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In un contesto così complesso, poiché la liquidità di origine illecita non può essere né
spesa né reinvestita prima di venire ripulita, l’operazione di riciclaggio assume un ruolo
di fondamentale importanza. La fase di riciclaggio rappresenta il momento cruciale di
contatto fra attori legittimi e illegittimi; colpirla con tempestività significa eliminare la
possibilità di investimenti illegali, evitare inquinamenti perniciosi all’economia, operare
per un futuro economico migliore e più equo.
Un sistema finanziario stabile, efficiente e libero da condizionamenti esterni determina
le condizioni per un’ottimale utilizzazione delle risorse.
Allo scopo sono necessari gli sforzi congiunti di organismi internazionali e nazionali,
delle imprese, del sistema finanziario stesso, dei cittadini e in primis del legislatore.
I paragrafi a seguire cercheranno di spiegare le generalità del fenomeno del riciclaggio,
di identificarne i sistemi più vasti di ripulitura, di evidenziare i rapporti intercorrenti tra
le organizzazioni criminali e gli intermediari finanziari. È chiaro, infatti, che non può
sopravvivere organizzazione criminale al di fuori della possibilità del riciclaggio, né il
riciclaggio al di fuori dell’intermediazione finanziaria specializzata. Per questo motivo,
verrà brevemente introdotto il sistema finanziario italiano, in quanto l’efficacia
dell’azione di contrasto al riciclaggio dipende dalla collaborazione offerta dal sistema
degli intermediari legali.
1.1. Il sistema finanziario in Italia
In ogni sistema economico sono presenti operatori dalla cui gestione residuano
disponibilità finanziarie e operatori che, invece, necessitano di mezzi finanziari per
svolgere un’attività di produzione di beni o servizi oppure un’attività erogativa o di
consumo. Si hanno, quindi:
ξ soggetti in avanzo, che sono datori di fondi;
ξ soggetti in disavanzo, che, richiedendo finanziamenti, si dicono prenditori di
fondi.
Il sistema finanziario è costituito dall’insieme dei canali, dei soggetti e degli strumenti
per mezzo dei quali si realizza il trasferimento di risorse finanziarie dalle unità che
hanno fondi in esubero (e quindi sono “ centri di risparmio”) a quelle in disavanzo (che
sono “centri di investimento”), nonché dal complesso delle norme che disciplinano tale
attività.
Nel sistema finanziario intervengono – negoziando attività e passività finanziarie – due
fondamentali categorie di soggetti: gli operatori finali e gli intermediari finanziari.
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Gli operatori finali sono soggetti che nella veste di “ datori di fondi” (quali le famiglie
che operano prevalentemente come “ centri di risparmio”) o nella veste di “ prenditori
di fondi” (quali le imprese e le pubbliche amministrazioni, nonché per certi versi le
famiglie stesse) segnano il punto di partenza e quello di arrivo dei canali finanziari.
Gli intermediari finanziari sono invece i soggetti che, inserendosi nei circuiti finanziari,
operano al fine di promuovere e favorire la canalizzazione del risparmio verso gli
operatori finali che necessitano di capitali. In passato tale funzione veniva svolta
soltanto dalle banche. Attualmente, l’evolversi dell’attività economica ha fatto avvertire
la necessità di affiancare a quelli tradizionali, altri strumenti più rispondenti alle
esigenze degli operatori, così come ha fatto emergere nuovi soggetti, dotati di capacità
innovative e pronti a cogliere, se non addirittura a sollecitare, tali esigenze. Quindi si
hanno:
ξ intermediari bancari, rappresentati dalle banche;
ξ intermediari non bancari, che sono spesso inseriti in gruppi bancari tramite
partecipazioni azionarie. I principali intermediari non bancari sono quelli qui di
seguito indicati.
Compagnie di assicurazione e istituti previdenziali: operano sul mercato
investendo parte dei premi e dei contributi riscossi nella cessione dei
prestiti e nell’acquisto di titoli pubblici e privati.
Società di leasing: concedono in locazione finanziaria beni strumentali
(impianti, macchinari, autoveicoli), evitando agli utilizzatori di dover
sopportare in un'unica soluzione il massiccio esborso monetario che di
norma si ricollega all’immediato acquisto in proprietà.
Società di factoring: acquistano dalle imprese i crediti che esse vantano
nei confronti della clientela, accollandosi – in qualche caso – il rischio di
insolvenza del debitore (cessione pro soluto).
Società di gestione del risparmio (SGR): raccolgono capitale presso i
risparmiatori e li investono con criteri di notevole competenza
professionale e di rigoroso frazionamento dei rischi; esse possono
effettuare sia una gestione collettiva del risparmio, istituendo fondi
comuni d’investimento (patrimoni autonomi, suddivisi in quote, di
pertinenza di una pluralità di partecipanti e gestiti a monte) o fondi
pensione, sia una gestione individuale dei patrimoni.
