8iniziati i bombardamenti della Nato su Belgrado, il portavoce del Vaticano afferm : «Il
ricorso alla guerra Ł sempre una sconfitta dell umanit
3
».
Nell ambito del recente conflitto riguardante la Repubblica dell Iraq, la Chiesa
cattolica ha svolto e continua a svolgere a nostro avviso un ruolo ancora piø complesso
e significativo rispetto all azione condotta nel 91. Non a caso in un libretto pubblicato
nel novembre 2002 l ambasciatore statunitense presso la Santa Sede Jim Nicholson ha
definito il Vaticano «un alveare di idee, di informazioni, di intrighi, di collaborazioni e
di attivit diplomatiche a livello mondiale
4
».
Tale azione va al di l del desiderio di protezione dei cristiani abitanti nel
territorio dell Iraq
5
e si potrebbe configurare come una conferma del ruolo ‘assiocratico·
assunto nel Sistema internazionale
6
, a meno che non si concordi con Panebianco nel
ritenere che «[ ] la Chiesa avrebbe tratto i maggiori benefici dalla Guerra del Golfo e,
presto o tardi la dimostrazione della forza culturale del cattolicesimo si sarebbe
trasformata in influenza politica
7
».
E evidente tuttavia che la crisi irachena ha stimolato la Santa Sede a mostrare
concretamente la sua capacit di sviluppare relazioni tra fedi diverse e di incoraggiare le
3
V. G.MARCHESI, La Santa Sede ed il conflitto nei Balcani , La Civilt cattolica , 3574, 15 maggio 1999.
4
V. J.NICHOLSON, Usa e Santa Sede. La lunga strada, supplemento a 30 giorni , con un introduzione di Giulio
Andreotti, 2002, p. 9, citato in M.FRANCO, Il Papa e l Anti-Papa , Limes Rivista italiana di Geopolitica, 3/2003,
p. 9.
5
In questo senso si esprime F.BRUNI su Herald Tribune del 21 febbraio 2002, p. 1: «Il Vaticano pensa ai propri
interessi impegnandosi per la pace e cercando di proteggere le comunit cristiane e cattoliche dei paesi musulmani,
Iraq compreso», citato in M.FRANCO, Il Papa e l Anti -Papa , op. cit., p. 182. Il cristianesimo in Iraq ha messo radici
fin dal primo secolo dopo Cristo per mezzo di san Tommaso apostolo, il quale arriv in Iraq assieme ad uno dei suoi
72 discepoli, chiamato Addai e un suo figlio spirituale di nome Mari. La diffusione della religione cristiana ha
raggiunto il suo culmine nel IV secolo. In Iraq i cattolici arrivano oggi quasi al milione. A Baghdad esistono trenta
chiese caldee che raccolgono almento il trenta per cento dei fedeli. Oltre alla Chiesa cattolica sono presenti nel
territorio la chiesa assira, quella siriano-ortodossa, la siriana cattolica e altre. Si riconoscerebbe come appartenente
alla religione cristiana il 3,2 per cento della popolazione irachena: ufficialmente 616 mila persone. E inoltre da
mettere in evidenza l esistenza a Baghdad di una sede della Pontifica Universit Urbiniana. Sulla presenza dei
cristiani in Iraq v. utilmente R.CANIATO e A.M.VALLI (a cura di), Dio non vuole la guerra in Iraq, intervista a
Slamon Warduni, Milano, edizioni Medusa, 2003, p. 39 e Annuario Pontificio 2003, p. 1045.
6
Cos Marco MASCIA, L associazionismo internazionale di promozione umana Contributo all analisi dei nuovi
attori della politica internazionale, Padova, CEDAM, 1991: .«[ ]in considerazione del fatto che esso si basa su valori
e su mezzi di persuasione coercizione che possiamo ricondurre con linguaggio moderno alla cultura della non-
violenza», p. 144.
7
Cfr. A.PANEBIANCO, Chi guida davvero i pacifisti? , Corriere della sera, 21 gennaio 1991, citato in M.DONOVAN,
Il pacifismo cattolico e la Guerra del Golfo, op. cit., p. 244. Su questa stessa linea Boissonnat ha osservato : «La
mondialisation est donc une deuxiŁme chance pour le christianisme parce qu elle lui offre des moyens de diffusion
supplØmentaires (gr ce l informatique et aux tØlØcomunications)», cfr. J.BOISSONNAT, "La mondialisation et
l avenir du christianisme", Commentaire, n 102, ØtØ 2003, p. 387.
