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1.2 Le “nuove” competenze regionali
Il concetto di regione o area regionale rimanda generalmente ad un livello “secondario” di
gestione (amministrativa, politica), nel senso di subordinato ad un livello sopraordinato. Oggi, in
Italia, grazie alla legge costituzionale 3 del 2001, la Costituzione italiana ha subito un profondo
processo di revisione, che ha riguardato l’intero titolo V della sua Parte II, la quale afferma il
fondamentale principio secondo cui “alle Regioni spetta potestà legislativa in riferimento ad ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”, capovolgendo un vecchio
principio secondo cui era lo Stato ad esercitare una potestà legislativa di carattere residuale, rispetto
a tutte quelle materie non espressamente riservate alle Regioni. Questo grazie al fatto che l’art. cost.
114 afferma che “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane,
dalle Regioni e dallo Stato”, mettendo sullo stesso piano tutti gli attori della governance della
Repubblica italiana. Alla potestà legislativa statuale sono state riservate, in maniera esclusiva, le
materie della politica estera e dei rapporti internazionali dello Stato (compresi quelli con l’U.E.). In
relazione a tutta un’altra serie di materie invece, pur essendo attribuita potestà legislativa alle
Regioni, allo Stato è stata comunque riservato il compito di determinare i principi fondamentali
relativi ad esse. Tra queste norme costituzionali sono oggetto di analisi le seguenti disposizioni:
• “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con
l’Unione Europea delle Regioni” (arti 17, c. 3, Cost.);
• “Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione Europea,
nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità
di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza” (art. 117, c. 5, Cost.).
In particolare tra queste materie, due risultano di particolare interesse ai fini del presente studio:
1. I rapporti internazionali e con l’Unione Europea da parte delle Regioni italiane;
2. Il commercio con l’estero.
Il conferimento di queste due funzioni alle Regioni ha determinato l’assunzione da parte di
tali enti di un ruolo strategico nell’ambito del processo di internazionalizzazione della realtà
politica, economica e socio-culturale del territorio italiano. Per rendere concreto l’esercizio di tali
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poteri, l’art. 117 Cost. ha riconosciuto alle Regioni la facoltà di concludere, nelle materie di loro
competenza, accordi con Stati e intese con enti territoriali interni a Stati esteri.
E’ opportuno specificare che, nel sistema italiano, quando si parla di intese, si fa riferimento
ad uno strumento concordato tra le Regioni e lo Stato che impone a quest’ultimo l’obbligo di
ricercare l’intesa, ma che consente al medesimo, tuttavia, in caso di mancato raggiungimento di un
accordo decorso un determinato termine, di proseguire, assumendo esso stesso la posizione
definitiva.
I riferimenti alla Conferenza Stato-Regioni danno all’Italia una configurazione assai
peculiare, poiché il nostro Paese non dispone di una Camera delle autonomie o di un Senato
federale. intenzione delle Regioni perseguire questo risultato ed un embrione di questo Senato - con
una presenza di rappresentanti regionali in Parlamento - è prefigurato da una norma transitoria
contenuta nella legge costituzionale n. 3 del 2001.
Quindi un primo aspetto di interesse è considerare, rispetto alle esperienze delle Regioni di
altri Paesi, l’utilità ed il ruolo operativo che le Camere regionali o i Senati federali hanno in questo
percorso.
Peraltro, l’Italia non versa neppure nella situazione di quei Paesi che non hanno un sistema
concertativo-cooperativo, ciò perché, nell’ordinamento italiano, non c’è soltanto una relazione
diretta tra lo Stato e la singola Regione, ma il sistema delle Regioni, nel suo complesso,
interloquisce con lo Stato tramite una Conferenza che riunisce, nei fatti con grande intensità, quasi
una volta ogni due settimane, tutti i Presidenti delle Regioni, i quali sono chiamati a discutere, a
dare il proprio parere e, talvolta, a prestare la propria intesa su tutti gli atti del Governo che li
riguardano.
