Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado CAPITOLO 1 - LE PAVIMENTAZIONI STRADALI ED IL LORO DEGRADO 1.1 La pavimentazione: funzionalità e composizione Prima di parlare di riciclaggio vero e proprio, è opportuno fornire indicazioni, sul
significato della pavimentazione stradale .
Essa è per definizione quella struttura sovrastante un rilevato o il terreno in sito nelle
trincee, atta a garantire la transitabilità del traffico veicolare, con lo scopo di assolvere a
diverse funzioni:
• conferire caratteristiche superficiali di planarità ed aderenza, assicurando una
circolazione confortevole e sicura;
• dissipare in profondità gli sforzi e le pressioni trasmesse dalle ruote veicolari (in
relazione alla pressione di gonfiaggio dei pneumatici), affinché l’intero pacchetto
stradale possa resistere ad un elevato numero di passaggi, il più a lungo possibile;
• proteggere la pavimentazione stessa ed il terreno sottostante da agenti atmosferici
pericolosi per la stabilità del piano viabile (dal gelo in particolare) [27] .
La pavimentazione stradale è costituita da vari strati, ciascuno con caratteristiche
proprie, composizionali e funzionali, che spesso possono raggiungere anche la
profondità di un metro; i tre elementi principali che la compongono sono: il manto , la
struttura ed il sottofondo .
Il manto è la parte più superficiale della pavimentazione, e in quanto tale rappresenta il
primo contatto con il carico; deve perciò essere dotato di resistenza notevole e
caratteristiche geometriche perfette: i materiali utilizzati dovranno pertanto avere delle
formulazioni compositive specifiche, che non solo assolvano alle funzioni richieste, ma
le mantengano elevate nel tempo, affinché la vita utile della pavimentazione stessa sia la
più lunga possibile.
Il manto effettuerà una protezione di tutta la struttura della pavimentazione, in
particolare nei confronti di due elementi: l’elemento traffico e l’elemento ambiente.
La protezione dal traffico è relativa sia ai carichi trasmessi dalle ruote, come abbiamo
già avuto modo di accennare, ma anche all’azione di sfregamento esercitata dai
pneumatici stessi, con conseguente abrasione della superficie, perdita di attrito
(resistenza allo slittamento) e inevitabile aumento della pericolosità [27] .
La protezione dall’ambiente invece, deriva da due principali forme di attacco: gli effetti
termici, che conferiscono alla pavimentazione continue contrazioni e dilatazioni, ed il
deterioramento provocato dal sole, da cui assorbono quotidianamente raggi ultravioletti,
1
Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado che ne accelerano l’invecchiamento; per ovviare a questi tipi di attacco, il manto
risultante, dovrà pertanto essere elastico e durevole.
Il bitume è certamente uno dei leganti più utilizzati per questo tipo di strato, con uno
spettro di utilizzo che va da strade a traffico intenso, a strade a traffico ridotto.
La struttura permette il trasferimento del carico dal manto al sottofondo. Anch’essa è
composta da vari strati, che analizzeremo nel dettaglio fra poco, con materiali e
caratteristiche di resistenza differenti. Ogni strato riceve un carico dallo strato
sovrastante, e lo diffonde su un’area più ampia della parte sottostante; chiaramente le
sollecitazioni maggiori saranno nella parte superiore della pavimentazione, e pertanto ad
essa verranno richieste caratteristiche di resistenza più elevate [27] .
Inoltre queste stesse caratteristiche saranno rapportate alla tipologia di carico, ossia al
livello di traffico presente, legato alla sua ritmicità, ma anche alla classificazione dei
veicoli che percorrono la strada stessa, che potranno essere di tipo pesante, leggero o a
due ruote.
