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All’interno di questa nuova visione dell’uomo e della sua formazione si collocano le
numerose ricerche nel settore dell’apprendimento e dell’istruzione che hanno visto nascere il
moderno approccio teorico costruttivista. Nella visione costruttivista lo studente non è una
“tabula rasa” su cui si può inserire ogni nuova conoscenza, ma ogni nuova conoscenza si
impianta su di un tessuto più ampio di conoscenze precedentemente elaborate in modo più o
meno elaborato e conscio. In questa nuova prospettiva l’insegnante è tenuto sempre a
verificare le conoscenze pregresse possedute dagli alunni su di una data materia, per poter poi
valutare se l’apprendimento delle nuova disciplina ha avuto veramente successo.
Le ricerche confermano che non basta spiegare in modo più chiaro quello che si vuole
insegnare, ma occorre sempre andare ad indagare se le nuove conoscenze sono entrate o no in
conflitto con le conoscenze pregresse, che si sa essere molto resistenti ad ogni cambiamento.
La riforma scolastica del 1997 ha aperto la strada a questo nuovo modo di intendere la
didattica. In essa sta il cuore dell’autonomia, e ad essa ho dedicato il Capitolo I di questa tesi,
in cui si considera come è cambiato il modo di intendere l’apprendimento, e come si pensa
oggi di dover insegnare le materie scientifiche, in particolar modo nelle scuole elementari.
La scuola di oggi si sta progressivamente adeguando a un nuovo modo di intendere il
processo formativo-educativo. Da alcuni anni in varie nazioni del mondo ed in Italia si assiste
alla progressiva formazione dei nuovi curricoli scolastici basati su un’impronta costruttivista.
Sono inoltre sempre più presenti sul territorio processi di sensibilizzazione verso gli
insegnanti, i quali devono a loro volta impadronirsi di questa nuova visione dell’istruzione e
dei fondamenti psico-pedagogici su cui si fonda, per poter contribuire alla completa
ristrutturazione della scuola che si vuole attuare.
Nel Capitolo II descriverò in breve gli elementi fondamentali della moderna
“progettazione didattica”, e introdurrò il tema della didattica per progetti. Spiegherò quindi
brevemente come è strutturato un progetto didattico e come si costruiscono e concatenano le
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unità didattiche (UD) che lo compongono. Uno di questi progetti, tuttora in fase sperimentale,
il progetto “Cielo!”, è l’oggetto di studio di questa tesi. Esso ha lo scopo di far apprendere ai
bambini delle scuole elementari e delle medie i primi rudimenti di Astronomia e di Fisica.
Prima però di addentrarmi nell’analisi del progetto “Cielo!” introdurrò il problema delle
cosiddette “misconcezioni”, o conoscenze pregresse, su cui si fonda un altro aspetto
importante del progetto medesimo e di questa tesi di laurea. Nel Capitolo III parlerò infatti in
modo specifico degli studi fino ad oggi eseguiti su questo tipo di conoscenze che ognuno di
noi possiede. Parlerò in generale di quelle conoscenze pregresse che derivano dal senso
comune e dall’esperienza, e che finiscono per scontrarsi con le conoscenze accreditate. Nel
caso in esame in questa tesi, analizzerò in modo particolare le misconcezioni nel campo
astronomico che sono state riconosciute dagli studi svolti fino ad ora, e quelle che sono
emerse dall’analisi di un questionario, da me opportunamente preparato, che è stato sottoposto
ad alcune classi delle scuole elementari di Bologna che partecipano alla sperimentazione.
Nel Capitolo IV analizzerò quindi la struttura del progetto “Cielo!” evidenziando le sue
finalità, i suoi pregi pedagogici e le sue possibili manchevolezze, e cercherò di mettere in luce
gli aspetti innovativi legati al nuovo metodo di istruzione. Tale progetto come vedremo si
basa sull’assunto costruttivista che la “conoscenza” che ogni studente possiede prima di
entrare a scuola è il risultato di molti anni di vita e tale conoscenza si è costruita nel tentativo
di rendere sensate le osservazioni e le esperienze che si fanno vivendo.
