5
Introduzione
Con quasi un attacco al giorno, il 2008 è stato l’anno record per la
pirateria. Dati così negativi sono da attribuirsi soprattutto a quanto
accade al largo delle coste della Somalia, paese che in breve tempo ha
scalato tutte le classifiche, diventando il teatro più critico nella lotta
alla pirateria. Secondo il Piracy Report dell’International Maritime
Bureau, dei 293 attacchi registrati nel 2008, 111 hanno avuto luogo in
quest’area, con un incremento, rispetto al 2007, del 200%.
Ora è la magmatica situazione geopolitica del Corno d'Africa ad
offrire asilo ai pirati che stanno infestando le acque del Mar Arabico,
zona strategica cruciale per il commercio europeo perché situata su
una delle rotte marittime principali per gli scambi tra Europa, Medio
Oriente e Asia, sulla quale passano annualmente dai 20 ai 30 mila
convogli. Il Corno d’Africa rappresenta un’area strategicamente
nodale in quanto, oltre a rappresentare il crocevia dei due terzi del
petrolio che arriva sui mercati occidentali, è adiacente a zone in cui
sono in corso dei conflitti: il Congo, l’Uganda e la parte del Ruanda
che confina con il Congo. Inoltre, negli anni scorsi, si è ritenuto che il
Corno d’Africa fosse una delle zone in cui Al Qaeda stesse
incrementando la propria influenza.
Sebbene sia difficile distinguere tra l’impatto della pirateria e quelli di
altri fattori legati alla crisi economica globale, è evidente che per le
imprese navali che transitano in acque somale i costi siano aumentati
e che siano in ballo interessi strategici per l’Europa, prettamente di
carattere economico.
Con il presente lavoro sarà anzitutto descritto il modus operandi di
questi criminali che operano nel cuore del Golfo di Aden, ma anche le
criticità del sistema politico somalo, come una delle chiavi di lettura
per capire le possibilità di successo di un intervento in quest’area.
6
L’Unione Europea, per contrastare tale minaccia, ha infatti deciso di
costituire la prima operazione marittima militare, la missione
ATALANTA, ma non si è astenuta da una più attenta riflessione
sull’esigenza di rafforzare il quadro istituzionale dello Stato somalo.
Saranno quindi in primo luogo oggetto di studio le misure adottate
dall’Unione per rafforzare la sicurezza in mare, con una particolare
attenzione alle raccomandazioni che la Commissione ha inviato nel
marzo 2010 alle imbarcazioni che navighino in tali acque per adottare
misure di auto protezione; saranno inoltre valutate le posizioni comuni
con le quali il Consiglio ha ricercato una stabilizzazione del contesto
sociale e politico somalo, al fine di riportare nell’alveo della
normalità un Paese tormentato dalla guerra civile, che impedisce un
controllo ed un’efficace repressione del fenomeno della pirateria.
Dal punto di vista della politica di sicurezza comune, l’elaborato
analizzerà il quadro normativo che il Consiglio ha disegnato con
l’azione comune 2008/851/PESC; in tale documento sono stati fissati
gli obiettivi dell’operazione militare ATALANTA, quali la protezione
sia delle navi del PAM che inoltrano gli aiuti umanitari alle
popolazioni sfollate della Somalia, conformemente al mandato della
risoluzione 1814(2008) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite,
che delle imbarcazioni che navigano al largo della Somalia, nonché la
dissuasione, prevenzione e repressione degli atti di pirateria e delle
rapine a mano armata al largo della Somalia.
Nel testo saranno analizzate le modalità di pianificazione
dell’operazione, cui ha progressivamente aderito la maggior parte
degli Stati Membri UE con l’invio di proprie navi da guerra, e la
ripartizione delle competenze in materia di controllo politico e
direzione strategica e militare.
Il lavoro si concentrerà poi sulla previsione della concessione da parte
dell’Unione Europea agli Stati terzi di poter esercitare la propria
giurisdizione all’esito della cattura di questi pirati sospettati. In
7
quest’ottica debbono inquadrarsi, ad esempio, gli accordi realizzati
con Paesi quali Kenya e Seychelles, scelti per essere attigui all’area
operativa della missione, coinvolti in questo trasferimento dei
sospettati per l’assenza di stabili istituzioni in Somalia e per la scelta
degli Stati UE nella maggior parte dei casi di astenersi dall’esercizio
di tale giurisdizione.