La struttura è composta a sua volta da materiali granulari e da materiali legati: i primi,
comprendenti pietrisco e ghiaia, trasferiscono i carichi applicati attraverso i singoli
granuli; tuttavia a seguito dei carichi ripetuti e all’avvicinarsi dei granuli stessi gli uni
agli altri, si potrebbe verificare un graduale “addensamento” in qualsiasi strato della
struttura, e che avrebbe come diretta conseguenza una deformazione superficiale, con
un andamento tipico di solchi in corrispondenza dell’area di passaggio (impronta) delle
ruote; i materiali legati invece, che includono i materiali stabilizzati e l’asfalto, hanno il
compito di ricevere i carichi verticali, che generano sollecitazioni di flessione, ossia
trazione nella metà inferiore e compressione nella metà superiore, a causa del continuo
passaggio di veicoli, con conseguente rottura a fatica: si creano infatti delle fessure nella
parte inferiore dello strato, che si propagano verticalmente e che risalgono lungo la
struttura, man mano che le ripetizioni di carico proseguono [27] .
Fig. 1.1: Sollecitazioni flessionali di una struttura stradale 2
Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado Il sottofondo è costituito da terreno naturale, alla base del corpo stradale; le
caratteristiche intrinseche dei materiali utilizzati, determinano una maggiore o minore
resistenza del sottofondo stesso, influenzando la scelta del tipo di struttura sovrastante
da adottare, che dovrà garantire una distribuzione del carico tale da non causare
deformazioni permanenti.
Analizzando più in dettaglio gli strati che costituiscono una pavimentazione, possiamo
distinguere, partendo dall’alto:
• uno strato di usura, in conglomerato bituminoso;
• uno strato di collegamento, in conglomerato bituminoso, denominato “binder”;
• uno strato di base, sempre in conglomerato bituminoso;
• uno strato di sottobase in misto cementato, utilizzato solamente per strade e
autostrade con un volume notevole di traffico pesante;
• uno strato di fondazione, in misto granulare, stabilizzato meccanicamente (per
mezzo di rulli compattatori particolari);
• uno strato di sottofondazione, utilizzato per strade a ridotto o nullo volume di
traffico pesante, in sostituzione della fondazione, o nei casi in cui il terreno sia di
tipo limoso o argilloso.
Anche gli spessori dei vari strati possono cambiare, in funzione della tipologia di
pavimentazione, che potrà essere flessibile, semi-rigida o rigida: in quest’ultimo caso lo
strato superficiale è però costituito da conglomerato cementizio e non bituminoso;
questo tipo di pavimentazione è per lo più utilizzato per piazzali di sosta aeroportuali, e
non verranno trattati in questa sede [27] .
Si osservi come variano gli spessori nella seguente figura, in rapporto alla tipologia di
pavimentazione:
Fig. 1.2: Sovrastruttura stradale flessibile e semirigida 3
Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado F ig. 1.3: Sovrastruttura stradale rigida 1.2 Il degrado della pavimentazione Come abbiamo precedentemente accennato, tra le cause di degrado della
pavimentazione stradale, vanno certamente menzionati i fattori ambientali ed il carico
veicolare.
I fattori ambientali interessano in prima istanza gli strati più superficiali della
pavimentazione: basti pensare a come i raggi ultravioletti favoriscano l’indurimento e
l’invecchiamento precoce del bitume, riducendo la propria elasticità; a causa di questo
irrigidimento, gli sforzi di compressione e trazione a cui il manto è sottoposto, ne
favoriscono la fessurazione, accentuata anche dalle continue contrazioni-dilatazioni
termiche [18] .
Tuttavia non appena questo strato superficiale perde la propria capacità strutturale, gli
strati inferiori sono sottoposti a maggiori aggressioni, soprattutto da parte dell’acqua che
penetra dalle fessure, con un conseguente deterioramento, di tipo esponenziale.
Il carico veicolare incide altrettanto significativamente in questo processo di degrado;
ad ogni transito infatti, si genera una deformazione indotta, di tipo temporaneo, sulla
pavimentazione, che nel caso di veicolo leggero è del tutto irrilevante, ma che nel caso
di veicolo pesante assume un’entità non trascurabile, provocando deformazioni a fatica
e fessurazioni; se teniamo conto anche del fatto che i ripetuti passaggi di automezzi,
hanno un effetto cumulativo, e che gli assali sono spesso sovraccarichi, il
deterioramento che ne consegue, è sempre più accelerato nel tempo [18] .