L’indagine svolta in questa tesi non è tuttavia solo un’analisi pedagogica del progetto
“Cielo!” né uno studio statistico delle misconcezioni emerse dai questionari sottoposti alle
varie classi, ma è mirata a cercare di stabilire se il nuovo approccio didattico costruttivista alle
materie scientifiche riesca nel suo intento, risulti cioè più efficace, più funzionale, e quindi
relativamente migliore del metodo didattico tradizionale di tipo behaviorista. A questo scopo
il questionario da me approntato, per verificare la preparazione dei singoli bambini e della
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classe nel suo insieme, è stato sottoposto a delle classi che seguono la sperimentazione del
progetto “Cielo!” e ad alcune classi che svolgono il programma di lezioni tradizionale. Il test
è stato sottoposto ai bambini in due fasi successive: all’inizio dell’anno scolastico, ed alla fine
dell’anno a sperimentazione conclusa.
Sempre nel Capitolo IV descriverò la struttura del test da me preparato per l’analisi delle
misconcezioni, spiegando il significato delle domande inserite nel questionario svolto dai
bambini.
Nel Capitolo V mostrerò i risultati che sono emersi dal test nella fase precedente la
sperimentazione del progetto “Cielo!” e quelli ottenuti a fine anno scolastico. Discuterò
quindi le misconcezioni più importanti che sono presenti nelle risposte dei bambini. Vedremo
che molte di queste sono identiche a quelle già presenti e studiate in letteratura.
Infine nel Capitolo VI trarrò le conclusioni di questa analisi, mirata a verificare l’impatto
della nuova didattica rispetto all’insegnamento tradizionale, confrontando i risultati ottenuti
nel test pre-sperimentazione e nel test post-sperimentazione, e formulerò i miei commenti
sull’andamento della sperimentazione che ho seguito direttamente.
Capire il ruolo dell’istruzione e i modi in cui l’apprendimento agisce nella ristrutturazione
delle conoscenze pregresse è al giorno d’oggi di primaria importanza per dare una corretta
struttura alla didattica. Spero che i dati da me raccolti possano essere di qualche aiuto nella
ricerca in quest’affascinante settore della ricerca pedagogica.
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Capitolo I
L’Autonomia scolastica e la riforma dell’istruzione
In questo capitolo parleremo di educazione scientifica, del ruolo che essa investe nel
processo formativo della persona, e di come questa educazione sta cambiando nelle
nostre scuole. In particolare parleremo dell’educazione scientifica nelle scuole
elementari, che sono di interesse specifico per questa tesi.
Per cominciare il nostro discorso sull’educazione scientifica riportiamo alcuni passi
tratti dalle premesse ai programmi ministeriali che sono rimasti validi fino al varo della
legge sull’autonomia scolastica nel 1997. Nella sezione obiettivi si trova scritto:
“E’ obiettivo qualificante del processo educativo, attraverso l’insegnamento di
discipline matematiche, chimiche, fisiche e naturali, l’acquisizione da parte dell’alunno
del metodo scientifico, quale metodo rigorosamente razionale e di conoscenza che si
concretizza nelle capacità concettuali ed operative di:
• Esaminare situazioni, fatti e fenomeni;
• Riconoscere proprietà varianti ed invarianti, analogie, differenze;
• Registrare, ordinare e correlare dati;
• Porsi problemi e prospettare soluzioni;
• Verificare se vi è rispondenza tra ipotesi formulate e risultati sperimentali;
• Inquadrare in un medesimo schema logico questioni diverse;
• Comprendere la terminologia scientifica corrente ed esprimersi in modo chiaro,
rigoroso e sintetico;
• Usare ed elaborare linguaggi specifici della matematica e delle scienze sperimentali;
• Considerare criticamente affermazioni ed informazioni, per arrivare a convinzioni
fondate e a decisioni consapevoli.
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Il processo di avviamento al metodo scientifico proposto agli alunni dovrà
ovviamente rispettare i tempi e le modalità di apprendimento caratteristici della loro
età: dovrà, quindi, muovere da ciò che può stimolare la loro curiosità e la loro
intuizione, da esperienze facilmente comprensibili, dalla operatività, e indirizzare alla
sistematicità, grazie alla progressiva maturazione dei processi astrattivi. Pertanto gli
allievi saranno impegnati, individualmente e in gruppo in momenti operativi, in indagini
e riflessioni opportunamente guidate ed integrate dall’insegnante, giungendo, secondo
la natura del tema, a sviluppi più approfonditi e generali...”
Questi dunque gli obiettivi educativi di una buona educazione scientifica prima della
riforma del 1997. Gli obiettivi didattici erano invece riassunti nei programmi
disciplinari.
Da quando è entrata in vigore la legge sull’autonomia scolastica non si parla più di
programmi, ma di offerta formativa.
