21. Antigiuridicità e teorie del reato
Da un punto di vista formale il reato può essere identificato come
l’insieme dei requisiti necessari e sufficienti per il prodursi della
conseguenza giuridica della pena 1.
Ogni schema di analisi del reato non può che partire da una
definizione formale de2lo stesso anche perché se univoca è la
definizione formale, diverse sono le definizioni sostanziali, che
parte della dottrina, non ritenendo soddisfacente tale definizione,
elabora. Oggetto ella c.d. teoria generale del reato o dottrina del
reato, intesa come quella branca della scienza del diritto penale che
mira ad individuare e a ordinare in forma sistematica gli elementi
del reato, è proprio tale nozione di reato. Se questa nozione è
l’oggetto della teoria del reato, nonché il punto di partenza, diverse
sono le metodologie, poi, con le quali tale analisi è stata condotta
che hanno determinato diverse teorie del reato 2.
Un primo schema di analisi della struttura del reato di tipo per cosi
dire ”naturalistico” muove dalla differente essenza degli elementi
in cui è possibile scomporre una condotta umana: elemento della
fisicità, cioè il suo manifestarsi nella realtà fenomenica, e
l’elemento psicologico, vale a dire l’atteggiamento interiore che
anima la condotta umana. Tale orientamento basandosi su questa
1
In questi termini FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
2 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
3duplice articolazione della condotta umana ripartisce gli elementi
della descrizione legale del reato a seconda che essi si riferiscono
all’aspetto soggettivo ovvero a quello oggettivo del fatto
penalmente rilevante. Tale procedimento di analisi dà origine ad
una concezione di reato che ce lo presenta diviso in due parti
essenziali. Questo schema di strutturazione del reato tipico della
tradizione penalistica italiana, in particolare della Scuola classica 3,
è definito teoria bipartita del reato. Attualmente uno dei
sostenitori di questa teoria del reato è Francesco Antolisei 4.
Un secondo schema di analisi accuratamente elaborato fin
dall’inizio del secolo scorso in Germania ove largamente
dominante e condiviso dalla maggioranza della dottrina penale
italiana, passato poi alla storia come teoria tripartita del reato o
belinghiana, si caratterizza (come accennavo in primis) per un
diverso approccio metodologico al problema degli elementi
costitutivi del reato. Infatti secondo tale analisi della struttura del
3 La teoria più antica, che per lungo tempo ha dominato e che ancora oggi ha
numerosi sostenitori, è quella della Scuola classica. La Scuola classica nasce, in
pieno Illuminismo, come reazione alla situazione politica, sociale e giuridica in
cui si trovava l'Italia, e nella battaglia contro il sistema penale allora vigente,
caratterizzato dall'uso della tortura e dalla ferocia delle pene, trova le proprie
ragioni di esistenza. Questa dottrina, che fa propria una concezione metafisica
del diritto, pone a fondamento del diritto penale i seguenti principi: a) il
delinquente è un uomo uguale a tutti gli altri; b) la condizione e la misura della
pena sono date dall'esistenza e dal grado del libero arbitrio; c) la pena ha
funzione etico-retributiva del male commesso, perciò deve essere
assolutamente proporzionata al reato, afflittiva, personale, determinata e
inderogabile.
4 ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte generale.
4reato, gli elementi di quest’ultimo vanno ricavati in base ai diversi
livelli di collegamento che si stabiliscono tra il fatto penalmente
rilevante e l’ordinamento giuridico e procedendo in questi termini
giunge ad individuare un reato costituito da tre parti essenziali 5.
