4
Dopo una prima parte dedicata all’origine e all’evoluzione del diritto umanitario e della
normativa internazionale sui diritti umani, esamineremo come il primo trova applicazione in
situazioni di conflitto armato non internazionale e quali sono gli strumenti giuridici elaborati a tale
scopo. Nella seconda parte del lavoro presenteremo i principali soggetti di questo studio, i gruppi
armati non statali, per analizzare i problemi che derivano dall’applicazione del diritto umanitario a
questa categoria di attori difficilmente riconosciuta come destinataria delle norme internazionali da
parte degli Stati. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato ad una delle questioni di diritto internazionale
più discusse in epoca contemporanea: Come si può dimostrare che gli attori non statali abbiano
obblighi e responsabilità in materia di diritti umani?
Il nostro studio, grazie al contributo di recenti studi accademici, della giurisprudenza e all’esito
degli ultimi incontri della comunità giuridica, scientifica e diplomatica su questo tema dimostra che
esistono ragioni fondate per sostenere che gli attori non statali abbiano gli stessi obblighi degli Stati
a rispettare i diritti umani. a questo proposito bisogna superare alcuni preconcetti che ostacolano
l’effettiva applicazione delle norme a tutela della persona come la convinzione che solo gli Stati
possono violare i diritti umani. È necessario un cambiamento radicale, un modo nuovo di concepire
il diritto internazionale tale che esso possa adempiere la promessa di garantire giustizia e proteggere
la dignità dell’uomo.
3
3
A. CLAPHAM, Human Rights Obligations of Non-State Actors, Oxford University Press, Oxford, 2006 p. 58
5
1
Diritto internazionale umanitario e diritti umani
1. Diritto internazionale umanitario: origini, evoluzione e principi fondamentali
Il processo di edificazione del diritto internazionale umanitario ha le sue radici nelle grandi civiltà
del passato. Richiami ad un atteggiamento umanitario in guerra sono presenti, ad esempio, presso i
Persiani, i Greci, i Romani, nelle regole contenute nell’epopea indiana Mahâbhârata, nella Bibbia,
nel Corano e nello “spirito cavalleresco” medievale.
4
Come riporta Quincy Wright: “Dall’insieme
della prassi di guerra dei popoli primitivi emergono varie tipologie di regole internazionali
attualmente conosciute: regole che distinguono differenti categorie di nemici; regole che
definiscono le circostanze, le formalità e il diritto di iniziare e porre fine alla guerra; regole che
stabiliscono limiti relativi alle persone, al tempo, al luogo e ai metodi di condotta delle ostilità”.
5
Fino alla Seconda guerra mondiale il diritto umanitario internazionale era conosciuto come
“diritto internazionale bellico” identificandosi con lo ius in bello. Tale diritto si preoccupava di
applicare determinate regole alla condotta delle ostilità, fissate da accordi internazionali al fine di
ridurre e limitare, per quanto fosse possibile, i terribili effetti della guerra proteggendo e assistendo
al meglio le sue vittime, fossero esse combattenti feriti, malati, naufraghi, caduti prigionieri del
nemico o popolazioni civili o dei territori occupati nel corso delle ostilità. Il diritto internazionale
bellico dunque, fin dalla sua nascita era stato pensato e concordato in sede internazionale per
“umanizzare”, se così si può dire, un fenomeno disumano quale la guerra.
6
Esso si rivolge alla realtà del conflitto senza considerare le ragioni o la legittimità del ricorso alla
forza e regola solamente quegli aspetti che sono relativi a questioni di carattere umanitario. Le sue
norme si applicano alle parti che combattono indipendentemente dalle ragioni del conflitto e a
prescindere dal fatto che la causa sostenuta dall'una o dall'altra parte sia giusta. Inoltre, il diritto
umanitario, per la sua natura intrinseca, protegge le vittime della guerra e i loro diritti fondamentali,
a prescindere dalla parte alla quale esse appartengano. Per questo motivo lo ius in bello rimane
indipendente dallo ius ad bellum o ius contra bellum (diritto di usare la forza).