Anche l’effetto di ammorbidimento dell’acqua che si è insinuata, provoca una riduzione
della resistenza della stessa sovrastruttura; la stretta correlazione nonché
consequenzialità tra tutti questi fattori, rende chiaro come sia necessaria un’opera di
4
Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado manutenzione “preventiva”, che tenda ad intervenire sulla pavimentazione prima che i
danni causati, compromettano tutto il pacchetto stradale [18] .
Tuttavia anche la mancanza di circolazione veicolare può provocare fessurazione
superficiale: il traffico stesso ha difatti un’azione impastante che mantiene vivo il
bitume; il passaggio dei veicoli tende a chiudere le fessurazioni, causate
dall’ossidazione e dal conseguente indurimento del legante, non appena esse si formano,
impedendone cosi una maggior propagazione.
Il livello di degrado di una pavimentazione, da cui indirettamente deriva il suo livello
prestazionale, è stimabile per mezzo di parametri rappresentativi, che si valutano con
mezzi ad alto rendimento (Aran, FWD,…); le misurazioni vengono effettuate
periodicamente, ed arricchiscono una banca dati che viene continuamente monitorata.
1.3 Manutenzione stradale La manutenzione stradale, alla luce di quanto esposto precedentemente, si pone
l’obiettivo di mantenere l’infrastruttura in buone condizioni di esercizio, grazie ad una
normativa adeguata, leggi, e criteri di gestione economica.
La Manutenzione Programmata è un ottimo strumento di supporto decisionale, che
permette non solo di organizzare al meglio gli interventi da effettuare sulla
pavimentazione stradale, ma anche di collocarli in un punto ben preciso della propria
vita utile, al fine di ottimizzare le risorse possedute, sia quelle intrinseche della
pavimentazione stessa, che economiche: spesso infatti, anche per carenza di fondi
disponibili, l’ente gestore ricorre a tecnologie manutentorie a basso costo, o addirittura
le posticipa nel tempo.
La tempistica di intervento è tuttavia fondamentale per un reale, e non apparente,
risparmio economico: osservando la curva di decadimento qualitativa di una
pavimentazione flessibile standard (media), si nota come il degrado del primo 40% della
sovrastruttura, avvenga durante un periodo corrispondente al 75% della sua vita utile,
mentre il secondo 40% durante il solo 12%: i costi di investimento in manutenzione,
effettuati nel secondo 40%, possono addirittura essere maggiori di quattro o cinque
volte, rispetto ad un intervento più tempestivo [8] .
5
Capitolo 1 - Le pavimentazioni ed il loro degrado
Fig. 1.4: Curva di decadimento di una pavimentazione stradale Un continuo monitoraggio della pavimentazione, permette quindi di identificare il
momento più opportuno per l’intervento, che sia esso un trattamento superficiale, un
rinforzo, una ricostruzione parziale o totale, e di stimarne la vita utile residua; a sua
volta il gestore potrà scegliere la tecnologia di intervento più efficiente ed efficace nel
suo caso, in un ventaglio di opportunità che si arricchisce man mano che la ricerca e lo
sviluppo dei lavori autostradali, compiono passi avanti [28] .
6
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio CAPITOLO 2 - CONSIDERAZIONI GENERALI SUL RICICLAGGIO 2.1 Introduzione al riciclaggio Nel corso degli ultimi decenni le infrastrutture hanno avuto uno sviluppo notevole: il
trasporto su strada è aumentato, in particolar modo il volume relativo ai veicoli pesanti,
che movimentano le merci con maggior rapidità e flessibilità rispetto ad un trasporto su
rotaia; la tipologia stessa dei veicoli è cambiata, ed il carico per asse di un mezzo
pesante, è di gran lunga maggiore rispetto al passato; il deterioramento già presente
sulle nostre strade, viene così ad accentuarsi, rendendo inevitabili gli interventi di
manutenzione. Queste considerazioni valgono non solo per l’Italia, ma anche per la
maggior parte dei paesi Europei, che dovranno dedicare in futuro un badget sempre più
elevato alla manutenzione stradale: nel caso in cui, per mancanza di fondi, non si sia
intervenuto prima sulla pavimentazione, con conseguente ed irreversibile deperimento
della rete stradale, potrebbe essere necessario il rifacimento totale delle stesse strade,
con costi notevolmente maggiori.
