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1. Il Commercio Internazionale di Armi
1.1 Le difficoltà di definizione
Il Commercio Internazionale di Armi è da sempre un argomento di difficile trattazione.
Nel momento in cui ci si prefigge di attuare uno studio a riguardo, bisogna tenere conto
di molti fattori - anche psicologici e inconsci - che possono inficiare i risultati
dell’analisi. Superati questi ostacoli della mente, ci si trova davanti ad un mondo per la
maggior parte oscuro, totalmente mancante di trasparenza. Tutto questo è spiegabile con
la necessità degli Stati di tenere sotto controllo le informazioni riguardanti la sicurezza
nazionale e le strategie di politica estera, ma anche per tentare di tenere a bada i
movimenti pacifisti che operano internamente e che spesso guidano l’opinione pubblica
lungo una direzione che troppo frequentemente mette in imbarazzo le classi dirigenti.
Come si possono allora recuperare i dati riguardanti il Commercio Internazionale di
Armi?
Sin dal primo approccio con questo tema si nota che tra le numerose difficoltà che vi
sono nel raccogliere informazioni riguardo al commercio di armi vi è lo stretto legame
tra quest’ultimo e la Spesa per la Difesa (SPD). Il problema principale è riuscire a capire
come si possono interpretare i dati che i governi rilasciano sulla loro SPD, il loro valore
effettivo e come questi siano legati al commercio di armi. In sostanza: quanto il valore
della SPD rispecchia le capacità militari di un paese?
Le democrazie capitalistiche occidentali hanno naturalmente trattato la difesa nazionale
come un bene pubblico puro con determinate caratteristiche (secondo la definizione di
bene pubblico puro di Samuelson1). Infatti:
la difesa nazionale riguarda tutti gli individui di una nazione
nessuno è escludibile
il consumo della difesa nazionale è obbligatorio
la difesa nazionale non dà luogo a congestione
1
GRAZIOLA G., (1987), La spesa per la difesa: problemi di definizione e di calcolo, e un’analisi del
caso italiano dell’ultimo decennio, in La Spesa Pubblica a cura di Giorgio Brosio, Giuffrè Editore,
Milano, pp. 183-225.
4
Di conseguenza si tende a definire la SPD come valore monetario degli input
dell’attività che produce difesa2. Questa definizione crea però alcuni problemi:
a) certi input inseriti nella SPD potrebbero contemporaneamente contribuire alla
produzione di altri beni oltre che alla difesa.
b) vi è il problema della pensioni militari (militari in carriera e dipendenti del
Ministero della Difesa MID). Queste possono essere definite come trasferimenti dello
Stato ai privati e quindi essere escluse dalla SPD oppure come pagamenti differiti di
servizi lavorativi precedenti e quindi incluse nella SPD.
c) alcune spese sostenute da altri ministeri potrebbero riguardare la difesa nazionale,
ma non essendo inserite nella SPD, vi sarebbe una lacuna nei dati.
Un tentativo di definizione, ripreso poi dai principali Istituti che si occupano di
raccogliere dati del Commercio Internazionale di armi, di cui parleremo più avanti, è
stato promosso dalla NATO3. I dati delle SPD dei Paesi che fanno parte dell’alleanza
vengono pubblicati sul periodico Notizie NATO. Tali dati seguono una definizione di
SPD stabilita, ma non fornita, dalla NATO stessa. Per intendere la definizione ci si basa
sulle note esplicative delle statistiche pubblicate; dallo studio di queste ultime si evince
che la SPD secondo la NATO deve includere:
pensioni militari
aiuti militari ad altri Paesi
spese per obblighi verso l’alleanza
spese per forze paramilitari solo se impegnate in azioni militari
Sono escluse le spese di protezione civile, le pensioni di guerra e il servizio del debito di
guerra.
2
ibidem
3
ibidem
5
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha definito la SPD4: i punti sono
sostanzialmente uguali a quelli analizzati dalla NATO tranne per il fatto che la
definizione del FMI non include le pensioni militari ma include le spese per la
protezione civile.
Dopo aver cercato di risolvere il problema di definizione si incontra il problema della
trasparenza della comunicazione di dati relativi al Commercio Internazionale di armi.
