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Capitolo 1
Il concetto di comunicazione
È molto difficile dare una definizione di comunicazione. Possiamo innanzitutto
affermare che la comunicazione è l’attività che ci permette di entrare in contatto con gli
altri: non solo è centrale nello scambio di esperienze e di significati con gli altri, ma è
anche uno dei punti fondamentali dello sviluppo della nostra identità, poiché ci permette
di sviluppare la nostra auto-coscienza e la nostra personalità. Per sviluppare un
ragionamento, per capire chi siamo, per decidere in quale modo agire, dobbiamo essere
in grado di comunicare con noi stessi. E per farlo dobbiamo utilizzare segni e linguaggi
che abbiamo imparato comunicando con gli altri.
Qualsiasi forma di comunicazione, messaggio, espressione, verbale o non verbale, nasce
e vive per raggiungere un suo scopo, un suo obiettivo, conscio o inconscio che sia. Ogni
comunicazione è perciò “finalizzata e strumentale” al conseguimento di tale obiettivo.
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1.1. ALCUNE DEFINIZIONI DI COMUNICAZIONE
Comunicazione come trasferimento di messaggi
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Questa definizione si presta maggiormente ad analizzare e scomporre il fenomeno
comunicativo nei suoi elementi di base, come dimostra il modello descritto da Shannon
(1949).
I comunicanti
Per comunicante si intende il soggetto che possiede le capacità biologiche e
psicologiche di formare, emettere e ricevere un messaggio.
L’emittente è il soggetto che emette il messaggio: sono le sue diverse caratteristiche
ad avere un’influenza sul significato del messaggio. Solo le comunicazioni che rientrano
nello “spazio di credibilità dell’emittente” vengono accettate.
Il ricevente è invece il soggetto che riceve il messaggio: non è mai passivo, poiché
genera numerosi e continui feedback.
La comunicazione si svolge in situazioni di interazione, dove ogni singolo
comunicante è al tempo stesso emittente e ricevente. Per questo alcuni autori
preferiscono parlare di attori sociali, partner comunicativi, individui, termini che non
rendono necessario identificare chi stia emettendo o ricevendo.
Il messaggio
È il contenuto di ciò che si comunica: può essere un dato, una notizia o una
sensazione, veicolata attraverso segni significativi (frasi, singole parole, suoni, gesti,
espressioni, ecc.). Questo concetto può essere definito:
• messaggio come “freccia”, che trasporta l’idea direttamente dall’emittente al
ricevente. Questa definizione è alla base del modello di Shannon e Weaver, che si
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MARCOLIN Francesco, Il silenzio impossibile. Psicologia del comunicare in modo efficace, Edizioni
GB, Padova, 1998.
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focalizza sull’efficienza e sull’efficacia della trasmissione di un messaggio
attraverso un canale, senza attenzione al contenuto del messaggio stesso.
EMITTENTE codifica ⇒ decodifica RICEVENTE
• messaggio come stimolo per veicolare un significato. La comunicazione avviene
sulla base di uno stimolo (il messaggio) capace di suscitare i significati che sono
“contenuti” nella mente del ricevente. Non più trasmissione, bensì interpretazione.
• messaggio come significato che può essere co-creato nelle interazioni dalle
persone che vi partecipano.
Dal punto di vista dell’emittente il messaggio è il mezzo con cui viene veicolata
un’informazione, e dunque ricercato un effetto sul ricevente; dal punto di vista del
ricevente il messaggio è invece l’interpretazione che il ricevente stesso fa dello stimolo
proveniente dall’emittente.
Il contesto
È il luogo (fisico o sociale) in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero la
situazione in cui l’atto comunicativo si inserisce e a cui si riferisce. Bateson (1978)
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osserva che “senza contesto, le parole e le azioni non hanno nessun significato”.
Il canale (“mezzo”)
È il supporto fisico della comunicazione. Può essere inteso sia come il mezzo
tecnico, esterno al soggetto, con cui arriva il messaggio (telefono, fax, posta, ecc.), sia
come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione.