7
Solo in un momento
4
Giorgio Gamba “Diritti umani e diritto internazionale umanitario” Università degli studi di Milano A.A. ’98-’99,
Centro Studi per la Pace (http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/gamba.pdf), pp. 9, 10
5
“Diritto internazionale umanitario” CICR (http://www.micr.it/doc_diu/domande_diu.pdf) p. 9
6
A. MARCHEGGIANO, Elementi di diritto umanitario dei conflitti armati, Centro militare di studi strtegici, Roma ‘98
7
“Diritto internazionale umanitario” CICR (http://www.micr.it/doc_diu/domande_diu.pdf), p. 16
6
successivo, e precisamente con l’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite (1945) che ha
bandito la guerra nelle relazioni internazionali, ha avuto inizio un’evoluzione finalizzata a ridurre
l’importanza del diritto bellico nelle trattazioni dottrinali e a considerarlo parte del diritto
internazionale dedicata al diritto dei conflitti armati.
Diversi giuristi e filosofi si interessarono alla regolamentazione dei conflitti ben prima
dell'adozione e dello sviluppo della prima Convenzione di Ginevra del 1864. Nel diciottesimo
secolo Jean-Jacques Rousseau diede un importante contributo formulando il seguente principio
relativo alla guerra tra Stati: “La guerra non è una relazione tra un uomo e un altro uomo, bensì una
relazione tra Stati, in cui gli individui sono nemici solo per caso; non come uomini, nemmeno come
cittadini, ma solo in quanto soldati (...). Poiché l’oggetto della guerra è quello di distruggere lo Stato
nemico, sarà legittimo ucciderne i difensori finché questi imbracciano le armi; ma non appena essi
le gettano e si arrendono, cessano in quel momento di essere nemici o agenti del nemico e tornano a
essere semplicemente uomini, per cui non si ha più diritto sulla loro vita”.
8
Nel 1899 Fyodor Martens enunciò il seguente principio per i casi non considerati dalle
convenzioni di diritto umanitario: “(...) I civili e i combattenti rimangono sotto la protezione e
l’imperio dei principi del diritto delle genti quali risultano dalle consuetudini stabilite, dai principi
di umanità e dai precetti della pubblica coscienza”. Dalla clausula Martens ha origine il principio di
umanità per cui
“Le persone che non partecipano, o non partecipano più, alle ostilità, devono essere rispettate, protette e
trattate con umanità. Esse devono ricevere le cure necessarie, senza alcuna discriminazione.”
Successivamente, gli autori della Dichiarazione di San Pietroburgo (1868) formularono i principi di
distinzione, di necessità militare e quello che vieta di causare sofferenze inutili:
“Considerando (...) che il solo scopo legittimo che gli Stati devono prefiggersi durante la guerra è di
indebolire le forze militari del nemico;
che a tal fine è sufficiente mettere fuori combattimento il più gran numero possibile di nemici;
che si va al di là dello scopo anzidetto se si usano armi che aggravano inutilmente le sofferenze degli
uomini messi fuori combattimento o ne rendono la morte inevitabile”.
9
I Protocolli aggiuntivi del 1977 hanno riaffermato e sviluppato questi principi, in particolare quello
della distinzione:
“ (...) Le parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione tra la popolazione civile e i
combattenti, nonché tra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari e, di conseguenza, dirigere le
operazioni solo contro obiettivi militari.” (art. 48 del I Protocollo; art. 13 del II Protocollo).
10
8
“Diritto internazionale umanitario” CICR (http://www.micr.it/doc_diu/domande_diu.pdf), p. 7
9
Ibidem, p. 7
10
Ibidem, p. 7
7
Secondo il principio di necessità militare e proporzionalità, le operazioni militari saranno condotte
ponendo cura costantemente di risparmiare la popolazione e i beni di carattere civile.
