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Premessa
L'opportunità di questo lavoro di tesi è stata suggerita dall'evoluzione e dalla
frequenza con cui, purtroppo, sono saliti alla ribalta mediatica casi di frode all’interno
di gruppi societari, spesso quotati. Uno dei settori più colpiti e più sensibili a questo
rischio è proprio il settore bancario e finanziario.
Non passa giorno senza che le pagine delle principali testate giornalistiche e-
conomiche mondiali forniscano notizia di frodi perpetrate da operatori dell’industria,
della finanza, dei servizi come pure della pubblica amministrazione. Da una ricerca
effettuata dall’Association of Certified Fraud Examiners (ACFE) dal 2008 al 2009 in 106
Paesi emerge che le aziende hanno subito danni provocati da frodi per un importo
pari al 5% del loro fatturato, con una perdita globale stimata in più di 2,9 trilioni di
dollari (più del Prodotto Interno Lordo della Francia). Una cifra impressionante ma
sicuramente sottostimata poiché è noto che non tutti i casi di frode vengono scoperti
o portati alla luce nella loro interezza.
Il più recente in ordine di tempo è il caso della Barclay’s Bank, i cui manager
sono accusati di aver manipolato il tasso interbancario LIBOR al fine di favorire gli
istituti bancari da loro gestiti ma che, una volta venuta a galla la frode, causerà alle
stesse banche (ed indirettamente ai loro azionisti) ingenti danni, sia patrimoniali che
di immagine. Infatti già si annunciano azioni legali nei confronti della banca da parte
di clienti contraenti di mutui la cui rata era legata proprio all’andamento di questo in-
dice e che quindi sono stati lesi da questo meccanismo fraudolento. Recentemente
sono state vittime di frode per mano dei loro trader anche altre banche internazionali
come UBS o Credit Suisse.
Rispetto alla fine del secolo scorso, quando l’argomento non suscitava grande
interesse all’interno dell’opinione pubblica, c’è una maggiore consapevolezza
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dell’elevata gravità e perniciosità del fenomeno. Ciò è dovuto in modo particolare al
maggiore frequenza con cui grandi casi di frode conquistano la ribalta mediatica.
Il fenomeno in sé non è certamente nuovo ma le condizioni socio-
economiche dettate dalla recente crisi hanno sicuramente fornito incentivi
all’espansione e all’aggravamento di queste problematiche.
Le risposte alla “cattiva economia” che sicuramente altera gli equilibri dei
mercati non possono che essere due: regolamentazione chiara e valori individuali.
Nei testi universitari l’azienda viene sempre analizzata per come dovrebbe es-
sere in una gestione “sana” e prudente. Per conoscere e cercare di prevenire gli atti
fraudolenti, però, risulta utile analizzare l’azienda quando viene “infetta” da compor-
tamenti illeciti specie se messi in atto da soggetti apicali.
In questo lavorò cercherò di analizzare il fenomeno delle frodi aziendali e del-
le sue possibili declinazioni, in particolar modo nel settore bancario. In seguito mi
soffermerò sull’importanza che i sistemi di controllo interno delle aziende bancarie
hanno in relazione alla prevenzione dei fenomeni di frode e descriverò quelle che so-
no le linee direttrici della strategia che il revisore legale deve porre in essere per ridur-
re ad un livello ritenuto accettabile gli effetti che le frodi possono manifestare sui bi-
lanci degli intermediari bancari.
Vito De Laurentis
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Capitolo 1
Il fenomeno della frode e la sua evoluzione
1.1 Definizione, storia e recenti sviluppi
Contestualmente all’avvento delle pratiche commerciali nelle relazioni umane
si è registrata la comparsa di individui le cui azioni avevano il solo scopo di consegui-
re, a spese altrui, risultati superiori a quanto fosse loro lecitamente spettato. Le azioni
in argomento, la cui finalità ultima era sempre quella di sottrarre illegittimamente ric-
chezza ai terzi, sono riconducibili a tre macrocategorie: estorsioni, furti, mistificazio-
ni.
Il furto fa parte di quella che la dottrina criminologica identifica come “crimi-
nalità appropriativa”, la quale si distingua dalla “criminalità violenta” proprio per
l’assenza di atti violenti all’interno dell’azione fraudolenta
1
. La frode si classifica come
sottocategoria del furto.