Non tutti i sensi sono utilizzati in modo comunicativo:
• il gusto, non implica direttamente un flusso comunicativo
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TESSAROLO Mariselda, Il sistema delle comunicazioni. Un approccio sociologico, Edizioni CLEUP,
Padova, II edizione 2001.
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• l’olfatto è molto importante in una comunicazione di tipo indiretto, anche se
volontaria, come l’uso di profumi, deodoranti…
• il tatto, nelle persone normodotate non è molto usato se si esclude il rapporto
amoroso, i saluti e i rapporti amicali. Esistono però dei linguaggi tattili
convenzionali ad uso delle persone che mancano di canale visivo/uditivo, il più
conosciuto dei quali è l’alfabeto Braille per i ciechi. Il tatto viene usato anche
nella funzione fatica (presa di contatto o richiamo) quando, ad esempio, si tocca
qualcuno per attirarne l’attenzione e per iniziare con lui un rapporto comunicativo,
oppure quando gli si vuole dare coraggio.
• la vista e l’udito sono i canali più frequentemente impiegati nella comunicazione.
L’udito è superiore alla vista: se si abbassano le palpebre non si vede più, ma
l’orecchio è sempre aperto. Il parlante, inoltre, sente se stesso, ma non si vede che
parzialmente. La voce si sente anche in mancanza di luce e a grande distanza
senza la necessità di guardare in faccia l’interlocutore; la gestualità prevede invece
sempre una situazione faccia a faccia.
Il feedback
È la retro-comunicazione che il ricevente invia all’emittente mentre la
comunicazione sta avvenendo. È un’informazione di ritorno che permette all’emittente
di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, e di reagire cercando la
via più efficace per raggiungere il risultato che si era prefissato.
Il segno
La semiotica è la disciplina che si propone lo studio dei sistemi di segni in funzione
comunicativa, cioè di quei sistemi simbolici, attraverso i quali gli uomini comunicano
fra loro. (Saussure)
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.
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TESSAROLO Mariselda, Il sistema delle comunicazioni. Un approccio sociologico, Edizioni CLEUP,
Padova, II edizione 2001.
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Il codice
È tutto ciò che il ricevente conosce a priori sul messaggio. Affinché tra i
comunicanti avvenga la comunicazione, è necessario che i codici psichici e i sistemi di
riferimento, dovuti alle esperienze dei comunicanti, siano quanto più possibile uguali. I
codici sono caratterizzati da convenzionalità: sono un insieme di disposizioni per
trasmettere l’informazione da un emittente a un ricevente. Ad esempio, la lingua (codice
fonico), la segnaletica stradale (codice visivo), l’alfabeto Braille (codice tattile). La
codifica è il processo mediante il quale l’emittente trasforma le sue idee e le sue
intenzioni in parole e simboli nel tentativo di renderle comprensibili agli altri. La
decodifica è il processo di interpretazione di tali simboli, la trasformazione delle parole
e degli altri simboli ricevuti in un significato che può essere simile, uguale, o anche
completamente diverso rispetto al significato iniziale (quello che l’emittente aveva in
mente).
Comunicazione come condivisione e relazione fra i comunicanti
L’obiettivo minimo di ogni atto comunicativo è quello di creare al termine un’area
di conoscenza comune, una condivisione di informazioni, impressioni, opinioni tra i
comunicanti. Questo modo di intendere la comunicazione è legato all’etimologia del
termine stesso: “communico”, in latino, significa appunto mettere in comune,
condividere, rendere o essere partecipe, creare un contatto.
1.2. GLI APPARATI FISIOLOGICI IMPLICATI NELLA
COMUNICAZIONE
Il cervello
Il modello di riferimento tradizionale per l’analisi del cervello prevede la distinzione
in due emisferi cerebrali: quello sinistro e quello destro. L’emisfero sinistro è adibito
all’elaborazione digitale (ad esempio numeri e parole). Esso procede con precisione,
sistematicamente, in modo razionale e lineare, dal complesso al dettaglio; il suo
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pensiero è razionale, analitico ed esatto. L’emisfero destro invece si occupa
dell’elaborazione di immagini, somiglianze, forme, modelli e strutture. Procede per
analogia e collega le informazioni. Mentre nell’emisfero sinistro si sviluppano le abilità
legate al linguaggio, in quello destro risiedono le abilità non verbali.
