Introduzione
11
un settore che si fonda su risorse ittiche vive, che non sempre sono fisse e che
devono essere rispettate per la loro unicità e per la loro dinamicità.
Attuare politiche di ricerca per fini strettamente nazionalistici non porta a
nulla, senza che non vi sia un’attenta supervisione centrale. Pertanto, è ovvio che
conoscere le realtà esistenti nei nostri mari non può non significare che rispettarle,
dovendo anche trarre da esse un sostenibile vantaggio economico.
Creare delle nuove attività legate alla pesca, quali, ad esempio, la cura delle
acque, la maricoltura, non può che rafforzare la necessità di attuare delle politiche
produttive e non si possono prendere in considerazione solo i lati strettamente
lucrativi, ma bisogna fare delle serie valutazioni di impatto ambientale.
Promuovere attività come il pescaturismo non deve significare disinteressarsi
totalmente dell’ambiente. La linea da seguire può sembrare banale. ma è quella
della legge approvata recentemente in Italia e che deve far riflettere chi fa turismo
da diporto. Non si può pretendere di mangiare dell’ottimo pesce in barca, se un
attimo prima si è versato l’impossibile in mare.
Approfondendo questo tipo di ragionamento, si dà per certo che non si potrà
avere dell’ottimo pesce, se non si controllano i mangimi che vengono usati nella
maricoltura. Una realtà da raggiungere deve essere sempre e comunque la
garanzia del prodotto per il consumatore e per fare ciò è necessaria una
trasparenza dall’inizio della filiera fino alla fine.
Inoltre, se si dà un occhio ai prezzi del pesce, si nota che è in continuo
aumento. Questo è un fenomeno che richiederebbe la trattazione accurata in uno
Il regime giuridico della pesca
12
specifico lavoro, e questa non è l’occasione adatta per discuterne le cause,
peraltro, numerose. È opportuno agire, invece, sui fenomeni quali, ad un esempio,
la pratica dei rigetti in mare, operati a scopo semplicemente economico: a nulla
serve far aumentare il prezzo del pesce e privare il consumatore di un alimento
che non può mancare in una corretta alimentazione.
La lista delle problematiche da affrontare potrebbe continuare all’infinito,
perché l’oggetto della pesca, non solo è vivo e dinamico ma lo è l’intero settore.
Le associazioni dei consumatori, le istituzioni regionali, nazionali, internazionali,
le associazioni di pescatori rappresentano soggetti con differenti interessi che si
scontrano continuamente, poiché i cambiamenti tecnologici, naturali, scientifici,
economici, sono repentini; il loro corso dovrebbe essere regolato.
Oramai, la considerazione che le risorse ittiche vive costituiscono un bene
limitato di ampia rilevanza è indiscussa. La sfida viene dal modo di sfruttare al
meglio questa risorsa e per fare ciò occorrono anche delle scelte difficili, come
quelle che ha attuato l’UE, ponendosi contro numerose associazioni di pescatori.
Ma, come in molti altri ambiti, il segreto per venire a capo dei numerosi problemi
qui elencati è quello di arrivare alla soluzione in modo condiviso. Bisogna
allargare i propri orizzonti anche se questa scelta può essere dura, bisogna
discutere questi problemi non solamente su tavoli interregionali, nazionali, ma
soprattutto internazionali. Attuare delle misure, che sono realmente condivise da
tutti, evita problemi legati ad esempio alle bandiere di comodo o a contenziosi di
Introduzione
13
diritto internazionale, simili a quello italo-tunisino per la zona di mare di
Lampedusa.
Fortunatamente l’UE sta svolgendo un grande lavoro, prendendo anche in
considerazione la necessità di garantire dei redditi confacenti alle esigenze dei
pescatori.
Il 1° gennaio 2003, a distanza di poco meno di due anni dalla pubblicazione
del Libro Verde, è finalmente entrata in vigore la riforma della Politica Comune
della Pesca (PCP). Sono state introdotte misure di lungo termine, piani
pluriennali di ricostituzione e gestione degli stock, restrizioni alle misure di
rinnovo e di ammodernamento delle navi da pesca, è stata semplificata la politica
di gestione della capacità di pesca.
Al fine di risolvere molti dei suddetti problemi, sono state elaborate delle
proposte specifiche: il contenimento dell’impatto ambientale della pesca, la
riduzione dei rigetti in mare, la lotta alla pesca illegale, la regolamentazione degli
accordi di partenariato con i paesi terzi, la strategia per uno sviluppo sostenibile
dell’acquacoltura, il piano di azione comunitario per la pesca nel Mediterraneo.