Per quanto riguarda la funzione del commercio con l’estero, le Regioni italiane hanno dato
vita ad una serie di “accordi di programma” conclusi con il Ministero Attività Produttive, tramite i
quali l’azione delle Regioni, essenzialmente di programmazione, di indirizzo e coordinamento, è
stata raccordata con l’azione statale, al fine di rendere massima la loro sinergia. Sugli accordi di
programma si sono poi innestate una serie di intese operative aperte alla partecipazione di altri enti
istituzionali operanti con finalità di assistenza e promozione del sistema imprenditoriale nel
processo di internazionalizzazione (Camere di Commercio ed associazioni di categoria), attraverso
le quali si è data attuazione delle iniziative programmate.
Sempre nell’ottica del decentramento delle funzioni amministrative relative
all’internazionalizzazione, ed a supporto delle nuove funzioni di commercio estero svolte
direttamente dalla Regione, va collocata anche la costituzione degli Sportelli Regionali per
l’Internazionalizzazione delle Imprese (SPRINT), strutture aventi il compito di “avvicinare” alle
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imprese gli strumenti pubblici di sostegno all’internazionalizzazione. Gli Sportelli Regionali
costituiscono oggi un “punto di raccordo” tra le aziende ed i soggetti pubblici preposti al sostegno
dell’internazionalizzazione, ed una sorta di interlocutore unico a cui è possibile rivolgersi per avere
informazioni ed assistenza sugli strumenti pubblici che possono agevolare l’inserimento nei mercati
esteri, ma essi non sono ancora stati attivati presso tutte le Regioni italiane. Là dove sono stati
costituiti, in alcuni casi hanno assunto il ruolo di veri e propri “osservatori” sulla struttura
economico-produttiva regionale, affiancando alle funzioni di promozione ed assistenza alle imprese,
una funzione di monitoraggio continua delle economie locali, in modo da offrire concreto supporto
alle Regioni nell’ambito delle loro funzioni di programmazione delle strategie di
internazionalizzazione.
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1.3 L’ambito di azione delle Regioni nel contesto internazionale
Nel campo delle competenze regionali bisogna fare una distinzione tra rapporti internazionali
tout court e rapporti con l’UE in quanto è la stessa legislazione statale vigente che pone su due
piani diversi l’ordinamento comunitario e l’ordinamento giuridico internazionale. Perciò possono
individuarsi all’interno del nuovo art. 117 Cost. le seguenti competenze:
• intrattenimento da parte delle Regioni di rapporti internazionali (c. 3 - legislazione
concorrente);
• intrattenimento da parte delle Regioni di rapporti diretti con l’UE (c. 3 - legislazione
concorrente);
• partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla cd. fase ascendente del diritto
comunitario (e cioè la partecipazione alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi
comunitari) nelle materie di loro competenza (c. 5);
• partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla cd. fase discendente del diritto
comunitario (e cioè l’attuazione e l’esecuzione degli atti dell’Unione Europea) nelle materie di
loro competenza (c. 5);
• partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla fase discendente del diritto
internazionale (e cioè l’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali) nelle materie di
loro competenza (c. 5).
In relazione alla partecipazione delle autonomie regionali alla fase ascendente del diritto
comunitario la Costituzione nel compiere questa affermazione pone due problemi distinti:
• la partecipazione indiretta alla formazione degli atti normativi comunitari; vale a dire la
partecipazione delle Regioni ai procedimenti interni che portano alla formazione della volontà
nazionale che, poi, viene manifestata in sede comunitaria;
• la partecipazione diretta delle Regioni all’attività degli organi dell’Unione Europea.
Nel primo caso (intrattenimento di rapporti internazionali da parte delle Regioni) legislatore
statale ha riconosciuto alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano una competenza
ordinaria in materia di affari internazionali. In particolare tale competenza si estrinseca nella
possibilità di svolgere le cd. attività promozionali e le cd. attività di mero rilievo. Nello svolgimento
di tali attività, comunque, Regioni e Province autonome devono rispettare un limite generale di
merito nella politica estera statale e nella conclusione di trattati internazionali da parte dello Stato,
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ed uno di legittimità nel rispetto delle procedure delineate dalla normativa vigente (ossia, “previa
intesa”, “previo assenso”, divieto ad assumere impegni dai quali derivino obblighi per lo Stato, né
oneri a carico del bilancio statale).
