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invasività e di maggiore accettazione da parte del paziente. tuttavia a questo importante
traguardo tecnologico-assistenziale si sono accompagnate una serie di problematiche nuove in
termini di gestione ed utilizzo delle apparecchiature, in particolare per quanto concerne la
sicurezza e la gestione del rischio.
In particolare, in questo lavoro, prenderemo in esame le prescrizioni di sicurezza per un sito
di risonanza magnetica.
Con la legge n. 626 del 1994 lo Stato italiano si è dotato di uno strumento legislativo in
materia di sicurezza dei lavoratori in ogni ambiente di lavoro che ha recepito alcune direttive
europee volte a promuovere un miglioramento delle condizioni di sicurezza e salute sui luoghi
di lavoro. Gli ospedali sono doppiamente interessati dal D. Lgs. 626/94 in quanto nei locali ad
uso medico, oltre alla tutela dei lavoratori si aggiunge la necessità di garantire la sicurezza dei
pazienti.
Nel caso specifico delle prescrizioni particolari di sicurezza relative agli apparecchi a
risonanza magnetica, il Comitato Elettrotecnico Italiano, con la norma CEI EN 60601-2-33,
fornisce i metodi per assicurare la protezione del paziente, dell’operatore e del personale che
accudisce all’apparecchio e della popolazione in generale. La presente Norma Particolare
viene redatta in un momento in cui l’evoluzione tecnica degli apparecchi a risonanza
magnetica è in rapido progresso e i fondamenti scientifici per un uso sicuro sono ancora in
sviluppo.
Pertanto, tornando al concetto di gestione ed analisi del rischio è opinione condivisa che ogni
struttura sanitaria debba adottare un Sistema di Gestione della Sicurezza che, partendo da una
valutazione iniziale della situazione, adotti una politica finalizzata alla promozione dell’uso
sistematico dell’analisi del rischio e del ridisegno dell’organizzazione e, allo stesso tempo, il
ricorso alla ricerca, al confronto, alla raccolta e allo studio dei dati allo scopo di progettare,
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avviare e mantenere processi che aumentino l’efficienza e la qualità delle prestazioni
dell’ente, riducendo i costi complessivi legati alla salute e alla sicurezza sul lavoro, compresi i
costi derivanti dalla mancanza di sicurezza come, ad esempio, quelli dovuti a cause iatrogene.
Questo approccio integrato al rischio (rischio dell’operatore, del paziente ed aziendale),
sviluppato nei paesi anglosassoni, si chiama appunto Risk Management si basa sull’assunto
che l’analisi dei rischi di aree critiche deve comprendere gli aspetti legati alla sicurezza, sia
dei lavoratori che dei pazienti, e che gli interventi di adeguamento possono produrre utili
sinergie in un’ottica integrata di ottimizzazione delle risorse e di efficacia di intervento.
Al fine di mostrare l’importanza dell’inserimento di un sistema di gestione del rischio
all’interno di una struttura ospedaliera, ho ritenuto opportuno illustrare un caso specifico di
pianificazione, valutazione e controllo di un sito di risonanza magnetica, quello del
Policlinico di Napoli, in cui è presente una risonanza magnetica della Siemens da 1.5 T: la
MAGNETOM Symphony. Viene infatti valutato il cosiddetto SITE PLANNING, ovvero la
pianificazione del sito e nello specifico soprattutto il progetto esecutivo che racchiude la parte
impiantistica che più delle altre va pianificata e gestita secondo precisa norma vigente.
__Capitolo 1
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Capitolo 1
Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle
Aziende Sanitarie
Capitolo 1
Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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1. Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle
Aziende Sanitarie
Introduzione
Nel nostro paese e nel contesto internazionale si assiste oggi ad un rinnovato interesse per il
tema della sicurezza e della qualità delle prestazioni sanitarie. Si tratta di un fenomeno che
merita di essere attentamente valutato attraverso un’analisi che affronti la questione a partire
dal modo con cui si sono evolute le priorità strategiche dei sistemi sanitari in questo ultimo
decennio. Le prospettive di aumento della produttività e di recupero dell’efficienza, che
avevano guidato l’attenzione dei decisori istituzionali e delle aziende dalla fine degli anni
Ottanta (in Italia, in particolare, con il processo di aziendalizzazione del Sistema Sanitario
Nazionale, SSN), stanno lasciando il posto ai temi legati alla “qualità”, alla ricerca di un
equilibrio possibile tra la domanda di cittadini-consumatori sempre più esigenti e dinamiche
economico-finanziarie non più affrontabili con misure miopi di mero contenimento o di
razionalizzazione della spesa pubblica. E’ in questo mutato contesto che si inserisce il tema
del risk management nelle aziende sanitarie. Parlare di “qualità delle cure” oggi significa
parlare non solo di efficienza ed efficacia delle prestazioni ma anche e soprattutto di sicurezza
del servizio offerto.
