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CAPITOLO I
1.1 NASCITA DEL MOVIMENTO COOPERATIVO
La nascita del movimento cooperativo coincide con il periodo storico della rivoluzione
industriale e avviene in Gran Bretagna, paese in cui iniziano ad intravedersi gli effetti
negativi del repentino cambiamento economico. Infatti, il passaggio da una economia
pre-industriale legata al mondo delle corporazioni ad un modello di produzione
capitalistico basato sulla manifattura non tarda a manifestare evidenti contraddizioni
nel rapporto tra le classi sociali, tra una nuova categoria di imprenditori votati
unicamente al profitto ed un proletariato impossibilitato a tutelare i propri interessi.
Il 24 Ottobre 1844 a Rochdale, importante centro cotoniero del Lancashire, in
Inghilterra, 28 operai1 decidono di fondare una organizzazione per gestire
collettivamente l’acquisto di prodotti e generi di consumo nel tentativo di migliorare le
proprie condizioni di vita.
Costretti a turni massacranti, privi di qualsiasi forma di assistenza medica, i lavoratori
si rendono conto che l’aiuto reciproco è l’unica soluzione convincente per uscire da
uno scontro che li vede opposti a datori di lavoro senza scrupoli che stroncano sul
nascere qualsiasi forma di protesta.
Da Rochdale l’esperienza si diffonde in tutta Europa, parallelamente alla rapida
espansione della rivoluzione industriale, e già nei primi anni 50 del XIX secolo
nascono le prime cooperative in Germania e in Francia. Il movimento assume in breve
tempo proporzioni rilevanti tanto che solo pochi decenni più tardi, nel 1895, viene
fondata “l’Alleanza Cooperativa Internazionale”2, organismo che riunisce e coordina
l’attività di tutte le cooperative e associazioni di categoria aderenti.
1
I cosiddetti probi pionieri. Cfr. M. Mazzoleni “L’Azienda Cooperativa, profilo istituzionale e
caratteristiche della gestione”, Cisalpino Editore, Torino, 1996.
2
All’ACI spetta la definizione delle linee guida di riferimento che influenzano il Movimento
Cooperativo Internazionale.
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Attualmente nell’ACI confluiscono più di 230 organizzazioni da tutto il mondo in
rappresentanza di 760 milioni di persone.
Altrettanto importante è anche l’influenza esercitata da diversi pensatori economici
alla genesi del movimento.
A mero titolo esemplificativo:
ξ Marx3 considera un ingiusto sfruttamento il fatto che il datore di lavoro si appropri
della differenza tra il valore di un bene e la remunerazione del lavoro svolto per
produrlo, mentre vede con favore l’azione cooperativa che permette al socio di
essere proprietario sia del capitale che del lavoro;
ξ Per l’anarchico Pierre Proudhon la cooperazione è un utile strumento per migliorare
i salari dei lavoratori senza cadere nel totalitarismo.
1.1.1 I PRINCIPI DI RIFERIMENTO
Già la prima esperienza di Rochdale ha prodotto i famosi “Rochdale Principles4”, i 12
principi della cooperazione che costituiscono la base del movimento. Queste linee
guida sono state progressivamente aggiornate e ridefinite da un’ apposita commissione
in seno all’Alleanza Cooperativa Internazionale, e la prima stesura ufficiale avviene a
Parigi nel 1936. Tali principi, di seguito elencati, delineano le fondamenta e le regole
di riferimento che le imprese devono rispettare se vogliono entrare a far parte del
settore cooperativo:
1. Adesione volontaria: l’adesione ad una cooperativa deve essere libera e volontaria
da parte di tutti coloro che, per utilizzarne i servizi, accettano le responsabilità
derivanti dall’essere socio.
2. Controllo democratico dei soci: la cooperativa deve essere guidata e amministrata
da persone che vengono scelte dai soci, in virtù della organizzazione democratica
della stessa; i soci hanno uguale diritto di voto (attraverso il voto capitario, cioè una
testa-un voto) e uguale diritto di partecipazione alle decisioni della società.
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Economista e filosofo tedesco attivo nel XIX secolo.
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Dalla città di Rochdale cui ebbe inizio l’esperienza cooperativa.
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3. Partecipazione economica dei soci: i soci contribuiscono equamente al capitale
delle proprie cooperative che viene controllato democraticamente. In generale, i
soci percepiscono una remunerazione limitata al capitale sottoscritto destinando
invece l’utile allo sviluppo della cooperativa o all’erogazione di servizi comuni.
