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economia. Il sistema economico internazionale, che vedeva gli stati
fissare i confini tra le economie interne e le relazioni commerciali
esterne, nel corso della globalizzazione dei mercati si trasforma iu una
economia transazionale. Gli elementi più rilevanti sono
l’accelerazione dei movimenti di capitale e il carattere imperativo
delle valutazioni espresse dai mercati finanziari globali sulle
posizioni nazionali. Questi dati di fatto spiegano perché gli attori
statali non siano più i nodi che un tempo conferivano alla rete globale
degli scambi la struttura di relazioni interstatali>>.
1
Oggi sono piuttosto gli Stati ad essere inseriti nei mercati piuttosto
che le economie nazionali ad essere inserite nelle frontiere di stato
Nel capitolo I di tale lavoro, ho ripercosso le principali tappe
storiche della nascita dell’Unione europea, e dell’evoluzione nel corso
della sua crescita e trasformazione, dell’istituzione del Parlamento
Europeo, che rimane l'unico organo eletto direttamente dai cittadini,
ed è quindi quello che li rappresenta in sede internazionale. Ma, allo
stesso tempo, si cerca di mettere in luce come il ‘mercato’ abbia
1
J. HABERMAS,La costellazione postnazionale,Milano, Feltrinelli, 1999, cit. pag. 103.
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rappresentato la vera “istituzione dominante” insieme alla concorrenza
di questo (e in generale di tutti) processo di integrazione regionale.
<<Sia le organizzazioni a vocazione universale quali
l’Organizzazione Mondiale del Commercio e il Fondo Monetario
Internazionale, che quelle a vocazione regionale e continentale, come
l’UE, hanno scelto mercato e concorrenza quali strumenti di
regolazione e intermediazione dei processi di unificazione in quanto
ritenuti più ‘neutrali’ ed idonei a favorire processi di integrazione fra
economia e società non mediati direttamente- se si preferisce
egemonicamente- dagli stati, dalla politica ovvero da esplicite
relazioni di potere>>
2
Nel secondo capitolo ho messo in risalto come in tale contesto si
assiste all’erompere di nuove istituzioni politiche all’interno del
panorama statale, che non trovano una collocazione nel quadro della
tripartizione classica dei poteri, mettendo in crisi il ruolo della
sovranità degli Stati e della istituzione maggiormente rappresentativa
quale il Parlamento. Mutano, inoltre i rapporti tra la società e le
istituzioni pubbliche, delineando un nuovo principio che va
2
Vedi CARLO AMIRANTE,Effetti dell’egemonia del mercato sul diritto, in Il
Denaro,Spia al diritto, Mensile per giuristi e non solo, anno XVIII-luglio agosto 2008.
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affermandosi negli ordinamenti politici, economici e sociali, cioè
l’idea della sussidiarietà. Molta attenzione merita, alla luce del tema
affrontato, la questione del cd. “deficit democratico”; la nozione di
deficit democratico viene invocata principalmente per sostenere che
l’Unione europea e le sue istanze soffrono di una mancanza di
legittimità democratica e che sembrano inaccessibili al cittadino a
causa della complessità del loro funzionamento.
Il deficit democratico rispecchia la percezione secondo cui il
sistema istituzionale comunitario sarebbe dominato da un’istituzione
che cumula poteri legislativi e di governo, il Consiglio dell’Unione
Europea, e da un’istituzione burocratica e tecnocratica che non ha
un’effettiva legittimità democratica, la Commissione europea.
La conseguenza è che i cittadini restano ben lontano dall’esercizio
(seppur indiretto) della sovranità popolare.
Gli scenari, le identità e i poteri che si affermano in quest’epoca di
globalizzazione, da un lato riducono la capacità degli Stati nazionali di
governare sul proprio territorio e dall’altro aumentano la richiesta di
regolazione sociale in settori fondamentali per la convivenza civile
(l’economia ,la scienza e la tecnologia, i mass media, le grandi
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migrazioni, i rapporti internazionali e così via). Si produce così un gap
tra la domanda sociale e la capacità dei governi di rispondere con
politiche efficaci.
