6
sistema che comprende ogni accadimento che può produrre effetti di ordine
economico, indipendentemente dalla natura del rischio da cui promana, e
che vincola l’azienda a variabili circostanze interne, esterne, di mercato e di
ambiente.
Una seconda classificazione distingue invece il rischio economico
«generale» dai rischi «particolari» d’impresa. Il rischio economico generale
si ripercuote direttamente sui diversi soggetti stakeholders, e si manifesta
con l’eventualità che l’impresa non abbia, nel lungo periodo, la stabilizzata
attitudine a remunerare congruamente tutti i fattori produttivi. In altre
parole, il rischio economico generale si traduce nella circostanza che il
flusso di ricavi non sia tendenzialmente sufficiente a fronteggiare le
richieste di remunerazione dei soggetti che interagiscono con l’impresa
(come l’imprenditore, l’azionista, il dipendente, il finanziatore, il fornitore
ed il cliente).
I rischi particolari d’impresa rappresentano parziali configurazioni del
rischio economico generale e, nella pratica, sono quelli che vengono
singolarmente apprezzati per studiarne i possibili impatti sulla gestione
aziendale, scegliere le politiche e le forme di copertura per affrontarli.
Il rischio di cambio si configura così come un rischio particolare d’impresa,
e si riferisce alla presenza di una probabilità, più o meno elevata, che le
variazioni dei tassi di cambio producano effetti sull’economicità della
gestione diversi da quelli attesi. Gli effetti che si suole ricondurre al
concetto di rischio di cambio sono evidentemente quelli di segno negativo,
che possono danneggiare l’impresa. L’ampia definizione data indica che il
rischio a carico dell’impresa dipende dalla variabilità attesa dei cambi stessi
e dal grado di dipendenza dei risultati economici dalla dinamica dei cambi.
Tale grado di dipendenza è riconducibile al concetto di esposizione al
rischio di cambio, una quantità di complessa misurazione che deve essere
oggetto di valutazioni almeno qualitative.
7
Per gestione del rischio di cambio si intende quindi l’adozione consapevole
di strategie volte a mantenere il rischio entro livelli giudicati compatibili
con la missione aziendale, e con le coordinate definite dai parametri di
rischio globale e di redditività attesa.
1.1 ORIGINI DEL RISCHIO DI CAMBIO
Il rischio di cambio trova origine nella diversa combinazione delle
operazioni generate dai processi operativi dell’impresa. La maggior parte
delle decisioni inerenti le operazioni in valuta estera, che sono la principale
fonte del rischio di cambio, vengono prese di fatto dall’area operativa e
determinano le modalità con cui tale rischio influenzerà in futuro l’azienda.
Interviene nei processi aziendali connessi con il rischio di cambio anche
l’area della finanza. Essa può assumere un ruolo attivo, quando l’impresa
decide in merito alle forme di investimento o di finanziamento direttamente
in valuta estera, o di supporto, quando l’impresa mira a contenere il rischio
di cambio generato dai processi operativi. L’attività di supporto della
finanza può a sua volta integrarsi con le decisioni operative, indirizzandole
nella gestione dei rapporti con l’estero (per esempio nella scelta della valuta
di regolamento di un’operazione), oppure può rimanere estranea e
successiva ad esse (per esempio intervenendo attraverso operazioni di
copertura del rischio di cambio).
L’esposizione al rischio di cambio non presuppone necessariamente la
presenza di un’operatività commerciale o finanziaria che preveda
transazioni con l’estero. E’ l’insieme delle scelte strategiche circa le
combinazioni di prodotti-mercati-tecnologie a generare eventualmente
un’esposizione al rischio. A tal proposito, è possibile menzionare alcune
circostanze tipiche da cui il rischio promana:
8
i costi dei fattori produttivi, i quali sono sensibili alle variazioni dei
cambi; si pensi per esempio a: i costi per energia elettrica e
combustibili; i consumi di merci che abbiano carattere di
importazione; la reattività del costo del lavoro a fronte della crescita
dei prezzi interni, che potrebbero essere accelerati da deprezzamenti
della valuta; gli oneri finanziari relativi, che potrebbero aumentare a
seguito di politiche monetarie volte a sostenere le pressioni ribassiste
sulla moneta.