4. Autonomia e Indipendenza: le cooperative sono organizzazioni autonome e gestite
esclusivamente dai soci. Eventuali accordi stipulati con Governi o enti esterni non
devono alterare il controllo democratico dei soci.
5. Educazione e Informazione: le cooperative devono fornire ai propri soci
informazioni finalizzate al miglioramento degli stessi ed è compito delle singole
cooperative diffondere tra il pubblico materiale divulgativo relativo ai principi scopi
e benefici della cooperazione.
6. Cooperazione tra cooperative: ogni cooperativa, al fine di soddisfare più
efficacemente le esigenze dei propri soci e di rinforzare l’intero movimento
cooperativo, deve operare attivamente ed in modo coordinato assieme alle altre
cooperative su scala locale, nazionale ed internazionale.
Il dibattito su tali principi non si è ancora concluso nel tempo e sono state avanzate
feroci critiche a questa stesura perché ritenuta sostanzialmente incapace di raccogliere
lo spirito iniziale condiviso dai probi pionieri e troppo focalizzata sulle cooperative di
consumo.
Alcuni studiosi come Maurice Colombain5 ne hanno proposto una diversa ridefinizione
improntata sulla accentuazione delle differenze tra aziende cooperative e imprese,
intese nella più comune accezione di attività economiche organizzate per la produzione
di beni, come la mancanza dello scopo di lucro e la maggiore importanza del fine
mutualistico rispetto al conseguimento dell’utile.
5
Cfr. M. Mazzoleni, op.cit.
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1.1.2 LO SVILUPPO DELLE COOPERATIVE IN ITALIA: BREVE
EXCURSUS STORICO
Anche in Italia è possibile datare con certezza la nascita del movimento cooperativo:
nel 1854 viene aperto a Torino il magazzino di previdenza della locale Associazione
Generale degli operai, con l’obiettivo di distribuire ai propri aderenti generi di prima
necessità a prezzi calmierati .
Tuttavia, il ritardo economico-culturale che il Paese accusa nei confronti dell’Europa
impedisce una rapida affermazione del movimento che si completa solo all’inizio del
XX secolo, sospinta anche dalla nascita di diversi partiti politici che avranno una
notevole influenza sullo sviluppo della cooperazione.
La fondazione nel 1883 della Lega nazionale delle Cooperative e Mutue, che
raggruppa al suo interne cooperative appartenenti a diverse ideologie, assume
un’importanza rilevante perché, nel 1920, un illustre esponente del Partito Socialista
Italiano come Filippo Turati si affretta ad allacciare rapporti con il segretario della lega
Angiolo Cabrini, riconoscendo nei principi della cooperazione numerosi punti in
comune con l’ideale socialista. Turati si spinge sino a caldeggiare un assorbimento
della lega nel partito ma il tentativo fallisce per l’ostruzionismo della lega stessa ormai
saldamente in mano ad esponenti del nascente Partito Comunista d’Italia6, che
dirottano l’organizzazione verso posizioni populiste e massimaliste.
Un altro impulso allo sviluppo della cooperazione deriva dall’esperienza cattolica. La
pubblicazione nel 1891 dell’Enciclica “Rerum Novarum”7 di Papa Leone XIII
promuove nella cultura cattolica una maggiore attenzione alle problematiche che
coinvolgono il mondo del lavoro. In breve tempo nascono diverse realtà cooperative
che fanno riferimento alla moderna dottrina sociale-cristiana, opposte alle cooperative
di matrice socialista. I cattolici vedono nella cooperazione un valido strumento per
superare le contraddizioni del capitalismo ma non trovano l’appoggio della Lega
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La cui nascita avviene a Livorno il 21Gennaio 1921 da una frattura apertasi all’interno del Partito
Socialista Italiano.
7
Per approfondimenti www. it.wikipedia.org/wiki/Rerum_Novarum.
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nazionale delle Cooperative che si muove per realizzare quel collettivismo dei mezzi di
produzione teorizzato da Carlo Marx. La componente cattolica della Lega dopo diverse
vicissitudini non riconoscendosi più nei principi alla base della organizzazione, decide
di separarsi e nel 1919 fonda la Confederazione delle Cooperative Italiane con il
beneplacito dello Stato Vaticano.
