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1. L’ACQUA
1.1 Natura e caratteristiche dell’acqua [1]
L'acqua pura è un liquido inodore e insapore, che presenta una debole colorazione blu
osservabile solo nelle acque profonde ed è presente in natura in tre stati di aggregazione:
solido, liquido e gassoso. Allo stato solido è presente sotto forma di ghiaccio, nella neve, nella
grandine, nella brina e nelle nubi; allo stato liquido si trova sotto forma di pioggia e rugiada,
ma soprattutto ricopre i tre quarti della superficie terrestre costituendo oceani, mari, laghi e
fiumi; allo stato gassoso, infine, è presente come nebbia e vapore ed è il principale costituente
delle nuvole.
Nella molecola H2O dell’acqua, le due coppie di elettroni che legano i due atomi di idrogeno
a quello di ossigeno risultano parzialmente spostate verso l'atomo di ossigeno per cui esso
presenta una frazione di carica negativa mentre i due di idrogeno una frazione di carica
positiva: ne deriva cioè una struttura che si dice dipolare.
Figura n. 1: Molecola dell’acqua
Di conseguenza, l'atomo di ossigeno di una molecola di acqua può attrarre un atomo di
idrogeno di un'altra molecola, costituendo quello che si definisce legame di idrogeno e che si
traduce in una forza attrattiva che tende a mantenere unite tra loro le molecole dell'acqua.
Nel vapore acqueo ciascuna molecola si muove invece liberamente nello spazio e
l'evaporazione dell'acqua corrisponde quindi alla rottura dei legami di idrogeno presenti
nell'acqua liquida. L'acqua presenta perciò una tendenza minore a quella di altri composti di
struttura analoga a passare allo stato di vapore e quindi un punto di ebollizione relativamente
elevato.
La struttura dipolare dell'acqua favorisce la dissociazione e la solubilità dei sali e in generale
delle sostanze a carattere ionico; la molecola dipolare si dispone infatti a contatto o entro il
[1] http://dirvit1.interfree.it/acque.htm
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reticolo ionico salino annullando parzialmente con le sue cariche l'attrazione elettrostatica tra
gli ioni: di conseguenza l'agitazione termica prevale sulla coesione liberando gli ioni del sale
in soluzione. Nell'acqua liquida pura un piccolo numero di molecole è dissociato in ioni H+ e
OH- attraverso la reazione di equilibrio:
H2O H+ + OH-
In realtà gli ioni H+ così formatisi non rimangono allo stato libero ma si associano
immediatamente con una molecola di acqua non ionizzata formando gli ioni H3O+, detti ioni
idronio o ioni idrossonio. Il numero di molecole di acqua ionizzate è però, come si è
accennato, estremamente basso, pari a circa 18×10-7 grammi per litro di acqua alla
temperatura ambiente; esso aumenta con l'aumentare della temperatura, pur restando
compreso entro i limiti del medesimo ordine di grandezza.
Di conseguenza, quando è perfettamente pura, l'acqua liquida presenta una ridotta
conducibilità elettrica pari a 3,8×10-8μS/cm a 18ºC.
L'acqua, come abbiamo detto in precedenza, è la sostanza più diffusa sulla terra; il suo
volume totale si aggira sui 1450 milioni di m3, dei quali 500 mila - 1 milione spettano alle
acque dolci superficiali e sotterranee, 25 milioni al vapore acqueo atmosferico, il resto agli
oceani ed ai mari. Le riserve idriche presenti sulla Terra si mantengono costanti attraverso una
serie di fenomeni fisici e biochimici che nel loro insieme costituiscono un ciclo naturale di
fondamentale importanza.
Lo scambio continuo di acqua fra terra e atmosfera è chiamato ciclo idrogeologico (Figura 2).
Figura n. 2: Il ciclo idrogeologico dell’acqua.