Questi trasferimenti hanno però creato delle problematiche attinenti al
rispetto dei diritti umani; nell’elaborato saranno sottolineate le
possibili incongruità di questi sistemi giuridici rispetto agli obblighi
vincolanti per gli Stati in materia e più in generale saranno verificate
tutte le garanzie che spettano ai pirati sospettati alla luce di quanto
affermato dal diritto internazionale umanitario.
In ultima istanza occorre ricordare che l’Unione Europea opera in
Somalia all’interno di un ambito operativo che la vede coinvolta in
cooperazione con altre forze, come la coalizione degli Stati Uniti
denominata Combined Task Force 151 ed il NATO Maritime Group;
sarà dunque oggetto di un’analisi critica il ruolo rivestito dalla
missione ATALANTA in questo quadro, valutandone i risultati ottenuti
rispetto agli obiettivi prefissati e le conseguenze sul contesto politico
somalo, dopo circa due anni dall’inizio dell’operazione.
8
Capitolo 1
Le nuove caratteristiche della pirateria marittima somala
SOMMARIO: 1.1 La crescita esponenziale degli attacchi e la
concentrazione di questi nell’area del golfo di Aden 1.2 Le relazioni
con il contesto politico critico della Somalia 1.3 Le ripercussioni
della pirateria sugli interessi commerciali e geopolitici dell’UE 1.4
Definizione e repressione della pirateria negli strumenti giuridici
adottati a livello internazionale
1.1 La crescita esponenziale degli attacchi e la concentrazione di
questi nell’area del golfo di Aden
Il notevole aumento degli attacchi a largo delle coste somale
verificatosi negli ultimi vent’anni, dimostra quanto rapidamente il
fenomeno della pirateria marittima sia tornato a costituire un
problema di rilevanza internazionale, imponendo soluzioni che non
sempre sono riuscite ad arginare il verificarsi di tali eventi.
Se dal 1992, infatti, si sono registrati 3583 assalti, con un aumento
percentuale fino al 2005 del 168 %
1
, proprio a partire da quell’anno
il fenomeno della pirateria marittima ha trovato poi una crescita
ancor più esponenziale, in particolar modo al largo delle coste
somale. Da quel momento, infatti, si sono moltiplicate queste
aggressioni, al punto da registrare nel 2008 dati numerici talmente
significativi da produrre una reazione internazionale; si sono calcolati
in quell’anno 293 attacchi alle imbarcazioni, 49 dei quali riusciti, 889
marinai presi in ostaggio, 11 persone uccise e 21 dispersi.
1
Da ti o tt e n u ti d a ll’a tt ività d e ll’In te r n a tio n a l Ma r itim e Bur e a u Pir a c y Reporting
Centre, disponibili sul sito www.icc-css.org.
9
Anche nel 2009 si è registrato un aumento, nonostante una relativa
tregua estiva dovuta alla stagione di monsoni che rendono difficile la
navigazione per i pirati. In questo periodo sono stati condotti almeno
164 attacchi, di cui 48 conclusisi con la cattura di una nave.
Al di là dei numeri, tali eventi in mare si sono sempre verificati con
maggiore o minore intensità a seconda dei vari periodi storici. E’
opportuno peraltro constatare il profondo cambiamento delle
motivazioni sottostanti a tali azioni; se nel passato gli interessi erano
di carattere politico o legati alla volontà di impadronirsi dei carichi
delle stesse navi mercantili, oggi l’unico obiettivo per i pirati risiede in
ragioni di carattere economico, attraverso l’estorsione di un ingente
riscatto per la liberazione degli ostaggi
2
. Si stima come nel 2008,
l’ammontare delle cifre versate alla pirateria sia oscillato tra i 30 e i
60 milioni di dollari. Le società marittime, persino i governi, sono
pronti a pagare queste somme, in quanto notevolmente inferiori se
comparate col valore della imbarcazioni. Nonostante la vertiginosa
crescita degli importi dei riscatti, infatti, non sembrano esserci grandi
alternative rispetto al rischio della perdita di vite per l’equipaggio.
