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ABSTRACT
Recentemente è notevolmente cresciuto l’interesse nei confronti della qualità
dell’alimentazione e dell’impatto delle scelte alimentari individuali
sull’economia mondiale. In questo contesto il made in Italy agro-alimentare
rappresenta una risorsa fondamentale per le imprese e per l’Italia come forza
economica, in quanto sinonimo di qualità e di eccellenza produttiva. Nel
presente lavoro viene utilizzato il costrutto di reputazione, generalmente
associato ad agenti sociali più tradizionali - quali marca, aziende e Paesi -, per
definire i profili reputazionali di quattro categorie di prodotti alimentari made
in Italy rispetto alle stesse categorie di prodotti generici. E’ stata quindi
effettuata una ricerca empirica a partire dalla letteratura esistente sulla
reputazione alimentare basata su un innovativo strumento di misura, la Food
Reputation Map. Lo studio ha coinvolto 104 soggetti internazionali a cui è
stato somministrato lo strumento appositamente tradotto in inglese con
l’obiettivo di indagare i profili reputazionali di quattro categorie di prodotto in
versione “prodotto generico” e prodotto “made in Italy”: agrumi, frutta,
pomodori pelati e vegetali e ortaggi. Gli obiettivi della ricerca sono stati
tradotti nelle seguenti ipotesi: H1) si ipotizza la tenuta dello strumento in
versione inglese; H2) si ipotizza una differenza significativa tra la versione del
prodotto “generico” e quella “made in Italy”. H3) si ipotizza una differenza
significativa tra i profili reputazionali delle categorie alimentari prese in esame.
I risultati confermano la validità delle tre ipotesi ed emerge una maggiore
consistenza dei prodotti generici rispetto a quelli italiani. Lo studio rappresenta
un punto di partenza per l’approfondimento dei profili reputazionali dei
prodotti italiani all’estero al fine di poter realizzare strategie di valorizzazione
del made in Italy agro-alimentare.
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1. LA NASCITA DEL BRAND MADE IN ITALY: IL PERCORSO
VERSO L’ECCELLENZA DEL SETTORE AGRO-
ALIMENTARE ITALIANO
“Un prodotto tradizionale è un prodotto frequentemente
consumato od associato a specifiche celebrazioni
e/o stagioni, il cui retaggio viene trasmesso da una
generazione all'altra, preparato secondo regole specifiche
in accordo con la tradizione gastronomica,
conosciuto grazie alle sue caratteristiche sensoriali
ed associato ad una certa area locale, regione o nazione.”
Truefood (2006)
Pasta Barilla, Brunello di Montalcino, Prosciutto di Parma, Grana Padano e
mozzarella di bufala campana: i prodotti italiani elencati non sono soltanto i
più venduti al mondo, ma rappresentano l’anima della tradizione alimentare
italiana e il corpo dell’eccellenza produttiva made in Italy.
Il presente capitolo si pone l’obiettivo di ricostruire, sia a livello cronologico
che a livello contenutistico, la storia della tradizione alimentare secondo due
punti di vista diversi ma strettamente connessi. Il primo, sullo sfondo degli
sviluppi socio-economici mondiali, pone l’accento sulla crescita dell’interesse
nei confronti dell’alimentazione e di tutto ciò che a essa è legato all’interno
delle dinamiche evolutive del mercato finanziario globale; il secondo sottolinea
come lo sviluppo specifico della tradizione alimentare italiana - prodotto degli
eventi sociali, culturali ed economici che si sono successi nel corso dei secoli -
sia riuscito, negli ultimi decenni, a rendere il made in Italy agro-alimentare la
colonna portante dell’economia nazionale. Si vuole inoltre evidenziare come
l’aumento progressivo dell’attenzione verso la qualità della produzione
alimentare nell’ambito del marketing internazionale abbia spianato la strada
allo studio di costrutti innovativi quali brand reputation, Country of Origin
Effect e Food Reputation al fine di comprenderne caratteristiche e prospettive
di sviluppo nel mercato internazionale.
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Nei prossimi paragrafi ripercorreremo i piccoli, grandi passi verso la
concezione di prodotto tradizionale sia in quanto risorsa economica del
mercato globale che come ricchezza culturale, identità specifica e cuore di ogni
Paese.
