti percepiti allo stato della grammatica dell‟interlingua.
L‟apprendente formula ipotesi sulla natura della lingua target che vengono
poi verificate attraverso l‟interazione con l‟ambiente esterno cioè attraverso
i tentativi di comunicazione dell‟apprendente con i parlanti nativi. Se tali
tentativi andranno a buon fine, avverrà la comunicazione e l‟apprendente
sarà compreso dal parlante nativo, quindi la sua ipotesi sarà confermata; nel
caso contrario l‟ipotesi sarà confutata e l‟apprendente dovrà cercare di
perfezionarla attraverso altri tentativi di comunicare.
Un altro articolo interessante in cui si descrive la natura dell‟interlingua è
quello di Christian Adjemian (1976) in cui si definisce l‟interlingua come