Secondo l’Art. 57 del I Protocollo Addizionale, coloro che preparano o decidono un attacco
dovranno: fare tutto il possibile per accertare che gli obiettivi siano effettivamente militari, scegliere
i mezzi e i metodi di attacco allo scopo di evitare o di ridurre al minimo le vittime tra la popolazione
civile e i danni ai beni civili che potrebbero essere incidentalmente causati e astenersi dal lanciare
un attacco che potrebbe provocare una combinazione di perdite umane e danni eccessiva rispetto al
vantaggio militare concreto previsto. Infine, esiste un principio secondo cui le parti di un conflitto
armato non hanno un diritto illimitato di scelta dei mezzi e dei metodi di combattimento e vieta di
infliggere mali superflui e sofferenze inutili.
11
Il moderno diritto internazionale umanitario trova le sue origini nel movimento di codificazione
degli usi e costumi della guerra che si sviluppò nella seconda metà del XIX e l’inizio del XX secolo
i cui promotori furono Henry Dunant e Francis Lieber.
12
Il “Codice Lieber”, emanato nell’aprile del
1863 segnò il primo tentativo di codificare le leggi e le consuetudini di guerra esistenti. In esso sono
contenuti i principi su cui si basa il diritto consuetudinario di guerra, ossia i principi di necessità
militare, umanità e cavalleria e ad esso tuttora si ispirano i moderni manuali militari. Tuttavia,
diversamente dalla Prima Convenzione di Ginevra che fu adottata l’anno successivo, questo Codice
non aveva valore di trattato poiché era destinato solo ai soldati dell’Unione che combattevano nella
Guerra di Secessione Americana.
13
Profondamente scosso da quanto aveva visto sul campo di battaglia di Solferino e dall'agonia di
tanti soldati feriti e abbandonati alla loro sorte, Henry Dunant pubblica nel 1862 un libretto che avrà
una diffusione straordinaria, Un souvenir de Solferino. Il banchiere svizzero non solo vi descrive le
terribili sofferenze dei sopravvissuti di Solferino, ma lancia anche una grande idea: promuovere la
stipulazione di una convenzione internazionale che crei in tutti i paesi d'Europa società per il
soccorso ai feriti.
14
In pratica Dunant suggerirà di intraprendere un’ azione su due livelli: da una
parte creare un’organizzazione, allo scopo di soccorrere le vittime della guerra e dall’altra
concludere un trattato internazionale per garantire la protezione dei feriti sul campo di battaglia.
Henry Dunant sperava che in questo modo sarebbe stato possibile alleviare le sofferenze provocate
11
Luca Salamone “Breve introduzione al diritto internazionale umanitario(...)”, Articolo per la rivista giuridica Diritto e
diritti, portale giuridico (http://www.diritto.it/materiali/internazionale/dir_intern_uni.pdf), pp. 6, 7
12
Massimiliano Caputo “I disordini interni tra diritto internazionale umanitario e diritti dell'uomo” Università degli
studi di Catania, A.A. ’96-’97, Centro Studi per la Pace
(http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=caputo), p.12
13
“Diritto internazionale umanitario” CICR (http://www.micr.it/doc_diu/domande_diu.pdf), p. 9
14
Antonio Cassese “Il diritto umanitario e le sue sfide”, 2° Corso internazionale diformazione dei
Cappellani Militari Cattolici al diritto umanitario “Dignità umana e diritto umanitario, il ruolo delle
religioni” Roma, 12–13 ottobre 2007, p. 2
8
dalla guerra.
15
Le sue proposte portarono all’adozione della Convenzione sul miglioramento della
sorte dei militari feriti nelle armate in campagna del 22 agosto 1864 (Prima Convenzione di
Ginevra) ed alla creazione della Croce Rossa.
A distanza di dieci anni, i paesi riuniti a Bruxelles nella Conferenza Diplomatica adottarono un
Progetto di dichiarazione internazionale sulle leggi e consuetudini della guerra che si considera il
primo passo decisivo verso una codificazione del diritto dei conflitti armati.