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Uno degli aspetti del nuovo assetto
dell’organizzazione didattica riguarda, appunto, le materie di studio da proporre nei
curricoli scolastici. L’attenzione è oggi focalizzata sui saperi essenziali da proporre a
tutta la popolazione scolastica, distinti dai saperi non essenziali che riguardano la libera
opzione delle scuole. Allo scopo di approfondire la questione dei saperi essenziali nella
1
La legge sull’autonomia scolastica prevede che “Ogni istituzione scolastica predispone, con la
partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa”. Il Piano è il documento
fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la
progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano
nell'ambito della loro autonomia. Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed
educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale e riflette le esigenze del
contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione
territoriale dell'offerta formativa. Il Piano dell'offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla
base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di
amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri
formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie
superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto. Le istituzioni scolastiche,
nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità
generali del sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi
funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni...”.
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scuola di base, è stata istituita dal Ministero della Pubblica Istruzione una commissione
tecnico-consultiva (Commissione dei Saggi). Uno dei documenti di sintesi dei lavori è
stato redatto dal prof. Maragliano. Esso contiene diverse precise indicazioni sullo studio
delle materie scientifiche. In tale documento si legge:
“Per quanto riguarda lo studio della matematica e dei fenomeni fisico-chimici,
biologici e della natura in generale, la riforma si concretizza nella progettazione di
percorsi concettuali e didattici nei quali trovano collocazione ed effettiva
collaborazione reciproca due aspetti complementari che caratterizzano la costruzione
della conoscenza scientifica: il momento applicativo e d’indagine, ed il momento
cognitivo-intellettuale.
Il primo viene veicolato attraverso una pratica di laboratorio (reale o virtuale) intesa in
una duplice accezione: come spazio finalizzato all’esecuzione di compiti prefissati e
all’acquisizione di specifiche abilità sperimentali, e come orizzonte culturale nel quale
gli studenti possano gradualmente appropriarsi di modi di guardare, descrivere ed
interpretare i fenomeni naturali che si avvicinino progressivamente a quelli
scientificamente accreditati. Alla costruzione di questo orizzonte culturale concorrono i
sistemi di misurazione ed elaborazione, nonché i sistemi multimediali, il cui ruolo e le
cui funzioni vanno chiaramente identificati e promossi, particolarmente in rapporto
all’esigenza di disporre di modalità di visualizzazione e di rappresentazioni mentali
efficaci ed operative.
Il momento cognitivo invece assume come obiettivo prioritario quello di restituire in
tutta la loro articolazione e complessità di processi conoscitivi e intellettuali, non
riducibili a procedure codificate, le attività di modellizzazione, schematizzazione e
formalizzazione, mediante le quali i fenomeni vengono descritti e interpretati. Si
consente così allo studente di appropriarsi dei linguaggi e dei modi di operare della
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scienza, di acquisire criteri per formulare domande sensate, che abbiano significato
rispetto ai contesti presi in considerazione, di elaborare tecniche e strategie per
giungere a risposte scientificamente accettabili...
Questa crescente assimilazione dovrebbe consentire allo studente, nelle fasi finali
del suo curricolo scolastico, di sperimentare su se stesso un processo di progressiva
ristrutturazione delle conoscenze e di evoluzione delle strategie di ragionamento, che
ripercorra i modi nei quali si sono costruite la conoscenza e la coscienza collettive...
L’insegnamento delle scienze sperimentali viene così liberato delle modalità, spesso
pedanti e soprattutto acritiche, seguite da buona parte dei testi didattici e acquisisce
una prospettiva storico-epistemologica che ne consente un positivo dialogo con altri
campi della conoscenza.
Questo diverso modo di guardare alla cultura scientifica implica necessariamente
un diverso modo di individuare e selezionare i contenuti di
insegnamento/apprendimento, che anteponga la qualità alla quantità e privilegi la
ricerca di nuclei concettuali fondanti. A questi ultimi vanno ancorati percorsi didattici
culturalmente significativi e riflessioni sul significato culturale delle scienze, che
devono emergere come campi, ciascuno dei quali è caratterizzato da una propria
struttura interna, da specifici metodi di indagine e dall'uso di particolari linguaggi...”
Esaminando con attenzione questi due passi riportati si vede come la riforma
dell’autonomia non si discosta molto dalla vecchia scuola per quanto riguarda gli
obiettivi educativi, quelli che per intenderci si riferiscono alla crescita della persona
umana considerata nella sua globalità, mentre invece gli obiettivi didattici sono molto
diversi nelle due impostazioni. Si parla infatti non più di programmi disciplinari, ma di
offerta formativa e di nuclei concettuali fondanti di ogni disciplina.
