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Introduzione
Il ruolo degli Enti Locali nel processo d’integrazione dell’Unione Europea è il tema
oggetto della tesi. È un tema certamente attuale, ma purtroppo ancora poco dibattuto
e, quando lo è, risulta esaminato nel più generale sistema delle autonomie locali, nel
quale rientrano pure le Regioni. Non a caso, nell’esame di alcuni aspetti inerenti il
rapporto tra gli Enti Locali e l’Unione Europea non si può fare a meno di «sconfinare
nel territorio delle Regioni»: d’altronde, l’organo istituzionale dell’Unione Europea
che dà voce agli Enti Locali è il Comitato delle Regioni che, come è facile intuire,
rappresenta in primis le autorità regionali.
Ciononostante, lo sforzo di questa tesi è finalizzato a un discorso autonomo sul
rapporto tra gli Enti Locali e l’Unione Europea, che ha come punto di partenza il
contributo che gli Enti Locali possono dare all’architettura istituzionale dell’Unione,
in particolare come risposta all’accusa di deficit democratico che analisti e operatori
muovono all’assetto istituzionale europeo sulla scorta delle nozioni del
costituzionalismo moderno. E non è tutto: l’Unione Europea negli ultimi trenta anni
ha considerevolmente aumentato l’attenzione nei confronti dei livelli substatali di
governo, mossa inizialmente dalla costante preoccupazione di veder attuata ed eseguita
la normativa europea in tutti gli Stati membri. È un percorso evolutivo quello
dell’Unione che raggiunge l’apice col Trattato di Maastricht del 1992, grazie al quale
viene formalizzato il principio di sussidiarietà (già presente nell’Atto Unico Europeo
del 1986) e sancita l’entrata sul palcoscenico europeo del Comitato delle Regioni,
organo consultivo delle istituzioni dell’Unione rappresentante non solo le collettività
regionali, ma anche quelle locali. Sono questi i due elementi innovativi che
sottolineano come l’Unione Europea abbia definitivamente aperto gli occhi sulle
articolazioni istituzionali interne a ogni Stato membro. È senza dubbio vero che sono
state le Regioni, in quanto primo livello substatale, ad essere considerate i primi
interlocutori delle istituzioni dell’Unione Europea, ma ciò non deve esser letto in
un’ottica negativa e di contrapposizione: il consolidamento e l’espansione del ruolo
delle Regioni nel sistema istituzionale dell’Unione Europea rappresentano la
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condizione necessaria affinché questo processo riguardi anche gli Enti Locali. Questo
è un elemento che nel presente lavoro è sempre tenuto in considerazione.
Nel primo capitolo della tesi si analizza il percorso evolutivo del rapporto tra gli Enti
Locali e l’Unione Europea, nel quale un posto rilevante è occupato dalla Carta
Europea dell’Autonomia Locale (CEAL), firmata a Strasburgo nel 1985. È vero che
essa è nata ed è stata sottoscritta nell’ambito del Consiglio d’Europa, ma essa è
significativa ai fini dell’argomento oggetto della tesi non solo perché è stata ratificata
da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, ma anche perché sono stati i contatti
informali tra il Consiglio d’Europa e le istituzioni della Comunità Europea ad aver
aperto gli occhi di queste ultime sul sistema delle autonomie locali. E poi, la prima
formulazione del principio di sussidiarietà risale proprio alla CEAL. Il primo capitolo
prosegue con l’analisi delle disposizioni dei Trattati, di Maastricht e Lisbona in
particolare, inerenti gli Enti Locali, senza mancare di sottolineare le prime aperture del
sistema istituzionale europeo ai livelli di governo substatali precedenti l’entrata in
vigore del Trattato di Maastricht, rientranti nell’ambito della politica regionale, per poi
chiudersi con la descrizione del contributo che anche la giurisprudenza della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea ha dato in termini di riconoscimento dell’autonoma
soggettività degli Enti Locali nell’ordinamento dell’Unione.
Nel secondo capitolo, si procede con la disamina del ruolo degli Enti Locali nel nostro
ordinamento «europeizzato», con particolare enfasi sulla posizione di questi ultimi
nell’assetto istituzionale così come configurato dalla Costituzione alla luce dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario: ciò rappresenta la premessa per un’effettiva
partecipazione degli Enti Locali alla definizione della posizione del governo italiano
in sede europea, disciplinata per la prima volta nella Legge n. 11/2005, qui descritta
congiuntamente con la Legge ai sensi della quale si svolgono attualmente la
partecipazione al processo normativo dell’Unione e l’esecuzione degli obblighi
derivanti dall’ordinamento europeo, ovvero la Legge n. 234/2012.
Il riferimento all’ordinamento italiano «europeizzato» è propedeutico alla successiva
analisi della partecipazione degli Enti Locali nel processo decisionale europeo, nel
quadro del modello di multilivel governance delineatosi nel Libro bianco sulla
governance europea della Commissione del 2001. Gli indirizzi, gli strumenti e i
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meccanismi di partecipazione contenuti nel Libro bianco, in particolare il dialogo
strutturato, finalizzati a un maggior coinvolgimento delle autorità regionali e locali nel
processo di elaborazione delle politiche europee, riguardano anche il Comitato delle
Regioni, organo consultivo delle istituzioni europee, rappresentante tutte le collettività
regionali e locali degli Stati membri. Quindi, il discorso va a incentrarsi sul Comitato
delle Regioni e sugli strumenti che esso prevede per il coinvolgimento delle autorità
locali nel processo normativo europeo, i più importanti dei quali sono la Piattaforma
di monitoraggio della strategia Europa 2020 e la Rete di controllo della sussidiarietà,
per poi proseguire con la descrizione delle principali Associazioni europee di
rappresentanza degli Enti Locali e degli Uffici di rappresentanza regionale e locale,
questi ultimi strutture amministrative che intessono relazioni dirette con le istituzioni
europee. Relativamente agli Uffici di rappresentanza, si esaminano gli Uffici di
rappresentanza degli Enti Locali, in particolare l’Ufficio TECLA Europa di Bruxelles.