Nel rilasciare i dati sul traffico delle armi gli Stati usano due forme di trasparenza5:
• Trasparenza intergovernamentale: è lo scambio confidenziale di informazioni
tra governi come base della costruzione di reciproca fiducia e per prevenire
interpretazioni e calcoli errati delle intenzioni degli Stati che potrebbero portare
a conflitti.
• Trasparenza pubblica: riguarda quei dati che gli Stati decidono di mettere a
disposizione dei propri cittadini. In questo modo al parlamento e al popolo viene
data la possibilità di monitorare il comportamento dello Stato riguardo ai
trasferimenti di armi, così da conoscere che ruolo gioca il proprio Paese
all’interno del Commercio di Armi.
Come si può immaginare, ci sono Paesi che sono più restii a dare informazioni ai propri
cittadini che agli altri governi.
All’interno della scia di dati che un trasferimento di armi lascia, è possibile riconoscere
molte informazioni, ognuna della quali ha una certa importanza. È stato suggerito che le
principali informazioni richieste per aumentare la trasparenza riguardo al commercio
internazionale di armi includano dati su6:
il fornitore e il destinatario
il tipo di arma (aereo, artiglieria, navale, ecc.)
4
ibidem
5
HOLTOM P., (2008), Transparency in transfers of small arms and light weapons, S.I.P.R.I. Policy Paper,
Stockolm.
6
ibidem
6
il numero di unità
la descrizione dell’oggetto (modello, componenti e eventuale trasferimento di
conoscenze)
l’utilizzatore o l’utilizzo finale
le date dell’accordo e quelle di consegna
le condizioni delle armi (nuove, usate, ecc)
il valore finanziario del trasferimento
come è avvenuto il trasferimento (tipo pagamento, donazione, ecc)
qualsiasi supporto tecnico o addestramento assicurato.
Anche in questo caso ogni Paese risponde a suo modo a queste richieste causando
incomprensioni e interpretazioni erronee.
Nel 2001 i membri delle Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo per intraprendere
misure a livello nazionale per assicurarsi di avere leggi adeguate, regolamentazioni e
procedure amministrative capaci di controllare il traffico di armi7. Nonostante non ci sia
a livello internazionale uno standard minimo di informazioni che necessariamente
devono essere riportate alle autorità nazionali di controllo, gli Stati si sono raccomandati
di raccogliere come minimo alcune informazioni:
il fornitore e il destinatario
la data di consegna
il tipo di armi trasferite
il valore finanziario o il numero di unità trasferite.
Gli Stati hanno modi diversi di raccogliere queste informazioni: elenchiamo le
principali fonti di informazione interne sul commercio di armi.
7
Conferenza delle Nazioni Unite sul Mercato illecito di Armi leggere svoltosi a New York dal 9 al 20
Luglio 2001 .http:// www.un.org
7
• Resoconti dall’industria
In alcuni Stati le industrie che producono armi mettono a disposizione delle autorità
nazionali dei resoconti (semestrali o annuali) sulle loro vendite. Siccome questi dati
vengono raccolti senza passare da un controllo, è possibile che questi siano,
intenzionalmente o no, inaccurati. C’è anche il rischio che alcune aziende comunichino i
dati solo se legalmente obbligate.
• Resoconti dalle dogane
Alcuni Stati raccolgono le statistiche dalle proprie dogane dove vengono registrati i
trasferimenti di beni sia in entrata che in uscita. Tra questi Stati ovviamente vi sono
discordanze nella raccolta e nei dettagli dei dati.
• Resoconti dalle agenzie governative
Le agenzie governative (come la Polizia o le Forze Armate) dovrebbero rappresentare
una delle fonti più affidabili di informazioni. Ma una valutazione del 2006 ha
evidenziato che solo 102 stati hanno organizzato procedure per il controllo degli stock
di armi a disposizione e solo 69 tengono aggiornati tali dati8. Tutto questo non ha
permesso lo sviluppo di un livello di comunicazione fra le agenzie governative tale da
permettere un’alta affidabilità.
