Capitolo 2
Quadro normativo di riferimento 2.1 Fonti del diritto internazionale (2.1.1 Dichiarazione dei Principi del Comitato di Basilea; 2.1.2 Convenzione delle
Nazioni Unite; 2.1.3 Le 40 Raccomandazioni del G.A.F.I.; 2.1.4 Convenzione di Strasburgo; 2.1.5 Convenzione di
Varsavia ); 2.2 Fonti comunitarie (2.2.1 Direttiva 91/308/CEE; 2.2.2 Direttiva 2001/97/CE; 2.2.3 Direttiva
2005/60/CE); 2.3 Fonti del diritto nazionale (2.3.1 Riciclaggio; 2.3.2 Usura; 2.3.3 Circolazione transfrontaliera di
capitali).
2.1 Le fonti del diritto internazionale Il riciclaggio dei proventi illeciti è un fenomeno transnazionale. L'economia illegale trae profitto
dalla globalizzazione dei mercati e dall'accelerazione delle trasmissioni finanziarie. Si sono resi
pertanto necessari interventi normativi di profilo internazionale.
A conferma di tale indirizzo, la seconda Relazione sull'applicazione della Direttiva 91/308/Cee, ora
abrogata, che recitava: “il riciclaggio dei proventi di attività illecite è un fenomeno sempre più
internazionale i cui responsabili sono pronti a sfruttare tutte le opportunità e lacune esistenti nei
dispositivi degli Stati in qualsiasi parte del mondo. Pertanto la lotta contro il riciclaggio di capitali
deve essere concepita in termini globali” 2
.
Il carattere transfrontaliero del reato veniva confermato anche dalla Conferenza internazionale
dell'ONU del 1994 in tema di prevenzione e controllo del riciclaggio di denaro. Alla conferenza
presero parte 45 Paesi, vennero analizzate le stime dei proventi oggetto del riciclaggio atte a
dimostrare la natura internazionale del fenomeno.
La materia è disciplinata da normative internazionali, con diversa forza giuridica, e da norme
comunitarie.
A causa degli attacchi terroristici del 2001, la disciplina è stata estesa al contrasto del finanziamento
del terrorismo.
Di seguito, le principali iniziative adottate in campo internazionale, da cui sono derivati
adeguamenti all'assetto normativo nazionale.
2 “Seconda relazione della Commissione sull'applicazione della Direttiva relativa al riciclaggio dei proventi di attività
illecite” (91/308/Cee), XV/1116/97-rev.2-It, 4.
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2.1.1 Dichiarazione dei Principi del Comitato di Basilea Il “Comitato per la regolamentazione bancaria e le procedure di vigilanza” è un Organismo fondato
dai rappresentanti delle Istituzioni di vigilanza bancaria degli 11 Paesi più industrializzati del
mondo. Il Comitato fu istituito alla fine del 1974 durante il G10, con lo scopo di consentire una
migliore collaborazione tra le autorità di vigilanza dei paesi aderenti e per istituire sistemi atti a
evitare crisi bancarie e minacce ai mercati internazionali.
Nel dicembre del 1988, il Comitato ha predisposto una “Dichiarazione di Principi sulla prevenzione
dell'utilizzo a fini criminosi del sistema bancario per il riciclaggio di fondi di provenienza illecita” 3
,
volta ad individuare regole di comportamento, cui avrebbero dovuto conformarsi le istituzioni
bancarie di ciascun Paese, al fine di prevenire l'utilizzazione del sistema creditizio per scopi di
riciclaggio. I principi fissati dal Comitato, in base ai quali sono stati successivamente elaborati
strumenti di diritto internazionale aventi carattere vincolante per gli Stati aderenti, sono:
• l'identificazione della clientela. Le banche dovrebbero compiere sforzi per identificare i
propri clienti, soprattutto quelli nuovi, e non dovrebbero dar corso ad operazioni rilevanti
con soggetti che non comprovano la propria identità;
• l'osservanza della legge. Gli istituti di credito devono condurre la loro attività in conformità
a rigorosi indirizzi etici e nel rispetto delle leggi e delle regolamentazioni;
• la collaborazione con le Autorità. Le istituzioni bancarie dovrebbero, nei limiti delle
normative nazionali concernenti la tutela della riservatezza della clientela, fornire assistenza
alla magistratura ed alla Polizia e negare, correlativamente, tale ausilio a coloro che tentano
di eludere le investigazioni;
Nel 2001, poi, il Comitato ha emanato ulteriori indicazioni nei confronti del sistema bancario
(Customer due diligence for banks) nelle quali affronta, sotto il profilo della vigilanza prudenziale,
il principio della conoscenza della clientela come fondamento della prevenzione dell'uso del sistema
bancario a scopo di riciclaggio.