Nel contempo si strutturano nuove forme di governance secondo
logiche di rete in cui non vi è più un attore centrale, bensì una
diffusione del potere tra attori pubblici e privati, sociali ed economici,
tra loro indipendenti e nessuno dei quali in una posizione di assoluto
predominio.
In sostanza, cambiano i rapporti tra istituzioni pubbliche e società
civile e si impone un necessario mutamento delle stesse forme di
democrazia che si trovano ad affrontare una crisi di governabilità, di
rappresentanza, di partecipazione e quindi di baricentro verso la
società, articolandosi in forme nuove e originali e le autorità
indipendenti manifestano una risposta istituzionale all’ingovernabilità
di processi che ormai sono fuori dalla capacità della politica
tradizionale dei partiti.
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Uno studio esteso del fenomeno le classifica tra le cosiddette
‘istituzioni non maggioritarie’
3
,tra le quali si inseriscono anche
organizzazioni regionali e internazionali (la stesa configurazione di
alcuni organi dell’Unione Europea, il FMI, l’OMS, la Banca Mondiale
e via dicendo) e la cui definizione si ispira alla natura non del tutto
assimilabile ai classici requisiti della democrazia: esse infatti
rappresentano istituzioni che svolgono funzioni pubbliche ma che non
sono direttamente responsabili delle loro decisioni né agli elettori, né a
ministri a loro volta responsabili al Parlamento; sono istituzioni
indipendenti e si caratterizzano altresì per altre qualità ,quali la
competenza, la specializzazione ed un alto profilo morale dei membri.
Tali istituzioni, quindi , esprimono un potere decisionale che va al
di fuori dei modelli democratici di rappresentanza, oltrepassando
l’idea secondo la quale, la principale se non l’unica fonte di
legittimità democratica sia la responsabilità elettorale: le autorità
indipendenti irrompono nel panorama istituzionale statale,
scardinando il modello classico della tripartizione dei poteri al cui
centro vi è il Parlamento quale organo rappresentativo sovrano; per
3
MAJONE G., Deficit democratico, istituzioni non maggioritarie ed il paradosso
dell’integrazione europea, in Rivista Stato mercato, vol.67, fasc.1, 2003, pag.5.
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tutte queste ragioni esse sollevano una serie di riflessioni sul loro
grado di legittimità democratica.
D’altra parte, la risposta alle nuova esigenze sta conducendo le
istituzioni ad allontanarsi dai modelli democratici tradizionali.
La dimensione mondiale delle decisioni e l’espansione delle
istituzioni non maggioritarie anche a livello sopranazionale
impongono una domanda sul ruolo della democrazia nei sistemi
politici attuali, in particolare se queste nuove istituzioni rappresentano
una nuova risposta della democrazia ai mutamenti in atto.
Si tratta, in ogni modo , di un processo di trasformazione
irreversibile ma che tuttavia è necessario studiare per comprenderne le
potenzialità e indirizzarlo verso forme che siano sempre più efficaci.
Il terzo capitolo è diviso un tre parti, e in esso mi concentro
specificamente sul procedimento legislativo europeo, e sulla
partecipazione del parlamento nazionale al procedimento di
formazione degli atti comunitari , focalizzandomi in particolare nella
prima parte, sulla cosiddetta fase ascendente, durante la quale si
prepara, si negozia e si concerta la normativa comunitaria,
analizzando le tappe più significative dell’evoluzione della disciplina
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legislativa che concerne la partecipazione del Parlamento alla fase
ascendente. Il problema prioritario da risolvere è stato quello di
individuare i fondamenti costituzionali circa il ruolo delle Camere
nella fase di realizzazione del diritto comunitario, dal momento che
originariamente, il testo costituzionale non conteneva, in generale,
alcun riferimento al processo di integrazione comunitaria che si è
poggiato sull’art.11 della Carta.
