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Introduzione
Scopo della tesi è la presentazione del restauro di due cassettoni, un tempo facenti
parte della sacrestia dell’ex Chiesa di Santa Maria in Brera, realizzati nell’arco del
seicento e ora di proprietà dell’Accademia di Belle Arti.
La sacrestia nell’Ottocento è stata smembrata ed è costituita da due coppie di armadi
di cui due a due ante (Figure 2-3) e due a un’anta (Fig. 2), oggetto di studio e di ricerca
delle mie due colleghe Giulia Brocchieri e Chiara Metelli, e da due cassettoni invece
oggetto del mio studio.
Questi arredi negli anni sono stati riadattati e ricollocati nelle seguenti aule dell’attuale
Accademia, precisamente aula 15, aula 37, aula 39 e la Direzione, in cui si svolgono
le regolari attività didattiche (Fig. 1). Inoltre sappiano che altri arredi, facenti parte
della stessa sacrestia non si sono più ritrovati perché sono stati rivenduti per pagare la
manodopera ai falegnami.
Fig. 1. Mappa dell’Accademia di Belle Arti di Brera con evidenziate le aule dove erano posti
i sei arredi
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Fig. 2. Da sinistra verso destra un armadio a un’anta (dimensioni 257,7 x 134,2 x 65,9 cm),
un armadio a due ante (dimensioni 255 x 183,8 x 51,5 cm) e armadio ad un’anta (dimensioni
257,7 x 133,5 x 63,2 cm), aula 15
Fig. 3. Armadio a due ante, aula 37 (dimensioni: 261,5 x 186,76 x 50,2 cm)
Fig. 4. Cassettone, Direzione (dimensioni: 111 x 175,2 x 59,5 cm)
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Fig. 5. Cassettone, aula 39 (dimensioni: 111 x 174,9 x 59.5 cm)
I due cassettoni (Figure 4-5), nel corso del tempo, hanno subito importanti
trasformazioni, che ne hanno modificato l’aspetto originale, per esempio in alcune
zone ricostruite e riadattate all’uso, piani assottigliati, inserti lignei, in prossimità delle
assi disconnesse e parti smontante e rimontate secondo le tecniche della carpenteria di
un tempo, utilizzando soprattutto legni di diverse specie legnose. Questi sono solo
alcuni esempi di rimaneggiamenti che hanno subito questi arredi. Si parlerà poi più in
dettaglio di tutti i vari cambiamenti significativi che si sono ormai storicizzati nella
loro “vita” conservativa.
Lo stato di conservazione, prima dell’intervento di restauro, appariva discreto, in
particolare il cassettone, proveniente dall’ufficio della Direzione presentava una
stesura superficiale molto consistente a differenza del cassettone, proveniente dell’aula
39, che invece presentava una vernice molto degradata. Alcune parti inoltre hanno
un’accentuata fragilità come l’anta destra cadente, il piedino posteriore cedevole, gli
imbarcamenti sul piano alto, le parti mancanti e le fessurazioni accentuate. Invece su
tutti e due i piani sono visibili numerosi segni e graffi, dovuti ad un grande uso
dell’arredo, come appoggio di vari oggetti pesanti e con spigoli.
Obiettivo del restauro è stato quello di capirne la costruzione e di riportare i due
cassettoni a condizioni simili all’originale, nel rispetto della loro storia e dei loro
cambiamenti logistici subiti nel corso degli anni.
Durante l’intervento di restauro si è potuto verificare con delle analisi significative la
costituzione della verniciatura superficiale oltre che alcuni materiali che ormai il legno
antico ha assorbito nel corso del tempo vuoi per puliture troppo aggressive, ovvero per
uso di prodotti ad alto potere solvente, vuoi per incuria dell’uomo.
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L’inizio del restauro ha previsto la rimozione di tali strati superficiali, molto
stratificati, cercando però di conservare quella che è la patina antica del mobile. Questa
rimozione è stata valutata anche comparando altri arredi coevi da sacrestia per meglio
capirne le finiture superficiali.
Tutto l’intervento di restauro è stato documentato mediante fotografie, sia in luce
naturale che in luce UV, dei tasselli di pulitura che hanno evidenziato i materiali
rimossi con diversi solventi, oltre che i particolari costitutivi e le condizioni di
conservazione. Per una maggior completezza di informazioni si sono realizzate anche
delle fotografie utilizzando un microscopio digitale portatile.
Le fasi operative dell’intervento, tenendo conto del progetto di restauro inziale, hanno
avuto inizio con la rimozione delle sostanze filmogene superficiali con l’utilizzo del
mezzo acquoso e di solventi organici neutri usati in forma gelificata, per ridurre
l’interazione con i materiali costitutivi e del legno in opera oltre che per salvaguardare
la salute dell’operatore. La rimozione delle sostanze filmogene, consistenti e
disomogenee, hanno interessato sia gli esterni che l’interni dei due cassettoni con
diversi metodi di pulitura che si sono potuti testare nelle varie fasi di rimozione.
