Prima dello studio, è opportuno chiarire alcuni concetti che verranno discussi e citati nel
corpo della trattazione.
Relazioni Sociali
Una relazione sociale è costituita da una molteplicità di interazioni sociali regolate da
norme sociali tra due o più persone, le quali ricoprono una specifica posizione nella
società considerata. Le relazioni sociali rappresentano le fondamenta dell’intera
organizzazione sociale.
Con il termine relazione non si individua un’unica modalità di interazione, ma si delinea
una situazione in cui un gruppo di persone condivide una specifica condizione.
A un livello di astrazione più alto, possiamo considerare come relazione sociale la
relazione che intercorre tra un individuo e l’intera popolazione.
Nel mare magnum delle interazioni che quotidianamente veniamo a creare, si possono
però distinguere sei tipologie di relazioni sociali:
ξ Relazioni sociali regolate dal subconscio (i.e. le relazioni che intercorrono tra
genitori e figli)
ξ Relazioni sociali che esistono solamente a livello della coscienza e dei
comportamenti soggettivi
ξ Relazioni intersoggettive che coinvolgono significati condivisi mediante la
comunicazione
ξ Relazioni sociali oggettive che esitono indipendentemente dal fatto che gli attori
ne siano coscienti o meno
ξ Relazioni sociali che si stanno trasformando da una tipologia all’altra, o
comunque correlate le une alle altre
ξ Relazioni sociali intuitive o spirituali di diverso tipo
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Poiché una relazione sociale può essere vissuta a diversi livelli di consapevolezza, non
sempre si presenta completamente trasparente.
1
Relazioni interpersonali
Una relazione interpersonale è un rapporto relativamente di lunga durata tra due o più
persone, basato su affinità emotive, interazioni professionali o qualsiasi altra tipologia
di coinvolgimento sociale. Esse possono nascere nei contesti più differenti e sono
regolate dalle leggi, dai costumi e dalla reciproca approvazione e costituiscono la base
di ogni gruppo sociale e della società in generale.
Ogni relazione implica un diverso livello di interdipendenza: le persone coinvolte in
essa si influenzano reciprocamente, condividono esperienze e opinioni, intraprendono
una stessa attività. A causa di tale interdipendenza, tutto ciò che influenza uno dei
componenti, automaticamente procurerà un effetto anche sugli altri.
Alcuni psicologi sostengono che tutti gli esseri umani possiedono una fondamentale
propensione motivazionale alla formazione e al mantenimento di relazioni
interpersonali. Proprio per questo motivo, le persone necessitano sia di costruire
relazioni stabili, sia di mantenere delle interazioni soddisfacenti con coloro che sono
coinvolti in esse. Se uno di questi due elementi viene a mancare, gli attori si sentono
soli, depressi, infelici.
La sociologia, invece, interpreta le relazioni sociali sulla base di uno scambio di
benefici: le persone apprezzano una relazione se questa procura una ricompensa o se la
veicola indirettamente. La teoria dell’equità afferma che gli attori di una relazione
investono in essa in modo direttamente proporzionale ai benefici che questa può portare.
1
http://en.wikipedia.org/wiki/Social_relationship - 20/12/2008
4
Le relazioni interpersonali sono sistemi dinamici che mutano continuamente durante la
propria esistenza; come un organismo vivente, esse presentano un inizio, una maturità e
un termine.
2
Comunicazione Mediata dal Computer – CMC (Computer Mediated
Communication)
Tutti coloro che possiedono un computer collegato alla Rete hanno la possibilità di
mettersi online, cioè di avere accesso al network costituisce l’universo di Internet.
Effettuata la connessione, ci si trova nella condizione di poter dialogare con altri utenti
spazialmente lontani in uno scambio comunicativo che può assumere varie forme, ma
che avviene fondamentalmente secondo le modalità testuale e grafica.
Nell’ambito della modalità, rientrano la CMC testuale asincrona (posta elettronica,
mailing list, newsgroup) e la CMC testuale sincrona (sistemi di Instant Messaging,
MUD, chat line). La seconda categoria comprende tutte le pagine e i siti che si possono
incontrare navigando nel Web.