Il confronto tra l’anima cattolica e quella socialista-comunista prosegue ma viene
bruscamente interrotto dall’avvento del fascismo che non vede di buon occhio il
movimento cooperativo, causandone un rapido declino e obbligando La Lega delle
Cooperative e la Confederazione a sciogliersi nell’Ente Nazionale delle Cooperative.
Tuttavia dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il cooperativismo riprende nuovo
vigore e, a fianco delle redivive Lega e CCI, si assiste nel 1952 alla nascita della
Associazione Generale Cooperative Italiane, di matrice sociale-liberista.
1.2 L’ATTUALE ORDINAMENTO GIURIDICO
La funzione svolta dalle cooperativa è espressamente richiamata dalla Costituzione
all’art.45: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere
di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce
l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il
carattere e le finalità”.
I principi di mutualità, cooperazione, la mancanza del fine di lucro sono i valori
fondanti che il Costituente riconosce e affida alla cooperazione, contribuendo cosi a
delimitare il campo di esistenza e assicurandosi il compito di vigilarne l’operato.
Le fonti giuridiche che disciplinano la vita delle cooperative sono le seguenti:
ξ Codice Civile, Libro V Titolo VI, Articoli 2511-2545 octiesdecies
ξ D.L.C.P.S del 14/12/47 meglio conosciuta come “ Legge Basevi”
ξ Legge 31/01/1992 n.59
Il Codice Civile all’art.2512 introduce il concetto di mutualità prevalente, applicabile a
tutte le cooperative che svolgono la loro attività in favore dei soci, consumatori, utenti
di beni e servizi. La Giurisprudenza ha molto discusso sul significato di mutualità
prevalente, peraltro senza pervenire ad un definizione rigorosa ed univoca. Una sintesi
11
efficace individua nello scopo di una società mutualistica la capacità di garantire ai
propri soci la fruizione di beni o servizi a condizioni migliori rispetto a quelle presenti
sul mercato.
Il Codice Civile ribadisce in maniera duplice la differenza tra cooperative e imprese
lucrative. Da un lato le cooperative hanno come obiettivo principale il conseguimento
di un beneficio per i propri membri che si traduce in un risparmio di spesa/migliore
retribuzione a fronte del raggiungimento di un utile annuale. Dall’altro le cooperative
si rivolgono in prima istanza ai propri soci mentre alle imprese industriali non interessa
conoscere il destinatario finale della propria attività purché dalla cessione di un bene o
servizio ne derivi sempre un guadagno.
La Legge Basevi8 richiama la funzione sociale della cooperazione a carattere di
mutualità già contenuta nell'art. 45 della Costituzione. Tuttavia tale legge, pur dettando
una serie di norme fondamentali per lo sviluppo dell’intero movimento, non affronta il
problema di una definizione rigorosa ed univoca della società cooperativa sul terreno
civilistico disciplinando i requisiti mutualistici unicamente a livello tributario9.
Un decisivo impulso per lo sviluppo della cooperazione si riscontra nella legge n.59
del 31/01/1992 che ha ne riformato l’assetto normativo agendo in 3 direttrici diverse,
con il chiaro intento di alimentare la vocazione imprenditoriale e manageriale delle
cooperative senza tradire lo spirito e i principi fondamentali alla base del movimento.
In primis, il Legislatore ha voluto rafforzare l’aspetto patrimoniale permettendo la
possibilità di emettere “azioni di partecipazione cooperativa”, privilegiate nella
distribuzione degli utili e nel rimborso del capitale ma prive del diritto di voto. Tali
azioni sono sottoposte a una rigida disciplina perché non possono essere emesse per un
ammontare superiore al totale delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultante
dall’ultimo bilancio, e condizionate al fatto che la cooperativa abbia predisposto
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Dal nome di Alberto Basevi. Per approfondimenti http:wwww.uil.it/cooperazione.
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La legge Basevi ha contribuito a completare il ruolo e la funzione della cooperativa individuando i
requisiti obbligatori per il godimento dei vantaggi fiscali connessi, senza però entrare nel merito di una
rigorosa definizione civilistica. Ancora oggi la Legge non chiarisce in maniera univoca il concetto di
mutualità prevalente limitandosi unicamente a disciplinare i requisiti obbligatori per usufruire delle
agevolazioni tributarie.