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Società di intermediazione mobiliare (SIM): sono società con sede
legale e direzione generale in Italia, autorizzate a svolgere servizi di
investimento, cioè a negoziare strumenti finanziari per conto proprio o
di terzi, a collocarli sul mercato, a gestire patrimoni mobiliari per conto
di terzi.
Imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie: sono imprese
che, al pari delle SIM, sono autorizzate a prestare servizi di investimento
in Italia, ma che hanno sede legale e direzione generale in un altro Stato
della UE o sede legale in uno Stato non appartenente alla UE.
Società di investimento a capitale variabile (Sicav): sono società aventi
come unico oggetto l’investimento collettivo del patrimonio raccolto
mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni.
Merchant banks (o banche d’affari): agevolano le imprese, specie quelle
di medie dimensioni, nella raccolta di capitali attraverso l’emissione di
azioni e di obbligazioni, di cui queste istituzioni finanziarie garantiscono
l’integrale sottoscrizione provvedendo poi al graduale collocamento dei
titoli sul mercato.
Poste Italiane S.p.A. : favorite dalla capillare distribuzione sul territorio
italiano (circa 14 mila uffici postali), esercitano una serie di attività
addizionali e innovative, quali – ad esempio – la raccolta di risparmio
tramite conto correnti e obbligazioni, la distribuzione di prodotti
finanziari, l’offerta di polizze di assicurazione sulla vita, la creazione di
carte di credito, ecc.
Da questa prima analisi si può notare quindi, che il settore finanziario italiano è
caratterizzato da un’ampia gamma di fornitori di servizi.
Nella più tipica prospettiva dell’analisi economica, il mercato finanziario viene
tradizionalmente considerato come la sommatoria di tre comparti (creditizio, mobiliare
e assicurativo), in relazione alla diversità dei prodotti aventi rilievo in ciascuno di essi e
all’attività propria degli intermediari negli stessi operanti.
Il sistema bancario resta la principale risorsa di finanziamento delle famiglie. L’attività
bancaria è imperniata sulla raccolta di mezzi finanziari da unità in surplus e l’attività di
concessione di prestiti ad unità in deficit. Le banche costituiscono un comparto
particolare dei mercati finanziari, il mercato del credito. Ulteriore comparto è quello del
mercato mobiliare, che supplisce eventuali carenze del sistema bancario. Ma questa
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azione di supplenza non può essere mai completa ed assoluta, sia perché il mercato
mobiliare non è strutturalmente in grado di soddisfare tutti i tipi di fabbisogni finanziari
del mondo produttivo, sia perché nella pratica, per esempio in un paese come il nostro, i
canali distributivi dei prodotti finanziari, compresi quelli tipici del mercato mobiliare,
sono accentrati nelle mani delle banche, e quindi l’efficienza dello stesso mercato (ossia
la sicurezza e la redditività del risparmio e il corretto finanziamento delle opportunità
d’investimento), dipende in larga parte dall’efficienza del sistema bancario.
Infine vi è il comparto assicurativo, da considerare come ulteriore articolazione del
mercato finanziario, quantomeno per i profili relativi a quest’ultimo che hanno attinenza
con il mercato dei capitali. All’interno del mercato assicurativo si assiste, alla
corresponsione, ad opera degli investitori, di somme di denaro che trovano il proprio
corrispettivo nella copertura contro il prodursi di determinati eventi futuri e incerti,
somme utilizzate dagli intermediari assicurativi nella realizzazione di svariate attività
reali e finanziarie.
All’interno del settore finanziario, un ruolo particolare viene rivestito dalle banche,
intermediari contraddistinti dall’offrire contratti di deposito, fungibili per le esigenze di
pagamento e monetarie, e contratti di credito, generalmente non trasformabili in attività
negoziabili sui mercati. La gestione del sistema dei pagamenti, come vedremo nel
proseguo del capitolo, pone le banche in una posizione cruciale rispetto alle finalità del
riciclaggio.
Dal 1990 il settore bancario ha subito un rapido processo di privatizzazione e
consolidamento (il numero delle banche è diminuito di circa il 28%). Si è passati infatti
dalle 1068 banche presenti nel 1990 nel territorio nazionale alle attuali 778
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.
In tutto il paese sono presenti circa 30.500 sportelli bancari, che sono aumentati in
maniera esponenziale rispetto ai 9.000 del 1990.
Per rendersi conto del grado di consolidamento in Italia del settore bancario, basta
notare che gli attivi dei primi cinque gruppi bancari costituiscono il 51% del totale,
mentre quelli dei primi tre rappresentano quasi il 40%.