9parti in contrasto a comporre le loro dispute nel pieno rispetto dei diritti umani.
Se comunemente oggi si ha la percezione che le religioni siano costitutivamente
belligene e che stiano alla base di numerosi conflitti contemporanei
8
, l analisi
dell azione promossa dalla Chiesa nell ambito del conflitto iracheno evidenzi a uno
stretto rapporto tra etica e relazioni internazionali ed una grande potenzialit da parte
delle religioni organizzate ai fini della promozione della pace
9
. E significativo a questo
proposito il discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla Conferenza dei Ministri
dell Interno dell Unione europea del 31 ottobre 2003: «Ho molto apprezzato il fatto che
per la Conferenza sia stato scelto come tema Il dialogo interreligioso: fattore di
coesione sociale e strumento di pace nell area euromediterranea : aver dato la priorit a
questo argomento significa riconoscere l importanza della religione non soltanto per la
tutela della vita umana ma anche per la promozione della pace».
Un analisi completa dell atteggiamento della Chiesa cattolica in relazione al ‘ caso
Iraq· includerebbe uno studio complessivo che vada ad indagare in maniera organica
sulla posizione assunta dalle Chiese nazionali, dalle congregazioni e dai gruppi
missionari, dalle diocesi e dalle Organizzazioni Internazionali Cattoliche.
Accanto alla missione diplomatica di mediazione del Card. Etchegaray si potrebbe
segnalare come esempio di ‘diplomazia dei popoli· l intensa storia di due Missionarie
della Carit , partite dall India per dare man forte alle consorelle che a Baghdad
gestiscono una casa di assistenza per persone disabili
10
. Un azione di evidente rilevanza
internazionale Ł quella svolta dalla Caritas, in buona parte con la partecipazione
8
Maurice Torrelli ha rilevato: «Dans quelle mesure alors les religions peuvent-elles Œtre vecteurs de guerre? C est un
vieux dØbat, un dØbat aux multiples facettes. Les trois religions seraient pour certains, pour essence, belligŁnes. Sans
adhØrer cette thŁse, on peut nØanmois se poser la question de savoir si les trois religions ont ØtØ ou sont encore, au
mŒme degrØ, vecteurs de guerre» cfr. M.TORRELLI, Introduction a AA.VV., Religions et guerre, Paris, Mame, 1992,
p. 11. V. anche in materia E.POULAT, voce Il cristianesimo , in Atlante delle religioni, Torino, UTET, 1996.
9
Piø estesamente, sul ruolo delle religioni nella costruzione della pace v. Qua le ruolo per le religioni nella
costruzione della pace? , intervento del Card. Josef Tomko, presidente della delegazione della Santa Sede
all incontro interligioso di Astana in Kazakhstan svoltosi il 23 settembre 2003, in Osservatore romano, 24 settembre
2003. Alcuni commentatori, in relazione al recente conflitto iracheno, si sono chiesti a quali motivazioni etiche i
decisori politici coinvolti abbiano fatto riferimento per orientare la propria condotta. Ad esempio, per un emblematica
riflessione sulla religiosit di George W. Bush si veda l articolo di James Harding apparso su Financial Times e
pubblicato con il titolo Un uomo di fede da Internazionale, 471, 28 febbraio 2003, p. 21 e A.J.BACEVICH e
E.H.PRODROMOU, God is not neutral: religion and U.S. fo reign policy after 9/11 , Orbis, volume 48, n 1, winter
2004, pp. 43ss.
10
V. A.AKKARA, L altra marcia di due suore verso Baghdad , Avvenire, 3 aprile 2003.
10
economica dell Ufficio per l aiuto umanitario dell Unione europea (ECHO)
11
.
L azione esterna della Chiesa cattolica non si risolve cioŁ nelle prese di posizione
del Pontefice e nelle iniziative della diplomazia vaticana: essa si concretizza nella
mobilitazione dei credenti in tutto il mondo, nella solidariet delle comunit diffuse sul
territorio sottoposto alle operazioni belliche. Per parafrasare un noto aforisma staliniano,
tante possono essere considerate le divisioni Papali
12
.