la domanda interna, la quale reagisce rapidamente agli incrementi
dei prezzi-ricavi (indotti dalla suddetta pressione sui costi aziendali);
quanto più la domanda presenta un’elasticità elevata al prezzo, e
tanto più l’impresa non potrà scaricare sui prezzi gli incrementi di
costo, se non vuole mettere a rischio la propria quota di mercato.
la presenza di concorrenti che adottano differenti politiche di
acquisizione dei fattori, di produzione, commercializzazione e
finanziamento, con conseguenze di grande portata in presenza di
variazioni nei cambi; i concorrenti esportatori con un fatturato
geograficamente diversificato, in caso di deprezzamento della
moneta, possono incrementare vendite e profitti all’estero e divenire
più aggressivi nel mercato interno.
Si potrebbe obiettare che, con una definizione così estesa di rischio di
cambio, si tenda a confondere detto rischio con quello generale d’impresa,
rendendo altrettanto confusa l’identificazione di iniziative imprenditoriali
neutrali alle variazioni dei cambi. Ma è proprio questo il significato di
quanto appena esposto. La sensibilità dei risultati economici dell’impresa,
nello specifico, dipenderà dalle proprie caratteristiche e dai mercati di
riferimento, potendosi inoltre manifestare in tempi più o meno lunghi.
9
Se l’impresa opera sui mercati esteri e/o pone in essere saltuariamente o
sistematicamente operazioni di finanziamento/investimento in valuta a
breve e/o a medio lungo termine, l’area di esposizione potenziale a rischi
valutari tende ad accrescersi.
Ad esempio, a parità di altre condizioni, un apprezzamento dell’euro
tenderà a danneggiare un’impresa italiana esportatrice. Si ipotizzi il caso di
un impresa che fatturi esclusivamente all’estero in euro, e si considerino
due situazioni alternative.
L’impresa propone propri listini-prezzi per un periodo definito: a
meno che non si adotti una costosa politica di incentivi basata su
sconti di listino, un apprezzamento tenderà a provocare rapidamente
una contrazione della domanda estera che, peraltro, difficilmente
sarà compensata da un aumento della domanda interna, risultando
ora i prodotti nazionali meno competitivi dei concorrenti esteri.
L’impresa fissa i prezzi in euro di volta in volta, su richiesta:
l’impresa dovrà ridefinire la propria politica di prezzo sull’estero per
contrastare una possibile perdita di quote di mercato, con un vincolo
di equilibrio economico-finanziario. In caso di apprezzamento, si
tratterà comunque di scegliere se adattare le politiche di prezzo,
riducendo i margini aziendali, o di sopportare una riduzione delle
vendite sui mercati esteri.
Alla luce di queste considerazioni, si intuisce come vi siano conseguenze
dirette ed indirette alle dinamiche inerenti i rapporti di cambio, con
conseguenze variamente diluite nel tempo. A priori non è possibile stabilire
quale effetto sarà più forte. La valutazione-gestione del rischio di cambio,
quindi, deve essere considerata come un componente della strategia
aziendale. Questa dovrà valutare le implicazioni delle dinamiche valutarie,
contribuendo a definire le combinazioni prodotti-tecnologie-mercati, e
10
inoltre, in funzione delle aspettative di breve periodo, condizioni operative
e contrattuali più o meno modificabili.
Fig. 01 L’apporto dell’area finanza
Nella gestione del rischio di cambio, quando l’integrazione tra le funzioni
aziendali è debole, l’area della finanza interviene solo a posteriori rispetto
al processo decisionale delle funzioni operative, scegliendo lo strumento di
copertura più adeguato. Operando in questo modo si possono perdere delle
opportunità che nascono con lo stesso processo operativo. Ad esempio, si
potrebbe decidere di compensare direttamente per importi e scadenze le
operazioni di acquisto e di vendita sui mercati esteri espressi nella stessa
valuta. In tal modo, senza dover acquistare appositi strumenti sul mercato
finanziario, si potrebbe ottenere una copertura dal rischio e beneficiare di
evidenti economie. E’ in una logica di gestione economica complessiva che
il rischio di cambio deve essere isolato, studiato e quantificato. E’ ad essa
che deve esser riferita e correlata l’attività di risk management svolta dal
responsabile finanziario, il quale ha il compito di coordinare tutti i processi
che, nel caso specifico, si connettono con il rischio di cambio.