Infine, nel terzo e ultimo capitolo della tesi si descrive il ruolo degli Enti Locali nelle
politiche e nelle iniziative e i programmi dell’Unione che li riguardano più da vicino.
L’analisi inizia con la politica economica dell’Unione Europea, nella quale sono
centrali le norme del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), istituito nel 1997, la cui
disciplina è stata ulteriormente rafforzata nel 2012 con il Trattato sulla stabilità', il
coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria, meglio
conosciuto come Fiscal Compact. L’adesione degli Stati membri agli obiettivi di
finanza pubblica conformemente al PSC comporta l’implementazione, a livello
nazionale, del Patto di Stabilità Interno (PSI), che dispone in merito agli obiettivi e
vincoli ai quali deve attenersi la gestione finanziaria non solo delle Regioni, ma anche
degli Enti Locali: è attraverso il PSI che i livelli di governo substatale contribuiscono
al rispetto degli impegni derivanti dall’adesione dello Stato all’Unione Europea. Ciò
implica l’analisi del PSI per gli Enti Locali, con particolare riferimento alle
disposizioni previste in tal senso dalla legge di stabilità per il 2014. Inoltre, il Fiscal
Compact impone agli Stati che l’hanno ratificato l’introduzione del principio del
pareggio di bilancio negli ordinamenti interni: tale principio, recepito nel nostro
ordinamento con la Legge costituzionale n. 1/2012, viene attuato tramite la Legge n.
243/2012, che prevede disposizioni specifiche inerenti l’equilibrio di bilancio e il
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concorso degli Enti Locali alla sostenibilità del debito pubblico e che quindi sono
analiticamente descritte.
Successivamente alla politica economica dell’Unione, è la politica di coesione ad
essere oggetto di considerazione. Dopo una rapida carrellata sulle disposizioni del
Trattato inerenti tale politica e sugli elementi essenziali dell’attuale ciclo di
programmazione (2014 – 2020), si esaminano una serie di strumenti previsti dalla
politica di coesione, rispetto ai quali gli Enti Locali possono assumere un ruolo di
primo piano. In primo luogo, viene descritto il Gruppo europeo di cooperazione
territoriale (GECT), oggetto attualmente di un apposito Regolamento facente parte del
pacchetto legislativo della politica di coesione 2014 – 2020, previsto anche nel nostro
ordinamento dal 2008 che recepisce il precedente regolamento comunitario sul GECT.
L’analisi si conclude con il breve riferimento ai GECT già costituiti, che hanno tra i
propri membri alcuni Enti Locali. In secondo luogo, sono oggetto di approfondimento
le ulteriori opportunità previste dall’attuale programmazione per gli Enti Locali,
ovvero: l’implementazione di strategie integrate di sviluppo urbano sostenibile, gli
investimenti territoriali integrati (ITI) e lo sviluppo locale di tipo partecipativo
(CLLD).
Il capitolo prosegue con la descrizione di alcuni dei programmi promossi dalla
Commissione Europea di cui possono essere beneficiari finali gli Enti Locali, ovvero
Europa per i cittadini, EaSI, LIFE e Orizzonte 2020: è attraverso tali programmi che
può svilupparsi un rapporto diretto tra gli Enti Locali e l’Unione Europea, nelle vesti
della Commissione Europea. A conclusione, ci si sofferma sull’iniziativa del Patto dei
Sindaci, un modello eccezionale di multilivel governance che impegna i firmatari, tra
i quali vi sono più di 2900 Enti Locali, a ridurre entro il 2020 le emissioni di CO2 di
oltre il 20%.
Nell’attuale stadio del processo d’integrazione dell’Unione, dunque, gli Enti Locali
hanno un ruolo non affatto di secondo piano, suscettibile di ulteriori allargamenti. È
vero che il percorso verso l’apertura di maggiori spazi riservati agli Enti Locali
nell’elaborazione delle politiche dell’Unione, sia a livello nazionale sia a livello
europeo, ha avuto inizio in un periodo relativamente recente e può quindi prendere
strade con mete non facilmente identificabili. Tuttavia andare a ritroso sarebbe
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deleterio considerando non solo che i livelli di governo locale sono fondamentali per
l’attuazione della normativa europea, ma anche che il buon esito delle politiche
pubbliche, e quindi la loro capacità di rispondere ai bisogni della collettività, è il frutto
di un’attività di concertazione, di dialogo e collaborazione reciproca tra i diversi livelli
istituzionali presenti nell’ordinamento dell’Unione. È questo il senso profondo della
multilivel governance, nella cui prospettiva i livelli di governo locale possono
ritagliarsi spazi per contribuire a una migliore implementazione delle politiche
dell’Unione, in particolare quelle dal forte impatto territoriale. Questo discorso non
esclude in ogni caso una più attiva e dinamica partecipazione degli Enti Locali, che
devono prender consapevolezza e quindi esser capaci di sfruttare al meglio le
opportunità e gli strumenti giuridici offerti loro dalla normativa dell’Unione Europea.
Detto in altre parole, gli Enti Locali non devono adoperarsi solo per i finanziamenti
che l’Unione mette a disposizione attraverso i suoi programmi, ma ambire più in
generale alla realizzazione e al successivo consolidamento di una dimensione
istituzionale più europea. È anche così che la loro voce nel processo decisionale
dell’Unione può acquisire maggior autorevolezza, presupposto questo affinché
abbiano più peso le istanze di cui sono portatrici le collettività da loro rappresentate.