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La distinzione come vedremo è sostanziale. La nuova scuola fa propri i risultati delle
ricerche pedagogiche e di psicologia cognitiva secondo cui è impossibile separare
l’apprendimento di una data disciplina dal contesto sociale, culturale, ed ambientale
degli studenti. Inoltre, l’apprendimento non viene più visto come un processo lineare di
accumulazione di sempre nuove conoscenze (behaviorismo), ma come una
modificazione continua di conoscenze già possedute (costruttivismo). Non si può più
quindi prescindere dal “background” culturale posseduto dagli studenti e dai
prerequisiti necessari in ogni intervento didattico.
Il modo migliore per apprezzare la visione dell’apprendimento dei costruttivisti è
quello di confrontarla con quella dei behavioristi. L’approccio behaviorista è quello di
dividere un processo complesso in tanti sottoprocessi più semplici. E’ quindi quello di
insegnare le varie parti di una disciplina separatamente, e di spiegare come le varie parti
sono tra loro connesse. Nella visione behaviorista l’insegnamento ha avuto successo
quando lo studente dimostra di aver acquisito la competenza necessaria a risolvere un
certo problema. L’apprendimento è visto come un processo di accumulazione di sempre
nuove conoscenze.
In questo tipo di approccio mancano due cose importanti: la prima è l’interesse per il
meccanismo di funzionamento dell’apprendimento. Il secondo è la mancanza di
interesse nel sapere se il processo di apprendimento è entrato in conflitto con le
conoscenze pregresse dello studente, e se quest’ultimo è riuscito o no a modificare la
propria conoscenza correttamente. Le ricerche di psicologia cognitiva indicano infatti
che un processo complesso non può essere spezzato in tanti sottoprocessi più semplici,
per il semplice motivo che la conoscenza richiede di essere sempre contestualizzata.
Il costruttivismo, che ha le sue radici nelle idee di J. Piaget, parte dal punto di vista
che l’individuo costruisce attivamente la conoscenza che possiede. Questo processo dura
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tutta la vita, e le conoscenze che si possiedono influenzano a loro volta le conoscenze
che si è in grado di apprendere e di modificare. In aperto contrasto con il behaviorismo
le conoscenze pregresse sono fondamentali, ed ogni nuova conoscenza deve avere per
noi un “senso” se vogliamo veramente recepirla. Se apprendiamo una cosa nuova che
per noi non ha “senso”, non saremo mai in grado di ricordarla per lungo tempo e di
usare questa nuova conoscenza nel modo corretto (Anderson 1987, Resnick 1987).
L’educazione scientifica faceva parte integrante della formazione della persona
anche prima della riforma. Che cosa è dunque cambiato? E’ sufficiente dire che i
programmi scolastici si sono trasformati in offerte formative, che all’insegnamento
generalizzato di una disciplina si vuole sostituire un insegnamento per nuclei fondanti, e
che gli studenti non sono più considerati al pari di calcolatori elettronici dove si
inseriscono sempre nuovi dati, per comprendere la portata di questa riforma scolastica?
Evidentemente no. La riforma della didattica è il cuore vero della riforma scolastica, il
fulcro dell’autonomia, non solo nel senso che ne è l’aspetto più importante, ma anche
nel senso che se questo cuore cessa di battere, la scuola muore definitivamente,
soppiantata dalla scuola parallela dei mass media e delle tecnologie multimediali e
telematiche che sempre più si vanno affermando ed imponendo, soprattutto nel campo
dell’acquisizione delle conoscenze. La scuola della lezione verbale sta per essere messa
definitivamente in crisi, non solo dalla multimedialità, ma anche e soprattutto dalla
interattività delle tecnologie informatiche. Si sta affacciando una didattica non solo più
accattivante, con i colori ed i suoni, ma anche interattiva, in quanto vede la
partecipazione attiva di coloro che apprendono.
La scuola deve quindi affrontare il problema della didattica, domandandosi che cosa
i docenti debbano fare perché gli alunni siano messi nella condizione di comprendere e
di apprendere i concetti, le regole e le teorie, riscoprendoli, ricostruendoli,
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reinventandoli, in un contesto educativo che veda gli alunni impegnati a lavorare con
modalità diverse, in gruppi, in forma cooperativa, con i docenti impegnati a svolgere
compiti di regia e di animazione più che a far lezione.