La PCP ha avuto una grossa fortuna, ma comunque, devono essere risolti
problemi che sono contingenti al nostro Paese. Essi rischiano di estendersi; come
mostra l’indagine Ismea-ACNielsen che segnala nel 2002 una contrazione degli
acquisti familiari di prodotti ittici addirittura del 10,1% in volume; la spesa
complessiva ha riportato una flessione più contenuta (-3,5%), per effetto del
sensibile aumento registrato dai prezzi medi al consumo (+7,4% su base annua).
Il regime giuridico della pesca
14
Sicuramente sulle decisioni di acquisto delle famiglie italiane hanno continuato a
pesare, come nel 2001, i forti rincari dei prezzi dei prodotti ittici.
Pensare di risolvere questi problemi, solo utilizzando il piano triennale di
pesca, è una mera illusione. Queste problematiche devono essere affrontate sotto
tutti i punti di vista e aumentando anche il ruolo di competenza delle Regioni.
Insomma, volendo duramente sintetizzare le sfide che riguardano la pesca
moderna e che danno senso a questo lavoro, si può fare riferimento a queste tre
parole: Mediterraneo, Sostenibilità, Cooperazione.
Tutte le politiche e le misure della pesca dovranno sempre essere lungimiranti
e non essere solo il frutto di interessi di parte. A livello spaziale si devono
coinvolgere tutte le forze istituzionali del Mediterraneo, si deve agire sulla scorta
della naturale e tradizionale propensione dei pescatori di cooperare, di aiutarsi.
Solo in questo modo saranno garantiti i loro redditi, si rispetteranno pienamente la
fauna e la flora ittica, solo in questo modo sarà garantita realmente la loro
sostenibilità.
15
CAPITOLO I
IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
Capitolo I : IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
16
1.1 Cenni storici
La pesca è una attività che ha origini remote, si può dire che inizi con la storia
dell’uomo
1
. Sebbene sia una attività antichissima, nel corso dei secoli, pur
conservando tutte le sue tradizioni, ha subito, nella stragrande maggioranza dei
paesi del mondo, grandi trasformazioni che sono derivate dallo sviluppo
tecnologico culturale dell’uomo. Si sono evolute, differenziandosi nel mondo, le
tecnologie usate dai pescatori, la quantità e la qualità del pescato, così pure la
definizione e la considerazione giuridica ed economica di tale attività. Fino ad una
quarantina di anni fa, la pesca è stata considerata a livello giuridico, sempre
accostabile alla attività di caccia (con analoghe caratteristiche tecniche e finalità
economiche sfocianti quindi in una analoga disciplina giuridica). Questo modo di
considerare la pesca e lo ius piscandi deriva dal diritto romano
2
. Le acque erano
considerate res communis omnium, ma tutti gli animali viventi nella loro naturale
libertà erano considerati tali fino a quando lo stato della libertà non mutava ad
opera dell’uomo che li distoglieva dal precedente status quo. La facoltà di
esercitare la pesca, per tale ragione, si manifestava anche nelle acque private
come del resto la caccia
3
. Il Pretore interveniva a tutelare la libera attuazione di
una attività civica di pescare (o cacciare ) e non un diritto soggettivo. Quindi si
poteva verificare che il Pretore condannasse il pescatore per essere entrato in
1
Si rinvia al par. 2 per la definizione di “pesca “.
2
Da MARTINELLI e RABBENO “ La legislazione sulla pesca in Italia”, Torino, 1883
3
Questa tesi è stata ripresa anche nell’articolo 842 del nostro codice civile e nel R.D. 8 ottobre
1931, n. 1604.
1.1 Cenni storici
17
acque private, ma lasciava che egli tenesse i pesci che aveva pescato, perché egli
li aveva “occupati” cioè aveva fatto cambiare il loro status quo.
Oggi, come è facilmente intuibile, non è più così. Questa visione datata della
pesca è stata rimossa, oramai, da molti anni; sarebbe impossibile concepire la
pesca nell’attuale UE. E’ necessaria una regolamentazione chiara, anche se
complessa, poiché in gioco ci sono gli interessi di molti Stati (sia gli attuali
membri, sia quelli protagonisti dell’allargamento) e di tutti i loro cittadini.