Tuttavia con la crisi economica che in questo periodo si sta affrontando, si rende
necessario aumentare la redditività dei ridotti budget disponibili da parte dei singoli
paesi; se consideriamo anche il fatto che questa tipologia di interventi comporta notevoli
consumi di risorse pregiate e non rinnovabili, quali aggregati lapidei e bitume, e che
vengono contestualmente prodotti ingenti quantità di materiali di risulta, con costi sia
economici di dismissione, che ambientali di inquinamento, si rende ancora più
necessaria la ricerca di una soluzione alternativa al problema [34] .
Questa soluzione arriva infatti con il riciclaggio ; nel settore delle pavimentazioni
stradali col termin e “riciclare”, si intende qualsiasi possibilità di recuperare e riutilizzare
il materiale fresato, per la produzione di un nuovo conglomerato bituminoso. Le
motivazioni che spingono verso questa direzione, sono molteplici:
• riduzione dell’impiego di materie prime vergini;
• riduzione dei territori da destinare a discarica;
• limitazione dell’inquinamento del suolo e dell’atmosfera, derivante dal trasporto
e dall’incenerimento dei rifiuti;
• conservazione dell’energia;
• vantaggi economici;
• vantaggi tecnici.
Tuttavia In Italia, al contrario di come avviene in molti altri paesi industrializzati, la
7
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio tecnica del reimpiego del fresato non ha avuto ancora un largo utilizzo. Da una stima
approssimata sulla quantità di materiale di recupero proveniente dalla demolizione delle
pavimentazioni stradali degradate, risulta che la quantità di conglomerato bituminoso
fresato è pari a circa 12 milioni di tonnellate, su un totale di quasi 40 milioni di
tonnellate di conglomerato bituminoso prodotto annualmente, con una percentuale di
reimpiego stimata intorno al 15% (circa 1.8 milioni di tonnellate). Tale dato risulta
molto inferiore rispetto a quello dei maggiori paesi sviluppati, dove si recupera oltre
l’80% dello stesso materiale fresato.
Tab. 2.1: Produzione annuale di conglomerato bituminoso in alcuni paesi
e percentuali del materiale recuperato
2.2 Breve storia del riciclaggio in Italia: dalla fresatura a caldo degli anni ’70 al
primo intervento di riciclaggio, totalmente a freddo, in situ Il riciclaggio delle pavimentazioni stradali ha inizio in Italia all’incirca negli anni ’70,
grazie alla fresatura degli strati superficiali, e in concomitanza della crisi petrolifera del
tempo.
La prima tecnica utilizzata fu quella della fresatura a caldo, ottenuta mediante un
riscaldamento ed una successiva demolizione di 5 o 6 cm della pavimentazione
superficiale, con l’utilizzo di speciali pettini [26] .
Il successo fu immediato: considerando il fatto che molte barriere di sicurezza erano già
state installate, la scarifica della pavimentazione non comportava un innalzamento della
loro quota, con una conseguente ed onerosa risistemazione delle barriere stesse; ciò
sarebbe invece accaduto aggiungendo uno strato superficiale sopra la vecchia
pavimentazione.