Con l’adozione della Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868 che vieta l’uso dei proiettili di
piccolo calibro, vengono formalmente sanciti alcuni dei principi del diritto umanitario tuttora validi.
Nella premessa alla dichiarazione si afferma che l’unico scopo legittimo perseguibile durante la
guerra deve essere quello di indebolire le forze militari del nemico, evitando tutte le sofferenze
inutili e cercando quindi di mitigare la necessità militare con gli ideali umanitari.
Il diritto umanitario convenzionale codificato nella seconda metà del XIX secolo però si sviluppa in
seno al diritto internazionale consuetudinario dell’epoca, caratterizzato innanzi tutto dalla
reciprocità. Infatti, l’ambito di applicazione di questa dichiarazione è fortemente limitato dalla
presenza della clausola si omnes in virtù della quale se una delle parti in conflitto non è parte
dell’accordo, esso non si applica neppure tra le parti che lo hanno sottoscritto.
L’obbiettivo delle Conferenze dell’Aja del 1899 e del 1907, che estendono la protezione
internazionale ai membri delle forze armate in mare, feriti, malati e naufraghi, è quello di codificare
l’insieme delle norme di diritto umanitario: dopo di allora nessuna conferenza ha ottenuto risultati
maggiori sia per il numero di atti elaborati che per la quantità di problemi affrontati. Tre
Convenzioni sono approvate a L’Aja nel 1899: la prima per il regolamento pacifico dei conflitti
internazionali, la seconda concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre e annesso regolamento,
la terza per l’adattamento alla guerra marittima della Convenzione di Ginevra del 1864. Tredici
furono, invece, le convenzioni adottate nel 1907. Tra tutti gli atti firmati a L’Aja riveste particolare
importanza la IV Convenzione del 1907 e l’annesso Regolamento sulle leggi e gli usi della guerra
terrestre e le convenzioni relative alla guerra sul mare. La seconda Conferenza ha anche interdetto
l’utilizzo di alcuni tipi di armi e di munizioni seguendo l’evoluzione cominciata con la
Dichiarazione di San Pietroburgo.
16
L’eredità più attuale delle Conferenze dell’Aja è senza dubbio
la Clausola Martens, tuttora valida e riaffermata in numerose delle convenzioni successivamente
approvate e attualmente in vigore. La “Clausola Martens” stabilisce che in ogni circostanza, a
prescindere dalle norme applicabili ad una situazione di scontro armato, “le popolazioni ed i
belligeranti restano sotto la salvaguardia e sotto l’effetto dei principi del diritto delle genti, quali
risultano dagli usi stabiliti fra le nazioni civili, dalle leggi dell’umanità e dalle esigenze della
coscienza pubblica”. Questa clausola costituisce in qualche maniera una “rete di sicurezza
giuridica”. Essa precisa che, nel caso in cui le disposizioni convenzionali abbiano delle lacune,
15
“DIU (diritto internazionale umanitario)” Croce Rossa Italiana (Comitato locale di reggio Emilia)
http://www.cri.re.it/index.php?option=com_content&task=view&id=24&Itemid=37
16
Giorgio Gamba “Diritti umani e diritto internazionale umanitario” Università degli studi di Milano A.A. ’98-’99,
Centro Studi per la Pace (http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/gamba.pdf), pp. 16, 17
9
bisogna trovare una soluzione conforme ai principi umanitari.
17
In tal modo vengono riaffermati i
fondamentali principi del diritto internazionale umanitario di umanità e limitazione nella scelta dei
mezzi di condurre le ostilità, principi che si impongono in modo cogente a tutti i soggetti di diritto
internazionale, in ogni circostanza e indipendentemente dagli accordi che essi hanno sottoscritto.
18
La pace di Versailles (1919) e la creazione della Società delle Nazioni (1920) aprirono un’epoca
caratterizzata dalla fiducia nel nuovo ordine internazionale che avrebbe per sempre bandito la
guerra. Nonostante ciò, l’evoluzione del diritto umanitario non conobbe una lunga fase di arresto
poiché il 17 giugno 1925 venne firmato a Ginevra il “Protocollo concernente il divieto dell’impiego
di gas asfissianti, tossici e similari e dei mezzi batteriologici”.