3 Dichiarazione dei Principi sulla prevenzione dell'utilizzo a fini criminosi del sistema bancario per il riciclaggio di
fondi di provenienza illecita , dicembre 1988, pubblicata in Diritto della Banca, 1989, II, p. 97.
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Infine, nel 2003, il Comitato, insieme all 'International Association of Insurance Supervisors (IAIS)
e all' International Organization of Securities Commissions (IOSCO
4
), ha pubblicato un documento
comune sugli standard antiriciclaggio e antiterrorismo applicabili ai tre settori regolati (banche,
assicurazioni, società di investimento).
2.1.2 Convenzione delle Nazioni Unite La “Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze
psicotrope” fu firmata a Vienna il 20 dicembre 1988 e ratificata in Italia con la legge 5 novembre
1990, n. 328. Nell'adottare più incisivi strumenti di contrasto in materia di traffico internazionale di
droga, prende per la prima volta in considerazione il riciclaggio dei proventi di droga da esso
derivanti.
I punti essenziali di tale Convenzione sono rappresentati dalla possibilità di:
• intensificare la collaborazione internazionale nelle indagini antidroga;
• confiscare i proventi derivanti dal traffico di stupefacenti;
• concedere l'estradizione per i casi di riciclaggio dei relativi flussi finanziari;
I reati presupposto individuati dalla Convenzione, sono, in dettaglio; la produzione, fabbricazione,
estrazione, preparazione, offerta, messa in vendita, distribuzione, consegna, importazione ed
esportazione di sostanze stupefacenti o psicotrope; la coltivazione delle piante dalle quali alcune di
tali sostanze traggono origine; la detenzione o l'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope; la
fabbricazione, il trasporto la distribuzione di materiali o sostanze strumentali alla produzione di
sostanze psicotrope.
La criminalizzazione del reato di riciclaggio è avvalorata funzionalmente dalla previsione di
strumenti ex artt. 6, 7 e 9, atti ad agevolare la collaborazione tra gli stati firmatari.
La cooperazione internazionale è fondata sull'inopponibilità del segreto bancario per le indagini sul
riciclaggio, obbligando alcune Nazioni ad intervenire sulle proprie legislazioni adeguandole a tale
efficace strumento investigativo.
Significativa è la previsione di forme di collaborazione di polizia realizzate attraverso intese o
4 Initiatives by the BCBS, IAIS and IOSCO to combat money laudering and the financing of terrorismo, giugno 2003.
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procedure informali.
Altri strumenti previsti dalla Convenzione sono la confisca e l'inversione dell'onere della prova
della liceità della provenienza delle attività che possono essere oggetto di confisca. Misure
applicative mai trattate in altre convenzioni e per la prima volta introdotte a sanzionare i proventi
finanziari derivanti dal narcotraffico.
Le Nazioni Unite sono tornate sul tema dell'antiriciclaggio con la stesura della Convenzione contro
la criminalità organizzata transnazionale, aperta e sottoscritta a Palermo nel dicembre 2000
5
.
I reati presupposto, prima legati soltanto al traffico di stupefacenti, sono notevolmente estesi alla
conversione e al trasferimento di beni proventi da reato; occultamento e simulazione della loro reale
natura e provenienza; acquisizione, possesso ed utilizzo di tali beni con la consapevolezza della loro
origine illecita.
La Convenzione si rende dunque partecipe di un impegno comune nella lotta al riciclaggio
attraverso l'istituzione di regolamentazione interna, il controllo delle attività di utilizzazione ai fini
di riciclaggio, di monitoraggio dei movimenti transfrontalieri di capitali; promuove la cooperazione
internazionale e detta norme in materia di registrazione delle operazioni finanziarie, di
identificazione degli autori e della segnalazione di quelle sospette, delle conseguenti misure
preventive.
2.1.3 Le 40 Raccomandazioni del G.A.F.I.
Le 40 Raccomandazioni del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (G.A.F.I.), costituito nel
vertice del G7 tenutosi a Parigi nel 1989, nel corso del quale fu assunta la decisione di creare questo
gruppo di esperti per valutare i risultati ottenuti dalla collaborazione internazionale già avviata,
furono stabilite al fine di prevenire l'utilizzazione per finalità di riciclaggio dei sistemi bancari e
finanziari.
Gli esperti dei vari Paesi furono tratti dalle Amministrazioni Finanziarie, ai quali presto si
affiancarono consulenti legali ed investigativi.
Anche la delegazione italiana riflette questa composizione, facendovi parte, oltre a rappresentanti
del Ministero del Tesoro (ora dell'Economia e delle Finanze), che è il coordinatore dell'attività della
rappresentanza nazionale, anche quelli dei Dicasteri della Giustizia e dell'interno (mediante la
Direzione Investigativa Antimafia), della Guardia di Finanza, della Banca d'Italia e dell'Ufficio
Italiano Cambi.
5 Ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge 16 marzo 2006, n. 146.
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