Possiamo quindi affermare che oggi la pirateria ha assunto una
dimensione di “attività organizzata a fini di lucro”
3
, diretta e
comandata dai capi dei clans locali somali, i principali beneficiari sul
piano finanziario di tali operazioni.
Puntland, infatti, il luogo da dove principalmente partono gli assalti,
è una delle aree più povere del Paese, consentendo alla pirateria di
costituire un forte richiamo per tutti i disperati che vivono nella
miseria. Il comparto della pesca in Somalia è ormai collassato negli
ultimi quindici anni e le sue acque sono state oggetto di una pesca
intensiva da parte di navi europee, asiatiche e africane. Non a caso
2
Y AKE M T C H O U K, Le s E ta ts d e l’Unio n E u r o p è e n n e f a c e à la p ir a te r ie m a r i time
somalienne, in Re vu e d u Ma r c h è C o m m u n e t d e l’Unio n E u r o p è e n n e , n ° 530, 2009 , pag.441.
3
ELLEMAN, FORBES, ROSENBERG, Piracy and maritime crime, Naval War College,
Newport, Rhode Island, 2010, pag.220.
10
alcuni pirati hanno proprio invocato nella motivazione delle loro
azioni, la necessità di proteggere le risorse naturali, per cui il
pagamento del riscatto diverrebbe una sorta di tassa legittima, per
tutelare l’ambiente marino dall’immissione di rifiuti tossici o per la
protezione delle risorse ittiche dalla depredazione messa in atto dai
battelli asiatici o occidentali
4
. In tal senso esponenti di Puntland
hanno ricondotto l’esigenza del sequestro del rimorchiatore italiano
Buccaneer alla necessità di controllare se le chiatte rimorchiate
avessero trasportato rifiuti.
Non bisogna dimenticare che il Governo somalo, infatti, era solito
confiscare navi straniere per supposte violazioni di leggi locali, così
come occorre ricordare il diritto di passaggio preteso storicamente dai
“Signori locali”.
La popolazione somala non considera dunque la pirateria come un
fenomeno negativo da contrastare, in quanto, in un contesto di estrema
povertà, i milioni di dollari provenienti dai riscatti costituiscono una
fonte di reddito non solo per i pirati ma anche per le località che
ospitano i “santuari” del crimine.
Così si spiega il fatto che mediamente la popolazione somala non
comprende l’investimento del mondo occidentale con lo spiegamento
di forze navali nell’area per il controllo del traffico marittimo,
ritenendo che gli stessi Paesi potrebbero garantire, con donazioni,
sollievo alla povertà che pervade la Somalia.
In buona sostanza, possiamo evidenziare che i pirati somali non
uccidono, non praticano violenze gratuite, non diffondono video di
prigionieri decapitati e in genere nessun proclama di natura politica.
Non si rileva nei loro comportamenti alcun atto di fanatismo ma
soltanto l’esercizio di un business alternativo, l'unico praticabile. E’
una logica abbastanza comprensibile, per chi sostiene di essere stato
depauperato di quella che in alcuni casi è l’unica fonte di
4
TREVES, Piracy, Law of the sea and use of force: developments off the coast of
Somalia, in European Journal of International Law, Vol.20, n.2, 2009, pag.401.
11
sostentamento, la risorsa ittica. Per questo la pirateria somala gode
del consenso popolare, per questo intere cittadine sono solidali e
collaborano con i pirati nell'unico business praticabile.
In un Paese dove il reddito annuo medio è stimato intorno ai 650
dollari diventa così molto forte il richiamo dei compensi dei pirati, che
possono arrivare anche a 10000 dollari per un attacco riuscito
5
.
L’instabilità interna ed il conseguente rischio di morire fanno sì che i
pericoli connessi alla pirateria siano considerati di poco peggiori di
quelli affrontati quotidianamente; ecco perché le organizzazioni dei
pirati non hanno alcun problema a reclutare sempre nuovi elementi
nelle loro fila.
