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INTRODUZIONE
Il presente lavoro è diviso in quattro capitoli e tratta il tema della nuova politica di contrasto
alla povertà introdotta a Gennaio 2018: il REI ovvero il Reddito di Inclusione Sociale. Nel
corso del primo capitolo, si è provveduto a definire la nozione di povertà. A questo fine, è
operata una distinzione tra povertà assoluta e relativa, tra quella soggettiva ed oggettiva, e
si indagata la relazione tra l’educazione e la povertà, con particolare riguardo per i minori.
In seguito, sono state considerate le politiche di contrasto all’indigenza, considerando sia il
quadro italiano che europeo.
Nel secondo capitolo, invece, si sono prese in esame il SIA (Sostegno Inclusione Attiva)
ed il REI, precisando qual è stato l’ambito in cui sono nate ed in cosa consistano questi
interventi nazionali; in seguito, sono stati evidenziati i dati che riguardano la povertà in
Italia ed in Europa. I dati presi in esame riguardano il tasso di occupazione e la capacità
dei servizi sociali di offrire servizi. Successivamente si sono evidenziate le potenzialità ed
elementi critici del REI, ovvero del reddito di inclusione sociale. Infine, è stato trattato il
tema, molto delicato, relativo alla ricostruzione dei diritti di tipo universale, ponendo un
particolare accento su quelli di tipo sociale.
Il terzo capitolo, invece, è dedicato al problema relativo al disegno della ricerca, allo
strumento usato ed ai temi che sono stati affrontati; relativamente al primo punto, si è
chiarito cosa si intende quando si parla di disegno della ricerca inquadrando tale elemento
nel contesto più ampio della ricerca di tipo sociologico. Si è poi illustrato brevemente cosa
si intende e quali sono le implicazioni dell’approccio di tipo qualitativo, mettendone in luce
le caratteristiche principali, come la flessibilità e l’elevata adattabilità a diverse situazioni e
contesti. Si è illustrato lo strumento usato per la ricerca descritta nel quarto capitolo,
ovvero il “temario”. Quest’ultimo consiste in uno strumento composto da 17 domande, che
sono state poste ai soggetti intervistati per la ricerca, e che si riferiscono a 5 aree
tematiche principali, ovvero il funzionamento del REI, il ruolo che svolgono gli Assistenti
Sociali, la loro formazione e gli strumenti che hanno a propria disposizione, i processi
relativi alla comunicazione ed infine l’elemento relativo alla valutazione. Il capitolo si
chiude con una breve descrizione delle aree individuate, tenendo presente il loro
collegamento con la lotta alla povertà e il REI. Infine, nel quarto capitolo si descrive la
ricerca di tipo qualitativo che è stata svolta sul campo, e che aveva l’obiettivo di indagare il
ruolo rivestito dagli Assistenti Sociali; a questo scopo, si illustra la ricerca, seguita dalle
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risposte degli intervistati alle domande presenti nel “temario”. I soggetti intervistati,
appartengono a 5 comuni della Calabria, ovvero Isola di Capo Rizzuto, due di Cassano
allo Ionio, Trebisacce e Corigliano Calabro, e sono stati intervistati dal 19 al 29 giugno
2018. Il capitolo si chiude con una breve discussione dei risultati emersi.
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CAPITOLO I
1. DEFINIRE LA POVERTA’
In questi anni così difficili capire e portare alla luce una definizione chiara e distaccata di
cosa voglia dire povertà non è semplice. Con il termine povertà si indica una situazione in
cui le risorse scarseggiano, ma appare abbastanza riduttivo lasciare al linguaggio comune
il compito di definire ad ampio spettro la povertà che risulta chiaramente essere un
fenomeno molto più vasto e con molteplici modi di essere inteso. Il termine “povertà” può
assumere molti significati ed accezioni differenti. Quando si parla di povertà estrema si
parla di “miseria” che, oltre a contenere fattori economici e sociali, si riferisce anche ad
un’estrema infelicità. Tendenzialmente “povertà” e “miseria” vengono usate come sinonimi
poiché l’unica differenza è l’accentuazione dell’accezione negativa della miseria rispetto
alla povertà. L’Istat indica che “l’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di
una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere
di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate
caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente
accettabile”.
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Non esiste invece lo stesso criterio per evidenziare lo stato di miseria che per
giunta ha un aspetto molto più evidente dello stato di povertà che in certi contesti può
anche essere nascosto.
Partendo dagli albori, possiamo notare come nella società medievale c’era una
concezione della povertà che distingueva due rami: la povertà involontaria (bambini,
anziani, invalidi) e la povertà volontaria (vagabondi, criminali, mendicanti) vista come fonte
di minaccia da reprimere. Inoltre nel mondo medievale vi era una distinzione fra labouring
poor, ovvero colui che era povero, ma era ancora in grado di provvedere per sé con il suo
lavoro nonostante alcuni periodi non garantissero la sopravvivenza, e il pauper ovvero
colui che non aveva nessun tipo di guadagno e non era in condizioni fisiche e/o mentale di
lavorare. Nei secoli successivi la povertà iniziò ad essere considerata non più un
fenomeno marginale, imputabile all’ozio, ma una conseguenza delle trasformazioni sociali
legate all’industrializzazione. C’era quindi bisogno di porre rimedio a tale situazione.
All’inizio del XX secolo cominciarono a venir formulate delle leggi sociali che assicuravano
1
https://www.istat.it/it/files//2018/06/La-povert%C3%A0-in-Italia-2017.pdf
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di non correre il rischio di trascorrere la vecchiaia nell’indigenza, di restare disoccupati a
lungo, di perdere la capacità lavorativa dopo infortuni
2
.