Il termine “sicurezza” in tutto il mondo imprenditoriale, e non diversamente nelle aziende
sanitarie, evoca immediatamente il rispetto di norme, regolamenti e disposizioni legislative
come il decreto 626/94, spostando l’attenzione del problema sugli aspetti prettamente
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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strutturali e tecnologici o sulla sorveglianza sanitaria degli operatori coinvolti piuttosto che
sulla sicurezza del paziente.
Se il paziente che si rivolge alla struttura sanitaria con una domanda di assistenza che migliori
la sua condizione di salute, riceve al contrario un danno dall’atto sanitario, si assiste al
fallimento non solo della singola prestazione, ma dell’intero sistema che viene meno allo
scopo per il quale è stato concepito.
In effetti è ormai tempo di pensare alla sicurezza come ad un requisito del sistema e all’evento
avverso come al frutto di un’interazione tra fattori tecnici, organizzativi e di processo
piuttosto che alla conseguenza di un singolo errore umano.
Si tratta quindi di promuovere quel cambiamento culturale già iniziato nel mondo
anglosassone e che comincia a muovere i primi passi anche in Italia, che consente di superare
l’approccio punitivo dell’errore. E’ molto facile, di fronte a qualcosa che non ha funzionato,
limitarsi alla colpevolizzazione dell’operatore direttamente coinvolto, che in realtà è
solamente l’ultimo e più debole anello della catena degli eventi che hanno innescato l’errore e
conseguentemente il danno.
Al contrario ciò che serve è un sistema che renda possibile la rilevazione di tutti gli errori,
anche quelli che non hanno generato un evento avverso, consentendone l’analisi approfondita
e la ricerca delle cause, al fine di prevenire il ripetersi delle stesse condizioni di rischio o di
limitare il danno quando questo si è ormai verificato. Progettare sistemi di cura finalizzati alla
prevenzione degli errori non è facile. La scarsa visibilità degli errori che nella maggior parte
dei casi non vengono segnalati dal professionista frenato dal timore di essere giudicato
negativamente dai colleghi e dal timore delle ripercussioni medico - legali è solo uno degli
ostacoli al cambiamento. Per promuovere il cambiamento culturale utile all’avvio di un
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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sistema di gestione del rischio, è fondamentale una leadership forte che individui come
prioritario l’obiettivo di garantire la sicurezza delle prestazioni sanitarie per il paziente,
attraverso sistemi di risk management che prevedano, se necessario, anche la profonda
revisione e modifica dei processi.
Cos’è il Risk Management
Risk Management significa letteralmente “Gestione del Rischio” dove per rischio si intende la
probabilità di accadimento di tutti quegli eventi che possono comportare perdite o danni per
l’azienda e le persone coinvolte (es. danni alle strutture, danni alle persone fisiche, danni
economici o di immagine).
In sintesi il Risk Management (RM) può essere definito come il sistema, fondato su una
metodologia logica e sistematica che consente, attraverso step successivi, di identificare,
analizzare, valutare, comunicare, eliminare e monitorare i rischi associati a qualsiasi attività, o
processo in modo da rendere l’organizzazione capace di minimizzare le perdite e
massimizzare le opportunità.
Al fine di tracciare un’evoluzione culturale e concettuale del Risk Management è utile partire
dai significati di affidabilità e fidatezza dei sistemi, concetti che nel corso degli anni hanno
posto le basi per la nascita e lo sviluppo della gestione del rischio.
La fidatezza dei sistemi è una scienza che si esplicita mediante la determinazione congiunta,
in fase di progetto, dei tre requisiti di affidabilità, manutenibilità e sicurezza, e il loro
controllo contestuale in fase di gestione.