Chiarito il contesto storico e culturale nel quale si sviluppa il
fenomeno, dobbiamo analizzare il modus operandi dei pirati, nonché
le modalità di contrattazione per il rilascio delle navi.
L’intervista ad un pirata ha consentito di accertare l’esistenza di un
tribunale da campo, una lista di punizioni e un codice di condotta: i
pirati formano così una sorta di confraternita paramilitare,
controllata da un sistema complesso di norme e sanzioni. I pirati
hanno vietato il ricorso ai metodi violenti propri delle milizie e dei
signori della guerra somali che agiscono nel resto del Paese e ci si è
premurati di consentire che le controversie e i conflitti che nascono
all'interno dell'organizzazione siano discussi in un covo di montagna
non lontano dal villaggio, per cui ogni pirata che commetta un crimine
venga condannato e punito subito
6
.
Occorre tuttavia riscontrare come non tutti i pirati riconoscano questa
autorità; alcuni casi hanno dimostrato infatti come l’equipaggio fatto
ostaggio fosse privato di cibo ed acqua e di come i loro sequestratori
divenissero col passare della prigionia sempre più aggressivi. In linea
5
MIDDLETON, Piracy in Somalia, Chatham House Briefing Paper, 2008, pag.5.
6
CASTEX, LOONIS- Q U E LE N , L’ o r g a n is a tio n m a r itim e int e r n a tio n a l e t la p ir a te r ie o u le vol à man armèe en mer: le cas de la Somalie, in Annuaire Français de droit
intenational, 2008, pag.79.
12
generale, comunque, può ritenersi soddisfatto l’obiettivo di tali norme,
quale quello di mirare soprattutto a scongiurare le rivalità tra le
diverse cellule.
Questo "codice di buona condotta", di cui è stata rinvenuta una copia
a bordo dello yacht francese Ponant, liberato nell'aprile 2008, viene
applicato con tutti i membri di equipaggio trattenuti in ostaggio. Il
codice vieta in particolare qualsiasi aggressione sessuale contro le
donne e prevede un premio, chiamato 'saami sare', per atti di
coraggio, per il quale è previsto che "il primo pirata che sale a bordo
della barca catturata può pretendere un'automobile di lusso, una casa
o una sposa. Può anche decidere di trasformare questo bonus in
contanti".
Secondo un calcolo delle Nazioni Unite il numero di pirati è passato
da una cinquantina di “addetti” nel 2006, a 1.500 alla fine del 2008;
divenendo parte integrante delle comunità che abitano la costa, sono
organizzati allora come imprese private, per cui troviamo i
finanziatori, con una strategia militare e una pianificazione e gli
sponsor, che procurano le barche veloci, il carburante, le armi e le
munizioni, i sistemi di comunicazione e i salari.
I pirati operano utilizzando piccole imbarcazioni, tutte dotate di
motori fuoribordo; il pregio di tali mezzi sta nella loro manovrabilità e
velocità, a discapito però delle dimensioni, che precludono la
possibilità di attaccare le grandi navi. Per tale motivo dunque, si è
iniziato ad utilizzare in appoggio “navi-madre”, generalmente
utilizzando motopescherecci con rete a strascico, che i pirati rubano
vicino alle coste, per poi utilizzarli come “stazioni di sosta” per nuovi
attacchi in mare, in modo da trasportare uomini, materiale, provviste e
piccole imbarcazioni d’assalto
7
.
Tale cambiamento aiuta così a spiegare come il fenomeno della
pirateria abbia notevolmente ampliato le propria portata: dal vecchio
7
BATEMAN, Sea piracy: some inconvenient truths, in Disarmament Forum, vol.2,
2010, pag.18.
13
avvertimento di rimanere almeno a 50 miglia nautiche dalla costa,
oggi si è arrivati a 200 miglia. Il tempo che solitamente trascorre tra il
momento in cui si avvistano i pirati e quello in cui la nave viene
abbordata è di quindici minuti. Ciò spiega perché, nonostante la
sorveglianza internazionale nell’area del Golfo di Aden, le
imbarcazioni continuano ad essere depredate.