Con specifico riferimento al problema della scelta della forma giuridica, le banche
hanno due soluzioni: quella della società per azioni e quella della società cooperativa
per azioni a responsabilità limitata. La seconda soluzione prevede poi due
sottocategorie: la banca popolare o la banca di credito cooperativo.
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Per i dati si fa riferimento alla relazione del Governatore della Banca d’Italia del 31 maggio 2005 e alla
relazione annuale dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per l’anno 2005.
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Le S.p.A. controllano circa il 76,4 % dell’attività bancaria. La loro nascita ufficiale può
essere fatta risalire al 1990 con la trasformazione delle casse di risparmio in società per
azioni. La scelta su tale forma giuridica ricade quando la dimensione del capitale della
banca è elevata, il numero dei soci è relativamente limitato, il grado di concentrazione
del capitale è piuttosto elevato e l’obiettivo dell’azienda è innanzitutto il perseguimento
del profitto.
Le banche di credito cooperativo, da sempre le più numerose, controllano appena il
4,7% dell’attività bancaria e sono costituite in forma di società cooperative per azioni a
responsabilità limitata. Eredi delle casse rurali e artigiane degli anni ’30 sono concepite
in modo da far utilizzare il risparmio depositato prevalentemente in ambito locale.
Strutturate come cooperative devono accordare finanziamenti prevalentemente ai propri
soci, che hanno l’obbligo di risiedere ed operare con continuità nel territorio in cui si
trova la banca.
La legge prevede un numero minimo di soci pari a 200 e gli utili possono essere
distribuiti solo dopo aver destinato un’ampia quota alla riserva legale (pari al 70% degli
utili netti annuali) e ai fondi che promuovono la cooperazione.
Nessun socio può possedere azioni il cui valore nominale complessivo superi € 50.000 e
nella assemblee ogni socio ha diritto ad un solo voto, a prescindere dal numero di azioni
possedute.
Le banche popolari sono invece sorte intorno al 1800 per sostenere la piccola e media
industria e la loro natura giuridica è stata modificata dal Testo unico bancario entrato in
vigore nel 1993. Anche questi istituti, sono costituiti in forma di società cooperative per
azioni a responsabilità limitata, aventi come finalità principale la mutualità fra i soci.
Nessun socio può detenere azioni eccedenti lo 0,5% del capitale sociale ed è previsto un
numero minimo di soci che è pari a 200.
Nelle assemblee ogni socio ha diritto ha un voto indipendentemente dal numero di
azioni possedute.
Molte di queste banche si sono trasformate in S.p.A., pur mantenendo lo stesso nome.
Infine, il Testo Unico offre (e la pratica riscontra) due opportunità sulla forma
organizzativa che le banche possono assumere:
a) quella della banca cosiddetta universale, che svolge direttamente tutte la attività
che ha deciso di svolgere;
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b) quella del gruppo bancario, in presenza del quale vi è invece una società
capogruppo che si avvale dell’operato di più società controllate, specializzate in
una o più attività.
Il settore finanziario vede anche la presenza di 115 società di intermediazione mobiliare,
attive principalmente in operazioni di intermediazione (ad esempio, compravendita per
conto clienti, ricezioni di ordini) e nei servizi di investimento. Molte di queste società
sono controllate da gruppi assicurativi o singoli investitori. Il settore finanziario
comprende inoltre, 162 società di gestione patrimoniale, quasi equamente suddivise in
società specializzate in fondi comuni aperti e società di gestione di fondi chiusi e di
fondi di copertura (hedge fund).
Esistono inoltre 1.519 società finanziarie (registrate ai sensi dell’art. 106 del Testo
unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – in breve TUB), impegnate in attività
di leasing, factoring e credito al consumo (settori in larga parte controllati dalle banche),
investimenti azionari, servizi di trasferimento di denaro, comprese carte di credito,
intermediazione sul mercato dei cambi e titolarizzazione. Di queste 1.519 società, 376
sono controllate da società di intermediazione finanziaria iscritte ai sensi dell’art.107
del TUB, che fa riferimento al volume dell’attività svolta e al rapporto tra
indebitamento e patrimonio.
Una cassa di risparmio postale – Bancoposta – fornisce un’ampia gamma di servizi
finanziari competitivi attraverso circa 14.000 filiali presenti su tutto il territorio
nazionale. Offre servizi come conti correnti (in questo campo occupa il quarto posto in
Italia in termini di offerta), ordini di pagamento, carte di pagamento, bonifici e una serie
di prodotti di investimento, tra cui fondi comuni di investimento, prodotti assicurativi –
attraverso Poste Vita – obbligazioni e libretti di risparmio. Nel marzo 2006 i depositi
delle famiglie presso Bancoposta ammontavano al 24,3 % del totale nazionale.