La prima figura di qualificazione del fatto penalmente rilevante
concerne la sua conformità alla descrizione normativa di un reato e
viene indicata con il termine tipicità. Quindi la conformità al tipo è
il contrassegno caratteristico ed elementare del fatto penalmente
rilevante, ma comunque non esaurisce la struttura del reato, infatti
la conformità ad un tipo di reato non necessariamente è un fatto
illecito, ma può essere considerata solo come un indizio di illiceità
proprio perché non implica necessariamente anche la contrarietà
del fatto con l’ordinamento giuridico. Ad esempio: Tizio uccide
Caio in stato di legittima difesa, Tizio avrà commesso un fatto
conforme ad una norma incriminatrice e quindi tipico, ma non un
reato dal momento che tale condotta è addirittura autorizzata
dall’odinamento giuridico. In questo esempio manca un altro
elemento essenziale e necessario per definire una determinata
condotta umana come reato: la contrarietà del comportamento
umano all’ordinamento giuridico ovvero l’antigiuridicità. Quindi
stando a tale orientamento dottrinale il secondo elemento
costitutivo del reato è l’antigiuridicità 6.
A questi due elementi costitutivi del reato di ordine oggettivo se ne
5 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
6 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
5aggiunge un altro di tipo soggettivo: la colpevolezza, e cioè la
presenza di presupposti di ordine soggettivo che consentono
l’applicazione di una pena all’autore del fatto penalmente rilevante.
Il contenuto di tale elemento non appare uniforme già nell’ambito
di questa stessa teoria, infatti si è passati da una concezione
psicologica della colpevolezza secondo cui essa è il nesso psichico
tra l’agente e la condotta che cagiona l’evento a favore, poi, di una
concezione normativa della colpevolezza (che attualmente sembra
quella prevalente) secondo la quale la colpevolezza si risolve in un
giudizio normativo, cioè nel giudizio di rimproverabilità per
l’atteggiamento antidoveroso della volontà dell’agente 7. La
colpevolezza nell’ambito di tale teoria assume una collocazione
diversa da quella attribuitale nella teoria bipartita, infatti mentre
nell’ambito di quest’ultima, identificandosi col dolo o la colpa, la
sua sedes esclusiva è l’elemento soggettivo o psicologico 8. Nella
teoria tripartita si assiste ad un complesso fenomeno di
trasformazione della colpevolezza: infatti (con il passaggio ad un
concezione normativa della stessa) , essa è venuta
progressivamente arricchendosi di contenuti e non si esaurisce più
nei coefficienti psicologici di collegamento tra il fatto e il suo
autore costituiti dal dolo e dalla colpa 9. Proprio muovendo da
quest’ultime premesse si è giunti, poi, ad affermare che dolo e
colpa pure continuando ad operare in sede di colpevolezza quali
elementi psichici condizionanti il rimprovero personalistico in virtù
7 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
8 PALAZZO, Corso di diritto penale parte generale, 2006, 189 ss.
9 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
6del diverso atteggiamento psicologico nei confronti del fatto,
contribuiscono anche alla tipicità di quest’ultimo 10.
Quindi stando a questo orientamento dottrinale gli elementi del
fatto penalmente rilevante sono tre: tipicità, antigiuridicità,
colpevolezza.
Ora ciò che appare evidente è la diversa consistenza numerica
degli elementi costitutivi del reato per le due teorie.
La teoria bipartita, infatti, pur non negando l’esistenza della
antigiuridicità non la considera come elemento costitutivo
autonomo del reato bensi come presupposto essenziale della
tipicità. In altre parole per poter definire un determinato fatto come
tipico è necessario che esso sia anche antigiuridico. Quindi,
secondo tale teoria, ritornando all’esempio suindicato
dell’uccisione di Caio compiuta in stato di legittima difesa non
siamo difronte ad un ipotesi che esclude l’antigiuridicità, bensi si
tratta di una situazione in cui il fatto tipico non si è realizzato.
Evidente per tale teoria è, quindi, la diversa collocazione
sistematica delle cause di giustificazione infatti fanno parte, come
elementi negativi, del fatto alla stregua di tutti gli altri sui elementi
essenziali 11.