L’affidabilità, requisito essenziale della fidatezza, ha le sue origini della sua storia nel campo
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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aeronautico e per questo, fin dall’inizio, é associata al requisito della sicurezza.
Prima degli anni ‘40 gli aspetti qualitativi delle tecniche di affidabilità e sicurezza, intuiti sulla
base dell'esperienza dai progettisti, furono più il prodotto di un'arte che di una tecnica
scientifica; i primi ingegneri ad occuparsi di affidabilità e sicurezza, infatti, si basarono sul
principio che “una catena non poteva essere più forte del suo anello più debole”, poiché,
certamente, sotto carico si sarebbe spezzata a livello di tale anello. Tale teoria, enunciata per
la prima volta da Pierce, diventò il primo assioma nello studio dell’affidabilità, in cui i sistemi
complessi sono considerati come un insieme di catene (componenti) che includono alcune
catene più deboli.
La longevità di un oggetto è determinata dalla durata della catena con la vita più breve,
ovvero, della catena meno resistente. Negli anni ’40 le conoscenze sull’affidabilità vennero
notevolmente sviluppate per la necessità, in tempo di guerra, di progettare apparecchiature
sicure nell’uso e efficaci nell’obiettivo. Dallo studio del missile tedesco V1, Robert Lusser
enunciò la prima formula per il calcolo dell’affidabilità in serie, superando la nozione d’anello
debole.
Negli USA, nello stesso periodo, l’obiettivo d’avere impianti meglio progettati e controllati,
condusse ad importanti sforzi diretti al miglioramento della qualità nel tempo, per determinare
significativi allungamenti delle vite utili dei sistemi e dei componenti. Proprio l’interesse
dimostrato verso il miglioramento e il controllo della qualità, anche grazie all’uso sempre più
frequente dei metodi probabilistici/previsionali, impresse un progressivo sviluppo
all'affidabilità. La qualità, un tempo considerata solo grado di conformità del prodotto alle
specifiche, testata per mezzo di verifiche a posteriori dei difetti, con l’introduzione
dell’affidabilità, spostava la sua attenzione al tempo d’utilizzo, piuttosto che al tempo zero,
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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dilatandosi cioè nel tempo. L’affidabilità determinava la prima tappa evolutiva, dal controllo
della qualità “a posteriori” alla creazione della qualità “a priori”, prevista in fase di progetto
per mezzo di metodi probabilistici di valutazione dei guasti.
Negli anni ’50, negli USA, l'affidabilità divenne un importante campo di studi anche per
l'ingegneria elettronica. La crescente complessità dei sistemi elettronici, specialmente negli
armamenti militari, era la principale causa di frequenti guasti per la cui diagnosi e riparazione
erano necessari operai altamente specializzati con un aggravio notevole delle spese; quindi,
nel 1952, il Dipartimento della Difesa fondò il Comitato Consultivo per l'Affidabilità delle
Attrezzature Elettroniche (AGREE), i cui studi dimostrarono che gli equipaggiamenti
elettronici erano talmente inaffidabili e difficili da mantenere che, se un componente valeva
un dollaro, il costo del suo mantenimento operativo era di due dollari l'anno. Il comitato
AGREE giunse alla conclusione che per rompere la spirale dei costi di mantenimento dovuti
alla mancanza d’affidabilità, quest’ultima dovesse diventare una parte del ciclo evolutivo dei
componenti elettronici. Si avvertiva la necessità di valutare in qualche modo anche la
manutenzione futura, a monte dell’utilizzo, per gestirne la spesa, altrimenti troppo elevata, per
mezzo di un aumento dell’affidabilità; inoltre, si iniziava ad intuire la difficoltà di far
manutenzione a sistemi complessi, non pensati per prevedere tale operazione; ciò preparerà il
campo al nuovo concetto di manutenibilità che nascerà di lì a poco. Le conclusioni del
rapporto AGREE furono pubblicate come norma militare americana, adottate poi anche dalla
NASA e da altre industrie ad alta tecnologia, che puntarono alla creazione di componenti di
alta qualità e alla sicurezza d’uso.
Contemporaneamente l’ergonomia indirizzava i suoi studi sul funzionamento cognitivo
umano nelle situazioni di lavoro, focalizzandosi sulla natura e sull’origine dell’errore umano
ritenuto responsabile di tanti incidenti. La linea di ricerca percorsa era basata su una netta
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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distinzione tra “l’errore umano” e “l’errore tecnico”, quindi tra infortunio e guasto.