A testimonianza della grande considerazione che l’Italia ha sempre avuto nei
confronti della pesca, si tenga presente che, ad unificazione avvenuta, si ebbe il
primo intervento dello stato con il r.d. 22 dicembre 1861 n° 387 con il quale si
estendeva a tutto il Regno la legislazione del Regno Sardo che risaliva al r.d. 9
agosto 1827
4
. Negli anni ’80 dell’800 si disciplinò per la prima volta la
differenziazione tra pesca marittima e quella delle acque interne. Anche se questa
divisione permane, quando oggi esaminiamo l’oggetto della pesca, la
differenziazione tra pesca marittima e pesca fluviale sembra quasi banale,
considerato lo sviluppo esponenziale delle tecniche di sfruttamento ittico. Negli
ultimi anni dell’800, su questo argomento, si ebbe una proliferazione legislativa
abbondante. In epoca giolittiana si varò una legge che favoriva l’associazionismo,
la formazione professionale gratuita, lo sviluppo dei mezzi di trasporto e
conservazione del pescato, inoltre, anche se l’esigenza del sovrasfruttamento delle
risorse non era sentita come ai nostri giorni, si punivano pratiche illegali come
4
GERI: “La pesca marittima negli orientamenti evolutivi del diritto del mare” in AA.VV. “La
pesca marittima negli orientamenti evolutivi del diritto del mare”, Napoli, 1988, pag. 41 e ss
Capitolo I : IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
18
l’uso della dinamite, dell’energia elettrica o di reti onnicomprensive (queste forme
di tutela ancora permangono). Tale legge aveva lo scopo di far fronte alle esigenze
alimentari della popolazione dell’epoca.
Il r.d. del 8 ottobre 1931 n° 1604 T.U. sulla pesca
5
, si pone come spartiacque
tra due epoche, quella del secolo precedente che era caratterizzata dalla
regolamentazione amministrativa della attività della pesca e quella dei
provvedimenti successivi a tale decreto che, invece, furono caratterizzati da
interventi di sostegno. Tra gli altri scopi il T..U. ha anche quello di sistemare e
riorganizzare l’abbondante produzione legislativa del decennio precedente. Negli
anni di governo autarchico la legislazione risente degli ideali corporativi
dell’epoca e quindi si incentiva l’associazionismo ad adesione obbligatoria. Infine
nel 1939 si istituì il Commissariato generale della Pesca, al quale fu affidato il
coordinamento e la programmazione di tutte le norme e le attività di settore. Si
attribuì al nuovo soggetto amministrativo un grande potere propulsore al fine di
raggiungere l‘obiettivo della sufficienza della produzione nazionale nei confronti
della domanda potenziale di consumo.
Dagli anni del dopoguerra fino ai primi anni ottanta segue una ricchissima
legislazione, ma la sua caratteristica principale è che è lontana dall’essere
sistemica e coordinata
6
. Le norme varate sono mirate a singoli scopi, senza
seguire un piano generale ben definito. Di questi anni comunque è la legge n° 963
5
CIGOLINI F. , Lineamenti e principi informatori del nuovo testo unico delle leggi sulla pesca, in
Riv. Pe., 1933, pag 322 e ss
6
Si può trovare una analisi scrupolosa e cronologica nel lavoro “Profili della evoluzione
normativa e sistematica della pesca marittima” di MENGANO-VERDE in AA.VV “Studi in
memoria di Maria Luisa Corbino “, 1999, Milano
1.1 Cenni storici
19
del 1965 poi modificata dal d.p.R 18 marzo 1983 n° 219, nella quale tra le altre
cose si sanciscono le differenze tra pesca subacquea, marittima, sportiva,
professionale. E’ nella suddetta legge che troviamo per la prima volta nel nostro
paese, seppure in forma embrionale, l’ottica garantistica che è il perno
fondamentale della odierna normazione europea. Infatti, a protezione della
riduzione delle risorse alieutiche, si fissano dei generici limiti sulle zone di pesca,
sulle navi da usare e finanche sulle reti, inoltre si subordinano i pescatori a un
permesso rilasciato dalle autorità marittime.
Nel 1982 viene varato tramite la legge n° 41 del 17 febbraio, primo, di una
lunga serie, il Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima
7
,
si introduce il principio della programmazione nazionale e inoltre si fa un primo
riferimento allo sforzo di pesca. Il legislatore si preoccupa di garantire un
ripopolamento compatibilmente ad uno sfruttamento ottimale delle risorse
biologiche; non a caso, a tal fine, si riprendono i metodi usati anche nella 219/83,
dato che si legge nella premessa alla suddetta legge la volontà tra le altre di
aggiornare la legge n. 963/1965, che a sua volta è la base della 219/83.
