Introduzione
La Barings Banks, una delle più vecchie e prestigiose banche inglesi, fu ridotta al
fallimento nel 1995, a causa di Nicholas Leeson, trader della Barings per la
negoziazione in derivati, per perdite superiori a 800 milioni di sterline cumulate
nell'arco di 2 anni a piena insaputa della stessa banca.
Caso simile per Societè Generale che ha registrato perdite per oltre 4 miliardi di
euro sempre per posizioni assunte su derivati, ad opera del trader Jerome Kerviel.
Eventi simili a quelli descritti dimostrano quanto possa essere significativo il
rischio connesso all'attività d'impresa, specialmente in quella finanziaria, dove la
stabilità del sistema stesso può essere compromessa così facilmente.
Lo studio e l'attuazione di misure idonee a fronteggiare la problematica del rischio
operativo, risultano arretrati rispetto agli altri rischi.
A tal proposito, il Comitato di Basilea ha introdotto delle regole che impongono
alle banche una gestione orientata alla redditività (come può essere per altri tipi di
imprese), ma che tenga conto anche della rischiosità delle scelte.
Il Comitato in realtà non impone soltanto delle regole, ma mette a disposizione
una serie di soluzioni che suggeriscono il modo in cui affrontare il problema del
rischio, inducendo le banche a sviluppare delle unità operative di Risk Management,
con dei veri e propri sistemi di gestione dei rischi.
Per le differenti tipologie di rischio, quindi anche per quello operativo, l'Accordo di
Basilea descrive diversi approcci con cui misurare il profilo di rischiosità e quindi il
capitale da accantonare a copertura.
Tra gli approcci forniti, quelli con un maggior grado di semplicità, hanno una
minore efficacia nella corretta misurazione del rischio assunto e quindi un maggior
costo in termini di capitale da accantonare. Al contrario, quelli più complessi
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richiedono alti investimenti per l'implementazione, ma riescono ad individuare quali
aspetti della gestione mettono in risalto la rischiosità per l'intera banca. Inducendo le
istituzioni a sviluppare dei sistemi di monitoraggio e copertura dal rischio, il Comitato
persegue l'obbiettivo di rendere l'intero sistema finanziario meno soggetto ad eventi
che ne compromettano la stabilità.
Lo studio e l'attuazione di misure idonee a fronteggiare la problematica del rischio
operativo, risultano arretrati rispetto agli altri rischi, ma l'attività del Risk Management
negli ultimi anni all'interno del rischio operativo ha avuto una crescita notevole.
Tra i principali assunti di partenza, c'è la consapevolezza dell'esistenza di una
distinzione tra i rischi generati da eventi “High Frequency Low Impact” (HFLI), ossia
caratterizzati da un'elevata frequenza ma da un ridotto impatto economico, con quelli
originati da eventi “Low Frequency High Impact” (LFHI), cioè caratterizzati da una
bassa probabilità di verificarsi ma con un alto impatto in termini economici.
Ai fini del calcolo del coefficiente patrimoniale richiesto dall'Accordo di Basilea,
l'attività di Risk Management ha mostrato le difficoltà esistenti nel modellizzare gli
eventi LFHI, al contrario degli HFLI.
Gli eventi LFHI presentano infatti un grado di difficoltà elevato per quanto
riguarda la previsione e la misura del reale rischio assunto nonostante l'evoluzione
dei modelli matematici ad oggi applicati. Ciò rende evidenti dei possibili riflessi sul
mercato assicurativo in termini di domanda di strumenti a copertura degli eventi
cosiddetti catastrofici.
Invece andare a misurare il costo in termini probabilistici degli eventi HFLI non
risulta particolarmente difficile con l'utilizzo di modelli statistici, ma la necessità di
misurare i costi subiti al verificarsi di tali eventi, dovrebbe suggerire lo sviluppo di
sistemi di monitoraggio dei rischi, al fine di ridurne il più possibile la frequenza. In tale
ambito trova una reale applicazione l'utilizzo di modelli matematici esperti, quali le reti
neurali, in grado di lavorare come strumento previsionale per il rischio di frode nelle
richieste di finanziamento.
L'obiettivo del lavoro sarà quello di descrivere nel primo capitolo l'attuale
regolamentazione nell'ambito del Rischio Operativo del settore bancario con
principale riferimento all'Accordo di Basilea 2 sulla vigilanza prudenziale, descrivendo
gli approcci dettati dal Trattato al fine di misurare e fronteggiare le perdite derivanti
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dalle diverse fonti di rischio.
Il tema affrontato nel secondo capitolo sarà quello dell'Intelligenza Artificiale ed i
modelli basati sulle reti neurali artificiali, partendo dall'evoluzione raggiunta nel corso
degli anni dai differenti studi nei diversi ambiti, approfondendo le diverse tipologie di
struttura progettate e i diversi algoritmi d'apprendimento utilizzati per la costruzione
delle reti.
Infine nel terzo capitolo verrà descritta la metodologia utilizzata per la costruzione
di un modello basato su reti neurali artificiali e la sua applicazione per la risoluzione
della problematica del rischio di frode che deve essere fronteggiata dalle istituzioni
bancarie nell'attività di concessione di finanziamenti per prestiti al consumo.
