INTRODUZIONE
Oggetto della tesi sarà un’analisi dei diversi strumenti legislativi emanati
negli Stati membri dell’Unione Europea a favore delle coppie stabili gay e lesbiche.
La panoramica tra le normative adottate dai legislatori nazionali europei, che
mi appresto a illustrare, si pone l’obiettivo di fare il punto sul: “Riconoscimento delle
coppie omosessuali nell’Unione Europea”, comparando le soluzioni giuridiche che i
legislatori degli stati del vecchio continente, hanno attuato in risposta alle esigenze di
queste nuove strutture familiari, nelle quali vengono messi in discussione i requisiti,
un tempo ritenuti indispensabili, per divenire agli occhi dello Stato centrale soggetti
sociali degni di protezione.
Dopo un breve excursus sociologico nella trasformazioni che ha vissuto, e
sta vivendo, quella che un tempo era la famiglia tradizionale, tenterò di qualificare e
quantificare, nei limiti del possibile
1
, il fenomeno in continua crescita delle
convivenze stabili tra individui dello stesso sesso.
Il secondo capitolo sarà dedicato all’Unione Europea, e a tutti i
provvedimenti che sono stati posti in atto per abbattere le discriminazioni dovute
all’orientamento sessuale, a partire dall’8 febbraio del 1994, data storica in cui è
stata approvata dal Parlamento Europeo la famosa Risoluzione sulla parità di diritti
per gli omosessuali nella Comunità.
Il lavoro proseguirà con la trattazione dei dispositivi legislativi vigenti a
favore dei conviventi omosessuali, nell’Europa dei quindici, partendo dai Paesi
nordici, fu la Danimarca infatti nel 1986 ad attuare per la prima volta un
provvedimento giuridico a favore del convivente omosessuale. L’ordine che ho
scelto è geografico, a causa del problema della disomogeneità riscontrata nel diritto
familiare europeo, non è stato possibile classificare gli stati membri in maniera
differente.
La decisione di prendere in considerazione l’Unione Europea prima del
recente allargamento a venticinque membri, è dovuta al fatto che, con l’esclusione
1
A causa dei pochissimi studi disponibili sulle convivenze stabili tra persone dello stesso
sesso.
5
dell’Ungheria e della Repubblica Ceca
2
, non esistono, e neanche sono in discussione,
leggi che possano tutelare le coppie gay e lesbiche nei nuovi paesi comunitari. In
alcuni di questi stati non vengono neanche rispettati i diritti elementari del mondo
glbt
3
, che si trova a combattere contro la discriminazione e l’omofobia molto più che
nel resto dell’Europa, mi è sembrato quindi, per questa ragione, quanto meno precoce
parlare di unioni civili.
2
La Camera dei deputati della Repubblica Ceca, il 15 marzo 2006, ha approvato una
legge sulle unioni registrate per le persone dello stesso sesso.
3
La sigla inglese indica: gay, lesbian, bisexual and transgender.
6
CAPITOLO 1
Le convivenze gay e lesbiche
1.1 Introduzione
Negli ultimi trent’anni sono nati, in tutti i paesi del mondo, movimenti contro
la discriminazione, e per il riconoscimento dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali e
transessuali
4
.
Questi movimenti lottavano, e lottano, per la fine delle discriminazioni dovute
all’orientamento sessuale e, più recentemente, per l’equiparazione tra coppie etero e
omosessuali sulla base del principio liberale “uguali tasse, uguali diritti”.
Il primo paese al mondo che riconobbe giuridicamente le convivenze tra
individui dello stesso sesso, fu la Danimarca nel 1989, anno in cui fu istituita la
Registreret partnerskab, un istituto molto simile al matrimonio; un parziale
riconoscimento era gia avvenuto tre anni prima con la modifica della legge sulle
successioni).
I Paesi scandinavi, e in generale del Nord Europa si mossero nella stessa
direzione, creando nuove norme che tutelassero le coppie di fatto, sia gay che
eterosessuali.