Agli inizi degli anni novanta le competenze in materia di Pesca passano al
Ministero delle Risorse Agricole, Forestali e Alimentari, mai come in questo
periodo prolificano i decreti legge ed è quasi impossibile avere una sistemazione
organica della materia. Sulla scia europea si fa sempre più forte l’esigenza di
determinare le catture ammesse per ogni stock di pesci.
7
Il testo originale della legge è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n° 73 del 27 marzo 1992
Capitolo I : IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
20
Di questi anni è l’intenzione del governo, già avviata con il primo piano
nazionale, di dare una svolta pubblicistica a tali norme e infatti la legge 4 giugno
1997 n° 143 attua una deregolamentazione di settore conferendo alle Regioni,
alle province, ai comuni e alle comunità montane tutte le funzioni e i compiti in
precedenza svolti dal Ministero delle Risorse Agricole, Forestali e Alimentari, il
quale è destinato a svolgere solo discipline di coordinamento. Nel 1998 con la
legge n° 60 si attribuisce a questi enti il potere normativo in linea con il nuovo
potere di autonomia di tali enti.
La normazione modernissima di questi anni si basa sulle direttive dell’Unione
Europea, tranne che per questioni specifiche alle quali in Italia si fa fronte nella
maggioranza dei casi, con decreti ministeriali; un esempio è il recentissimo
decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che regola il periodo in
cui è consentita la pesca del novellame di sardina e del rossetto per l'anno 2003
1.2 Il diritto di Pesca
Come si evince, senza ombra di dubbio, già dal primo paragrafo di questo
lavoro, la Pesca, sia come materia giuridica, sia come attività, è sempre stata una
materia in continua evoluzione, a partire dalla visione romanistica privatistica che
contrapponeva lo ius piscandi allo ius prohibendi che si applicava nelle peschiere
o in piccoli laghi fino alla visione odierna di tale diritto come interesse legittimo.
La visione del diritto di pesca come diritto legittimo trae origine da quella
medioevale che lo concepiva come diritto esclusivo; già nel Medioevo, infatti, si
1.2 Il diritto di pesca
21
concedevano licenze
8
ai pescatori. Si pensi inoltre alla naturale interazione
esistente tra rinnovamenti tecnologici e la creazione di nuove attività, così pure
con la nascita di nuove norme. Non a caso si preferisce parlare di Pesca invece
che di Diritto di Pesca, poiché sarebbe ancora più difficile darne una definizione.
Per tale motivo si adotta comunemente la definizione economica del termine
Pesca, più che tentare di darne una giuridica che soffrirebbe di una annunciata
obsolescenza, data l’evoluzione rapida e complessa della materia, che come
abbiamo visto il più delle volte si evolve sempre non organicamente.
In prima battuta si può mutuare la definizione che ne dà la Dottrina.
La Pesca è quella attività diretta a catturare esemplari di specie il cui
ambiente naturale o abituale sono le acque
9
.
Questa definizione si deve leggere con tutte le precauzioni auspicate
precedentemente; si pensi, solo per fare degli esempi lampanti, all’acquacoltura o
alla pescaturismo,. Questa definizione sarà un punto di inizio da cui partire,
poiché la determinazione attenta di questa materia sarà affrontata durante tutto il
corso di questo lavoro. Per la sua natura, il regime della Pesca non è disciplinato
da un singolo istituto ma anzi si frammenta in tanti istituti di diversa
composizione, che pure la riguardano e che fanno capo alla materia
amministrativa, alle materie specifiche oggettuali che la compongono, alle materie
pubblicistiche internazionali. Inoltre il regime della materia di questa analisi si
8
Queste licenze si chiamavano “ piscarie ” ed erano concesse per lo più a conventi, comunità,
singoli vassalli. L’argomento è sviluppato da FULTON “The Sovereignty of the Sea”, London
1911
9
La definizione è coerente con l’articolo 1 della legge n° 963 del 1965
Capitolo I : IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
22
deve relazionare con il regime delle acque. Già i romani facevano distinzione tra
acque private dei piccoli laghi e i piccoli bacini, dove per scopi alimentari esisteva
il diritto di prohibere la pesca, dichiarando il bacino di proprietà del Popolo
10
.
Oggi invece si parla, nelle acque marine, di zona economica esclusiva, di mare
territoriale, e tante altre zone funzionali-territoriali con diversi regimi che devono
scontrarsi con le esigenze economiche dei pescatori e con le norme che riguardano
la Pesca.