Un aspetto che non trover spazio nel presente lavoro riguarda i processi di
interazione tra la Chiesa cattolica e alcune forze partitiche in relazione al comune
impegno volto ad evitare l avvio delle operazioni belliche e gli effetti dell azione della
Chiesa nel conflitto iracheno sui fenomeni elettorali, in particolare italiani
13
. Un
ulteriore argomento che a nostro avviso meriterebbe un analisi organica e che tuttavia
non sar qui affrontato Ł relativo al modo in cui il clero cattolico medio-orientale ha
affrontato l affaire Iraq e le ragioni del suo differenziarsi su questo punto rispetto
all ambiente ecclesiastico occidentale.
1. Obiettivi
Tenuto conto dell economia del presente lavoro, ci siamo limitati alla raccolta dei
dati riguardanti la Santa Sede (quale pertinente organo rappresentativo del sistema
Chiesa negli affari internazionali) ed il conflitto iracheno. L intento Ł quello di ricavare
dalla nostra ricerca alcune informazioni sul rendimento dell azione della Chiesa
cattolica in tale situazione. Ci siamo altres proposti di verificare se in questo frangente
sia proseguito il percorso intrapreso dalla Chiesa alla luce del riconoscimento
internazionale dei diritti umani, di ricavare ulteriore forza e legittimit per lo
svolgimento della funzione internazionale dalla sua identit di ‘comunit transnazionale
11
Cfr. SIR, Servizio Informazione Religiosa, Dossier Iraq, su www.sir.glauco.it; sul ruolo della Caritas v. anche
P.CIOCIOLA, L odissea degli aiuti umanitari il lavoro della Caritas e delle altre agenzie internazionali che stanno
affrontando le emergenze , Avvenire, 28 marzo 2003. La Caritas Ł stata la sola ONG internazionale ad avere accesso
a tutte le aree del Paese. Sul ruolo della Caritas v. anche P.CIOCIOLA, Caritas, la solidariet in prima linea , Avvenire,
7 aprile 2003.
12
«How many divisions has the pope?». La frase, attribuita a Stalin, Ł riportata da Winston Churchill in Gathering
Storms, pp. 134-135.
13
Donovan in relazione alla Guerra del Golfo ha osservato: «All inizio del 1991 la minaccia di una guerra nel Medio
Oriente ha avuto come risultato un intreccio di politica interna ed internazionale che Ł degno di nota in quanto ha
prodotto un apparente alleanza tra gli attivisti cattolici ed i militanti comunisti, tra il Vaticano e Botteghe oscure» cfr.
M.DONOVAN, Il pacifismo cattolico e la Guerra del Golfo, op. cit, p. 234.
11
organizzata dei fedeli·. Si tratterebbe insomma per la Chiesa cattolica di oltrepassare le
Colonne d Ercole dell affinit con la forma stato
14
e di valorizzare la propria identit
transnazionale; essa potrebbe aumentare la propria propensione a ‘fare rete· con
l associazionismo di promozione umana, accettando ad esempio di confrontarsi su base
paritaria con gli altri soggetti componenti il Consiglio ecumenico delle Chiese mondiali
in modo da potenziare quello che oggi si sta dimostrando uno strumento fondamentale
nella prevenzione dei conflitti, ossia il dialogo interreligioso. Del resto il dibattito
sull esigenza di un ripensamento delle finalit della diplomazia vaticana nel 900 risale
agli anni 30, cioŁ ai discorsi di Giovanni B. Montini
15
.
