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INTRODUZIONE
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di indagare il ruolo
interpretato dai fattori internazionali nel processo di
democratizzazione del Medio Oriente. Questi fattori internazionali
possono essere raggruppati in due categorie: gli Stati e le
Organizzazioni Internazionali occidentali. L’influenza di questi due
attori politico-economici, e in generale dell’Occidente e del relativo
sistema capitalista, si è rivelata d’aiuto al processo di
democratizzazione dei paesi arabi del Medio Oriente? O al
contrario ha agito da ostacolo all’avviamento di un processo utile
alla democratizzazione degli aspetti sia sul piano politico-
economico sia su quello sociale di quei paesi?
I paesi presi in considerazione da questa analisi sono gli stati arabi
appartenenti all’area denominata Middle East and North Africa
(MENA), come ad esempio Tunisia, Egitto, Siria, Arabia Saudita, per
citare il gruppo di stati più importante ai fini di questo lavoro.
Allo scopo di fornire una risposta a questi due quesiti è altresì utile
definire i concetti di democrazia e di democratizzazione. Il modello
di democrazia preso in considerazione è quello descritto dai
massimalisti, i quali individuano la sua esistenza al di là del mero
aspetto elettorale: per capire se si può parlare o meno di
democrazia, la loro analisi si concentra anche sugli aspetti politici,
economici e sociali di un paese. Il processo di democratizzazione
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non va pertanto confuso con il concetto di democrazia, poiché si
tratta di un “continuo movimento” del sistema politico di un paese
da una espressione autoritaria ad una democratica e viceversa. Non
esisterebbe una “democrazia piena” ma solo un percorso intrapreso
dallo stato nella sua direzione o in quella opposta, e in questo caso
è corretto parlare di processo di de-democratizzazione.
Utilizzando gli strumenti e le teorie proprie dell’analisi
strutturalista, viene indagata la capacità a livello internazionale
dagli stati occidentali, che utilizzano la democrazia come
strumento utile a sostenere quel processo che va sotto il nome di
globalizzazione, di influenzare i processi politici del Medio Oriente
e il relativo processo di democratizzazione dei paesi che ne fanno
parte.
L’analisi è suddivisa in tre sezioni. Nella prima viene indagato il
concetto di democrazia così come oggetto di dibattito in Occidente.
Si argomenta che la democrazia liberale, dopo gli avvenimenti del
1989, sia stata utilizzata dai paesi occidentali come mezzo per
cooptare i paesi mediorientali nella globalizzazione politica,
economica e culturale di matrice occidentale. Nel primo paragrafo
l’intento è rispondere alla domanda “Quale democrazia?”, e quindi
interrogarsi sulla sostanza democratica e non solo sulla forma. La
tipologia di democrazia che si prende in esame è quella
“deliberativa”, che sottintende la consultazione pubblica,
contrapposta alla “democrazia liberale” che nella comparazione dei
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sistemi politici ha dato vita alla “democrazia con aggettivi”,
risultante proprio dalle influenze esterne nel sistema politico dei
paesi arabi. Lo stato è considerato l’unità analitica che permette di
comprendere quando si sia in presenza di un sistema democratico,
grazie al quale vengono soddisfatte le esigenze politiche ed
economiche dei cittadini e quindi della società. A livello
internazionale dunque questo sistema politico è funzionale alle
visioni economiche e politiche che i paesi occidentali vogliono
imporre in Medio Oriente: la “forma” democratica, rappresentata
dalla competizione elettorale, è preferibile alla “sostanza”
democratica, la quale potrebbe addirittura ostacolare gli interessi
occidentali in quella regione. Questa “sostanza” è data dalla
concezione della democrazia di “governo del potere pubblico in
pubblico”, che garantisce quella caratteristica fondamentale della
democrazia che è il “ragionamento pubblico”, tramite il quale lo
stato può soddisfare le esigenze dei cittadini, garantendo