Recentemente in base ad un diverso schema di analisi del fatto
penalmente rilevante è stata elaborata la teoria quadripartita del
reato 12. Osservano alcuni Autori 13 , infatti, che l’esigenza di
10 PALAZZO, Corso di diritto penale parte generale, 2006, 189 ss.
11 PALAZZO, Corso di diritto penale parte generale, 2006, 189 ss.
12 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale .
13 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale .
7analizzare separatamente gli elementi strutturali di ogni reato e di
collocarli secondo un ordine logico-sistematico è avvertita dalla
totalità della dottrina. Ed è vero, inoltre, che ciascun elemento del
reato è presupposto indispensabile per l’applicabilità della pena nel
caso concreto e da questo punto di vista, meramente formale, tutti
gli elementi del reato si collocano, perciò, sullo stesso piano 14. Però
nel momento in cui ci chiediamo perchè questo o quell'elemento è
assunto quale presupposto per l'applicazione della pena, in altri
termini qual è la funzione assolta da ciascun elemento nella struttura
del reato, le risposte sono necessariamente diverse 15. Si pensi ad
esempio al reato di furto (art. 624 c.p.). Una serie di elementi hanno la
funzione di descrivere un fatto, cioè una specifica offesa al bene
giuridico ; altri elementi decidono se e quando il fatto è antigiuridico,
cioè è disapprovato dall’ordinamento ; altri elementi ancora
esprimono le condizioni in presenza delle quali il fatto antigiuridico è
colpevole, cioè è personalmente rimproverabile a chi lo ha
realizzato ; altri elementi, infine, riflettono eventuali valutazioni del
legislatore in ordine alla punibilità del fatto antigiuridico e
colpevole, cioè all’opportunità di applicare la pena nel caso
concreto . Secondo tale schema di analisi, quindi, ogni reato
risulta composto dai seguenti elementi, : il reato è un fatto (umano)
antigiuridico, colpevole, punibile 16.
E‘ proprio quest‘ultimo, rileva tale Autore, lo schema di analisi del
14 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale .
15 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, richiama . BELING, Die
Lehre, 77 ss. ; SCHWINGE-ZIMMERL, Wesensschau, 33 ss.
16 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale .
8reato, cioè la sua scomposizione in una serie di elementi disposti
logicamente l’uno di seguito all'altro, che meglio rispecchia la
fisionomia che ogni reato ha nel nostro ordinamento giuridico 17.
In sostanza tale schema di analisi si caratterizza, rispetto alla teoria
tripartita, per l’aggiunta di un elemento ulteriore: la punibilità.
Bisogna riconoscere, però, che ancora oggi in Italia, lo schema di
analisi del reato che sembra riscuotere maggiori consensi è quello
della teoria tripartita 18.
Nelle pagine che seguono l’analisi sarà condotta proprio secondo
l’ottica della teoria tripartita.
17 MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale .
18 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 114 ss.
92. Antigiuridicità in generale
Nel paragrafo precedente abbiamo esaminato l’antigiuridicità
nell’ambito delle diverse teorie del reato proprio perchè a seconda
dell’ottica in cui ci poniamo, teoria bipartita o tripartita, varia senza
ombra di dubbio oltre che il contenuto anche la stessa definizione
di antigiuridicità.
Una volta accettata l’idea che l’antigiuridicità è una categoria
ulteriore a quella del fatto tipico, risulta poi evidente che tale
termine esprime una qualificazione del fatto tipico. Infatti puo
essere definita come la contrarietà del fatto tipico all’intero
ordinamento giuridico 19. Una determinata condotta umana nel
momento in cui risulta corrispondente a quella delineata da una
norma incriminatrice è tipica, e la tipicità della condotta, come già
accennavo, è solo un indizio di antigiuridicità (e quindi della
sussistenza di un reato). Ritorniamo ancora una volta sull’esempio
di scuola, Tizio uccide Caio in stato di legittima difesa, Tizio ha
commesso un fatto tipico, infatti nel nostro ordinamento giuridico
il cagionare la morte di un uomo è punito come omcidio dagli art.