8
Paese Francia 38,0 7,0 25
Germania 63,5 16,0 80
Svizzera 4,7 1,8 30
Paesi Bassi 7,5 3,0 100
Regno Unito 27,5 8,0 90
Usa 515,0 50,0 80
Giappone 70,1 22,0 80
Italia 36,3 12,0 15
Produzione annuale di
conglomerati t ∙ 10
6
Produzione annuale
di fresato
t ∙ 10
6
Percentuale di impiego
del fresato %
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio La presenza però di notevoli contenitori di gas su strada, per la fresatura a caldo, e la
limitatezza dello spessore di scarifica, hanno spinto i ricercatori a rivolgere i loro studi
verso tecnologie meno pericolose e più produt tive [27] .
Nel 1983 infatti, sulla Roma-Civitavecchia iniziarono i primi lavori di riciclaggio in situ
con impianti mobili molto simili a quelli fissi, con una produttività di 120 tonn/ora, che
raggiungevano profondità di più di 10 cm con impiego di frese a freddo, e che
riuscivano a riciclare fino all’80% del materiale di recupero, da integrarsi con un 20% di
inerti vergini, per la correzione della curva granulometrica di progetto; il primo treno di
riciclaggio in Italia fu sviluppato ad opera della Pavimental, impresa di costruzioni
stradali costituita nel 1982 per la manutenzione della rete autostradale, insieme alla ditta
Marini.
Il primo impianto fisso di riciclaggio invece, è da attribuirsi agli inizi degli anni ’80, che
permise la realizzazione di un importante intervento manutentorio dell’intera pista n.1
dell’aeroporto di Fiumicino: in questa tipologia di impianto, il materiale di recupero,
ottenuto dalla dismissione di pavimentazioni bituminose, veniva portato nel cantiere
fisso e riciclato, in quantità che al massimo si aggiravano attorno al 40-50%.
Sempre nel 1983, sono stati realizzati i primi interventi di recupero di materiali
granulari di fondazione o sottofondazione, con demolizione e miscelazione in situ, con
cemento e calce, e con un riutilizzo del 100% del materiale di scarifica (Autostrada
I.R.I.-tratto Magliano Sabina-Fiano) [26] .
Tra il 1984 e il 1990, lungo la rete autostradale I.R.I., furono eseguite notevoli opere di
recupero, per un totale di 2,5 milioni di tonnellate di materiale riciclato a caldo, ma
fresato a freddo; il sistema fu favorevolmente adottato anche da altre Amministrazioni
italiane, e furono nel complesso utilizzati 13 treni mobili in tutta Italia, di cui 5 della
sola Autostrada I.R.I., mentre nel Mondo ben 30.
Sempre nello stesso periodo, nel programma di ampliamento a tre corsie nei tratti
Bergamo-Brescia, Bologna-Rimini, Roma-Frosinone, Capua-Napoli, fu utilizzato
materiale di recupero fresato, per misti granulari [27] .
Nel 1989 ebbero inizio in Italia i primi tentativi di riciclaggio delle pavimentazioni
bituminose, totalmente a freddo, sia per la fresatura che per il confezionamento, con
emulsioni bituminose, mediante un apposito treno di riciclaggio, dalla produzione oraria
di ben 250 tonn/ora; l’unico difetto della tecnologia, era rappresentato dai lunghi tempi
di attesa per la riapertura al traffico, anche di 3-4 giorni, a cui ragionevolmente
seguirono nuovi studi ed esperimenti in materia.
9
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio Ampliare questo mercato e indirizzarlo dal punto di vista della salvaguardia ambientale,
comporta innanzitutto:
• progettare le nuove pavimentazioni stradali con il criterio di riutilizzare tutto il
materiale di risulta, in tutti i cicli di manutenzione futuri;
• avvalersi il più possibile di tecniche che mirino al recupero del 100% del
materiale;
• adottare tecnologie che salvaguardino il più possibile l’ambiente, e sotto tutti gli
aspetti.
Relativamente a quest’ultimo punto, si pone quindi maggior attenzione a quelli che sono
i processi di riciclaggio in situ, con lo scopo di minimizzare non solo i costi, ma anche
l’inquinamento ambientale e i consumi energetici, che deriverebbero dai continui
trasporti tra cantiere e impianto fisso [27] .