Nel secondo caso (intrattenimento di rapporti con l’UE delle Regioni il legislatore statale ha
riconosciuto alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di poter intrattenere
rapporti diretti con uffici, organismi e istituzioni comunitarie, ivi compreso il Comitato delle
regioni dell’UE, senza gli adempimenti previsti per lo svolgimento delle attività internazionali tout
court, in relazione a questioni che direttamente le riguardino. Questi rapporti, inizialmente svolti
solo in collegamento con la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’UE possono essere svolti
attraverso appositi uffici di collegamento a Bruxelles che le Regioni e le Province autonome
possono costituire anche con enti omologhi, sia italiani che di altri Stati membri UE.
Il terzo caso (partecipazione alla formazione degli atti normativi comunitari nelle materie di
competenza regionale) trova una sua concreta applicazione per la partecipazione al Consiglio
dell’Unione Europea. Il Trattato di Maastricht, regola la composizione del Consiglio dell’Unione
Europea, il quale, risalente al 1992, disponeva che il Consiglio era composto da “membri del
governo” degli Stati membri, formula che si applicava solamente ai membri del governo nazionale.
Questa parte di Trattato oggi è stato riformato e prevede testualmente: “Il Consiglio è formato da un
rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il Governo di
detto Stato membro”. La formulazione di tale disposizione, ad una prima lettura, non riconosce però
alcunché di esplicito a favore delle Regioni; eppure, nonostante tali incertezze giuridiche, tale
modifica ha avuto la sua portata innovativa, che consiste nel permettere agli Stati federali e a quelli
a forte regionalizzazione di essere rappresentati e con diritto di voto all’interno del Consiglio UE da
membri dei governi regionali, qualora la decisione attenga a questioni di competenza di questi
ultimi. A questo fine Regioni e Stato centrale dovrebbero accordarsi e le Regioni tra loro sulla
posizione da esprimere in sede di Consiglio UE su ogni punto all’ordine del giorno. Questa
innovazione ha un indubbio significato politico ma anche una forte ambiguità: difatti, se da un lato
si è voluto fare un gesto di apertura nei confronti delle Regioni, dall’altro i governi nazionali hanno
chiaramente indicato la loro volontà di restare padroni di auto-determinarsi le proprie politiche, in
quanto ad essi spetta definire se ed in quali casi i rappresentanti regionali sono abilitati a
rappresentarli al Consiglio. In concreto, ad oggi partecipano alle riunioni delle varie strutture del
Consiglio UE rappresentanti degli enti territoriali di Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi
Bassi, Portogallo, Regno Unito (Scozia) e Spagna. Le Regioni e le Province autonome italiane, dal
canto loro, fino a ieri sono rimaste fuori ma ad oggi un loro richiesta può essere supportata senza
problemi da un’interpretazione estensiva del riformulato art. 117, c.5, Cost., proprio laddove si
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riconosce che “le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari (…)”.
Nel quarto caso (attuazione ed esecuzione degli atti dell’Unione Europea nelle materie di
competenza regionale) è previsto che tutte le Regioni e le Province autonome possono dare
immediata attuazione alle direttive UE nelle materie di competenza concorrente. Per quanto
riguarda le materie di competenza esclusiva, ai sensi della lg. 86/89 solo le Regioni a statuto
speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano possono dare immediata attuazione alle
direttive UE. In caso di inadempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’UE
per inattività amministrativa di una Regione o di una Provincia autonoma, il Governo avvia la
procedura sostitutiva.
Passando al quinto caso (attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali nelle materie di
competenza regionale), in pratica spetta allo Stato assicurare l’esecuzione a livello nazionale degli
obblighi derivanti dagli accordi internazionali.