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Gli studi riguardanti la CMC sono molto recenti e si possono suddividere in tre grandi
periodi:
ξ Scritti divulgativi: serie di articoli, rubriche e inchieste redatti da esperti del
settore, i quali, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del
secolo scorso, iniziano a pubblicare interventi riguardanti Internet e il
cyberspazio sui maggiori periodici americani. In genere si tratta di articoli di
carattere meramente descrittivo e il compito dei redattori è condurre i lettori
poco competenti in materia nel mondo tecnologico della CMC. In questo
2
http://en.wikipedia.org/wiki/Interpersonal_relationships, 20/12/2008
3
A. Roversi, Introduzione alla comunicazione mediata dal computer, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 18-
19
5
periodo si vede anche la scesa in campo di due opposte fazioni: da un lato vi
sono coloro che ritengono Internet uno strumento di comunicazione che può
condurre a un peggioramento dell’intera vita sociale americana e a una
progressiva frammentazione della stessa; dall’altro lato, vi sono coloro che
vedono in Internet e nel cyberspazio la nuova frontiera della civiltà, un regno
digitale e democratico che può porre un limite ai grandi imperi monopolistici
dell’economia e combattere molte forme di diseguaglianza sociale.
Le prime forme di divulgazione della CMC sono inoltre caratterizzate dal
frequente ricorso alla metafora della nuova frontiera: la comunicazione digitale
viene presentata come una regione di frontiera, popolata solamente da pochi e
coraggiosi amanti della tecnologia. A questo proposito Howard Rheingold nel
1993 scrive:
“I pionieri sono di nuovo là fuori a esplorare una frontiera. I confini di
questo regno non sono ancora stati definiti e neppure lo è la sua forma, e
nemmeno lo è il modo per trovare un sentiero per percorrerlo”(A Slice of
Life, p.58)
ξ Primi studi scientifici: la seconda generazione si contraddistingue per il fatto di
concepire Internet come un insieme di spazi sociali in cui le persone si
incontrano come se si trovassero faccia a faccia, e inoltre per il fatto di
impegnarsi nella ricerca di una nuova definizione sia di “incontrarsi” sia di
“faccia”. In altre parole, se è vero che Internet è un luogo privo di ogni
riferimento geografico, contemporaneamente offre ai suoi frequentatori reali
opportunità di fondare comunità in cui ritrovarsi e sperimentare nuove identità
personali. Gli studi della CMC di questo periodo si basano proprio sui concetti
di comunità virtuali e identità online.
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I due maggiori divulgatori di questi concetti sono sicuramente Howard Rheingold e
Sherry Turkle. Rheingold, sebbene nutra un profondo entusiasmo per le potenzialità
offerte dalle nuove tecnologie della comunicazione, mette in guardia dai possibili
pericoli derivanti da un utilizzo meramente economico di Internet, dalla
sorveglianza elettronica e dal senso di irrealtà scaturito da un uso intensivo della
comunicazione online. La Turkle, invece, affronta il tema delle identità virtuali: ella
scopre che, mentre alcuni utenti ricorrono alla vita online per surrogare una vita
reale poco soddisfacente, la maggior parte dei cybernauti usa gli ambienti digitali
per costruirsi un’identità ritenuta soggettivamente più vera o perfino una
molteplicità di identità personali.
ξ Studi critici: alla fine degli anni Novanta gli studi sulla CMC giungono ad un
punto di svolta; le case editrici cercano di approfondire maggiormente questo
settore di studi e soprattutto tentano di ampliarne lo spettro tematico andando al
di là dei confini delle comunità virtuali e delle identità online. Il tratto comune a
tutte le pubblicazioni è il tentativo di offrire risposte più complesse e
problematiche ai nuovi aspetti assunti dalla comunicazione telematica.
Emergono così quattro grandi aree di interesse: lo studio delle interazioni
sociali, culturali ed economiche online; lo studio delle rappresentazioni sociali
riguardanti queste interazioni, lo studio delle condizioni sociali che le
influenzano; lo studio dei processi tecnologici che sottostanno alla costruzione
delle interfacce tra Internet e i suoi utenti.