In un secondo momento si è proceduto con il consolidamento delle zone ammalorate
e il fissaggio di alcune parti distaccate. Successivamente si sono effettuati gli interventi
di falegnameria, con la realizzazione delle parti mancanti (elementi di modanatura e
del piedino posteriore sinistro dell’arredo proveniente dall’aula 39) e il successivo
incollaggio.
Il restauro si è terminato con un trattamento di finitura estetica delle lacune e
successive varie stesure di gommalacca e mordente. Ed infine una verniciatura a
tampone con cera d’api.
Questo lavoro di progetto e di restauro vuole sottolineare l’importanza che hanno avuto
questi arredi sacri nella storia. Essi facenti parte di un unico complesso ligneo, sono di
particolare interesse anche per capire la storia della sacrestia e dell’ex Chiesa di Santa
Maria in Brera. Ogni singolo arredo infatti ci ha dato la possibilità di capirne la
costruzione, la falegnameria e l’artigianato di un tempo.
Una tesi che vuole essere anche una ricerca e di sopraluoghi per mettere in luce quelli
che sono le mani artigiane di secoli e secoli di rimaneggiamenti mettendo a confronto
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sacrestie coeve di Milano e provincia, ma non solo, e mettendo in relazione i particolari
costruttivi del complesso.
Il restauro della sacrestia inoltre è stata un’occasione per mettere in pratica tutte le
conoscenze apprese durante i cinque anni del corso di studi di Restauro ma, anche
occasione di confronto con diverse figure professionali che sono state fondamentali
per la buona riuscita del lavoro di tesi e soprattutto di ricerca e approfondimento
dell’opera presa in esame.
Nel mio elaborato parlerò nello specifico dei due cassettoni provenienti dall’aula 39 e
dall’ufficio della Direzione, facendo solo qualche riferimento e confronto con le altre
due coppie di armadi.
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Capitolo 1
1. Contesto storico e luogo di collocazione dei quattro armadi e dei due cassettoni
facenti parte della sacrestia dell’ex Chiesa di Santa Maria in Brera
L’ex Chiesa di Santa Maria in Brera (Fig. 6) è stata costruita a partire dal 1229 e
completata nel 1347 da una facciata in marmo bianco e nero con un elegante portale
gotico e sculture di Giovanni di Balduccio da Pisa come è documentato
dall’asserzione scolpita sull’architrave
1
. Affiorano legami tra la facciata di Brera e le
costruzioni contemporanee, infatti sono evidenti affinità esistenti tra la cuspide
2
del
portale della facciata di Santa Maria in Brera e i due frontoni che dominano le porte
di Santa Maria della Spina a Pisa (Fig. 7), due somiglianze che stanno a significare
la provenienza del nostro scultore.
Figg. 6-7. Da sinistra verso destra, Incisione di F. Cassina raffigurate la facciata di Santa
Maria in Brera
3
e chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa
4
Convento e chiesa sono quasi interamente scomparsi, frammenti decorativi e sculture
si conservano al Castello Sforzesco di Milano, mentre alcuni affreschi trecenteschi
1
AA.VV., “Iscrizioni delle Chiese Milanesi”, Milano, 1980, vol. IV, p. 280.
2
La cuspide è un coronamento, di forma triangolare o piramidale, di un edificio o di una sua parte. Dal
glossario dei termini architettonici (1998-99).
3
M. Caciagli, “Milano le chiese scomparse”, Vol. A, Milano, ricerche iconografiche Pantaleo di Marzo,
Civica biblioteca d’arte, 2005, p.104.
4
Da “Antropologia dell’Arte Sacra, descrizione del monumento, architetture sacre” su
antropologiaartesacra.it.
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attribuiti al pittore italiano, Giusto Dé Menabuoi, sono visibili in un’aula
dell’Accademia.
La chiesa rimase intatta fino al 1570 quando subì dei rimaneggiamenti. La decisione
coincideva con il momento più delicato per l’ordine Umiliato che era ridotto ad un
numero di presenze irrilevante nei conventi di Lombardia, mentre la pratica della
penitenza e dell’umiltà era già decaduta nel corso del XV secolo. Proprio per queste
cause si era aperta una disputa con il cardinale Carlo Borromeo, arcivescovo di
Milano, desideroso di riportare al rigore tutto il clero e anche l’ordine Umiliato che
non intendeva rinunciare ai suoi privilegi
5
. L’arcivescovo ottenne da Pio V, con una
bolla del 7 febbraio 1571, l’abolizione dell’ordine fino all’avvento nel 1572 dei
Gesuiti che subentrarono nell’edificio, lasciato dagli Umiliati, e con il cardinale
Borromeo fondarono un collegio di educazione. La chiesa rimarrà sotto il controllo
dei Gesuiti fino alla fine del XVIII secolo, e verrà sconsacrata nel 1806.