1.1 Le origini della tradizione alimentare: l’evoluzione dei contesti
socio-economici come spinta verso la nascita dell’eccellenza
agro-alimentare italiana
1.1.1 I primi passi verso la cultura dell’alimentazione: cenni storici
Un prodotto alimentare tradizionale è definito, secondo Guerrero et al (2009),
come un prodotto frequentemente consumato o associato a celebrazioni e/o
stagioni specifiche, normalmente trasmesso da una generazione all’altra,
preparato accuratamente in un modo specifico in linea con l’eredità
gastronomica, con poca o nessuna manipolazione, distinto e conosciuto perché
le sue proprietà sensoriali sono associate a una certa area locale, regione o
Paese.
Il cibo tradizionale è un elemento molto importante della cultura Europea. La
produzione e la vendita di prodotti tradizionali forniscono un supporto
economico decisivo a molti Paesi contribuendo alla diversificazione di aree
rurali. Da sempre i consumatori richiedono prodotti tradizionali sani e gustosi
ma soprattutto ricercano prodotti nutritivi e convenienti che possano allinearsi
correttamente alle specifiche esigenze delle comunità in cui sono immersi.
Per risalire all’origine della tradizione alimentare occorre far riferimento alla
nascita dell’uomo poiché l’alimentazione è, per definizione, una pratica
connessa all’evoluzione umana e pertanto muta sviluppandosi parallelamente
all’uomo stesso. Questo legame indissolubile tra l’individuo e la nutrizione
giustifica pertanto l’interesse e la dedizione con i quali scienziati e ricercatori
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hanno studiato le dinamiche e le caratteristiche del comportamento alimentare.
Il percorso che porta alla nascita delle tradizioni alimentari è un percorso lento,
fatto d’interazioni tra culture differenti ed estro specifico di quei popoli che
riescono a sfruttare al meglio le risorse del loro territorio.
Per tutto il periodo che va dalla nascita della civiltà fino al 1500, infatti, l’uomo
scopre e impara a selezionare gradualmente i cibi migliori dal punto di vista del
valore nutritivo, utilizzando fino a 250 specie vegetali e animali conservate con
metodi quali essiccazione e affumicatura, di cui ancora oggi si fa uso in tutto il
mondo (Zanlari, 2011). Soltanto intorno al Cinquecento, a seguito d’importanti
scoperte geografiche, mondi fino ad allora separati daranno inizio a un intenso
traffico di beni e potenzialità alimentari. Asia, America ed Europa iniziano così
un vero e proprio commercio di alimenti creando a nuove dinamiche culturali,
sociali ed economiche basate sullo scambio di conoscenza e risorse della terra.
Tra gli alimenti fino ad allora sconosciuti in Europa ritroviamo patate,
pomodori e fagiolini che, attraverso l’evoluzione commerciale, possono
arrivare facilmente nelle cucine europee e quindi ampliare disponibilità e
varietà dei generi alimentari. Con il passare dei secoli, nel Settecento, si
osserva una grande disparità nella possibilità di accedere al alcuni tipi di cibo
quali carne, pesce e latticini: mentre le classi più agiate possono permettersi
una dieta equilibrata, quelle più povere iniziano a nutrirsi solo di patate con
conseguenti disturbi fisici. Sono proprio queste problematiche alimentari che
stimolano negli studiosi dell’epoca un vero e proprio interesse per i
comportamenti e i disturbi alimentari, spianando la strada alla nascita della
dietologia. E’ soltanto nell’Ottocento che osserviamo la vera e propria svolta
nell’ambito della produzione alimentare rispetto ai secoli precedenti grazie
all’avanzamento del progresso nello studio e nell’applicazione di tecniche di
conservazione e coltivazione del cibo (quali concimi chimici e antiparassitari).
Attraverso queste innovazioni si riduce il problema delle carestie e quindi il
rischio di malattie legate al consumo errato o nullo dei beni alimentari. La
denutrizione lascia spazio alla nascita della problematica dell’abbondanza di
prodotti alimentari che porta con sé altri tipi di disfunzioni fisiche e sociali
(obesità, diabete, emarginazione).