La mancanza di una definizione adottata dalla comunità internazionale non
permetterebbe di paragonare i dati e di compiere uno studio associandoli con
l’andamento del commercio internazionale di armi. Esistono però Istituti che da anni
raccolgono dati uniformi sul commercio di armi e grazie ai quali è possibile svolgere
studi per comprendere meglio questo fenomeno.
8
HOLTOM P., (2008), Transparency in transfers of small arms and light weapons, S.I.P.R.I. Policy Paper,
Stockolm.
8
1.2 I SIPRI Yearbooks e il UNROCA
Fondato nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta della Svezia, il
SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) è un istituto che sin dalla sua
fondazione raccoglie dati per contribuire alla definizione delle condizioni basilari per
una pace stabile e per soluzioni pacifiche dei conflitti internazionali, concentrandosi
specialmente sugli armamenti, la loro limitazione e riduzione e il controllo delle armi9.
Ogni anno, dal 1969, l’istituto pubblica il SIPRI Yearbook of World Armaments and
Disarmaments in cui sono raccolti i dati riguardanti i movimenti degli armamenti in
tutto il globo.
Il lavoro svolto dagli esperti del SIPRI è molto importante e mette a disposizione un
gran numero di dettagli che permettono la comparazione e lo studio oggettivo del
fenomeno.
Il SIPRI inserisce nel proprio database gli accordi conclusi tra soggetti (non solo Stati
nazionali)10. Un accordo viene inserito solo se è certo che siano iniziate le consegne
degli armamenti oppure se esiste un ordine a riguardo. Gli accordi sono suddivisi tra
quelli che riguardano il trasferimento fisico di armi e quelli che riguardano il
trasferimento di tecnologia necessaria per la produzione dell’apparecchiatura militare
(produzione con licenza). In ogni caso le informazioni sono11:
il numero ordinato: il numero di oggetti ordinati per ciascun accordo
designazione dell’arma
descrizione dell’arma
anno dell’ordine o licenza
anno(i) di consegna
numero di oggetti prodotti o consegnati (al momento della compilazione del
database)
9
http://www.sipri.org/about
10
http://www.sipri.org/databases/milex
11S.I.P.R.I., (2008), Armaments, Disarmament and International Security, Oxford University Press,
Oxford.
9
commenti: possono includere il valore finanziario dell’accordo, l’utilizzo degli
armamenti in oggetto, se si tratta di donazione, ecc.
Il SIPRI ha sviluppato un indice del commercio di armi denominato TIV12 che è
espresso in dollari americani ai valori costanti del 1990. Esso però non rispecchia il
valore delle transazioni monetarie ufficiali, ma piuttosto fornisce una stima del volume
delle armi trasferite. Infatti sulla base di una serie di fonti (che elencheremo più avanti)
è lo staff di esperti del SIPRI che opera una stima delle armi trasferite nell’anno solare.
L’indice TIV è calcolato sul volume di armi fisicamente trasferite da un territorio
all’altro, includendo pertanto anche il volume di armi che non è oggetto di alcuna
transazione monetaria ma che costituisce donazioni o che comunque sono trasferite
unilateralmente in seno a più ampi accordi di cooperazione tra Paesi. Il dato
interessante, inoltre, è che per mezzo di questo collaudato procedimento il SIPRI riesce
a fornire anche una stima del volume di armi trasferita anche a soggetti non statuali
quali gruppi ribelli e movimenti rivoluzionari.
Grazie all’accuratezza dei dati, è possibile effettuare ricerche sul trasferimento di armi
da e per qualsiasi Stato o eventualmente gruppo armato. Inoltre è possibile scegliere una
ricerca suddivisa per armi se si è interessati a un particolare tipo di manifattura militare.
Col passare degli anni il SIPRI ha prodotto anche database sulle aziende militari, sui
loro conti e sulla loro produzione13. Ha anche dati riguardanti le spese militari, il
numero di soldati di ogni Stato, la quantità e le tipologie di armi che hanno a
disposizione14.
Il database del SIPRI raccoglie però i dati sui trasferimenti di alcuni tipi di armamenti15:
12
http://www.sipri.org/databases/armstransfers/background/explanations2_default
13
http://www.sipri.org/databases/top100
14
http://first.sipri.org/
15http://www.sipri.org/databases/armstransfers/background/explanations2_default