l’attivazione di quel processo basato sulla discussione pubblica tra
individui liberi ed eguali. In generale si è sostenuto che non fosse
possibile considerare un paese arabo democratico perché, secondo
gli studiosi occidentali, le pratiche democratiche, quali ad esempio
la consultazione tra stato e cittadini, il Medio Oriente non le aveva
mai conosciute nel corso della Storia, se non sotto la forma di
“democrazia elettorale”. E la globalizzazione ha indebolito anche la
dimensione pubblica del sistema politico democratico,
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contrapponendovi la visione privata del sistema economico
veicolata dalla globalizzazione: quest’ultima ha permesso di
applicare il concetto di “pseudodemocrazia” anche ai paesi
mediorientali. Nel secondo paragrafo vengono esaminate le teorie
applicate allo studio della democratizzazione: la teoria strutturale e
la teoria transitologica. Il ruolo dei fattori internazionali nella
democratizzazione dei paesi mediorientali è meglio indagato se si
crea un ponte tra queste due teorie. Sia la struttura della società,
delle istituzioni di un paese, sia il ruolo ricoperto dalle elite che
governano, sono elementi fondamentali che facilitano o ostacolano
la democratizzazione di un paese. In particolare, seguendo la
visione neo-Gramsciana sviluppata da Robert Cox e Stephen Gill, sia
il livello strutturale sia quello orientato al ruolo degli attori
vengono influenzati dalla globalizzazione economica occidentale
nella loro capacità di influenza sul processo di democratizzazione.
Infine il terzo paragrafo vuole esplicitare una critica alla retorica di
fondo che investe il concetto di democrazia nel mondo
globalizzato. Retorica fatta propria dal “fondamentalismo
democratico”
1
, responsabile dell’assegnazione dell’etichetta
“pseudodemocrazia” ai sistemi politici arabi. Questa sistema di idee
si è venuto a creare perché per molto tempo il rapporto tra paesi
del Medio Oriente e democrazia è stato studiato e analizzato
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Espressione coniata dallo scrittore Gabriel Garcia Marquez. CANFORA L., “Critica della retorica
democratica”, Laterza, 2007
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partendo dalla concezione occidentale, e quindi liberale, del
sistema democratico, e non propria iuxta principia.
Il secondo capitolo offre una disamina degli interventi
internazionali indirizzati alla democratizzazione dei sistemi politici
del Medio Oriente. Il primo paragrafo intende fornire una visione
d’insieme dell’impatto del colonialismo europeo nell’area MENA:
una delle conseguenze fu che gli stati post-coloniali adottarono
molte caratteristiche dei precedenti occupanti europei. Le elite
arabe che governarono dopo la raggiunta indipendenza
provenivano in maggioranza dall’esercito e ciò influì sulla
strutturazione dei neo stati post coloniali. La presenza europea agì
anche sull’inasprimento delle rivendicazioni nazionali dei paesi
arabi, in quanto linee di confine studiate a tavolino divisero etnie e
interi popoli
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. Durante la Guerra Fredda il confronto geostrategico
tra le due superpotenze contribuì a peggiorare i conflitti locali in
Medio Oriente e a spronarne la militarizzazione, ritardando e
distorcendo il processo di democratizzazione. Dagli anni ’90 perciò
si afferma che gli Stati Uniti sia UE hanno preferito la stabilità alla
democratizzazione dei paesi mediorientali. Il secondo paragrafo
analizza le ingerenze di Stati Uniti ed Unione Europea per
espandere le pratiche democratiche nell’area MENA: questi sforzi
erano dettati più da motivazioni strategiche ed economiche che da
2
SMITH D. C., “World War I, Great Britain, and the peace settlements, 1914-1921”, in “Palestine
and the arab-israeli conflict”, Bedford St. Martin’s, 2004, pp. 78-84; CAMPANINI M., “Il riassetto
politico della regione”, in “Storia del Medio Oriente”, Il Mulino, 2010
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un reale impegno per aiutare la democrazia a sorgere. E inoltre la
promozione della democrazia, soprattutto a stelle e strisce, stride