Definire che cosa sia una frode non è facile, data l’estrema varietà del feno-
meno. Con la locuzione “frode” possiamo indicare i “molteplici mezzi e metodi cui un in-
1
È interessante sottolineare che agli albori del diritto colui che carpiva con l’inganno ricchezze
appartenenti a terzi non era considerato perpetratore di alcun reato a differenza di colui che utiliz-
zava in qualche modo la forza. Prevaleva la dottrina secondo cui il compratore doveva stare in
guardia (caveat emptor).
10
dividuo ricorre intenzionalmente, con l’ausilio di false rappresentazioni, allo scopo di conseguire un
vantaggio nei riguardi di un terzo”
2
.
Al di là del generico termine di “frode” sono stati coniati, negli anni, altri
termini o locuzioni che tentano di circoscrivere il fenomeno. Tra le più diffuse tro-
viamo il “crimine dei colletti bianchi” e il “corporate crime”. Per “crimine dei colletti
bianchi” si fa riferimento a crimini commessi da un individuo di elevato status sociale
e che gode di una elevata stima e rispettabilità nell’esercizio della sua attività profes-
sionale. Invece il “corporate crime” consiste nell’insieme di azioni illecite compiute
da personale di un’organizzazione, spesso in posizioni apicali, a favore oppure a dan-
no della stessa.
Il frodatore sfrutta il fine lecito dell’organizzazione (tipicamente un’impresa)
usandolo come schermo al fine di rendere l’azione illecita difficilmente riconoscibile
dei terzi. Inoltre egli approfitta della separazione dei compiti propria di ogni organiz-
zazione economica per rendere maggiormente difficoltosa l’individuazione del com-
portamento fraudolento. A ciò si aggiunge il fatto che, in questi contesti, spesso gli
effetti dell’azione fraudolenta non hanno un impatto immediato ma si manifestano
nel tempo. Per questa ragione, quando vengono scoperti, essi sono avvertiti dalle vit-
time anche con sensibile ritardo.
In sostanza gli elementi caratterizzanti il fenomeno criminale si possono ri-
condurre ai seguenti
3
:
a) l’inganno. Chi compie atti fraudolenti manipola la realtà dei fatti;
b) l’intenzionalità. L’azione criminosa deriva da un premeditato e deliberato inten-
to di agire illegalmente, non è mai frutto di una momentanea perdita di con-
trollo;
c) la violazione di un rapporto fiduciario. Chi commette tali crimini fa leva sul rappor-
to fiduciario esistente tra soggetti che provoca un calo delle altrui difese e
cautele;
2
Pogliani G., Pecchiari N., Mariani M., Frodi aziendali. Forensic accounting, fraud auditing e litigation,
EGEA, 2012, pag. 4.
3
Pogliani G., Pecchiari N., Mariani M., op.cit., pag. 11
11
d) il danno. I vantaggi o le risorse ottenuti illecitamente provocano un danno per
la vittima;
e) l’occultamento. Al fine di poter realizzare l’azione (e poterla ripetere) il frodatore
ha cura far apparire lecito il suo comportamento agli occhi della vittima o di
chi è incaricato di vigilare;
f) la rispettabilità apparente. Spesso l’autore della frode appare una persona rispet-
tabile e degno della massima fiducia sia dal punto di vista professionale che
dell’immagine esteriore (educazione, modo di vestire e parlare, etc.);
g) la vittima. Il frodatore tende a non percepirla come una persona al fine di evi-
tare un qualsiasi coinvolgimento emotivo e trovare più facilmente forme di
auto giustificazione.
L’analisi del fenomeno oggetto di questo lavoro va a focalizzarsi sulla cosid-
detta “frode finanziaria”. La peculiarità insiste nel fatto che in questo caso le attività
disoneste e ingannevoli, caratterizzate da intenzionalità, sono volte a sottrarre valore
patrimoniale ad un business (provocando un danno economico) a vantaggio o meno
di chi commette l’azione e il cui effetto può tradursi in un’errata rappresentazione di
alcune poste in bilancio. Tale atto può essere compiuto da uno o più componenti
della Direzione, dai responsabili delle attività di governance, dal restante personale di-
pendente o dai terzi.
Per questo motivo bisogna considerare bene da cosa dipendono gli errori in
un bilancio. Essi possono derivare da frodi o da comportamenti o eventi non inten-
zionali. Ciò che distingue le due categorie è l’intenzionalità o meno dell’atto che de-
termina degli errori in bilancio.