L’apparato uditivo e l’ apparato visivo
L’appartato uditivo possiede una funzione primaria nella raccolta di messaggi
dall’ambiente esterno e per il controllo e la direzione del linguaggio nel modo più
adeguato possibile. Nel periodo di crescita di un individuo il primo approccio al
linguaggio avviene attraverso l’udito. Successivamente si sviluppa anche la percezione
visiva del linguaggio tramite la lettura, e successivamente attraverso l’interpretazione
del linguaggio del corpo.
Risulta che circa il 70- 80% dell’informazione che raggiunge la corteccia cerebrale
giunge agli occhi, contro il 10-15% che proviene dall’udito.
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L’apparato vocale
Esso comprende sia gli aspetti collegati alla comunicazione verbale, e quindi il
linguaggio, sia tutte quelle peculiarità (tono, melodia, ritmo, pause, ecc.) tipiche della
comunicazione non verbale.
1.3. LE FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE
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Ogni comunicazione si distingue dalle altre per le funzioni che permette di svolgere
ed è quindi un “tipo” di comunicazione (ad esempio la comunicazione verbale) che può
distinguersi in “specie” distinte (italiano, francese, tedesco, ecc.) e in “modi” (orale,
scritto, stampato, ecc.).
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Fonte http://www.lichaamstaal.com/english/bodylanguage.html?body.html
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TESSAROLO Mariselda, Il sistema delle comunicazioni. Un approccio sociologico, Edizioni CLEUP,
Padova, II edizione 2001.
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Buhler (1934) fu tra i primi ad interessarsi delle funzioni della lingua, ed individua:
la funzione espressiva, relativa a colui che parla; la funzione di richiamo, relativa a chi
ascolta; la funzione di rappresentazione, rinvia al contesto o al referente.
Tale schema è stato perfezionato dal linguista Jakobson (1976) che individua sei
funzioni corrispondenti a ciascuno dei fattori su cui si basa la comunicazione:
1. emotiva (parlante)
2. conativa (ricevente o destinatario)
3. poetica (messaggio)
4. referenziale (contesto o referente)
5. metalinguistica (codice)
6. fatica(contatto)
Ma anche le funzioni di Jakobson, considerato che sono riferibili solo al linguaggio,
non esauriscono il loro oggetto. Partendo invece dal presupposto che la comunicazione
sia una specie di azione, Braga propone una tipologia che individua tre funzioni:
• mediatrice dell’azione. Si realizza quando la comunicazione può entrare in
relazione con altre azioni (interazioni, azioni in senso stretto, percezioni) o anche
con altre comunicazioni. Essa si realizza ogni volta che vengono trasmesse
informazioni (si formano cioè messaggi) che possono provenire dalle percezioni,
ma anche da altre comunicazioni rielaborate soggettivamente.
• di consumo simbolico. È presente quando la comunicazione agisce in modo
complesso, globale e il messaggio viene fruito per se stesso (arte, spettacolo, ecc.)
• operativa. È la funzione caratteristica di tutte le azioni in quanto esistono legami
logici; è tipica dei linguaggi operativi e logico-matematici.
1.4. LE TIPOLOGIE DELLA COMUNICAZIONE
La comunicazione può essere classificata dal punto di vista degli strumenti in:
• comunicazione verbale; essa utilizza il linguaggio orale o scritto. È la più usata,
soprattutto nel mondo occidentale dove tende ad essere lo strumento preferenziale,
se non esclusivo, della comunicazione;
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• comunicazione non verbale; comprende tutti i tipi di comunicazione espressi
attraverso la gestualità, la postura, la mimica. Anche i silenzi e le assenze sono
forme comunicative.