Si afferma quindi l’assunto che non si può ridurre la comunicazione telematica a un
fenomeno puramente tecnico, per quanto eccezionale, poiché ciò che è di interesse sotto
il profilo teorico non è rappresentato dalla tecnologia digitale in se stessa, quanto dalle
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relazioni che essa instaura con i contesti sociali in cui viene utilizzata. Di conseguenza,
si può affermare che la tecnologia di per sé non definisce né costituisce il senso della
comunicazione che rende possibile.
4
Identità reali e identità virtuali
Con il termine identità di intende una complessa costruzione personale e sociale che
implica tre aspetti: il primo riguarda ciò che pensiamo di essere, il secondo riguarda
come desideriamo o pensiamo che gli altri ci percepiscano, il terzo riguarda il modo in
cui concretamente gli altri ci percepiscono. Nella vita reale, è il nostro corpo che
fornisce una definizione della nostra identità come entità stabile, integra e unitaria.
In Rete, invece, abbiamo la possibilità di presentare un’immagine di noi stessi che
prescinde dai concreti vincoli fisici e molti utenti hanno la convinzione di poter fornire
una presentazione di sé libera dagli obblighi imposti dai ruoli che quotidianamente
occupano nella vita reale. Tuttavia, così come vi sono situazioni in cui l’identità reale e
l’identità virtuale non coincidono, ve ne sono altre in cui invece ciò non è possibile né
desiderabile ed esse sono coincidenti.
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Ambito in cui il tema dell’identità degli utenti si pone su di un livello diverso è quello
delle chat room e dei MUD, nei quali è possibile e anzi persino richiesta la costruzione
di un’identità virtuale che non corrisponde(o corrisponde solo in parte) a quella reale. Il
processo di costruzione dell’identità può basarsi sia sull’idealizzazione, sia sul
travestimento.
I due caratteri salienti di questi ambienti virtuali sono l’anonimato e la tendenza ad
allentare i meccanismi di autocontrollo dei propri comportamenti. L’anonimato
consente di costruire e mostrare agli altri utenti (sconosciuti) un’intera gamma di Sé più
4
A. Roversi, op. cit., pp. 30-39
5
A. Roversi, op. cit., pp. 90-92
8
o meno credibili, ed è considerato l’aspetto più affascinante della CMC. L’opportunità
di celarsi dietro l’anonimato e di fornire solamente quelle informazioni che si vogliono
comunicare volontariamente consente di immergersi in una pluralità di scelte altrimenti
preclusa nella vita reale. Inoltre, essendo l’attenzione polarizzata su quanto viene scritto
dalle persone con cui si sta comunicando, è il solo contenuto del messaggio a rendere
interessante un interlocutore.
La seconda caratteristica degli ambienti virtuali, ovvero l’allentamento
dell’autocontrollo emotivo individuale, delinea la tendenza degli utenti a comportarsi in
modo più disinibito di quanto avvenga solitamente negli incontri faccia a faccia.
Da un lato, l’anonimato e il minore autocontrollo possono favorire il rapido svilupparsi
di forme di intimità tra gli utenti che difficilmente riscontriamo, per l’intensità e la
rapidità con cui progrediscono, con quelle della vita reale. Dall’altro lato, però, questi
due tratti possono favorire un fenomeno chiamato flaming, che consiste nell’assumere
un atteggiamento arrogante, offensivo o persino ostile nei confronti degli altri utenti.
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Una delle tecniche emergenti di presentazione del sé sulla Rete sono gli avatar, che
possono essere pensati come una vera e propria maschera digitale che si indossa per
identificarsi e collocarsi nei nuovi ambienti virtuali.
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Comunità virtuali
Ormai da diversi anni esistono modalità di comunicazione che consentono la nascita di
vere e proprie comunità prescindendo dal contatto de visu fra i singoli individui; tale
aggregazione può avvenire anche in un luogo virtuale accessibile per via telematica in
cui persone provenienti da ogni parte del pianeta si incontrano e discutono.
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Si è creato
6
A. Roversi, op. cit., pp. 95-98
7
A. Granelli, Il sé digitale. Identità, memoria, relazione nell’era della rete, Guerini e Associati, Milano,
2006, p. 106
8
A. Roversi, op. cit., p. 117
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