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INTRODUZIONE
Sono sostanzialmente gli argomenti che derivano dalla ricerca
sull’efficacia personale, sul confronto sociale, sull’influenza che le norme
sociali e le pressioni altrui esercitano sulle preferenze personali che
rendono ragione del ruolo che i valori hanno nella formazione di sistemi di
scopi individuali e rispetto alla possibilità di armonizzare tali scopi
collettivi (Caprara, 1996).
In effetti, come mostra la documentazione degli ultimi due decenni
(Psychinfo: 1985-2003), i valori lavorativi sono spesso studiati in relazione
alle scelte scolastiche e professionali degli studenti o di soggetti in fase di
costruzione di un progetto professionale.
Il nostro lavoro si colloca in questa cornice di riferimento. In
particolare con questo contributo abbiamo voluto approfondire la relazione
che intercorre tra i valori personali e le scelte occupazionali mediante una
indagine empirica nei giovani studenti delle scuole medie superiori, poiché
saranno proprio queste scelte che determineranno quali delle proprie
potenzialità coltivare, i tipi di opportunità che vengono preclusi o restano
realizzabili nel futuro e lo stile di vita da seguire.
Anche la letteratura (Cortini, Manuti e Tanucci, 2005) sulla vita
lavorativa ha messo in evidenza come la possibilità di un equilibrio sia
legata alla consonanza tra valori attribuiti soggettivamente alle diverse
sfere della vita individuale e richieste provenienti dal contesto lavorativo.
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Nel primo capitolo abbiamo cercato di chiarire il significato del
termine valore e di delinearne alcune caratteristiche fondamentali.
L’uso del concetto di “valore” è fortemente legato alla idea-guida di una
personalità centrata sulla costruzione prima e sul mantenimento poi di una
“identità” interna che ne costituisce il cuore e la chiave di lettura. L’identità
è il nucleo stabile e direzionale della personalità, e nella rappresentazione
psicologica si impernia proprio sui “valori” che ne condensano la struttura.
I valori costituiscono per così dire gli atomi dell’identità, la quale a sua
volta costituisce il perno della personalità. Individuare i valori significa
dunque identificare l’“essenza” della personalità, e quindi poter interpretare
le stabilità che si nascondono dietro il fluttuare dei comportamenti e la
complessità inestricabile della coscienza individuale (Bellotto, 2000).
La cornice di riferimento di questo capitolo è stata la Teoria dei valori
Umani e di Base di Schwartz (1992).
Nel secondo capitolo abbiamo, invece, cercato di definire i seguenti
concetti: Sé, autostima e aspettative di autoefficacia.
Nel corso del capitolo abbiamo, inoltre, affrontato la problematica
dell’autoefficacia connessa al mondo lavorativo, esplicando i significati e
le rappresentazioni del lavoro.
Il lavoro, infatti, costituisce un oggetto ricco di significati psico-sociali per
le persone nella odierna società post-industriale. Esso, oltre ad essere il
principale strumento per ottenere le risorse materiali indispensabili a
vivere, rappresenta un valore centrale nella nostra cultura, occupa un posto
rilevante nei sistemi ideologici e nei credo religiosi, svolge numerose
funzioni di natura psicologica, sociale e normativa (Romagnoli, Sarchielli,
1983).
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Al ruolo lavorativo vengono attribuite diverse funzioni. Una funzione
economica che consente alla persona che lavora di vivere e di avere cura
del proprio nucleo familiare; una funzione di sviluppo soggettivo in quanto
fonte di identità, di autostima, di autoefficacia e di autorealizzazione; una
funzione relazionale poiché consente alle persone di interagire in un
sistema più ampio di rapporti interpersonali e tra ruoli; una funzione sociale
che concorre a definire lo status ed il prestigio delle persone che svolgono i
diversi ruoli in un dato contesto (Bellotto, 2000).
Se si assume che suddette funzioni hanno a che fare con il valore che le
persone attribuiscono al lavoro, risulta fondata la tesi secondo cui il ruolo
lavorativo è centrale nella vita delle persone (M.O.W., 1987).
Ma tutto ciò non è vero sempre o per tutti. La parcellizzazione e la
divisione del lavoro, la razionalizzazione tecnologica e la burocratizzazione
delle organizzazioni, i contesti ed i contenuti stessi di molte attività, tutto
ciò ha fatto diventare il lavoro, in molti casi, qualcosa di sgradevole,
frustrante ed insensato.