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L'acqua della terra è sottoposta a un continuo movimento: per effetto della radiazione solare
evapora dal mare e dalle acque continentali e si raccoglie nell'atmosfera, da qui
condensandosi ricade sulla terra sotto forma di pioggia, neve, grandine. Il vapor d'acqua
diffuso nell'atmosfera dalle correnti d'aria, tende a condensarsi per effetto di un abbassamento
di temperatura in minute goccioline o in cristalli di ghiaccio che si formano intorno a
minuscole particelle (nuclei di condensazione) sempre presenti nell'atmosfera. Quando le
gocce d'acqua o i cristalli di ghiaccio raggiungono un peso tale che le correnti ascendenti non
riescono più a sostenere, si ha il fenomeno della precipitazione meteorica che chiude la parte
del ciclo dell'acqua che si svolge nell'atmosfera. Parte dell'acqua precipitata (meteorica)
scorre sulla superficie del suolo, parte filtra nel sottosuolo e parte per evaporazione torna
nell'atmosfera completando così il suo ciclo naturale.
L'acqua che cade direttamente sul mare e sui laghi o che alimenta i ghiacciai è subito soggetta
all'evaporazione così che parte di essa ritorna nell'atmosfera con un ciclo semplice e breve.
Una certa quantità scorre in superficie (in parte evaporando durante il percorso), partecipando
ai fenomeni di modellamento geomorfologico, fino a raggiungere il mare o i corsi d'acqua
continentali; una parte viene assorbita dai vegetali che la restituiscono all'atmosfera mediante
la traspirazione; una parte viene utilizzata dal mondo animale e rientra in ciclo attraverso i
processi escretori e putrefattivi; una parte penetra nel sottosuolo. Le acque che penetrano
nell'interno della crosta terrestre, attraverso la porosità delle rocce, delle fessure o delle
voragini, si arrestano quando incontrano uno strato impermeabile di terreno; si comprende
quindi come gli strati argillosi siano alla base della creazione e del mantenimento della così
detta circolazione sotterranea.
Le acque meteoriche sotterranee vengono definite "vadose" per distinguerle sia da quelle
acque che si formano direttamente nel sottosuolo (origine endogena) per particolari alterazioni
delle rocce profonde e che sono chiamate "giovanili", sia dalle acque "fossili" che sono il
residuo di laghi, paludi e mari estinti in epoche geologicamente passate ed ora colmati da
sedimenti.
Dell'acqua che circola nel sottosuolo una certa quantità risale per capillarità in superficie dove
evapora, una parte rimane nei pori e nelle fessure delle rocce come acqua pellicolare o come
acqua stagnante di fondo uscendo dal ciclo idrologico per un tempo indefinito, una parte
forma le falde d'acqua che possono scaturire in superficie attraverso le sorgenti naturali o i
pozzi scavati dall'uomo (anche l'acqua utilizzata nelle varie attività umane rientra nel ciclo
dopo un tempo più o meno lungo) oppure andando ad alimentare per via sotterranea il mare, i
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corsi d'acqua e i laghi. Per quanto diverse e complicate siano le vicende dell'acqua che
partecipa al ciclo idrologico, si può ritenere che il bilancio si chiuda in pareggio, nel senso che
la quantità d'acqua che lo compie è complessivamente costante. Anche se un certo
quantitativo d'acqua penetra nel suolo e si combina chimicamente con alcuni minerali
componenti le rocce venendo sottratto al ciclo, si può considerare che questa perdita sia
compensata nel sottosuolo dalla cosiddetta acqua giovanile.
Quello che noi consideriamo "progresso", in virtù dell’evoluta crescita tecnologica, determina
una costante pressione sull'ambiente che ci circonda, che si ripercuote inevitabilmente anche
sull’acqua. Si può senz'altro affermare che sul nostro pianeta nessun corpo idrico è al riparo
da quell'insidia denominata “inquinamento”.
Purtroppo la quantità dell'acqua "buona", quella allo stato primitivo, si riduce
progressivamente per molteplici cause. Per difendersi da tale insidia, non c'è che un mezzo: la
“PREVENZIONE”.
Se fino ad un recente passato l'obiettivo principale da perseguire per la distribuzione delle
acque, è stato lo sviluppo delle reti acquedottistiche, oggi è necessario spostare la maggior
parte dell'attenzione sulla tutela del prezioso bene disponibile. Le scelte necessarie riguardano
sia le componenti ambientali che quelle tecnologiche. La protezione dell'acqua inizia dalla
tutela del bacino imbrifero, comprese le risorse naturali in esso presenti; in particolare la zona
di alimentazione del corpo acquifero, il sito in cui ricade l'opera di captazione, la presa e la
sorgente dovranno essere salvaguardate da ogni possibile fonte di potenziale inquinamento.