La proposta di assimilare la Chiesa cattolica, al momento caratterizzata da uno
status internazionale sui generis, ad una formazione di societ civile, fermo restando il
mantenimento delle prerogative che le derivano dalla tradizione e dal possesso di
attributi di posizione significativi, Ł riemersa lo scorso anno nel dibattito sulla disciplina
del dialogo religioso nel progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per
l Europa. Nell ottica di una rivalutazione della componente non -governativa nella
membership dell Onu, ci sembra evidente come una simile misura da parte della Chiesa
cattolica darebbe grande forza alla democratizzazione dell Organizzazione
Internazionale Multilaterale; potremmo anzi ipotizzare che tali processi, rispettivamente
l appoggio del Magistero al rafforzamento delle Nazioni Unite e l adeguamento della
struttura della Chiesa cattolica in relazione alla sfida posta dall esigenza di rinnovare il
ruolo della propria leadership etica nell arena delle Relazioni Internazionali aspetti
che rappresentano i fili conduttori del presente lavoro costituiscano du e livelli
strettamente interconnessi e destinati ad essere promossi contemporaneamente.
Il tema della Riforma delle Nazioni Unite ha assunto crescente importanza nel
14
La metafora delle Colonne d Ercole Ł utilizzata da Antonio. Papisca in Democrazia Internazionale, via di pace
per un Nuovo Ordine Internazionale democratico, I edizione, Milano, Franco Angeli, 1988 (V edizione 1995).
15
V. R.A.GRAHAM, Vatican Diplomacy A Study of Church and State on the International Plane, Princeton (New
Jersey, USA), Princeton University Press, 1959, p. 31. Sul punto v. anche G.RUMI, La diplomazia vaticana:
un esperienza tutta particolare, in A.GIOVAGNOLI (a cura di), Pacem in terris tra azione diplomatica e Guerra
globale, Milano, edizioni Angelo Guerini & associati, 2003, p. 39. Un analoga considerazione Ł stata espressa in
proposito da Mons. Fant , il quale ha precisato: «Paolo VI ha trattato il problema a piø riprese, partire dal 25 aprile
1952, quando ancora Sostituto della Segreteria di Stato, tenne il gi ricordato discorso commemorativo del 250
anniversario di fondazione della Pontificia Accademia Ecclesiastica», cfr. P.FANT , Una diplomazia per la chiesa nel
mondo, Roma, Nuova coletti editore, 1990, p. 43.
12
Magistero probabilmente con Paolo VI; Giovanni Paolo II propone oggi tale issue come
una priorit assoluta dell agenda politica mondiale: l attuale Pontefice, che oltre
vent anni fa si faceva portavoce dell esigenza dell affermazione di un Nuovo Ordine
delle Relazioni Internazionali, ha sostenuto nel messaggio del 1 gennaio 2004: «[ ]
L umanit , di fronte a una fase nuova e piø difficile del suo autentico sviluppo, ha oggi
bisogno di un grado superiore di ordinamento internazionale [ ]
16
».
Secondo Papisca: «la nuova organizzazione politica che il Papa auspicava [ ]
dovrebbe risultare appunto dal consolidamento dell Onu, nella continuit della
vocazione statutaria di questa di garante del diritto, della pace e della sicurezza nel
mondo
17
». Il riferimento del Papa al rafforzamento e alla democratizzazione
dell Organizzazione delle Nazioni Unite si pone in linea di continuit con l istanza, di
cui si fece portatore Paolo VI, a favore della costituzione di un autorit pubblica
mondiale dotata di poteri coercitivi
18
.
«Non c Ł da meravigliarsi che la Chiesa cattolica, universale per definizione,
abbia considerato tale diplomazia come una modalit adeguata per incoraggiare
l organizzazione stabile e organica della Comunit Internazionale» ha affermato
recentemente il Card. Martino riferendosi all esperienza della missione della Santa Sede
presso le Nazioni Unite alla presentazione del volume Words that matters, edito dalla
Fondazione Path to peace
19
.
Se nella Pacem in terris si legge che «[ ] I poteri pubblici della Comunit
mondiale non hanno lo scopo di limitare la sfera d azione ai Poteri pubblici nelle
singole comunit politiche e tanto meno di sostituirsi ad esse [ ]», Giovanni Paolo II,
in riferimento al processo di integrazione europea, ha d altra parte espresso
l inevitabilit della conservazione del sistema statuale, il quale rappresenterebbe una
16
V. Giovanni Paolo II, Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 2004, su
www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/messages/peace/documents/hf_jp-ii_mes_20031216_xxxvii-world-day-
for-peace_it.html
17
Cfr. A.PAPISCA, La pace e il mondo: il metodo dei segni dei tempi, comunicazione al Convegno Pacem in terris:
impegno permanente Le comunit cristiane protagoniste di gesti e segni di pace , Bergamo, 22-23 ottobre 2003.