575 e ss. del codice penale. Ma nel caso in questione, Tizio resta
impunito proprio perchè vi è una norma e cioè l’art 52 del codice
penale che giustifica, a determinate condizioni, tale condotta e
quindi la rende lecita. In questo esempio suindicato per giungere
all’esclusione della punibilità di Tizio abbiamo fatto un
19 PALAZZO, Corso di diritto penale parte generale, 2006, 340 ss.
10
accertamento di tipo positivo: sussiste la norma permissiva viene
meno l’antigiuridicità e il reato non si realizza e Tizio resta
impunito; di converso non sussiste la norma permissiva
l’antigiuridicità si manifesta quindi siamo di fronte ad un
accertamento, di tipo negativo.
Il concetto di antigiuridicità deve essere distino da quello di
“illecito” per il fatto che l’antigiuridicità indica, come già detto,
una qualità dell’azione tipica, vale a dire il suo contrasto con
divieti e comandi del diritto , mentre per “illecito” si intende la
stessa azione tipica ed antigiuridica, vale a dire l’oggetto della
valutazione di antigiuridicità insieme al suo predicato di valore.
Nel concetto di illecito, cioè, sono comprese tre categorie del
reato: azione, tipicità e antigiuridicità 20.
2.1. Antigiuridicità: classificazioni dottrinali
La dottrina , soprattutto quella meno recente, pone varie distinzioni
in tema di antigiuridicità.
20 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
11
2.1.1. Antigiuridicità formale e materiale
Di solito si suole distinguere tra antigiuridicità materiale, intesa
come il contrasto tra il fatto e gli interessi tutelati dalle regole di
coesistenza sociale, e antigiuridicità formale intesa invece come il
contrasto tra il fatto e la norma 21.
Pertanto un’azione antigiuridica è formalmente antigiuridica in
quanto contrasta con un divieto od un comando legale; viceversa è
materialmente antigiuridica in quanto vi si esprime una lesione, di
un bene giuridico, socialmente dannosa.
Di conseguenza, si può distinguere tra illecito formale e
materiale 22.
La dottrina, che postula l’ammissibilità di tale distinzione, ne
sottolinea la spiccata rilevanza pratica .
La rilevanza pratica, infatti, dell’antigiuridicità materiale è triplice
23
.
In primo luogo, con l’aiuto dell’antigiuridicità materiale si può
graduare l’illecito secondo la sua gravità. L’antigiuridicità
formale, invece, non consente alcuna graduazione, ne alcuna
differenziazione qualitativa. Un furto di 10.000 euro, per
21 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
22 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
23 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
12
esempio, non è più antigiuridico, in senso formale, di un furto
di una cosa dal modesto valore di un euro; infatti, in entrambi
i casi si contravviene ugualmente all‘art 624 c.p. Parimenti, l’
antigiuridicità formale dell’omicidio, intesa come violazione di un
divieto, non è diversa da quella del furto 24
Il concetto di antigiuridicità materiale, inoltre, si dimostra utile
nell’interpretazione della fattispecie, soprattutto là dove una
condotta potrebbe essere sussunta nell’ambito di una
disposizione penale, ma sul piano materiale, vale a dire secondo
il suo contenuto sociale significativo, non corrisponde al tipo di
reato. Cosi, ad esempio, il regalo di Capodanno al postino, il
gioco d’azzardo con poste irrisorie, oppure delle espressioni
ingiuriose, coperte dal riserbo, usate nella strettissima cerchia
familiare, non possono integrare le relative fattispecie,
nonostante la corrispondenza al tenore letterale della norma,
perchè questo tipo di condotte non lede il corrispondente bene
giuridico nel suo contenuto materiale 25
Infine, il principio dell’antigiuridicità materiale è decisivo anche
per l’elaborazione e la determinazione del contenuto delle cause
di giustificazione. Infatti sulla base proprio di questo principio è
stata sviluppata da parte della dottrina e della giurisprudenza, la
causa di giustificazione del c.d. stato di necessità ultralegale
26
.