Nella zona di pertinenza della captazione potranno essere applicate le norme disponibili per
l'Italia a protezione della qualità dei corpi acquiferi e cioè il D.L.vo 3 Aprile 2006 n. 152 ed il
D.L.vo 2 Febbraio 2001 n. 31 che stabiliscono i criteri guida per definire le "zone" di
salvaguardia, suddivise peraltro in zone di tutela assoluta, zone di rispetto e zone di
protezione. Per ciascun tipo di captazione dovranno essere identificate le caratteristiche
fisiche dell'ambito in cui si trova la zona di alimentazione, al fine di definire le superfici da
vincolare per la protezione dei corpi idrici sottostanti.
Su queste superfici non si potranno esercitare attività o insediare infrastrutture che potrebbero,
direttamente o indirettamente, arrecare pregiudizio alla qualità del ciclo dell'acqua. Nel
definire le compatibilità è bene non sottovalutare il termine temporale, in quanto ciò che
attualmente è ritenuto idoneo, potrebbe degenerare o produrre effetti indesiderati, anche a
distanza di decenni. A titolo di esempio anche la posa di condotte, cavi, tubazioni varie
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potrebbero nel tempo incrementare la possibilità di scambio tra superficie e sottosuolo,
innestando dinamiche d'infiltrazione difficilmente controllabili.
Se salvaguardare quanto più possibile la naturalità del bacino di pertinenza può rappresentare
spesso un obiettivo solo potenzialmente perseguibile, una concreta tutela si ottiene adottando
idonei criteri preventivi a livello di interventi tecnologici.
L'opera di captazione deve possedere i requisiti di un “presidio sanitario”, non lasciando alcun
margine alla precarietà, alla temporaneità o al pressapochismo fin dalla sua progettazione.
L'impiego dei materiali idonei e delle corrette modalità di prelievo evitano il rischio di
compromettere le caratteristiche quantitative e qualitative dell’acquifero di interesse.
Anche limitare le quantità di prelievo può contribuire in modo notevole a preservare a lungo il
giacimento; il conoscere quale è il reale bacino d'alimentazione, il tempo di soggiorno, il
tempo di transito che caratterizzano il ciclo naturale che l'acqua compie prima di arrivare al
contenitore artificiale, rappresenta la base essenziale per attuare una corretta tutela dell'acqua.
1.2 Le acque destinate al consumo umano
Le acque destinate al consumo umano si distinguono in acque destinate a uso potabile per usi
domestici e acque usate nelle industrie alimentari.
Le acque destinate al consumo umano sono distribuite principalmente dalle reti degli
acquedotti, ma anche tramite cisterne, bottiglie o altri contenitori; possono inoltre subire un
trattamento di potabilizzazione prima di essere distribuite.
Le acque destinate all’uso potabile hanno origini diverse: meteorica, superficiale, tellurica
(acque sotterranee o di falda).
Le acque meteoriche sono batteriologicamente pure in origine (acque piovane) e in seguito
alla caduta tendono ad arricchirsi di pulviscolo e di microorganismi.
Le acque superficiali sono le acque di mari, laghi, fiumi o corsi d’acqua; l’acqua di mare è
poco usata, a causa degli elevati costi energetici per il funzionamento degli impianti di
dissalazione, mentre le acque di lago e di fiume o dei corsi d’acqua superficiali necessitano di
trattamenti per l’uso potabile della risorsa.
Le acque telluriche (sotterranee o di falda) sono in genere, già allo stato naturale, idonee alle
utilizzazioni e sono ritenute le più sicure da un punto di vista igienico-sanitario in quanto non
subiscono trattamenti e sono depositate negli strati profondi del terreno, oltre ad aver avuto un
sistema di filtrazione naturale attraverso il terreno.
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L’utilizzo delle acque telluriche avviene mediante l’affioramento spontaneo che danno origine
alle sorgenti oppure mediante lo scavo di pozzi (Figura n. 3).
Figura n. 3: Origini delle acque potabili.