I cambiamenti ambientali che hanno caratterizzato quest’ultimo periodo quali
la globalizzazione, la diffusione di internet e la sua continua evoluzione tecnologica
hanno creato l’opportunità per la diffusione di nuove tipologie di frodi alle quali sono
state contrapposte, solo in un secondo momento, nuove forme di controllo.
Se da una parte è vero che ad esempio l’utilizzo delle reti internet ha permes-
so il concretizzarsi di nuove condotte fraudolente, dall’altra parte la stessa nuova tec-
nologia ha consentito lo sviluppo di strumenti di contrasto più efficienti. Ovviamente
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la risposta alle nuove minacce non può che avvenire successivamente alla loro realiz-
zazione.
1.2 Numeri e statistiche sulla dimensione del fenomeno
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Nella premessa si è accennato a come il problema delle frodi, oltre a coinvol-
gere un gran numero di aziende, provocasse elevati danni alle stesse (perdita globale
stimata in più di 2,9 trilioni di dollari).
In Italia, nel 2011, solo il 17% delle aziende dichiara di essere stata vittima di
frode negli ultimi 12 mesi (contro il 34% a livello mondiale e il 30% a livello europe-
o) ed è in calo rispetto al 19% dei casi rilevato nel 2009.
Il fatto che il nostro Paese si trovi, un po’ a sorpresa, nel gruppo dei Paesi a
basso livello di frodi può trovare tre spiegazioni:
I. la prima e la più logica suggerisce che la crescente attenzione verso il feno-
meno ha portato, in passato, a maggiori investimenti in prevenzione che
stanno portando i primi risultati;
II. una seconda spiegazione risiede nelle possibile scarsa propensione da parte
del top management (protagonista delle interviste) a dichiarare le frodi subite;
III. l’ultima spiegazione, forse la più plausibile, deriva dal fatto che il dato italiano
deve essere letto con l’incidenza (37% dei casi) delle aziende italiane che non
ha mai svolto una valutazione del rischio di frode (Fraud Risk Assessment) con-
tro una media internazionale del 28%. I Paesi con una cultura del rischio di
frode più avanzata come il Regno Unito o gli USA evidenziamo percentuali di
frodi sopra la media ma sono ampiamente sotto la media per numero di a-
ziende che non hanno mai svolto una valutazione del rischio di frode.
4
Per questo paragrafo, tra i diversi documenti di ricerca esistenti ci si riferisce a PricewaterhouseCoo-
pers, The Global Economic Crime Survey , 2011ed Economic crime in a down turn, 2009 e le relative edizioni
riferite all’Italia.
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Fig. 1 Correlazione tra frodi subite e frequenza della valutazione dei rischi
Fonte: PricewaterhouseCoopers, Economic crime in a downturn – addendum italiano 2009
Svariate statistiche (fig. 1) dimostrano una correlazione positiva tra frodi subi-
te e frequenza delle valutazioni del rischio di frode: se aumenta la frequenza delle va-
lutazioni aumenta l’incidenza delle frodi scoperte.
Dal punto di vista della categoria di frode più frequente l’Italia è in linea con
il resto del mondo con il primato dei casi di appropriazione indebita (67% delle frodi
dichiarate), seguita dalle frodi informatiche (19%) corruzione (10%) e comportamenti
anticoncorrenziali (10%).
Più distanti troviamo lo spionaggio industriale, le violazioni della proprietà
intellettuale e l’insider trading con percentuali intorno al 5%. Le frodi contabili e di
bilancio così come le frodi fiscali sono ridotte a percentuali irrisorie. La spiegazione
va ricercata nel fatto che sono quelle più difficili da autodenunciare.
Nel confronto tra il 2009 e il 2011 non ci sono grandi variazioni ad eccetto
del fenomeno della corruzione che in Italia passa dal 6% al 10% con un aumento del
66%.
Dal punto di vista dei settori colpiti resta in cima il settore assicurativo (19%
dei casi) seguito dal settore dei servizi bancari e finanziari e dal settore manifattu-
riero, entrambi al 14%. Questo dato, in linea con le statistiche a livello internazionale,
vede il settore finanziario tra i settori “tradizionalmente” più colpiti (nel mondo il
44% delle imprese operanti in questo settore hanno subito frodi durante l’ultimo an-
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no).Una causa immediata può essere sicuramente fornita dall’ingente quantità di da-
naro circolante in questo settore. Questo settore registra anche la più alta incidenza di
frodi commesse da terzi (60% del totale) tra i quali spicca la percentuale relativa ai
clienti (44%) seguiti dagli agenti o intermediari (18%).