A partire dagli anni ’70, infatti, è notevolmente aumentato il numero di coloro
che convivono per scelta, perché non possono legalizzare la propria unione ( mi
riferisco sia alle coppie omosessuali, che non possono contrarre matrimonio negli
stati dove questo diritto non viene loro riconosciuto, sia a uomini e donne in attesa
della chiusura delle pratiche per la concessione del divorzio), o perché decidono di
sposarsi solo in un secondo momento, oppure semplicemente perché non vogliono
che lo Stato influisca sulle scelte che toccano la sfera privata.
Dopo l’approvazione della famosa risoluzione del Parlamento europeo dell'8
febbraio 1994, sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità, il dibattito
4
V. Rossi Barilli G., Il movimento gay in Italia, Milano, Giangiacomo Feltrinelli, 1999.
7
sul tema si è acceso, e molto si è discusso nell’UE sulla necessità, o meno, della
creazione di istituti giuridici su misura, che garantissero piena uguaglianza sul piano
dei diritti, tra tutti i cittadini comunitari, indipendentemente dal loro orientamento
sessuale.
La tendenza europea è, in modi e in misure differenti, quella di disciplinare il
fenomeno delle coppie di fatto.
Si va dal Pacte civil de solidarité francese, passando per il riconoscimento di
alcuni diritti ai conviventi more uxorio, con o senza la firma in registri pubblici, fino
all’apertura dell’istituto matrimoniale a tutti, indistintamente.
Indipendentemente dall’essere favorevoli o meno, al tanto temuto matrimonio
omosessuale, è palese la necessità di un intervento urgente in materia, anche in
Austria, Grecia, Irlanda, e Italia.
Il fenomeno esiste e il diritto deve rispondere alle necessità dei soggetti coinvolti in
questo tipo di convivenze.
1.2 Dalla famiglia tradizionale alle famiglie contemporanee
Dalla seconda metà degli anni sessanta in Europa, e più lentamente nella
nostra penisola, si sono verificati una serie di fenomeni demografici che hanno messo
in discussione la cosiddetta famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio, e
caratterizzata da una discendenza numerosa
5
.
Questa crisi è riscontrabile nel calo delle nascite, nell’aumento delle
separazioni e dei divorzi, e soprattutto, nella diffusione di modelli familiari
alternativi, come la famiglia ricostituita, quella monoparentale, unipersonale, e le
convivenze more uxorio
6
.
5
Zanatta A. L., Le nuove famiglie. Felicità e rischi delle nuove scelte di vita, II ed., Bologna,
Il Mulino, 1997, pp. 7-8. Secondo dati ufficiali ISTAT, nel periodo che va dal 1993 al 1998 il numero
delle coppie de facto è quasi raddoppiato, passando da 246.000 a circa 500.000, anche se ovviamente
la situazione è sottostimata perché comprende solo unioni eterosessuali e la modalità di rilevazione è
basata sulla residenza anagrafica.
6
Zanatta, op. cit., p. 24, Il termine per il sociologo Barbagli M., indica “la situazione di due
persone (di solito, ma non necessariamente, di sesso diverso) che vivono insieme sotto uno stesso tetto
come sposi, senza essere uniti in matrimonio”.
8
Il calo del numero dei matrimoni è dovuto a diversi fattori sia economici che
socioculturali.
Lo sviluppo e la terziarizzazione dell’economia hanno favorito l’ingresso
delle donne nel mondo del lavoro, rendendole economicamente indipendenti dagli
uomini; mentre sul piano socioculturale hanno contribuito al declino dell’istituto
matrimoniale, la crescente scolarizzazione della società, l’istruzione di massa, i
movimenti di contestazione del ’68 (tra cui il femminismo), che hanno criticato il
modello familiare borghese proponendo nuove forme di relazione interpersonale, e
negli ultimi anni, il diffondersi di orientamenti rivolti a valorizzare la soggettività
individuale e la sfera del privato
7
.
Il matrimonio è divenuto un’esperienza soggettiva; sceglierlo o romperlo
attiene alla coscienza individuale
8
.
La maggioranza degli studiosi in materia è concorde nel ritenere che, alla
base delle trasformazioni dell’istituzione familiare, stiano altrettante trasformazioni
sociali e culturali
9
.
La prima riguarda i valori, ed è l’individualizzazione; ciò significa che il
punto di riferimento, in tutti i campi della vita sociale, non è più il gruppo, bensì
l’individuo. Questo rende le formazioni familiari più instabili, perché la felicità
individuale non viene più sacrificata, come un tempo, per evitare la dissoluzione del
vincolo matrimoniale.