L’ergonomia imboccò allora la strada dell’imputazione individuale dell’infortunio, che
condusse, alla fine degli anni ’60, al tentativo di identificare le “caratteristiche individuali” dei
lavoratori implicati negli incidenti: si sarebbe dovuti riuscire così a risalire alle cause
individuali dell’infortunio; i risultati, però, portarono solo a generici tratti d’impulsività e
distrazione che non rendevano scientificamente valida la ricerca.
Gli anni ‘60 videro la nascita di molte nuove tecniche d’affidabilità, soprattutto nell'industria
aeronautica, aerospaziale e nucleare. Furono svolte le prime analisi dettagliate dei guasti di
componenti e dei loro effetti sul comportamento del sistema. Importanti matematici come
Birnbaum, Barlow, Proschan, Esary e Weibul contribuirono allo sviluppo dell'affidabilità. Le
analisi preventive dei guasti divennero sempre più importanti, specialmente nel campo degli
armamenti nucleari, e crebbero in complessità, tanto da richiedere l’uso del metodo dei
diagrammi a blocchi dell'affidabilità.
Nel 1961, Watson dei Laboratori Telefonici Bell introdusse il concetto “d’albero dei guasti”
come metodo per valutare la sicurezza di un sistema progettato per controllare il lancio del
missile Minuteman. Successivamente Hassl, lavorando per Boeing, riutilizzò il concetto e
inventò il modo di costruzione dell'albero dei guasti; da allora, la compagnia Boeing ha
utilizzato regolarmente tale metodo. In quegli anni fu inventato, sempre in campo aeronautico,
il “Metodo dell’analisi delle modalità di guasto e degli effetti” (FMEA), usato all’inizio solo
da Mac Donnell Douglas e introdotto successivamente in tutti i regolamenti dell'industria
aeronautica americana. Nel 1965 il Dipartimento della Difesa pubblicò un nuovo modello
(Programmi di Affidabilità per Sistemi ed Impianti), in cui si consigliava l’integrazione di un
programma di affidabilità con l’attività di progettazione, sviluppo e produzione: un
programma integrato, sviluppato in fase di progetto che fu dunque riconosciuto come
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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l'unico mezzo per determinare ed eliminare i potenziali problemi di affidabilità nella fase di
sviluppo. La progettazione non era più una fase come le altre del ciclo produttivo, ma
convogliava e sintetizzava in sé ogni aspetto di ideazione, costruzione, manutenzione,
dismissione: con il progetto, dunque, si prevede l’affidabilità di tutto il sistema, sia a monte,
durante la fase di costruzione/produzione (qualità e sicurezza delle macchine,
dell’organizzazione, del prodotto), sia durante la fase di utilizzo (a valle), quando bisogna
evitare qualunque tipo di scadimento della qualità e quindi della sicurezza, pianificando la
manutenzione, in modo da ripristinare l’efficienza originaria dell’oggetto e la durata prevista.
Negli anni seguenti, questi sforzi portarono ad una significativa riduzione dei costi di
manutenzione e ripristino, confermando così l'importanza dei nuovi programmi
sull'affidabilità. Anche l'interesse per la sicurezza crebbe notevolmente, soprattutto nei settori
più a rischio, tanto da divenire materia autonoma; ciò è testimoniato dal fatto che, nel 1966, il
Dipartimento della Difesa volle che fossero fatti studi sulla sicurezza inerenti a tutte le fasi di
sviluppo della propria produzione. Questi criteri (Programmi per la Sicurezza di Sistema per
Sistemi ed Attrezzature e sottosistemi Associati: Requisiti) sono stati sistematicamente
applicati dal Dipartimento della Difesa dal 1969 in poi. Contemporaneamente, l'interesse per
la sicurezza divenne essenziale nella costruzione di impianti nucleari, per i quali per la prima
volta, nella fase progettuale, venivano presi in considerazione i disastri potenziali: gli
incidenti erano classificati secondo la loro gravità e frequenza e analizzati per valutarne le
possibili conseguenze sull’ambiente. Grazie alla ricerca nei settori a rischio, la sicurezza si
arricchiva di nuovi significati, non essendo più relegata solo all’uso dell’oggetto: si iniziavano
a considerare la sicurezza e la salute anche come bisogni inalienabili dell’uomo, messi in
pericolo dalla produzione di particolari beni e servizi, considerando, oltre ai classici soggetti
attivi della produzione (cliente, fornitore), che in qualche modo se ne avvantaggiavano, anche
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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gli altri interlocutori, i quali subivano le conseguenze di tale produzione, come la collettività, i
lavoratori, l’ambiente.