Possiamo però tranquillamente affermare che la povertà è un fenomeno sociale comune a
tutte le epoche storiche e a tutte le società. È proprio nella società che si sviluppa il
dibattito sulla povertà e su quanto il sistema riesca a distribuire le risorse equamente fra
tutta la popolazione. Si arriva quindi a chiedersi se la marginalità, il disagio, il vistoso
impoverimento di numerosi nuclei derivino da una natura accidentale o strutturale della
povertà. Essa dipende da un cattivo funzionamento dei meccanismi di integrazione sociale
oppure si sviluppa con lo svilupparsi della società? I fattori economici, politici e culturali a
cui si attribuisce la causa per cui si genera povertà sono gli stessi fattori che generano
benessere e integrazione
3
.
Nella nostra società attuale la povertà rappresenta un rischio notevole per molti e diviene
condizione tangibile per alcuni. Una serie di fenomeni di varia gravità colpiscono gli
individui e le famiglie e li rende incapaci di provvedere alla ricerca delle risorse necessarie
per la propria sopravvivenza. Attribuendo alla dimensione economica un ruolo centrale
nella vita di ognuno, povero sarà una persona che non possiede un reddito sufficiente o
adottando una visione più ampia, sarà colui che non avrà le risorse finanziarie che gli
permettono di godere di una situazione di benessere. Ad oggi, facendo un paragone, è
possibile affermare che i poveri nel mondo sono in numero superiore rispetto al totale della
popolazione di 100 anni fa e quindi superiore a qualsiasi altra fase storica. Ecco perché la
povertà risulta essere un grave problema odierno ed uno dei fattori principali responsabili
di esclusione sociale, di emarginazione e di disuguaglianza. Le conseguenze della
povertà, come abbiamo detto, possono generare disperazione non solo per quanto
riguarda la sfera materiale, ma anche quella interiore. L’amarezza di non poter avere
accesso ad una formazione, l’impossibilità di poter scegliere l’occupazione più indicata per
soddisfare le proprie passioni senza invece dover accettare qualsiasi tipo di lavoro anche
degradante a qualsiasi condizione. Solo dai poveri purtroppo ci si aspetta che facciano
ogni tipo di lavoro. Questo tipo di situazione la troviamo anche in paesi fuori dall’Italia dove
i poveri, in cambio di unreddito minimo quindi di un’assistenza economica, sono obbligati
ad accettare qualsiasi lavoro gli venga offerto nonostante non coincida con le proprie
2
MORLICCHIOE., Sociologia della povertà, Il Mulino, Bologna
3
Cfr. BENASSID.PALVARINI P., La povertà in Italia, Cendon Libri Editore S.n.c. di Paolo Cendon & C., edizione luglio
2013
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capacità e qualifiche, un’integrazione quindi non propriamente rispettosa dell’individuo.
Parlando invece di esclusione sociale e di emarginazione, la povertà riduce, anzi
impedisce di partecipare alla vita sociale perché non si posseggono le risorse o perché ci
si sente inadeguati per sensazione personale o perché si ha paura dei giudizi altrui. Ed è
in questo esatto frangente che non siamo più tutti uguali. La povertà non è solo un
problema morale o materiale, ma costituisce una mancanza di democrazia. La formazione
deve creare cittadini pronti a partecipare alla democrazia, che debbano conoscere e saper
ragionare sulle problematiche e sui diritti. C’è un bisogno di educare alla “morale
democratica”: le nazioni devono affrontare l’emigrazione, le minoranze religiose ed etniche
guidando i cittadini alla concezione della diversità come arricchimento e non come
debolezza o vergogna
4
.
1.1 Povertà assoluta e povertà relativa
All’interno delle scienze sociali la povertà riveste un ruolo fondamentale. La misurazione
della povertà è caratterizzata dall’analisi di quelle che sono le risorse ritenute necessarie
per garantire la salute e il benessere dell’individuo assegnando dei prezzi a quei beni
considerati indispensabili per la sopravvivenza, stabilendo la soglia monetaria che
definisca la linea di povertà.
Le prime ricerche sulla povertà si basano quindi sui “basic needs”. Si tratta di una povertà
intesa in senso assoluto che mira ai bisogni primari che, mancando, pregiudicano la vita
degli individui. Un esempio di questo approccio è lo studio di Rowntree, condotto tra fine
‘800 e inizio ‘900, sulle famiglie operaie di York
5
. Una ricerca considerata da molti la prima
inchiesta sociologica compiuta in Inghilterra. Per molti anni ha costituito il termine di
riferimento per analizzare la povertà. L’analisi fu ripetuta in due altri momenti successivi,
nel 1936 e nel 1950, aggiornando la soglia di povertà. Successivamente nel 1995 le
Nazioni Unite definirono la povertà assoluta come “a condition characterised by severe
deprivation of basic human needs, including food, safe drinking water, sanitation facilities,
health, shelter, education and information”
6
.Questo tipo di povertà si riferisce ai bisogni
4
NUSSBAUM M., Not per Profit.WhyDemocracyneeds the Humaities, 2010
5
Cfr. MORLICCHIOE., Sociologia della povertà, Il Mulino, Bologna
6
In Food for the Hungry, https://www.fh.org/our-work/extreme-poverty/, traduzione: “Una condizione caratterizzata da
una severa deprivazione dei bisogni primari, cibo, acqua potabile, servizi sanitari, salute, casa, educazione e
informazione”,