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Sullo sfondo di questo sviluppo commerciale e sociale si ampliano le
possibilità relative a uso e preparazione dei cibi nei singoli Paesi in base alle
specificità e peculiarità territoriali, alla loro posizione geografica ma
soprattutto alla loro capacità creativa.
1.1.2 La nascita della tradizione alimentare in Italia: culture in
interazione
“Il termine “Dieta” si riferisce all’etimo greco “stile di vita”, cioè
all’insieme delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle
conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali con i quali le
popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei secoli
una sintesi tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo
mitico e religioso intorno al mangiare.”
UNESCO (2009)
Al fine di indagare le origini della tradizione alimentare italiana occorre
scavare a fondo nella storia dell’uomo, risalendo a circa 8.000 anni fa, quando
la parte meridionale della penisola italiana entrò in contatto con la ”mezzaluna
fertile”: alcune zattere provenienti da Egitto, Mesopotamia e Levante giunsero
in Sicilia portando i primi riproduttori di specie animali sconosciute in Europa
ed alcune importanti sementi, identificate poi nella famiglia dei cereali
(Cantarelli, 2008). La “dieta mediterranea”, le cui origini affondano nel Medio
Oriente, nasce come dieta vegetariana, con il consumo prevalente di legumi,
cereali e olio d’oliva. L’allevamento di specie animali diede nuovo valore alla
dieta mediterranea favorendo la creazione di prodotti tipici che ancora oggi
fanno parte del patrimonio della penisola italiana.
Il vantaggio alimentare appena descritto, che si manterrà nel corso dei secoli, è
enfatizzato inoltre dalla prossimità con la Magna Grecia con cui l'Italia
meridionale condivide una società ricca, colta e votata ad una grande
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attenzione nei confronti dell’analisi delle proprietà e delle potenzialità dei cibi.
Per molti secoli la parte meridionale della penisola italiana rimase l’unica
custode della ricchezza alimentare della “dieta mediterranea” mentre nel
settentrione questo aspetto della vita quotidiana non subì sviluppi significativi.
Soltanto intorno al Cinquecento la situazione di disparità alimentare e
commerciale esistente tra il Nord e il sud dell’Italia subì una lieve flessione,
con l’avvento dei beni alimentari provenienti dall’America e dall’Asia.
Fino alla fine dell’Ottocento, nonostante la situazione economica europea fosse
molto positiva e favorisse il progresso delle tecniche di coltivazione e
conservazione dei cibi, in Italia molte aree geografiche del Nord Italia non
sembravano riuscire a sfruttare questa condizione di evoluzione agroalimentare
continuando a vivere nella miseria (Zanlari, 2011). L’Italia, secondo
un’inchiesta di Jacini del 1887, appare molto indietro rispetto all’Europa sul
fronte della varietà alimentare e delle condizioni dell’agricoltura. Secondo il
senatore italiano, quest’arretratezza alimentare è la ragione principale della
corporatura esile e della mortalità infantile per malattie legate a problemi
intestinali. In questa condizione di arretratezza economica, iniziano a vedersi i
primi segnali di un progresso quasi naturale in linea con il resto dell’Europa: si
sveltisce il sistema dei processi di creazione e raffinazione di prodotti
tradizionali e si sviluppano nuove tecniche di lavorazione della pasta e dei beni
alimentari di base. Intorno all’ultima decade del 1800, infatti, si affermano le
industrie alimentari più solide, quali Buitoni, Barilla e Agnesi principali
produttori delle paste alimentari. Molto importante è anche il processo di
sviluppo del settore enologico e di quello legato alla produzione lattiero-
casearia. Il made in Italy – che significa letteralmente ‘fatto in Italia’ - inizia ad
affermarsi, nel settore agro-alimentare, come sinonimo di eccellenza
gastronomica e qualità della produzione di nicchia, distinguendosi dal resto del
mondo per la valorizzazione della “dieta mediterranea” povera di grassi saturi.
Fino alla fine della seconda guerra mondiale, in Italia non si osservano
cambiamenti rilevanti dal punto di vista dell’alimentazione e delle tecniche
produttive. Si riscontra, a partire dal 1940, una netta prevalenza di alcuni