Contestualmente, l’innalzamento del livello di scolarizzazione ha elevato le
aspettative verso la qualità del lavoro, la diminuzione dell’educazione
religiosa ha indebolito l’etica del lavoro, lo sviluppo delle opportunità
connesse con il tempo libero ha rimesso in discussione la centralità del
ruolo lavorativo tra gli altri ruoli della vita, l’evoluzione delle norme sociali
ha indotto a considerare il lavoro come diritto alle opportunità piuttosto che
come dovere alla contribuzione.
Molte cose stanno dunque cambiando non solo oggettivamente, ma anche e
soprattutto soggettivamente. Con questi cambiamenti è connesso l’interesse
a comprendere e a studiare come sta evolvendo il significato del lavoro
presso i giovani, portatori di nuovi valori (Trentini, 1995).
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In senso più specifico, il problema dei valori inerenti il lavoro riguarda il
significato che esso assume per gli individui, ciò che ognuno cerca in tale
ambito e quali aspetti della vita predilige per il raggiungimento del
benessere soggettivo.
In questo quadro teorico si colloca l’indagine empirica compiuta
nelle scuole medie superiori, che viene presentata nel terzo e ultimo
capitolo. In esso, vengono trattati statisticamente, ed opportunamente
commentati, i dati che abbiamo raccolto dalla somministrazione dei due
questionari a nostra disposizione.
Abbiamo ritenuto interessante indagare la relazione tra aspettative di
autoefficacia e valori personali poiché funzionerebbero come predittori
delle opzioni su cui i soggetti sarebbero portati a soffermarsi nella fase
decisionale della professione lavorativa. Infatti, i valori lavorativi, sono
elaborati socialmente e rappresentano degli stati desiderabili, obiettivi e
scopi che agiscono in modo indiretto, attraverso gli atteggiamenti
lavorativi, come guide per l’azione che orientano il giudizio e la scelta tra
diverse alternative comportamentali. Si tratta di un sistema di preferenze e
di attese, da un lato coerente con alcune dimensioni del concetto di sé,
dall’altro costruito nell’ambito delle interazioni e del contesto sociale di
riferimento (Loughilin e Barling, 2001).
Questo lavoro, nel suo piccolo, vuole esplorare più a fondo i legami
che intercorrono tra i valori lavorativi e il sentimento di efficacia personale,
per aggiungere un piccolissimo tassello in più alle numerose ricerche
sull’argomento.
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I. VALORI E IL LORO VALORE
1.1. IL SIGNIFICATO DEI VALORI.
Da una veloce panoramica della letteratura (Allport, Vernon,
Lindzey, 1951; Rokeach, 1973; Calvi, 1977; Trentini, 1994) appare chiaro
come il termine valore sia utilizzato in molteplici ambiti (dall’estetica, alla
politica, alla psicologia, ecc.) e in molteplici contesti (valori del lavoro,
valori esistenziali, valori sociali, ecc.). “Valore” sembra dunque essere uno
di quei termini dal significato ampio, per il fatto che indica un’estensione
dello spazio semantico aspecifico, ancorché rilevante per l’esistenza
dell’essere umano
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Essendo i valori umani una realtà sostanzialmente dinamica, se ne
deve accettare l’impossibilità di “bloccare” tale campo in una definizione
“buona una volta per tutte” (Bellotto, 2000). Tuttavia possono essere
definiti come l’insieme di convinzioni e atteggiamenti duraturi in base ai
quali la persona si orienta e si comporta. I valori sono riferimenti ideali che
guidano la vita di ogni persona, che indicano qualcosa verso cui l’attività
umana può e deve dirigersi. Sono le convinzioni circa i modi ideali della
condotta e rappresentano ciò che spinge a concepire qualcosa come
socialmente o personalmente desiderabile (Rokeach, 1973).
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La domanda sulla natura semantica del termine valore appare di notevole importanza,
giacché se si dimostrasse che “valore” è un termine connotativo anziché denotativo
(Russel, 1902), molte delle indagini e delle speculazioni filosofiche, religiose,
psicologiche, fatte su tale concetto andrebbero reindirizzate.
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Con il termine valore si intende, inoltre, un complesso delle qualità
positive in campo morale, intellettuale, professionale per le quali una
persona è degna di stima.