Se è vero che non possiamo definire specificamente cosa sia il diritto di
Pesca, è pur vero che si può prendere atto, comunque, che nel corso degli anni è
cambiata la considerazione dell’opinione pubblica dello sfruttamento delle risorse
biologiche naturali (al di là che queste siano marine, fluviali o di lago), ciò ha
radicalmente cambiato l’approccio. Se lo ius piscandi nasce come diritto
soggettivo, oggi è diventato un vero e proprio diritto legittimo, e inoltre ha
acquisito enorme rilievo la parte oggettiva del diritto. Si può dire che questa
trasformazione è avvenuta pienamente con l’articolo 4 della legge 17 febbraio
1982 n° 41 Piano di Programmazione. Esso recita: << Al fine di regolare lo sforzo
di pesca sulla base della consistenza delle risorse biologiche del mare, il Ministro
della Marina Mercantile può stabilire, tenuto conto delle indicazioni contenute
nella prima parte del piano nazionale della pesca, il numero massimo delle
licenze di pesca, suddivise a seconda delle zone di pesca, degli attrezzi utilizzati,
delle specie catturabili, della distanza dalla costa e della potenza dell'apparato
10
G. LONGHENA, voce Regime giuridico della pesca ( Nuovo digesto italiano vol. IX, 1939,
pag 102 )
1.2 Il diritto di pesca
23
motore installato sulla nave. Si intende per licenza di pesca un documento,
rilasciato dal Ministero della Marina Mercantile, che autorizza la cattura di una
o più specie in una o più aree da parte di una nave di caratteristiche determinate
con uno o più attrezzi. La proprietà o il possesso di una nave da pesca non
costituisce titolo sufficiente per ottenere la licenza di pesca>>.
Questo articolo rappresenta una vera limitazione soggettiva a favore
dell’interesse pubblico, è lo Stato che autorizza i pescatori alla loro attività e
inoltre decide come e cosa catturare.
Grandi questioni, oggi, riguardano l’oggetto della pesca, proprio per la nostra
mutata concezione delle risorse biologiche naturali. Tutto questo è verificabile
leggendo l’articolo 38 del Trattato di Roma, oggi di Maastricht il quale recita:
<< Per prodotti agricoli si intendono i prodotti del suolo, dell’allevamento e
della pesca >>. Nel Trattato quindi si dà grande rilevanza al fatto che i prodotti
ittici rappresentano una grossa fonte alimentare. Non è un caso che la pesca
dipenda dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Sia a livello funzionale che strettamente spaziale lo ius piscandi non è più
pensabile come una diritto regionale o nazionale, ma al contrario è oramai un
fatto di natura internazionale e, quindi, come tale, deve sottostare non solamente
alle norme regionali o nazionali, ma anche a quelle dell’Unione. Ciò non si deve
mai perdere di vista nell’approccio a questa materia.
Capitolo I : IL REGIME GIURIDICO DELLA PESCA
24
1.3 L’oggetto del diritto di Pesca
Il regime giuridico delle res, che formano oggetto dell’attività di pesca e più
in generale delle risorse delle acque, ha un posto preminente nello studio dei
problemi giuridici della materia, e tra i numerosi aspetti che il problema comporta,
la dottrina storicamente prende in esame la loro condizione di beni. È noto infatti
che la dottrina generalmente non considera beni le cose che, nel loro stato
naturale, sono prive di funzione economica e sociale, e ritiene che esse divengano
beni solo con l’appropriazione, la occupatio
11
, cosicché le res nullius, nella loro
condizione di natura, senza quest’ultima, non sarebbero beni in senso giuridico
12
.
Si deve rilevare, tuttavia che, in generale, le risorse biologiche delle acque sono
invece, beni anche in senso giuridico, in quanto, estranei ai soggetti che li
utilizzano, possono formare oggetto di rapporti giuridici, avendo una precisa
individuazione nel mondo esterno, presentando la possibilità di assoggettamento.
Le risorse biologiche e quindi l’oggetto della Pesca, sono generalmente
considerate beni mobili, tra l’altro come beni mobili per anticipazione, e riguardo
alla loro relazione coi soggetti della pesca, possono inoltre qualificarsi o come
beni futuri, o addirittura come frutti.
La non appartenenza di tali beni al soggetto pone in essere la tipica attività
negoziale che si concreta con l’occupazione.
11
Sulla natura della occupatio: BARASSI, Proprietà e comproprietà, 2
a
ediz. Milano, 1951
12
Lo studio dell’assenza di rapporto tra soggetto e risorsa biologica è affrontato da SAVIGNY,
Diritto del possesso, Firenze, 1939 pag. 215; nonché da SCALFATI in Considerazioni sul furto di
pesci, Riv. Pesca 1962 , 79