AREA FINANZA
Intervento
integrato
Intervento
successivo
PROCESSI OPERATIVI
(marketing, approvvigionamenti,
produzione ecc.)
OPERAZIONI IN
VALUTA ESTERA
RISCHIO DI
CAMBIO
11
1.2 I RAPPORTI DELLE IMPRESE CON L’ESTERO ED IL
RISCHIO DI CAMBIO
Lo sviluppo sul mercato internazionale costringe l’impresa a gestire
la valuta di scambio come un fattore strategico, ed il rischio di cambio
diviene così una componente importante delle scelte economiche della
gestione. Il rischio di cambio ha la sua fonte principale nel regolamento di
transazioni commerciali e finanziarie denominate in valuta diversa da quella
di conto, e quindi nei flussi in valuta in entrata ed in uscita relativi al
regolamento di tali transazioni. Esso consiste nella possibilità di pagare di
più o di meno, in moneta di conto, per regolare obbligazioni in diversa
valuta; ovvero incassare di più o di meno, in moneta di conto, nella
realizzazione dei crediti in diversa valuta.
In virtù delle molteplici relazioni con l’estero e delle sue possibili origini, è
possibile definire diverse tipologie di rischio di cambio a cui le imprese
sono esposte. La tipica articolazione è la seguente:
rischio di conversione;
rischio di traduzione;
rischio economico;
rischio competitivo.
1.2.1 Rischio di conversione
Il rischio di conversione si concretizza nella possibilità che un
operatore incassi o paghi un importo in moneta di conto diverso da quello
preventivato, a causa di una variazione nel rapporto di cambio con la divisa
in cui è espresso il debito o il credito. E’ questa l’accezione più diffusa e
comune nella quale si manifesta il rischio di cambio. A fronte di
un’operazione commerciale o finanziaria, che all’atto del regolamento darà
luogo ad una conversione in moneta di conto per un importo non noto,
12
permane infatti l’incertezza sul futuro corso di mercato delle valute nelle
quali i debiti e i crediti aziendali sono espressi.
I vantaggi e gli svantaggi per un operatore nazionale derivanti dalla
variazione dei tassi di cambio possono essere sintetizzati nel seguente
modo:
Apprezzamento del
cambio
Deprezzamento del
cambio
Titolare di crediti in
valuta estera
rischio di cambio
favorevole
= utile su cambi
Rischio di cambio
sfavorevole
= perdita su cambi
Titolare di debiti in
valuta estera
rischio di cambio
sfavorevole
= perdita su cambi
Rischio di cambio
favorevole
= utile su cambi
Tab. 01 Effetti del rischio di conversione
Dal punto di vista della manifestazione, occorre distinguere il rischio di
cambio contabile da quello economico. Il periodo in cui sorge il rischio
contabile da conversione decorre dal momento della registrazione contabile
delle fatture o dei documenti amministrativi. In forza delle disposizioni
civilistiche e fiscali, tale rischio deriva dal fatto che la rilevazione di utili e
perdite su cambi dipenda dalla differenza tra i valori in Euro contabilizzati
all’atto della registrazione, ed i valori della valuta incassata o corrisposta
all’atto del regolamento.
Il rischio economico da conversione include invece in modo più esteso
anche l’effetto delle variazioni dei cambi antecedenti la registrazione
contabile, la quale dipende dalle specifiche condizioni contrattuali e
potrebbe avvenire con modalità e tempistiche diverse.
1.2.2 Rischio di traduzione
Il rischio di traduzione riguarda le differenze di cambio che possono
derivare dalla traduzione delle voci di bilancio di una consociata o di una
partecipata estera nella moneta (solitamente) della casa madre. Si tratta di