La seconda trasformazione avviene nell’insieme delle norme, sia sociali che
giuridiche, viste come un’invasione della sfera privata. La privatizzazione coincide
con il venir meno dell’identificazione tra relazione affettiva e istituto matrimoniale,
che favorisce il diffondersi delle unioni di fatto e delle nascite fuori dal matrimonio,
contemporaneamente si riduce il controllo statale sui modi in cui si formano e si
sciolgono le unioni libere. “La «privatizzazione» della famiglia emerge allorché gli
spazi affidati alle libere scelte dei suoi membri non sono più presupposti come
residuali, ha salvato il modello distruggendone l’unicità. Valutazioni sociali e di
politica del diritto dei sistemi democratici dovranno quindi confrontarsi non con un
7
Id., p. 11.
8
Id, p. 13.
9
Id, p. 15 ss.
9
prototipo astratto e astorico, ma con le varianti delle sue riproduzioni reali, che, per
desiderio personale, necessità o caso ognuno riesce a creare”
10
.
Paradossalmente si è sviluppata una tendenza opposta, la pubblicizzazione,
che fa da contrappeso alla privatizzazione, soprattutto nel rapporto padre e figlio,
divenuto negli ultimi decenni, per il diritto, il vero vincolo inscindibile. Nella
pubblicizzazione, rientra anche la richiesta di riconoscimento delle coppie di fatto
etero e omosessuali, solo in pochi paesi europei prive di qualsiasi forma di tutela
giuridica.
La trasformazione dei modelli sociali è una conseguenza degli altri due
cambiamenti sopra accennati. La pluralizzazione, ovvero il moltiplicarsi degli stili di
vita individuale, che si riflette sulle forme di relazione, non c’è più unico modello
familiare, bensì una pluralità di famiglie, spesso nate dallo scioglimento del
matrimonio.
Infine, la trasformazione delle relazioni di genere, o democratizzazione
interna alla coppia, che mira alla parificazione nel rapporto uomo e donna, influisce
notevolmente sulla struttura familiare. Le donne, oggi, grazie all’indipendenza
economica possiedono un maggior potere contrattuale nella relazione coniugale.
Nonostante tutto, la famiglia rimane per la maggioranza delle persone un
valore, un punto di riferimento con un grande significato affettivo ed esistenziale. La
differenza è che, nel XXI secolo, è scemata la dicotomia famiglia/matrimonio, la
società contemporanea parla di famiglie al plurale
11
.
1.3 La coppia gay
Gli unici dati statistici disponibili a proposito delle convivenze omosessuali
12
,
si posso ricavare dalla più ampia ricerca condotta sul tema dell’omosessualità
13
, in
Europa: Omosessuali moderni, gay e lesbiche in Italia, pubblicata nel 2001.
10
De Vita A., Note per una comparazione, in “Matrimonio, matrimonii”, Milano, Giuffrè,
2000, p. 167.
11
Zanatta, op. cit., pp. 18-19.
12
Dall’ultimo censimento ISTAT sono stati cancellati i dati relativi alle coppie omosessuali
perché considerati incongrui.
13
Barbagli M. e Colombo A., Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Bologna, Il
Mulino, 2001.
10
Marzio Barbagli e Asher Colombo, entrambi professori dell’Università di
Bologna e autori della ricerca, smentiscono lo stereotipo della promiscuità degli
individui attratti da persone dello stesso sesso (solo il 12% degli uomini e l’8% delle
donne preferiscono, infatti, avere relazioni con partner occasionali), e della
conseguente impossibilità a costituire un nucleo familiare stabile sul modello della
coppia eterosessuale.
Nonostante il numero dei potenziali partner sia ridotto e le possibilità di
incontrarli limitate, lo studio evidenzia che una percentuale che varia dal 40 al 49%
dei gay, e dal 58 al 70% delle lesbiche, hanno una relazione fissa. Buona parte di loro
convive con il proprio, o la propria partner, in percentuale maggiore rispetto ai
conviventi more uxorio eterosessuali, anche se nel primo caso, risulta essere più
difficile formare un’unione stabile.