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1 Il rischio operativo
Il rischio operativo è una componente intrinseca di ogni attività d'impresa (sia
industriale che di servizi) ed il settore bancario e finanziario non ne è affatto immune.
Negli ultimi anni il rischio operativo ha iniziato ad assumere una rilevanza
progressivamente crescente anche nell’ambito dell’industria bancaria e finanziaria.
Numerosi eventi hanno messo in luce quanto questo tipo di rischio possa generare
ingenti perdite, anche a banche di livello e dimensione notevoli.
Da uno studio della Federeal Reserve Bank of Boston
1
è emerso che tra il 1992 e
il 2002, a causa del rischio operativo le istituzioni finanziarie hanno sofferto più di 100
perdite superiori a 100 milioni di dollari.
Pricewaterhouse Coopers ha rilevato che le istituzioni finanziarie hanno perso più
di 7.000 milioni di dollari nel 1998 imputabili a rischi operativi e che le più grandi
istituzioni hanno registrato perdite operative per un ammontare di 100 milioni di
dollari in un anno.
2
Ricerche condotte dall'Operational Risk Inc., società di consulenza sul rischio
operativo, hanno indicato che dal 1980 le istituzioni finanziarie hanno perso più di
200.000 milioni di dollari a causa di rischi operativi.
3
Le cause di tale crescita possono essere ricondotte principalmente a:
• l’aumento dei volumi di attività;
• ingenti investimenti tecnologici in sistemi informativi e gestionali. Investimenti
che rendono le banche particolarmente esposte a fallimenti di tali sistemi e ad
errori umani connessi al loro utilizzo;
• crescita del commercio elettronico, fenomeno che rende le banche esposte a
rischi di frodi interne, esterne e a problemi di sicurezza dei sistemi;
• l’incremento di operazioni di fusione ed acquisizione nel settore finanziario,
che comporta problemi e rischi rilevanti connessi all’integrazione dei sistemi
informativi;
1 Fountnouvelle et al. (2003).
2 Smithson (2000)
3 Cosma (2008)
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A differenza di altre tipologie di rischio considerate nel settore finanziario, (rischio
di mercato o rischio di credito), il rischio operativo non è assunto dalla banca in modo
deliberato e consapevole ed è soltanto l'inevitabile conseguenza dell'attività svolta.
Vista l'impossibilità di eliminare il rischio di perdite operative (a meno di polizze
assicurative tutt'altro che sviluppate e diffuse), il comune interesse di banche e
autorità di vigilanza è rivolto all'identificare, misurare, monitorare e controllare tale
tipologia di rischio.
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1.1 Definizione
Il problema iniziale nell'affrontare il rischio operativo, a differenza delle altre
tipologie di rischio, è la difficoltà di definire correttamente il rischio operativo stesso:
non esiste, infatti, ancora un chiaro consenso sulla sua definizione presso l’industria
bancaria internazionale.
Inizialmente fu utilizzata una definizione “negativa” rispetto agli altri rischi – tutti i
rischi eccetto quello di credito, di mercato e d'interesse – ma come il settore
giustamente fece notare, con ciò non furono fornite le basi sufficienti per la
misurazione del rischio e valutazione del capitale.
Nell'Accordo del 2004, il Comitato di Basilea definisce il rischio operativo come
“...il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure,
risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni. Tale definizione include il
rischio legale, ma non quelli strategico e di reputazione. ”
Il rischio legale comprende, fra l’altro, l’esposizione ad ammende, sanzioni
pecuniarie o penalizzazioni derivanti da provvedimenti assunti dall’organo di
vigilanza, ovvero da regolamenti privati.
4
Il rischio strategico identifica il rischio di perdite derivanti da scelte strategiche
errate, mentre quello di reputazione identifica il rischio di perdita di fiducia
nell'istituzione da parte di depositanti, creditori e/o del mercato.
5
Nonostante le ulteriori specifiche allegate, da questa definizione possiamo
facilmente comprendere perché il rischio operativo è più difficile da identificare
rispetto alle altre tipologie di rischio. Infatti, appare evidente che tale rischio
comprende una serie eterogenea di fattori causali:
• Processi interni: ruoli e responsabilità definite e assegnate; procedure; modelli
e metodologie di monitoraggio e controllo dei rischi; violazione della sicurezza
informatica.
• Risorse umane: negligenze; frodi, inesperienza, errate decisioni manageriali,
azioni incoerenti o conflittuali, errori, inosservanza delle leggi ossia rischio
4 International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards (2004)
5 S. Cosma (2008)
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legale;
• Fattori tecnologici: malfunzionamento dei sistemi operativi, errori di
programmazione, interruzioni nella rete informatica;
• Eventi esogeni: vulnerabilità politiche e istituzionali del contesto in cui la banca
opera, attività criminali come furti, atti di terrorismo e, infine, eventi naturali
come terremoti o inondazioni.