18
Discorso di Paolo VI all Onu del 4 ottobre 1965, citato in S.FERLITO, L attivit internazionale della Santa Sede ,
Milano, GiuffrŁ, 1988, p. 171; l enciclica Gaudium et spes fa riferimento all urgenza di costituire una auctoritas
internationalis congruis viribus munita.
19
Cfr. Osservatore romano, 30 giugno 2003, p. 11.
13
garanzia per la trasmissione dei valori culturali nazionali
20
. E tuttavia nella prassi piø
recente, ed in particolar modo nella condotta tenuta dalla Chiesa cattolica in riferimento
al conflitto iracheno, che si possono cogliere a nostro avviso orientamenti di segno
opposto.
2. Struttura
Nel primo capitolo di questo lavoro proponiamo alcune considerazioni in merito
allo status internazionale della Santa Sede sotto il profilo giusinternazionalistico e sotto
quello politologico, dedicando particolare attenzione all adeguamento della Chiesa
cattolica alle trasformazioni in atto nel Sistema internazionale, in un epoca di
transizione dal Diritto internazionale interstatuale al Diritto panumano.
In sintesi si pu affermare che il ruolo che la Chiesa cattolica ha svolto
nell ambito del conflitto iracheno a partire dall autunno del 2002 sia consistito in una
prima fase nella sensibilizzazione dell opinione pubblica mondiale e dei decisori politici
sull opportunit di trovare soluzioni coerenti con l International Rule of Law attraverso
una serie di pronunce del Papa e dei suoi collaboratori. In un momento immediatamente
successivo si Ł registrato l attivarsi della diplomazia pontificia nei confronti di Stati e
Organizzazioni Internazionali Governative, attraverso la raccolta di informazioni da
parte dei Nunzi Apostolici, i colloqui tra il Segretario di Stato o il Ministro degli
esteri del Vaticano con i rappresentanti degli Stati presso la Santa Sede, le
comunicazioni della Sede Apostolica alle Organizzazioni Internazionali attraverso i suoi
Osservatori/Nunzi Apostolici; in un momento ulteriore la Santa Sede ha previsto delle
missioni ad hoc.
La Chiesa infine offre un contributo determinante nel fornire sostegno alla
popolazione civile attraverso la somministrazione di aiuti umanitari.
Ciascuno di questi livelli Ł affrontato rispettivamente nei capitoli II, III e IV. Oltre
ad una catalogazione delle fonti da cui ricavare gli elementi caratterizzanti la condotta
20
Ferlito osserva come «un analisi piø attenta del recente Magistero mostrerebbe che la Santa Sede non auspica piø,
oggi, la creazione di un super stato , nØ la chimerica idea di una Repubblica universale ispirata come lasciava
intendere ancora Pio XII a moduli federalistici» cfr. S.FERLITO, L attivit internazionale della Santa Sede, op. cit, p.
171; l autore si riferisce al messaggio radiofonico del 14 settembre 1946 in cui Pio XII sembrava presentare la
Svizzera come il modello sul quale organizzare la societ internazionale.
14
tenuta da ciascun attore, proponiamo alcune considerazioni comparative sull operato dei
diversi protagonisti e alla fine di ciascun capitolo riportiamo alcuni commenti registrati
nella stampa italiana ed estera.
Nelle conclusioni Ł nostra intenzione riflettere sulla coerenza di tali iniziative con
la politica di azione esterna della Chiesa in relazione all avvenire dell Iraq, del Medio
Oriente e alla piø vasta visione di Ordine internazionale.
Alleghiamo al lavoro un appendice sul ruolo svolto dalla Conferenza Episcopale
Italiana al fine di stimolare una valutazione dell influenza dei suoi imputs sul processo
decisionale centrale della Chiesa cattolica.