con la robusta alleanza dei paesi occidentali con alcune delle
autocrazie arabe, configurando quel “doppio standard” che risulta
un pilastro delle loro politiche estere in Medio Oriente. Viene
analizzato il processo tramite il quale ha iniziato ad agire la
globalizzazione politica, retta dalla convinzione che la democrazia
come declinata in Occidente sia il migliore sistema politico per
tutte le nazioni del mondo. Influenza e legami con l’Occidente
hanno strutturato la dipendenza dei paesi arabi e
conseguentemente hanno dato forma al loro processo di
democratizzazione. Si sostiene che la promozione della democrazia
abbia servito maggiormente le richieste di sicurezza nazionale dei
paesi occidentali che non la democratizzazione dei paesi dell’area
MENA: alcune delle misure promosse dall’Occidente non creavano
una “dialettica” a livello governativo, così da irrobustire le
istituzioni dei paesi mediorientali, ma si rapportavano con le
organizzazioni non governative. In questo modo risultavano nulle
negli sforzi di democratizzazione politica ed economica. Nascono i
“broker democratici”, come l’USAID, il NED negli Stati Uniti, e il
Partenariato Euro-Mediterraneo in Europa. Queste organizzazioni
individuano la società civile come interlocutore nei paesi del Medio
Oriente, preferendola ad una controparte a livello governativo. Nel
terzo paragrafo vengono analizzati nel dettaglio gli strumenti della
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promozione democratica occidentale utilizzati da USA e UE in
Medio Oriente. Si è ritenuto utile accennare anche al rapporto
politico-economico che gli stati riuniti nel gruppo dei BRICS
intrattengono con alcuni dei paesi dell’area MENA.
Nel terzo ed ultimo capitolo si indaga la dimensione internazionale
degli eventi raggruppati dai media occidentali sotto il cappello
“Primavere Arabe”. Il primo paragrafo esamina il contesto creatosi
dopo gli attentati del 2001 e la guerra globale al terrorismo intorno
alla promozione della democrazia, che è diventata sempre più
ricerca di sicurezza da parte dei paesi occidentali dalle percepite
minacce provenienti del Medio Oriente. Contesto che ha contribuito
a creare quella struttura politico-economica nei paesi arabi che ha
condotto successivamente la popolazione tunisina ed egiziana nelle
piazze per chiedere la destituzione dei loro governi. Le rivolte sono
emblematiche per il nostro ragionamento. “Quanto sono state
efficaci le azioni occidentali per la promozione delle pratiche
democratiche in Medio Oriente?”. Guardando agli eventi intercorsi
dal 2010 fino ai giorni nostri, si può sostenere che la politica estera
dei paesi occidentali, così come declinata sin dagli anni ’90, è stata
una delle cause principali che ha condotto le popolazioni a
scendere nelle strade e rovesciare i loro governi, per troppi anni
conniventi con quelli occidentali.
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CAPITOLO 1.
Quale democrazia?
1.1 Democrazia e democratizzazione
1.1.1 La democrazia e i suoi sviluppi in Occidente
L’obiettivo di questo capitolo è analizzare lo sviluppo dell’idea di
democrazia nata in Occidente e come questa idea sia stata
utilizzata dai paesi occidentali, dal punto di vista teorico, come
strumento di influenza dei processi politici dei paesi del Medio
Oriente. Nel secondo dopoguerra questa idea è stata modellata
dagli interessi geopolitici strategici delle democrazie occidentali e
si è cristallizzata dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e a
seguito della dissoluzione dell’URSS nel 1991. La democrazia in
quanto forma di governo, che ha influenzato la ed è stata
influenzata dall’economia, è divenuta dopo questo spartiacque
storico il mezzo principale che ha permesso agli stati occidentali di
imporre la globalizzazione politica, economica e culturale agli stati
mediorientali, influenzandone di conseguenza il processo di
democratizzazione. E il mezzo migliore al fine di raggiungere
questo obiettivo strategico è rappresentato dalla democrazia
liberale, che ha modellato le condizioni e le precondizioni della
forma democratica.