Per valutare l’esperienza della I Guerra Mondiale, nel luglio del 1929 il Comitato Internazionale
della Croce Rossa convocò una Conferenza diplomatica a Ginevra, al termine della quale fu
approvata una Convenzione che codificò, per la prima volta in un documento a sè stante, le norme
relative ai prigionieri di guerra e diede vita alla nuova istituzione della “Potenza Protettrice” come
strumento per il controllo della sua applicazione; un’altra importante innovazione introdotta da
questa convenzione attribuì al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ulteriori funzioni
di carattere umanitario relative al trattamento dei prigionieri di guerra.
19
2. Le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i due Protocolli addizionali del 1977
La catastrofe della Seconda Guerra Mondiale scosse profondamente la coscienza dei popoli e
portò alla constatazione dell’incapacità della comunità internazionale di mettere al bando la guerra e
l’evidenza di quanto le norme allora in vigore si fossero dimostrate inadeguate durante gli eventi
bellici. Tutto ciò prevalse sull’atteggiamento di chi, ancora una volta, riteneva che la guerra andasse
bandita e non regolata. Dalla documentazione raccolta dal CICR sul conflitto appena conclusosi
emerse che i mezzi e i metodi di guerra adottati avevano come non mai esposto alle conseguenze
delle ostilità le persone inermi e i beni civili e il trattamento riservato ai prigionieri di guerra, agli
internati civili e alla popolazione dei territori occupati era stato spesso disumano. Grazie alla
documentazione raccolta e facendo tesoro della sua stessa attività durante la guerra, il CICR,
coadiuvato da giuristi internazionali, stilò diversi progetti di convenzioni durante una serie di
conferenze preparatorie. I redattori di questi testi si posero l’obbiettivo di essere realisti, di
codificare quindi delle norme che tutti gli stati, in particolare le grandi potenze, avrebbero potuto
accettare. Essi si trovarono anche a dover scegliere tra redigere dei principi generali, facilmente
17
Massimiliano Caputo “I disordini interni tra diritto internazionale umanitario e diritti dell'uomo” Università degli
studi di Catania, A.A. ’96-’97, Centro Studi per la Pace
(http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=caputo), p.12 (nota)
18
Giorgio Gamba “Diritti umani e diritto internazionale umanitario” Università degli studi di Milano A.A. ’98-’99,
Centro Studi per la Pace (http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/gamba.pdf), p.18
19
Ibidem, pp.18, 19
10
adattabili a situazioni non previste o prevedibili, ed un codice molto dettagliato. Questa seconda
scelta prevalse soprattutto per la comprensibile volontà degli stati di evitare di potersi ritrovare in
situazioni simili a quelle appena vissute.
20
La Conferenza di Ginevra del 1949, convocata ufficialmente dal governo svizzero, si concluse il
12 agosto 1949 con l’adozione da parte dei rappresentanti dei 48 Stati presenti di quattro
convenzioni.
21
Ognuna di esse verte sulla protezione di una categoria specifica di persone che non
partecipano affatto, o non partecipano più, alle ostilità:
- I Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in
campagna.
- II Convenzione per il miglioramento della sorte dei feriti, malati e naufraghi delle forze armate
sul mare.
- III Convenzione per il trattamento dei prigionieri di guerra.
- IV Convenzione per la protezione delle persone civili in tempo di guerra.