L’aumento delle convivenze omosessuali avvenuto negli ultimi quindici anni
è dovuto a diversi fattori. Ha sicuramente esercitato un’influenza positiva in tal senso
il fatto che l’atteggiamento della popolazione italiana nei confronti
dell’omosessualità stia cambiando in meglio, e gli stessi omosessuali, oggi, fanno
meno fatica ad accettare la propria condizione
14
.
“La frequenza con cui in Italia i gay e le lesbiche convivono con un partner
varia a seconda degli strati nei quali la popolazione omosessuale si articola. I fattori
che influiscono su questa tendenza sono sette: il genere, l’età, la regione di
residenza, le dimensioni del comune in cui abitano, la classe sociale di
appartenenza, la religiosità e il grado di accettazione della propria omosessualità.
Le convivenze more uxorio sono più frequenti tra le lesbiche che tra i gay, nelle
regioni settentrionali che in quelle meridionali, nelle grandi città che nei comuni di
provincia, nella borghesia e nella classe media impiegatizia che nella classe
operaia, fra i non praticanti che fra i praticanti, fra chi accetta la propria
omosessualità che fra chi non l’accetta”
15
.
Ciò dimostra che le differenze riscontrabili tra i gay e le lesbiche sono molto
simili a quelle esistenti tra gli uomini e le donne; il genere, quindi, influenza le
decisioni riguardanti la vita di coppia più dell’orientamento sessuale. Il fattore
dell’età non è tanto difficile da comprendere, così come un ragazzo e una ragazza
14
Id., p. 204.
15
Testualmente citato da: Barbagli M. e Colombo A., op. cit., pp. 204-205.
11
decidono di vivere insieme solo quando, e se, ne hanno le risorse materiali per farlo,
anche le relazioni gay o lesbiche possono trasformansi in convivenza solo dopo la
conclusione del percorso formativo e l’entrata nel mondo del lavoro. Le altre cinque
variabili sono riconducibili a due grandi fattori che esercitano grande peso su molte
scelte nel mondo glbt: l’accettazione della propria identità da parte degli
omosessuali, e il rispetto, o almeno la tolleranza, da parte degli altri.
Le convivenze unisex hanno in comune con le coppie tradizionali la
propensione all’innamoramento, le esigenze affettive e di mutua assistenza, la
tendenza ad instaurare legami sentimentali duraturi, a vivere in coppia, e a desiderare
dei figli.
La grande differenza è che non ci sono, all’interno della coppia, dei ruoli
prestabiliti o dei modelli da seguire. Gli omosessuali danno vita a relazioni più
simmetriche e egualitarie, di quelle esistenti tra uomo e donna
16
.La distribuzione del
lavoro è molto più equa nelle convivenze gay e lesbiche, perchè non è collegata al
genere dei parters, come nel caso delle relazioni eterosessuali, dove è quasi sempre la
donna a farsi carico del lavoro casalingo.
L’omogeneità di genere permette anche una forma di comunione dei beni rara
nella coppia eterosessuale. I partners usano gli stessi prodotti, o si scambiano spesso i
vestiti
17
.
Nell’indagine Modi di
18
condotta dall’Arcigay in collaborazione con l’Istituto
Superiore di Sanità
19
, resa pubblica lo scorso dicembre, è emersa una realtà nascosta:
quella dei padri gay e delle madri lesbiche. In Italia, il 17,7% dei gay e il 20,5% delle
lesbiche con più di 40 anni hanno almeno un figlio. La quota scende ma rimane
significativa se si considerano tutte le fasce d’età. Ciò significa che sono genitori un
16
V. supra n. 4, p. 47.
17
Barbagli M. e Colombo A., op. cit., p. 213.
18
Nel corso della ricerca modi di sono stati analizzati 6774 questionari (4690 compilati
maschi, 2084 da femmine) distribuiti a persone che hanno avuto rapporti sessuali recenti con persone
del proprio sesso.
19
La ricerca modi di è la prima ricerca estensiva sulla salute delle persone lesbiche,
omosessuali e bisessuali realizzata in Italia, in collaborazione e con il contributo dell’Istituto
Superiore di Sanità (V° programma nazionale di ricerca sull’AIDS- aspetti psicosociali), i risultati
sono disponibili on line all’indirizzo www.modidi.net.
12