24 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
25 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
illecito penale, 1996, 20 ss.
26 ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione. Problemi di teoria dell'
13
2.1.2. Antigiuridicità oggettiva e soggettiva
Ancora si distingue tra teoria oggettiva, cioè antigiuridicità come
qualità del fatto tipico e teoria soggettiva, vale a dire antigiuridicità
come coscienza di compiere un’azione illecita.
La dottrina più recente 27 e senza dubbio maggioritaria, non accetta
questa distinzione e ritiene che l’antigiuridicità è solo oggettiva
risolvendosi in un giudizio di conformità tra un fatto e
l’ordinamento giuridico nel suo complesso. Antigiuridico, quindi,
può essere anche il fatto del non colpevole 28.
Proprio in questi termini cioè antigiuridicità come oggettiva è stata
condotta l’analisi suesposta.
illecito penale, 1996, 20 ss.
27 FIANDACA-MUSCO, Diritto penale parte generale, 2007.
28 FIANDACA-MUSCO, Diritto penale parte generale, 2007.
14
3. Le cause di giustificazione
Le cause di giustificazione sono situazioni che escludono
l’antigiuridicità del fatto tipico.
Le cause di giustificazione possono essere sancite dalle norme di
qualsiasi settore dell’ordinamento giuridico e per questo motivo
che si parla di norme di natura extrapenale(anche quando sono
contenute nel codice penale): cosi ad esempio l’art. 896 c.c. che
autorizza il taglio dei rami dell’albero del fondo del vicino, l’art 21
Cost. che consente espressioni obiettivamente diffamatorie quando
siano però esercizio del diritto di libera manifestazione del
pensiero. Si capisce, quindi, perché non è possibile fare un catalogo
esaustivo delle cause di giustificazione, che corrispondono a un
elenco c.d. “aperto” a cui il legislatore può aggiungere nuove voci
29
.
3.1. La collocazione sistematica delle cause di
giustificazione: le “esimenti”
La nostra legge non utilizza mai l’espressione “cause di
29 PALAZZO, Corso di diritto penale parte generale, 2006, 340 ss.
15
giustificazione” essa è di derivazione dottrinale; ma si limita, per lo
più, a qualificare un determinato soggetto o comportamento come
non punibili. Tali cause di esclusione della punibilità di un
determinato agente vanno distinte da tutte quelle ipotesi, che
seppure escludono l’applicazione della pena(quindi l’effetto pratico
è lo stesso), incidono su elementi diversi del reato. Anche le ipotesi
disciplinate dagli art. 45-49 del codice penale, come quelle
disciplinate al Titolo V Capo primo del codice penale escludono, in
concreto, l’applicazione della pena, ma palese è la differenza.
Infatti se per le prime(art. 45-49 c.p.) è lo stesso fatto tipico che
non si configura, per quelle al Titolo V viene meno la colpevolezza
30
.
Quindi, possiamo dire che la dimensione della tipicità da un lato e
quella della colpevolezza dall’altro tracciano i confini entro i quali
devono essere collocate una serie di ipotesi non punibilità. Ma
seppure cosi delimitata, la categoria appare comunque più ampia di
quella che corrisponde alle cause di giustificazione. Infatti
abbiamo determinate ipotesi normative in cui non si verifica una
vera e propria giustificazione dell’azione tipica 31. Ad esempio ex
art. 384 del codice penale nei casi previsti dagli articoli 361, 362,
363, 364, 365, 366, 369, 371bis, 371ter , 372, 373, 374 e 378, non è
punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un
grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.
30 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 300 ss.
31 FIORE, Diritto penale parte generale, 2004, 300 ss.