L’irrompere sulla scena del diritto internazionale delle quattro Convenzioni di Ginevra modificò
lo schema fino ad allora tale diritto aveva regolato. Queste convenzioni infatti modificano quelle
che fino ad allora erano state regole consuetudinarie basilari dei rapporti internazionali. Innanzi
tutto le Convenzioni di Ginevra hanno vocazione universale; sono cioè concepite con l’intento di
essere applicate dal maggior numero possibile di Stati e di situazioni di conflitto. Questo intento
appare chiaro già dall’articolo 2 comune che amplia la tradizionale definizione di guerra, i cui rigidi
termini giuridici erano spesso stati usati come scappatoia per rifiutare l’applicazione di molti atti di
diritto bellico:
“Oltre alle disposizioni che devono entrare in vigore fin dal tempo di pace, la presente Convenzione si
applica in caso di guerra dichiarata o di qualsiasi altro conflitto armato che scoppiasse tra due o più delle
Alte Parti contraenti, anche se lo stato di guerra non fosse riconosciuto da una di esse.
La Convenzione si applicherà parimenti in tutti i casi di occupazione totale o parziale del territorio di
un’Alta Parte contraente, anche se questa occupazione non incontrasse resistenza militare alcuna.”
D’altro canto all’articolo 1 si afferma che:
“Le Alte Parti contraenti s’impegnano a rispettare e a far rispettare la presente Convenzione in ogni
circostanza”.
Questo articolo prevede obblighi erga omnes, ossia che si impongono a tutti gli Stati. Con la
locuzione “in ogni circostanza” si impone il rispetto delle disposizioni convenzionali
20
Giorgio Gamba “Diritti umani e diritto internazionale umanitario” Università degli studi di Milano A.A. ’98-’99,
Centro Studi per la Pace (http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/gamba.pdf), pp. 19, 20
21
Massimiliano Caputo “I disordini interni tra diritto internazionale umanitario e diritti dell'uomo”Università degli studi
di Catania, A.A.’96-’97, Centro Studi per la Pace (http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=caputo),
p.13
11
indipendentemente dal comportamento altrui: viene così superato il concetto di reciprocità, già in
parte abbandonato, in relazione alle norme umanitarie, nelle convenzioni del 1929 per la protezione
dei prigionieri di guerra e dei feriti e malati.
L’esclusione della reciprocità comporta anche il divieto di rappresaglia in risposta alla violazione
altrui: essa è infatti espressamente vietata contro le persone o i beni protetti, vale a dire tutti quelli
che non hanno carattere militare.
22
L’unica situazione in cui viene presa in considerazione la
reciprocità rimane quella prevista dall’art.2 comune alle Convenzioni di Ginevra (ultimo comma):
“Se una delle potenze in conflitto non fosse parte della presente Convenzione, le Potenze che ne fossero
parte rimarranno cionondimeno vincolate dalla stessa nei loro rapporti reciproci. Esse saranno inoltre
vincolate dalla Convenzione nei confronti di detta Potenza, se questa ne accetta e ne applica le
disposizioni.”
Già in questi due primi articoli si esprime quindi la volontà di ridurre al minimo le possibilità
legislative per sfuggire all’applicazione delle disposizioni delle norme successive.
Le Convenzioni di Ginevra vogliono offrire una protezione assoluta a tutte le categorie protette;
per questo gli articoli 6/6/6/7 stabiliscono:
“(…) Nessuna intesa speciale potrà pregiudicare la situazione dei feriti, malati e naufraghi, nonché quella
dei membri del personale sanitario e religioso, come è regolata dalla presente Convenzione, né limitare i
diritti che questa conferisce loro.”
23
Infine, le quattro Convenzioni di Ginevra prevedono disposizioni che si impongono a tutti gli
Stati e che tutti gli Stati hanno interesse a vedere rispettate. L’interesse di tutta la comunità
internazionale al rispetto delle Convenzioni è dovuto al fondamentale obbiettivo che le Convenzioni
stesse si pongono: la protezione della persona umana anche in quelle situazioni estreme che, per
loro stessa natura, ne mettono a repentaglio la vita e la sicurezza. Per questo alle Convenzioni è
stato riconosciuto progressivamente un carattere cogente, in conformità con la definizione che di jus
cogens, dà la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969:
“ Una norma cogente di diritto internazionale generale è una norma riconosciuta e accetta dalla comunità
internazionale degli Stati nel suo insieme come norma alla quale non è permesso derogare e che può
essere modificata solo da una successiva norma di diritto internazionale generale che abbia le stesse
caratteristiche.” (art.53).