Nella seconda metà degli anni Sessanta fu introdotto il concetto di manutenibilità, un requisito
fondamentale insieme all’affidabilità per la durata e sicurezza dei sistemi. La crescente
consapevolezza della vitale importanza di questa nuova disciplina fu ispirata, in primo luogo,
dall'innalzamento dei costi annuali di manutenzione (specialmente nell'elettronica) e, in
secondo luogo, dai costi di indisponibilità. All’affidabilità si accostava un requisito ad essa
complementare: infatti, se l’affidabilità permetteva di far nascere, al livello di simulazione
progettuale, considerazioni rispetto al mantenimento nel tempo delle caratteristiche qualitative
e di sicurezza dei componenti del sistema sottoposto alle condizioni d’uso e di esposizione,
diventava indispensabile pensare a come riuscire ad attuare tutte quelle operazioni
manutentive nel modo più facile, veloce ed efficace possibile. La manutenibilità era quindi
proprietà di progetto e caratteristica preparatoria e facilitante dell’attività manutentiva che
aumentava la disponibilità del sistema diminuendo il tempo di ripristino delle funzioni del
componente.
Negli anni ’70 gli studi dell’ergonomia, già attivi da un ventennio, determinarono una svolta
nella valutazione dell’errore umano, rovesciando i termini di tutto il problema della sicurezza:
si passò da una concezione atomistica, per singole parti (l’uomo, la macchina, l’ambiente), ad
una concezione relazionale del lavoro. Si iniziò con il notare che l’errore umano e quello
tecnico erano correlati, entrambi risultati di un cattivo funzionamento del sistema. Ciò
significa che le varie parti dovevano essere osservate nella loro totalità, come un unico
sistema in cui erano importanti non più i singoli elementi, ma le relazioni tra di essi, le
“interrelazioni”, le “interfacce” tra uomo-macchina, singolo gruppo, lavoratore-lavoro svolto,
uomo-ambiente. L’ergonomia dei sistemi instaura la concezione preventiva e non più
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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correttiva della sicurezza. La differenza tra le due prospettive consiste in una sostanziale
diversità d’approccio al problema della sicurezza: in termini d’infortuni individuali da evitare,
da un lato, in termini di funzionamento globale “affidabile” dall’altro.
In questa nuova veste la sicurezza, non più definita dalle caratteristiche dell’oggetto, ma
dall’organizzazione dei fattori umani e tecnologici con cui si progetta, realizza e mantiene
l’oggetto stesso, si trasforma in proprietà del sistema complesso (sistemi socio-tecnico) che si
traduce in efficienza organizzativa, cioè nella capacità di persone e mezzi di raggiungere un
determinato obiettivo (fissato da progetto), prevedendo qualunque passaggio, razionalizzando
tutti quei collegamenti prima casuali. Si determina il controllo dell’organizzazione attraverso
le tecniche previsionali/progettuali derivanti dalla teoria dell’affidabilità come momento di
verifica della qualità e della sicurezza del processo organizzativo basato sulla previsione della
probabilità d’inefficacia e della probabilità di ripristino dell’efficacia.
Questo nuovo requisito di sicurezza si definisce affidabilità organizzativa intesa come attività
di gestione, attuata nel tempo, che si svolge, attraverso le tecniche previsionali-progettuali
della teoria dell’affidabilità, come:
- previsione della probabilità che il sistema diventi inaffidabile e si verifichi, pertanto,
un evento impattivo per la sicurezza;
- previsione della probabilità di ripristino dell’affidabilità.
La prima è un’operazione di conoscenza che fornisce il grado d’affidabilità del processo, la
seconda un’operazione di decisione che fornisce le azioni preventive volte ad incrementarne
l’affidabilità.