La riforma del titolo V non ha poi introdotto rilevanti novità,
essendosi limitata al recepimento dei principi vigenti. In estrema
sintesi può notarsi che : la potestà legislativa dello Stato è esercitata
nel rispetto tra l’altro , dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario (art.117 ,primo comma); lo Stato ha legislazione
esclusiva nei rapporti dello Stato con l’Unione europea (art.117,
secondo comma);appartengono alla legislazione concorrente i rapporti
internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di loro
competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli
atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione ed esecuzione
degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura
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stabilite dalla legge dello Stato (art.117, quinto comma);il Governo
può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle
Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto, tra l’altro della
normativa comunitaria (art.120, secondo comma). Le norme citate non
riguardano la fase ascendente, tranne quella contenuta nella prima
parte del quinto comma dell’art.117, che tuttavia interessa unicamente
le autonomie regionali, il cui ruolo risulta potenziato alla luce delle
previsioni contenute nella legge 5 giugno 2003, n. 131.
<< La carenza di regole espresse a livello costituzionale costringe
l’interprete ad esaltare la funzione dei principi di struttura e tra questi,
in particolare, il modello di governo parlamentare, laddove le Camere
sono protagoniste del “circuito”, non solo accordando e revocando la
fiducia ma soprattutto esercitando la funzione di indirizzo politico,
con l’effetto che la preminenza del ruolo delle assemblee si traduce,
nello specifico campo dell’integrazione comunitaria, in una implicita
legittimazione di queste ad interloquire con l’Esecutivo, secondo
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modalità procedurali solo in parte regolate con disposizioni
espresse.>>
4
.
Nella seconda parte, mi concentro invece sulla fase discendente,
essa corrisponde alla trasposizione della normativa comunitaria negli
ordinamenti giuridici interni degli stati membri. Tale funzione è
particolarmente rilevante perché ha lo scopo di armonizzare la
normativa in conformità con gli obiettivi propri dell’Unione. Essa
tende da un lato a garantire la coerenza interna degli ordinamenti
nazionali- evitando il pericolo di antinomie dovute all’ingresso di
diritto nuovo; dall’altro tende ad assicurare la conformità del diritto
interno al diritto comunitario perché non si determini una situazione di
inadempimento nella quale si incorre quando uno stato membro non
recepisce quanto deciso a livello comunitario.
Infine ,nella terza e ultima parte, analizzo le novità introdotte dal
Trattato di Lisbona
5
, che però, tradisce un po’ le aspettative, per
4
A. VUOLO,Fase ascendente della formazione del diritto comunitario,in Funzioni
parlamentari non legislative e forma di governo,a cura di Renzo Dickmann e Sandro
Stiano, Giuffrè Editore, 2008,pag.531.
5
Il Trattato di Lisbona - che modifica il Trattato sull'Unione Europea e il Trattato che
istituisce la Comunità europea - è stato firmato nella capitale portoghese il 13 dicembre
2007 dai rappresentanti dei 27 Stati membri. A norma dell'articolo 6, il Trattato dovrà
essere ratificato dagli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali ed
entrerà in vigore il 1º gennaio 2009, se tutti gli strumenti di ratifica saranno stati
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quanto riguarda almeno il procedimento legislativo, infatti ci saremmo
aspettati da esso un deciso intervento di semplificazione e snellimento
della procedura, invece la soluzione adottata è stata quella di
mantenere l’attuale struttura della procedura di codecisione ( che
trova più spesso utilizzazione), e che è stata elevata a ‘procedura
legislativa ordinaria’per l’adozione degli atti legislativi.
Per quanto riguarda,invece, il problema del deficit democratico , la
soluzione adottata è stata quella, non già di intervenire positivamente
sui ridotti poteri del Parlamento, bensì inserendo un originale sistema
di controllo ex ante ed ex post del rispetto dei principi di sussidiarietà
e proporzionalità affidato sostanzialmente ai parlamenti nazionali.
Quello che si evince dall’analisi è che , le soluzioni raggiunte nel
Trattato di Lisbona, siano deludenti, in quanto ciò che ne esce è
un’assemblea parlamentare priva del potere di iniziativa legislativa
ancora lontana dalle prerogative tipiche degli organismi
rappresentativi dei popoli, e tale mancanza è aggravata dal fatto che
tale potere è invece riservato alla Commissione, istituzione non
espressione della sovranità popolare e che non condivide
depositati (altrimenti, il primo giorno del mese successivo all'avvenuto deposito
dell'ultimo strumento di ratifica).
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necessariamente il medesimo indirizzo politico dell’assemblea
legislativa.