I valori sono rappresentazioni cognitive di ciò che è importante e giusto
nella vita e riguardano i criteri o gli standard che le persone utilizzano per
valutare le proprie azioni e quelle degli altri (Rockeach, 1973; Schwartz,
1992).
I valori sono, dunque, da sempre oggetto di interesse della ricerca
psicologica. Milton Rokeach (1973) è uno degli studiosi più influenti nello
studio dei valori, cui ha dedicato gran parte della sua attività di ricerca. Per
Rokeach il valore è una credenza stabile, secondo la quale una
condotta/fine è preferibile ad un’altra per un certo individuo o gruppo
sociale. Valore viene in tal modo distinto convenzionalmente da termini
confinanti, come ad esempio atteggiamento
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e interessi
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, i quali, secondo
l’Autore, dipenderebbero dal valore e non già lo determinerebbero; oppure
ancora valore deve essere distinto dalle norme, le quali si riferirebbero a
specifiche situazioni sociali, in particolare di gruppo, nonché dai tratti
psicologici, intendendo con ciò una caratteristica non soggetta a
cambiamento. Rokeach tenta anche di distinguere i bisogni dai valori.
Valore è ciò di cui tende il bisogno (raggiunto il quale, si spegne). Il
bisogno si estingue nel momento in cui viene soddisfatto, non così il
valore, che non si annulla al raggiungimento del suo oggetto, semmai si
rafforza. Ogni volta che c’è bisogno c’è, sostiene l’Autore, valore ma non
vale l’inverso, ossia che ogni volta che c’è il valore c’è anche il bisogno.
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Per atteggiamento, si intende l’insieme strutturato di convinzioni, sentimenti e
tendenze di azione che il soggetto manifesta in relazione a determinati oggetti sociali.
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Per interessi si intende l’area delle preferenze o dei rifiuti in relazione a determinate
attività professionali/accademiche e al tempo libero del soggetto, ovvero indicano
attività od oggetti importanti per la persona.
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Quindi la nozione di bisogni
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non implica, secondo lo psicologo americano,
richieste sociali o ideali, come è invece il caso dei valori. I bisogni sono
istanze iscritte in maniera innata nell’uomo, a differenza dei valori che
vengono acquisiti attraverso l’esperienza (in alcuni casi attivamente e
concettualmente; in altri passivamente, per “osmosi” e conformismo con
gli altri). I valori rappresentano il nesso tra i bisogni e l’azione, essi
servono ad assegnare attenzione e sforzi ai singoli bisogni, e costituiscono
inoltre il fondamento delle emozioni.
Gli individui non sono necessariamente consapevoli di tutti i loro valori,
alcuni di questi vigono a livello subconscio e possono persino entrare in
conflitto con i valori coscienti.
Secondo Rokeach (Rokeach, 1973; 1979; 1972; Rokeach e Grube,
1979) i valori devono essere sempre visti in gerarchia. Da tale principio
strutturale, lo studioso americano, deriva alcune “proprietà” che, a suo
avviso, caratterizzano il sistema di valori di un essere umano, come ad
esempio il fatto che alcuni valori, trovandosi su un gradino superiore, sono
più importanti di altri e perciò, includendoli, in un certo qual modo li
escludono. Altra caratteristica è che i gruppi umani sembrano differire non
tanto per la presenza o assenza di alcuni valori, bensì per la diversa
collocazione dei valori nel sistema gerarchico.
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I bisogni sono ciò che è necessario per la salute e il benessere di un organismo; quelli
dell’uomo sono di due tipi. I bisogni fisici sono le esigenze che hanno per fine la salute
del corpo (per es. cibo, acqua, aria). I bisogni psicologici sono le esigenze che hanno per
fine la salute mentale (per es. stima di sé, piacere, crescita). La privazione dei bisogni
produce inizialmente sensazioni di sofferenza o di disagio, mentre la soddisfazione dei
bisogni comporta sensazioni di piacere e di benessere. La privazione dei bisogni non si
traduce necessariamente in una ricerca della loro soddisfazione. L’organismo cerca di
soddisfare i propri bisogni a seconda se si aspetta o meno che un’azione adeguata possa
soddisfarli. La mancata soddisfazione di un bisogno può tradursi o meno in un
comportamento adeguato, poiché la scelta della linea di azione è soggetta a possibili
errori. Le scelte e le azioni specifiche avvengono in base ai valori (Pogliani,1992).