L’impegno della scuola dell’autonomia è il successo formativo, non il successo
istruttivo: la scuola dell’autonomia mira alla formazione della persona umana e pertanto
si impegna a perseguire le competenze, cioè le capacità. Tuttavia le capacità da sole
non bastano: occorre promuovere la formazione degli atteggiamenti, delle motivazioni,
degli interessi, delle forze che attivano le capacità, perché queste possano dispiegarsi.
Non basta acquisire la capacità di leggere, se non si matura anche la motivazione a
leggere. La scuola deve innanzitutto e soprattutto promuovere la maturazione della gioia
e del gusto di imparare e di fare. Gli atteggiamenti sono parte integrante degli obiettivi
che la scuola dell’autonomia vuole impegnarsi a perseguire. Una volta precisati gli
obiettivi formativi in termini di conoscenze, capacità ed atteggiamenti, la scuola
dell’autonomia cerca di far sì che tutti gli alunni li possano perseguire e raggiungere. I
risultati apprenditivi e formativi sono però strettamente correlati alle metodologie
educative e didattiche, cioè ai percorsi formativi, i quali debbono ispirarsi ai più
aggiornati criteri sociopsicopedagogici, tra i quali fondamentali sono quelli della
motivazione, della ricerca, della riscoperta, della ricostruzione, della reinvenzione, della
individualizzazione, dell’insegnamento, e della valutazione formativa. Il successo
formativo può essere assicurato solo da una organizzazione educativa e didattica
flessibile, negli obiettivi formativi e nei percorsi didattici.
I singoli alunni possono realizzare la loro piena formazione, nel rispetto delle loro
identità personali, sociali, culturali e professionali, solo se la scuola realizza la
personalizzazione degli obiettivi formativi e dei percorsi formativi. L’essenza della
scuola dell’autonomia è pertanto il successo formativo dei singoli alunni, ma
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l’essenziale della scuola dell’autonomia è un’azione educativa e didattica efficace e
personalizzata.
Allo stato attuale purtroppo in Italia la cultura scientifica e tecnologica è piuttosto
carente per i seguenti motivi:
• una presenza discontinua, non sempre ben ripartita e, specialmente nella scuola
secondaria superiore (ad eccezione della matematica), insufficiente delle discipline
scientifiche nei curricoli;
• la scarsità o mancanza di strumenti per fondare l’insegnamento su basi sperimentali;
• la carente formazione dei docenti sul piano pratico-sperimentale;
• la scarsità di servizi a sostegno del lavoro dei docenti.
A tal fine un’importante innovazione atta a promuovere l’educazione scientifica è
stata quella concretizzatasi nella Legge 10 Gennaio 2000 n° 6 (modifica alla Legge 28
marzo 1991), concernente le iniziative per la diffusione della cultura scientifica. In
particolare per ciò che riguarda la scuola e la didattica l’articolo 1) prevede di:
1. sviluppare la ricerca e la sperimentazione delle metodologie per un'efficace didattica
della scienza e della storia della scienza, con particolare attenzione per l'impiego
delle nuove tecnologie;
2. promuovere la cultura tecnico-scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado, anche
attraverso un migliore utilizzo dei laboratori scientifici e degli strumenti
multimediali, coinvolgendole con iniziative capaci di favorire la comunicazione con
il mondo della ricerca e della produzione, così da far crescere una diffusa
consapevolezza sull'importanza della scienza e della tecnologia per la vita
quotidiana e per lo sviluppo sostenibile della società.
La Legge predispone per queste iniziative dei finanziamenti erogati dal Ministero
della Pubblica Istruzione. In molte scuole italiane di ogni ordine e grado sono quindi
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partiti diversi progetti mirati all’educazione scientifica nelle diverse discipline che ne
fanno parte, dall’Astronomia, alla Chimica, alla Fisica ed alle Scienze Naturali.
A livello nazionale da un paio d’anni è stato promosso un progetto speciale per il
miglioramento della pratica dell’insegnamento scientifico (il Progetto SeT) che ha come
finalità fondamentale quella di favorire la crescita complessiva della cultura scientifico-
tecnologica degli studenti, migliorando la qualità dell’insegnamento. Il progetto
“Cielo!”, nato per un nuovo insegnamento dell’Astronomia e della Fisica nelle scuole
elementari e medie, fa parte del progetto SeT, ed è oggetto di analisi in questa tesi (vedi
Capitolo IV).