Nel 1615, prese la direzione l’architetto Francesco Maria Richini, incaricato dal
Cardinale Borromeo per il progetto che prevedeva una ricostruzione organica di tutto
il complesso monastico differenziando in due parti l’organismo braidense. Era stata
ristrutturata la zona conventuale e si erano costruite le prime aule delle scuole. I lavori
ebbero inizio nel 1627. Il progetto fu poi approvato nel 1651, esso dava all’edificio
un aspetto monumentale con il suo grandioso cortile composto da due ordini di logge.
Alla sua morte, avvenuta nel 1658, proseguirono nei lavori il figlio Gian Domenico,
e a Gerolamo Quadrio e Pietro Giorgio Rossone. L’edificio assumeva la forma solida
e austera, tipica del Barocco lombardo che tutt’ora lo distingue nel contesto urbano.
Nel 1772 fu soppressa la compagnia di Gesù dal papa Clemente XIV, il collegio di
Brera diveniva proprietà dello Stato e nel 1774 Maria Teresa d’Austria diede incarico
all’architetto Giuseppe Piermarini di proseguire con i lavori.
Con il decreto del 22 gennaio 1776 vennero istituite, per volere dell’imperatrice
Maria Teresa, l’Accademia di Belle Arti e la Società Patriottica divenuta nel secolo
successivo Reale Istituto di Scienze, lettere ed arti ed infine attuale istituto lombardo.
Veniva così a costruirsi nella città di Milano il centro propulsore delle arti, con sede
nell’attuale Palazzo di Brera.
5
G. Bologna (a cura), “Vera relatione del successo dell’archibuggiata tirata a S. Carlo Borromeo
arcivescovo di Milano”, Milano, 1995.
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I lavori di compimento del palazzo furono eseguiti tra il 1776 e il 1784 ed in questa
fase fu definitivamente sistemato nella facciata sulla via Brera l’ingresso principale,
costituito dal grande portale dell’architetto Giuseppe Piermarini, che in quel periodo
ricopriva la cattedra di Architettura dell’Accademia di Brera ed è già a Milano, dal
1770 per eseguire i lavori di restauro e di ampliamento del Palazzo di Brera.
Il successo dell’Accademia, si manifestò fin da subito, molti allievi si inscrivono e
nel 1801 il pittore Giuseppe Bossi ne divenne segretario. Più tardi decise di dimettersi
e la sua posizione venne affidata al pittore Andrea Appiani.
Invece dal 1806 al 1808, la Chiesa di Santa Maria di Brera viene demolita quasi
totalmente e incorporata nella nuova parete all’interno. La navata centrale fu
suddivisa in due piani: nel primo piano si colloca la Pinacoteca, inaugurata nel 1809,
anno del compleanno di Napoleone, e al piano terra è adibita alle aule tutt’ora ancora
presenti per la didattica.
La sacrestia, si collocava originariamente all’interno di questa chiesa, che oggi si
presenta solo parzialmente incorporata e adattata ai nuovi usi nella complessa e più
recente struttura dello stesso palazzo di Brera. È stata edificata dagli Umiliati e citata
per la prima volta da alcune Bolle papali prima ancora del riconoscimento ufficiale
del Secondo Ordine degli Umiliati, compiuto dal papa Innocenzo III con la Bolla del
1201 “Diligentiam pii patris”
6
.
La Chiesa di Santa Maria di Brera fu costruita, secondo quanto asserisce la Scotti,
lungo il lato sud del chiostro della Casa Umiliata di Brera. Giovanni da Brera,
cronista Umiliato, autore nel 1419 di una “Cronaca”, stabilisce la costruzione della
chiesa precisamente nel 1208. L’impianto generale della semplice geometria
delineava una delle principali caratteristiche dell’architettura dell’Ordine degli
Umiliati.
Per quanto riguarda invece la sacrestia, non abbiamo molte notizie storiche. Solo però
dall’attenta osservazione e dal confronto di arredi di altre sacrestie milanesi e della
provincia, siamo giunti alla conclusione che l’anno di costruzione potrebbe essere il
Seicento. Inoltre è documentato, che al di sopra della porta d’ingresso della sacrestia,
era collocato un affresco originario di Vincenzo Foppa raffigurante la Madonna con
6
M. Caciagli, “Milano le chiese scomparse” Vol. A, Milano, ricerche iconografiche Pantaleo di Marzo,
Civica biblioteca d’arte, 2005, p.100.
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bambino tra i santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista (Fig. 8). Affresco
ormai staccato e trasportato su tela, misura 192x171 cm e oggi conservato alla
Pinacoteca di Brera. Questo dipinto costituiva la parte superiore di una decorazione
più vasta, che comprendeva ai fianchi degli stipiti della porta due lesene dipinte che
si concludevano superiormente con i capitelli dei quali si scorgono ancora in parte
gli elementi superiori.
Fig. 8. V. Foppa, Milano Madonna del tappeto “La Madonna con bambino tra i santi
Giovanni Battista e Giovanni Evangelista”, 1485, affresco staccato, Pinacoteca di Brera,
Milano