Un dato importante riguarda il modo in cui sono state scoperte le frodi: il
29% delle frodi subite è stato scoperto grazie ai controlli svolti dalla funzione Inter-
nal Audit dell’azienda stessa, il 18% grazie alle investigazioni delle forze dell’ordine, il
12% delle frodi è stato scoperto grazie a procedure di risk management e solamente il
6% delle frodi sono state individuate in maniera del tutto accidentale. Resta poco ri-
levante (6%) il sistema di “denunce” interne o esterne soprattutto rispetto al resto del
mondo.
Rispetto a chi commette le frodi, le aziende che hanno subito almeno un caso
di frode negli ultimi 2 anni rivelano che nel 49% dei casi vi era il coinvolgimento di
personale interno dell’azienda (una su due), nei restanti casi erano coinvolti soggetti
esterni, tra cui i clienti (28%) i fornitori o business partner (3%) o altri soggetti con
cui l’impresa non aveva alcun rapporto di business (20%).
Analizzando i soggetti interni che hanno perpetrato la frode, la categoria degli
impiegati prevale con un 42% rispetto al top management con un 15%, ai dirigenti
intermedi con un 15%, a collaboratori esterni o personale di filiali al 28%.
Il profilo del frodatore nel caso in cui sia dipendente dell’azienda vittima della
frode è individuato in un uomo di età compresa tra i 31 e i 40 anni, con un titolo di
studio non molto elevato (scuola secondaria superiore), in servizio nell’azienda da 3 -
5 anni ed appartenente allo staff.
I motivi delle frodi confermano il “triangolo della frode”
5
essenzialmente per
assenza di valori etici (60%), di propensione personale (38%), di elevato tenore di vi-
ta (34%) e di clima aziendale poco improntato all’impegno nel raggiungimento degli
obiettivi e nel rispetto delle regole (34%).
5
Analizzato nel capitolo 2 (par. 2.1)
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Quanto costano le frodi alle aziende italiane? L’importo medio delle frodi su-
bite in Italia negli ultimi 2 anni è di molto superiore ai valori medi europei e globali; il
valore medio delle perdite in Italia si attesta a circa 4,4 milioni di dollari, mentre la
media europea e mondiale sono rispettivamente di 2,3 milioni e 2,5 milioni di dollari.
Bisogna però considerare che le aziende che sono state vittime di frodi diffi-
cilmente sono in grado di valutare l’impatto complessivo di tali eventi sul proprio bu-
siness, infatti il verificarsi di una frode non comporta solo perdite di natura economi-
ca e finanziaria immediata e diretta, ma anche danni collaterali come ad esempio il
crollo del prezzo delle proprie azioni, la perdita di motivazione del personale, i danni
all’immagine e alla reputazione. Il 21% delle imprese che hanno subito una frode di-
chiara di aver avuto danni collaterali contro l’8% a livello europeo e il 9,5% a livello
globale. Nonostante tutto ciò, risulta che il 5% delle imprese non ha alcuna copertura
assicurativa specifica.
Per svolgere le indagini, le imprese si sono rivolte soprattutto a soggetti inter-
ni, ai revisori interni nel 5% dei casi e all’ufficio legale nel 53% dei casi. I soggetti e-
sterni coinvolti nelle indagini sono stati nell’ordine: autorità giudiziaria nel 68% dei
casi, legali esterni nel 48%, revisori esterni nel 23% e forensic accountants nel 23%.
I dati mostrano chiaramente che le aziende italiane rafforzano i propri stru-
menti di prevenzione delle frodi solo dopo averle subite: solo il 6% delle aziende che
hanno subito frodi negli ultimi 12 mesi non ha aggiornato i propri strumenti anti-
frode contro il 42% delle aziende che non hanno subito frodi.
Rispetto alle misure preventive ed alla loro efficacia, si nota che numerose
sono le azioni poste in essere: le principali riguardano il rafforzamento dei sistemi di
controllo interno (adottati dal 91% delle imprese assoggettate alla ricerca), la revisio-
ne interna (81%) o esterna (82%) e l’adozione di codici di condotta o etici (84%). Po-
co diffusi (23%) i sistemi di whistle blowing (denunce anonime) o di formazione speci-
fica per prevenire le frodi (32%).