Gli obiettivi del progetto SeT sono:
1. L’organizzazione dell’insegnamento scientifico-tecnologico attraverso la creazione
di appositi spazi e la razionalizzazione di quelli esistenti, l’accesso alle risorse
esterne, e una migliore gestione delle risorse sia interne che esterne;
2. La creazione di una nuova professionalità degli insegnanti mediante la
consapevolezza delle metodologie, la capacità di utilizzare in maniera pratica ed
integrata una vasta gamma di strumenti e risorse, la capacità di interagire, con l’aiuto
delle reti telematiche, con la comunità della ricerca e dell’insegnamento scientifico-
tecnologico;
3. Il miglioramento della qualità dell’insegnamento scientifico-tecnologico, attraverso
l’integrazione, a tutti i livelli scolastici, tra attività pratiche ed elaborazione delle
conoscenze, la pratica della didattica per problemi e per progetti, il riferimento ad un
quadro unitario degli aspetti scientifici e tecnologici, i collegamenti con la realtà per
evidenziare le implicazioni culturali e sociali della Scienza e della Tecnologia;
4. L’innalzamento del livello qualitativo delle conoscenze, la padronanza dei metodi
della scienza e della tecnologia, la capacità di coniugare riflessione teorica e pratica
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sperimentale, la capacità di riconoscere e valutare il valore culturale e sociale della
Scienza e della Tecnologia, anche nella sua dimensione storica.
Allo stato attuale, la qualità dell’insegnamento scientifico/tecnologico deve
migliorare sia sul piano culturale che su quello pratico-sperimentale. Il Progetto SeT,
che ha durata quadriennale e che si propone di coinvolgere, a seconda delle risorse
finanziarie disponibili, un numero sempre crescente di istituzioni scolastiche, ha come
scopo prioritario proprio il superamento delle carenze culturali e strutturali che
impediscono le attività pratico-sperimentali. Per questo motivo, la maggior parte del
finanziamento alle scuole è stato destinato all’acquisizione di risorse sia permanenti che
strumentali alle unità di lavoro programmate.
Un grande sforzo è stato fatto per la creazione di nuovi laboratori, intesi non
semplicemente come spazi chiusi ed attrezzati, in cui poter svolgere con gli alunni un
certo numero di esperimenti e dimostrazioni (il Gabinetto scientifico di un tempo), ma
piuttosto come l’insieme di tutte le opportunità, interne ed esterne, che consentono di
esercitare praticamente l’osservazione, la sperimentazione, e la progettazione. In
particolare si vuole che le tecnologie informatiche, telematiche e multimediali
forniscano ai docenti nuove occasioni per la formazione di base scientifico-tecnologica
degli studenti, sia per la gestione della didattica, sia per la comunicazione, la
collaborazione a distanza, e la ricerca dell’informazione.
Per migliorare la qualità dell’insegnamento scientifico-tecnologico e, di riflesso, la
qualità del prodotto scolastico, si vuole quindi privilegiare nell’insegnamento l’uso di
metodi e strumenti di lavoro particolarmente efficaci, quali l’approccio sperimentale, la
didattica per problemi e per progetti, l’uso sistematico del laboratorio (per osservare,
analizzare, cogliere analogie e differenze, variabili e costanti ecc.). Si intende
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programmare visite a centri di ricerca ed industrie, favorire incontri con personale
specializzato, visite guidate, escursioni naturalistiche, ecc.
Per quanto riguarda in particolare le scuole elementari, l’atteggiamento didattico nei
confronti dell’istruzione scientifica è veramente diverso dal passato. Oggi si è capito che
il corretto modo per far avvicinare i bambini alle materie scientifiche è quello di renderli
partecipi di una continua attività di ricerca, in cui essi sperimentano, analizzano,
confrontano e compiono in generale tutte quelle operazioni che li rendono in grado di
comprendere il mondo reale in cui essi vivono. La fase motivazionale è fortemente
accentuata rispetto al modo sterile in cui si insegnava una volta. I ragazzi non vivono più
la scuola come un corpo estraneo, ma la scuola diviene l’ambiente in cui ci si forma, in
cui si fa esperienza, in cui si impara.
Quello che si vuole trasmettere ai ragazzi è soprattutto un metodo, il metodo
scientifico, che è un modo razionale di porsi le corrette domande per trovare le corrette
risposte. Nel prossimo capitolo vedremo più in dettaglio come si opera all’interno delle
unità didattiche, seguendo i dettami del metodo scientifico.