Si comprese, quindi, che, per raggiungere adeguati livelli di sicurezza, era necessario gestire i
rischi dell’organizzazione: erano le premesse per la nascita del Risk Management una
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Lo sviluppo della funzione Risk Management nelle Aziende Sanitarie
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metodologia che garantiva l’analisi preventiva dei rischi, la loro valutazione e il loro controllo
futuro.
Nel 1975 fu pubblicato lo studio fatto da Rasmussen sulla prima valutazione dei rischi di un
impianto nucleare, il quale si occupò dei rischi potenziali delle popolazioni che vivevano nei
pressi delle centrali. Furono presi in considerazione molti scenari disastrosi che andavano dal
guasto dei componenti di sistema, agli errori d’operatori durante i test e le operazioni di
manutenzione e di controllo del reattore. Il rischio fu definito come l'insieme delle possibilità
annuali di fatalità nei confronti delle popolazioni vicine dovuto ad un incidente-causa del
rilascio di sostanze radioattive. Molti nuovi metodi affidabilistici furono sviluppati come parte
di questo lavoro, incluso il “Metodo dell'albero degli eventi”, per valutare scenari disastrosi.
Questa prima analisi dei rischi aveva lo scopo di valutare i rischi per la popolazione e di
rassicurare il crescente movimento ambientalista negli USA ma, soprattutto, di definire le
reali gerarchie in materia di sicurezza, identificando i punti deboli e quelli forti delle centrali.
Nel 1983 fu scritta e pubblicata, su richiesta delle autorità preposte alla sicurezza,
un’impressionante “Guida alla Valutazione Probabilistica dei Rischi (PRA) per gli Impianti
ad Energia Nucleare”: l'obiettivo era fornire procedure alle organizzazioni che intendevano
portare avanti simili analisi. La sicurezza diviene punto di raccordo tra le varie anime del
sistema socio tecnico, con una metodica specifica di analisi e di valutazione che usa in fase di
progetto i metodi affidabilistici e della manutenibilità, per gestire i rischi dell’organizzazione,
considerando sia i guasti tecnici, sia gli errori umani, sia comportamenti e scelte sbagliate,
ecc.
Dall'inizio degli anni ‘70 e per tutti gli anni ‘80 tali metodi furono ampiamente adottati in aree
come le industrie petrolifere, chimiche, ferroviarie, automobilistiche, ovvero, in una grande
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varietà di attività e sistemi aventi strutture tecnologiche ed umane molto diverse tra loro. I
criteri probabilistici di affidabilità, manutenibilità e sicurezza venivano sempre più usati per
adeguarsi ai regolamenti o come obiettivi auto-imposti dagli stessi staff addetti ai progetti.
Proprio la cultura della sicurezza sviluppatasi in quegli anni ha dato vita ad un nuovo tipo di
normativa (in Italia D. Lgs. 626/94, 494/96, 528/99, ecc.) che fosse da stimolo
all’applicazione del Risk Management, come strumento preventivo di gestione
dell’organizzazione del sistema socio-tecnico durante l’intero ciclo di vita del manufatto.
L’osservanza delle leggi-quadro si doveva trasformare in qualcosa di più di semplici
adempimenti burocratici in fase di progetto (Piano di sicurezza e coordinamento, Piano
operativo di sicurezza, Fascicolo dell’opera), determinare un avvicinamento alla cultura della
fidatezza che inglobasse, nel progetto, tutte le considerazioni inerenti all’affidabilità, alla
manutenibilità, alla sicurezza del manufatto.
Negli ultimi anni lo sviluppo della cultura della sicurezza, intesa come safety life-cicle, cioè la
sicurezza ampliata a tutti gli aspetti e gli attori che s’incrociano durante la vita utile del
sistema, ha introdotto la necessità della valutazione del rischio considerato come qualunque
scadimento della qualità, sia nell’organizzazione, sia nell’oggetto, che possa in qualche modo
produrre danni di varia natura, cioè indisponibilità, danni economici, danni a persone o cose,
danni all’ambiente, ecc. La valutazione preventiva consente di gestire i rischi, calibrando le
scelte di progetto e pianificando la gestione, attraverso la programmazione del budget e
l’individuazione dei tempi e dei modi della manutenzione.
Tale evoluzione ha comportato la possibilità di riflettere sulla necessità di considerare la
stretta connessione tra i requisiti descritti, assumendo il processo progettuale come attività
strategica per incorporare la qualità del sistema già in fase di progetto e come momento