Un’altra problematica da non sottovalutare, è quella delle code che un cantiere stradale
genera in fase di manutenzione; i tempi di attesa riguardano infatti non solo gli
automobilisti, ma anche gli autocarri, anch’essi incappati nelle code, che riforniscono i
cantieri stessi di materiali: ne deriva un crollo della produttività, anche di 5 volte
inferiore, ed un allungamento dei tempi di manutenzione, di disturbo, e di conseguente
ripristino della strada. Sono da preferirsi, a maggior ragione, lavorazioni con treni di
riciclaggio in situ, che riutilizzando il materiale recuperato al 100%, e limitano il
rifornimento dall’esterno ai soli acqua e legante (5%).
Nonostante gli studi, le ricerche, le sperimentazioni effettuate in materia, il riciclaggio
tarda a spiccare il volo, soprattutto in Italia, e dal punto di vista dell’AIPCR,
Associazione Mondiale Della Strada, ciò è attribuibile a diversi fattori, tra cui
ricordiamo:
• carenza di normativa tecnica di riferimento;
• legislazione inadeguata;
• scarsa conoscenza da parte della stazione appaltante, dei vantaggi ottenibili dalle
tecniche, anche a causa della loro modesta diffusione;
• un comune convincimento che materiali e tecniche di riciclaggio, siano più
onerosi rispetto a quelli tradizionali.
Probabilmente dovrebbero essere proprio gli strumenti normativi, i primi a porre vincoli
restrittivi sulla messa a discarica di materiale, con lo scopo di indirizzare il paese a
favore del riciclaggio, e mostrando una sensibilità ambientale, che spontaneamente tarda
10
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio ad arrivare [26] .
2.3 Tecniche di riciclaggio Le tecniche oggi a disposizione nell’ambito del riciclaggio, possono essere
macroscopicamente divise in:
• riciclaggio in impianto fisso;
• riciclaggio in situ.
Ciascuna di esse presenta vantaggi e svantaggi, che vedremo in seguito.
Un’altra caratterizzazione può essere fatta in relazione agli scambi energetici presenti
all’atto del confezionamento del nuovo conglomerato:
• riciclaggio a caldo;
• riciclaggio a freddo.
A queste due ultime tipologie, se ne aggiunge però una terza, relativa a miscele
bituminose tiepide, che per motivi che vedremo in seguito, saranno preferite ai processi
a freddo; quest’ultima tecnologia è attualmente disponibile solo in impianti fissi, e sarà
pertanto veramente efficiente quando ne sarà possibile la diffusione in impianti mobili.
Relativamente alle altre tipologie invece, esse possono combinarsi tra loro, potendo
avere sia negli impianti fissi che negli impianti mobili, possibilità di riciclaggio sia a
caldo che a freddo [8] .
Fig. 2.1: Possibili combinazioni di riciclaggio Rispetto alle tecniche tradizionali a caldo, come già accennato, il riciclaggio consente
un risparmio di risorse non rinnovabili, come aggregati lapidei e bitume, ma anche di
tutti i consumi relativi alla loro produzione, come impianti di frantumazione primaria o
secondaria [34] .
La demolizione delle pavimentazioni, non comporta più un consumo di risorse per lo
11
Capitolo 2 - Considerazioni generali sul riciclaggio smaltimento del fresato stesso e per la gestione dell’area di discarica: il materiale viene
riutilizzato, sia a caldo che a freddo.
Le tecniche in situ, inoltre, annullano il trasporto del fresato dal cantiere all’impianto, e
conseguentemente del conglomerato dall’impianto al cantiere, permettendo un riutilizzo
del materiale fino al 100% nel caso di riciclaggio a freddo.
La stessa distinzione fra riciclaggio a caldo o a freddo, caratterizza un maggior o minor
consumo energetico, che si ripercuote direttamente sia sull’aspetto economico, ma
anche su quello ambientale [34] .
Più nello specifico analizzeremo quali siano i vantaggi e gli svantaggi che
accompagnano queste tecnologie, e di quale avvalersi a seconda del caso, di volta in
volta.
12