Individuata la “preda”, dalle navi madre si staccano così tre o quattro
barchini veloci con a bordo da quattro a otto uomini armati che danno
l’arrembaggio. Hanno a disposizioni telefoni satellitari, apparati GPS
in grado di determinare la posizione geografica, serbatoi
supplementari di carburante, piccoli radar, binocoli potentissimi,
rampini e scale telescopiche. In generale dunque è decisamente
aumentato il raggio d’azione delle navi madre, che arrivano a coprire
circa un milione di km², ponendo come loro obiettivo quello di colpire
navi commerciali, da crociera e da pesca
8
.
Dalle recenti indagini emerge purtroppo anche la crescita del
potenziale bellico dei pirati; quest’ultimi hanno iniziato ad utilizzare
MANPADS, un sistema missilistico antiaereo a corto raggio,
trasportabile a spalla ed inoltre gli RPG, armi portatili anticarro.
Essendosi nel passato il loro metodo d’attacco limitato ad armi da
fuoco automatiche, l’impiego del lancio di granate ha introdotto
maggiori rischi nell’ambito delle perdite di vite e danni alla proprietà,
basti pensare alle disastrose conseguenze laddove fosse attaccata una
nave cisterna.
Il tempo che trascorre dall’individuazione del pericolo a quello
dell’attacco è dunque obiettivamente breve, ma ciò non significa che
non si possano prevenire degli assalti in mare aperto.
Vi sono stati infatti dei casi in cui si è riusciti ad organizzare una
pronta reazione, come nel caso della nave da guerra americana
Peleliu nel 2008, che si trovava a sole dieci miglia dall’attacco ed è
8
MIDDLETON, Pirates and how to deal them, Chatham House Briefing Paper, 2009,
pag.4.
14
riuscita ad intervenire dopo una preventiva ricognizione degli
elicotteri alzatesi in volo. In altre circostanze, invece, i comandanti
delle navi devono adottare qualsiasi manovra evasiva possibile.
Proprio in tal senso la Commissione Europea ha adottato una
Raccomandazione l’11 marzo 2010, “relativa alle misure di auto
protezione e di prevenzione degli atti di pirateria e degli attacchi
armati contro le navi”.
Tale documento è il frutto “dell’evidente interesse al miglioramento
della sicurezza marittima, che ha spinto ad assicurarsi che le navi
battenti bandiera di uno Stato membro siano preparate nel miglior
modo possibile allo stato attuale delle conoscenze, quando si trovano
in zone di navigazione ad alto rischio di pirateria e di attacchi
armati”
9
. Nel testo, complementare alle linee guida presentate dalle
circolari dell’Organizzazione Marittima Internazionale, è stata fatta
un’analisi degli attacchi condotti con successo, dimostrando come i
pirati sfruttino una serie di punti deboli nelle imbarcazioni.
Sono stati ritenuti tali “la bassa velocità, il basso bordo libero,
pianificazione e procedure inadeguate, uno stato di allerta
palesemente mediocre e/o l’assenza di misure di auto protezione
evidenti e l’evidente lentezza di risposte da parte della nave”
10
; inoltre
si è invitato alla massima vigilanza all’alba e all’imbrunire, perché la
maggior parte degli attacchi è stata condotta in questi momenti.
Le navi più veloci non sono infatti al riparo da assalti ma la velocità
rappresenta un’efficace forma di difesa, soprattutto nelle zone in cui
sono state impiegate armi di piccolo calibro e lanciagranate al fine di
intimidire i capitani e farli rallentare. Inoltre si è ricordato come la
maggioranza dei tentati dirottamenti sia stata respinta dall’equipaggio
9
COMMISSIONE EUROPEA, Raccomandazione relativa alle misure di auto protezione
e di prevenzione degli atti di pirateria e degli attacchi armati contro le navi,
2010/159/UE, pag.1.
10
COMMISSIONE EUROPEA, Raccomandazione relativa alle misure di auto
protezione e di prevenzione degli atti di pirateria e degli attacchi armati contro le
navi, cit., pag.4.