24
22
Artt.46/47/13/ e 33 rispettivamente nelle quattro Convenzioni.
23
Giorgio Gamba “Diritti umani e diritto internazionale umanitario” Università degli studi di Milano A.A. ’98-’99,
Centro Studi per la Pace (http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/gamba.pdf), pp. 20-22
24
Ibidem pp.24, 25
12
Tra la conferenza del 1949 e quella del 1974/1977 per l’approvazione dei due protocolli
aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra, tre sono i documenti approvati che meritano di essere qui
ricordati: la “Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato”, firmata
all’Aja il 14 maggio 1954, la “Convenzione per l’interdizione della messa a punto, fabbricazione,
stoccaggio delle armi batteriologiche (biologiche) o a base di tossine e sulla loro distruzione” e la
“Convenzione sul divieto di utilizzare tecniche di modificazione dell’ambiente a fini militari o per
ogni altro fine ostile”, adottate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite rispettivamente con
Risoluzione 2826 (XXVI) del 16 dicembre 1971 e 32/72 del 10 dicembre 1976.
25
Gli ultimi sviluppi del diritto internazionale umanitario risalgono agli anni ’70: con la
decolonizzazione, il numero degli Stati è più che raddoppiato e nuove tipologie di conflitto (le
guerre di liberazione nazionale) hanno imposto al diritto umanitario nuove priorità. Inoltre, il
numero sempre crescente di guerre civili ed il frequente ricorso alla guerriglia hanno evidenziato la
necessità di rafforzare la protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali.
Per raccogliere queste sfide, la Svizzera ha deciso di convocare una Conferenza Diplomatica
sulla riaffermazione e lo sviluppo del diritto umanitario internazionale applicabile ai conflitti
armati. Dal 1974 al 1977 sono stati così elaborati due nuovi trattati di diritto internazionale
umanitario: i Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra.
26
Il risultato di questa evoluzione del diritto bellico, ha prodotto quindi una distinzione tra diritto
dell'Aja, o diritto bellico propriamente detto e diritto di Ginevra, o diritto umanitario propriamente
detto.
Il primo, che trova la propria fonte principalmente nelle Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907,
riguarda la disciplina dell’uso della violenza bellica includendo tutte le norme che stabiliscono
diritti e doveri dei belligeranti nella condotta delle operazioni militari e limitano la libertà nella
scelta dei mezzi e metodi di combattimento. Il secondo, che mira a salvaguardare da una parte
coloro che non partecipano più alle ostilità, cioè i militari messi hors de combat per qualsiasi
motivo (malattia, ferite, naufragio, prigionia, resa ecc.) e dall’altra le persone che non vi hanno mai
partecipato, cioè i civili, si è sviluppato a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1864 e ha
trovato un’autonoma allocazione nelle Convenzioni di Ginevra del 1906, 1929 e 1949.
Oggi la predetta dicotomia può ritenersi sostanzialmente superata grazie ai Protocolli addizionali
alle quattro Convenzioni di Ginevra. Infatti con l’adozione dei due Protocolli del ‘77, che
contengono disposizioni che riguardano sia l’uno che l’altro aspetto della guerra, le due discipline
del diritto dei conflitti armati e del diritto umanitario confluirono in un unico corpo normativo.
27
25
Ibidem p. 26
26
“DIU (diritto internazionale umanitario)” Croce Rossa Italiana (Comitato locale di reggio Emilia)
http://www.cri.re.it/index.php?option=com_content&task=view&id=24&Itemid=37
27
Luca Salamone “Breve introduzione al diritto internazionale umanitario(...)”, Articolo per la rivista giuridica Diritto e
diritti, portale giuridico (http://www.diritto.it/materiali/internazionale/dir_intern_uni.pdf), p. 2