Vista la numerosità delle possibile cause e data l'esigenza di effettuare un
monitoraggio a livello statistico, il Comitato, per indirizzare nella maniera più univoca
possibile le rilevazioni statistiche di tutti gli attori, approfondisce con una
classificazione dettagliata le tipologie di eventi di perdita nell'allegato 7 dell'Accordo .
Dalla definizione emergono anche altre osservazioni che caratterizzano tale
tipologia di rischio.
A differenza del rischio di mercato e del rischio di credito (rischi di natura
speculativa), il rischio operativo è un rischio puro, ossia che comporta
prevalentemente manifestazioni di perdita e non di guadagno; infatti è difficile
immaginare che un erorre umano o di un sistema informativo possa generare
guadagni per la banca che lo ha commesso. Un’eccezione a questa regola è
rappresentata dai fattori esterni: variazioni nel contesto regolamentare, legislativo,
politico o fiscale potrebbero configurarsi come favorevoli e dunque aumentare la sua
redditività prospettica.
Come già detto, una caratteristica che distingue il rischio operativo risiede nel
fatto che esso viene assunto involontariamente come conseguenza inevitabile delle
diverse attività svolte da un’istituzione finanziaria.
Ad esempio per quanto riguarda il rischio di mercato, qualora il management di
una banca non voglia assumere una posizione rischiosa, è sufficiente non effettuare
l'operazione che genera la posizione (oppure potrebbe effettuarla parallelamente ad
un'operazione di hedging); mentre per quanto riguarda il rischio operativo, la
posizione rischiosa viene assunta già nel momento in cui una banca è, per l'appunto,
“operativa”.
Ulteriore differenza con gli altri rischi riguarda la copertura di una posizione già
assunta. Gli strumenti utilizzabili in tal senso per i rischi di credito e di mercato sono
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già sviluppati e diffusi (sostanzialmente le operazioni di hedging con derivati), mentre
per quanto riguarda strumenti di copertura che consentano di prezzare e trasferire il
rischio operativo ad altri soggetti risultano ad oggi ancora relativamente poco diffusi e
strutturati (rinvio a par 1.7).
Rischi finanziari (tasso, mercato e credito) Rischio operativo
Assunti consapevolmente Assunto involontariamente (inevitabile)
Rischi speculativi Rischio puro
Coerenti con la logica rischio-rendimento Non coerente con la logica rischio-rendimento
Compresi e facilmente identificati Poco compreso e difficile da identificare
Facilmente misurabili/quantificabili Complesso da misurare e quantificare
Disponibilità di strumenti di copertura Assenza di strumenti efficaci di copertura
Possono essere “prezzati” e trasferiti Complesso da “prezzare” e trasferire
Tabella 1: Peculiarità del rischio operativo
Fonte Sironi 2008
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1.2 La regolamentazione: il Comitato di Basilea
Nel 1974 è stato istituito dai governatori delle banche centrali dei Paesi del G10 il
Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria (Basel Committee on Banking
Supervision) in seguito ad alcuni gravi episodi di crisi del mercato finanziario
internazionale.
Il Comitato è composto da esponenti delle banche centrali e di eventuali organi di
vigilanza del sistema bancario di ogni paese e rappresenta un foro di discussione e
cooperazione in materia di vigilanza sull'attività bancaria a livello internazionale.
Inizialmente le proposte e raccomandazione del Comitato riguardavano la sola
attività bancaria internazionale ed erano volte a garantire che nessun insediamento
sfuggisse alla vigilanza di un'autorità, nazionale od estera.
Dalla seconda metà degli anni Ottanta, il Comitato ha assunto un ruolo sempre
più importante, estendendo i propri compiti, con l'obbiettivo di rendere efficace l'intero
sistema di vigilanza sulle banche.
Pur non avendo un potere legislativo o autorità sopranazionale, le
raccomandazioni e direttive emanate dal Comitato vengono poi recepite dalle singole
autorità politiche e di vigilanza. In particolare, il Comitato ha dedicato una grande
attenzione ai requisiti minimi patrimoniali, al fine di garantire una solvibilità delle
singole istituzioni (e quindi dell'intero sistema) e delle condizioni competitive uniformi.
Proprio nel 1988, il Comitato ha definito, in un documento noto come “Accordo
sul capitale”, un sistema di requisiti patrimoniali obbligatori; tale direttiva, recepita da
oltre 100 paesi (inclusa l'Unione europea), era indirizzata ad istituzioni operanti in
ambito internazionale, ma le singole autorità nazionali hanno esteso la normativa
anche alle banche operanti in ambito domestico.
L'accordo verteva sull'obbligo da parte delle banche di mantenere un rapporto
minimo pari all'8% (detto coefficiente patrimoniale), tra il “patrimonio di vigilanza”
(definito nello stesso Accordo) e le attività ponderate per il rischio.
Con la definizione dell'Accordo, nonostante i numerosi limiti riscontrati in esso, si
è riusciti ad invertire la tendenza a ridurre il grado di patrimonializzazione dei diversi
sistemi bancari, imponendo alle banche un certo livello di capitalizzazione che ne
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