3. Metodologia
E opportuno anzitutto evidenziare come l utilizzo della categoria di conflitto in
relazione alle vicende che hanno visto l utilizzo della forza da parte di una coalizione
multinazionale sotto comando angloamericano sia problematico. Ammettendo che un
conflitto internazionale
21
nasca allorquando fra due o piø attori del sistema
internazionale si sviluppi un contrasto di interessi che perdura nel tempo
22
, occorre
ricordare come le negoziazioni in seno al Consiglio di Sicurezza nell autunno 2003
etichettate con le formule Situation between Iraq and Kuwait e Situation of Iraq - ed
il triste epilogo dell utilizzo della forza svincolato dall autorit del Consiglio di
Sicurezza nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, si inseriscono
nella dinamica conflittuale internazionale originata dall inottemperanza da parte
dell Iraq alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza successive alla 687/91.
Pertanto il conflitto iracheno non pu dirsi certo concluso nØ con la presa di
Baghdad nØ con l avvenuto arresto di Saddam Hussein. Per esigenze di completezza ci
siamo proposti di restringere il campo d indagine al periodo compreso tra il 17
21
CioŁ un processo in cui due o piø attori internazionali, consapevoli delle incompatibilit esistenti fra loro,
impegnano le loro risorse in attivit di opposizione reciproca allo scopo di eliminare tali inco mpatibilit , cfr.
F.ATTIN , I conflitti internazionali Analisi e misurazione, Milano, Angeli, 1976, p. 13, citato in A.PAPISCA e Marco
MASCIA, Le relazioni internazionali nell era dell interdipendenza e dei diritti umani , I edizione, Padova, CEDAM
1992 (2a ed., 1997), p. 366.
22
Cfr. U.GORI, voce Conflitto , in N. BOBBIO, N.MATTEUCCI (diretto da), Dizionario di politica, Torino, Utet, 1976.
Sulla categoria di conflitto v. anche L BONANATE, Teoria politica e Relazioni Internazionali, Milano, Edizioni di
Comunit , 1976, p. 219.
15
settembre 2002 (data in cui si sono conclusi a Vienna, nella sede dell Aiea, i negoziati
per la ripresa delle ispezioni in territorio iracheno da parte dell Iraq action team della
stessa agenzia e da parte dell Unmovic) ed il 18 febbraio 2004
23
. Entro questo periodo
possono essere individuate le fasi di crisi, tensione, violenza e, embrionalmente, di
soluzione del conflitto iracheno, alle quali corrispondono le diverse azioni promosse
dalla Chiesa cattolica
24
.
23
Le pubblicazioni che riguardano il recente conflitto iracheno sono sostanzialmente di carattere giornalistico. A
titolo indicativo, v. M.RAI (introduzione di N.CHOMSKY), Iraq: dieci ragioni contro la guerra, Torino, Einaudi,
2003; N.SOLOMON e R. ERLICH, Bersaglio Iraq Le verit che i media nascondono , Milano, Rizzoli, 2003;
U.RAPETTO e R.DI NUNZIO, Attacco all Iraq: cento ragioni segrete, incredibili, ovvie, Milano, RCS libri, 2003;
P.J.LUIZARD, La questione irachena, Milano, Feltrinelli, 2003; L.ANNUNZIATA, No La seconda guerra irachena e i
dubbi dell Occidente, Roma, Donzelli editore, 2003. Sulla strategia statunitense della sicurezza post 11 settembre v.
B.WOODWARD, La guerra di Bush, Milano, Sperling & Kupfer, 2002, C.PANELLA, Saddam, Casale Monferrato
(AL), edizioni Piemme, 2003, p. 279 e S.ROMANO, Il rischio americano l America imperiale, l Europa irrilevante ,
Milano, Longanesi & C., 2003, pp. 91ss.
24
Sulle fasi dei conflitti v. A.PAPISCA e Marco MASCIA, Le relazioni internazionali nell era dell interdipendenza e
dei diritti umani, op. cit, pp. 370-383. Relativamente all ultima fase del conflitto iracheno riteniamo significativo il
contributo del Card. Mario Francesco Pompedda, il quale, interrogato da Bruno Vespa su quale tribunale potrebbe
giudicare i crimini compiuti da Saddam Hussein fa riferimento alla Corte Internazionale di giustizia prevista dallo
statuto Onu escludendo nella maniera piø assoluta la previsione di un tribunale americano. Cfr. B. VESPA, Diamo
all Onu un nuovo statuto , Panorama, 17 aprile 2003, p. 55.