Affinché la comunicazione risulti davvero efficace è però necessario che chi
comunica utilizzi i due tipi di strumenti in modo sincronico (per sincronia si intende la
coincidenza nel tempo di due o più eventi o fenomeni) e sintonico (per sintonia si
intende l’uguaglianza di periodo, il perfetto accordo fra un trasmettitore e un ricevitore).
Quando infatti si ha dissonanza fra le due forme, la comunicazione non verbale ha la
capacità di lasciar trapelare il pensiero nascosto che colui che comunica sta cercando di
nascondere. Nella comunicazione, sia verbale che non verbale, ogni messaggio e la
valutazione della sua importanza, saranno interpretati in funzione dei parametri
strettamente coerenti con la mappa dei valori, dei significati, di chi lo riceve. È una
certezza che la mente di ogni individuo funzioni “interpretando” in funzione del proprio
vissuto quanto gli viene proposto, e questo fenomeno viene amplificato durante il
processo comunicativo.
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Capitolo 2
Che cos’è la comunicazione non
verbale
Strettamente parlando, si può riferire il termine "linguaggio", in maniera appropriata
e corretta, solo a quello verbale, ma in realtà si parla ormai di linguaggio per tutti i
sistemi di segni, sia che ci si riferisca ad un linguaggio visivo, ad un linguaggio sonoro o
ad un linguaggio del movimento, inteso come organizzazione di segni gestuali o motori
o corporei. In questo ambito possiamo trovare due diversi sistemi linguistici:
Il linguaggio del corpo
Fa riferimento all'espressione spontanea dell'emozione e dell'affettività ed è un
sistema in gran parte inconscio. Esso consiste in un complesso di regolazioni riflesse e
automatiche del tono muscolare, dell'atteggiamento posturale, della mimica facciale e
gesticolatoria, della distanza personale e dell'uso dello spazio circostante e così via.
Può assumere diversi ruoli:
• ruolo di PARALINGUAGGIO e cioè di un linguaggio che affianca quello verbale
per arricchire la comunicazione nella vita quotidiana, venendo progressivamente
anche sottoposto ad un apprendimento di tipo culturale
• ruolo SIMBOLICO che si esprime nell'imitazione spontanea e nel gioco
simbolico.
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Il linguaggio gestuale
Fa riferimento ad una gestualità comunicativa intenzionale secondo un sistema di
regole culturalmente determinate e perciò condivise anche se per lo più artificiali e che
consiste nel linguaggio dei gesti di fine utilitaristico (come il linguaggio dei sordomuti e
altri sistemi di comunicazione non verbale affini), oppure di fine artistico ed estetico
come l'animazione, la drammatizzazione, il ballo e la danza.
Alcuni studi
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hanno messo in evidenza che il verbale rappresenta solo il 7% della
comunicazione. Per quanto riguarda invece il paraverbale (tono, timbro, volume,
inflessione della voce, ecc.), è bene alternare il tono in base agli argomenti trattati,
perché il 38% della comunicazione passa attraverso il tono, il timbro, il volume e
l'inflessione della voce.
Questi aspetti dipendono molto dalla personalità dell’individuo e possono
modificarsi a seconda del coinvolgimento emotivo, in una data situazione, o dello stato
fisico e psicologico dell’individuo, in un dato momento. Infine, ben il 55% della
comunicazione passa attraverso l'atteggiamento non verbale, che comprende la postura,
la mimica, i movimenti del corpo, delle mani, la gestualità, le distanze, i contatti con gli
occhi, i supporti visivi, ossia tutto ciò che viene definito “linguaggio del corpo”.
Sembra che il canale verbale venga usato soprattutto per la trasmissione di
informazioni, mentre quello non verbale per scambi di tipo interpersonale e in alcuni
casi anche in sostituzione di quella verbale.
I segnali inviati sul piano del contenuto, segnali verbali (detti anche digitali),
comunicano informazioni. I segnali non verbali, all’interno dei quali ritroviamo per
comodità anche quelli paraverbali (detti analogici) comunicano informazioni sulle
relazioni.
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Fonte: Marcolin F. Il silenzio impossibile. Psicologia del comunicare in modo efficace, Edizioni GB,
Padova, 1998.