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Sommario
Il fallimento del ritorno al nucleare in Italia e il suo ruolo nel referendum dello scorso
anno. Come la grande stampa nazionale, ma anche quella locale della zona del
vercellese e del Monferrato, ha trattato e proposto l’argomento. L’idea di base di questa
tesi riguarda un discorso tornato fortemente in auge negli ultimi anni nel nostro Paese,
ovvero il possibile ritorno al nucleare civile, risoltosi in un nulla di fatto con il
referendum del giugno del 2011. Vivendo da sempre a Trino, provincia di Vercelli, sede
della prima centrale nucleare in Italia, sono stato molto toccato dalle notizie che ho letto
e sentito riguardo alla possibilità, poi tramontata, di far ripartite la produzione di questo
genere di energia.
Ho sviluppato perciò un discorso in questo senso, al di là del mio coinvolgimento
diretto in quanto “trinese”, anche per via del fatto che il disastro ambientale verificatosi
in Giappone ha riaperto prepotentemente il dibattito sul nucleare a livello nazionale e
mondiale. Tutto questo poco prima del referendum del 12 e 13 giugno che ha portato gli
italiani a esprimere la loro opinione su atomo, privatizzazione dell’acqua e legittimo
impedimento. Ho potuto constatare come prima di quanto accaduto in Giappone, con la
centrale di Fukushima a un passo dallo scatenare una della piø grandi catastrofi
ambientali mai verificatesi sul pianeta, i mezzi d’informazione italiani guardassero in
modo piuttosto distratto e un po’ “leggero” al possibile ritorno italiano al nucleare. Le
conseguenze del terremoto nipponico hanno però rispolverato la questione dell’atomo
nelle menti degli italiani, con annesso maggior interesse al referendum e a tutto ciò che
riguardato la possibile apertura di nuove centrali o il riutilizzo di quelle già esistenti.
Nel mio lavoro ho preso in considerazione il periodo a partire dai giorni in cui Claudio
Scajola e Silvio Berlusconi annunciarono il possibile riavvio del nucleare (maggio e
settembre 2008), fino a quanto è accaduto negli ultimi mesi che hanno portato al
referendum; un lasso di tempo al quale ho dedicato l’analisi del lavoro svolto dalla
stampa a diffusione nazionale, dai tre grandi quotidiani ai giornali militanti, oltre che da
quella piø vicina alle sorti della centrale di Trino. Nel corso dell’osservazione ho
sviscerato le prime reazioni della stampa a quanto annunciato dall’allora Presidente del
Consiglio, come i giornali si sono posti a proposito della questione, come l’hanno
trattata e proposta ai lettori in questi anni. L’analisi si è spostata poi a quanto successo
negli ultimi mesi appena precedenti al referendum, con la confusione che ha avvolto la
8
consultazione (si fa? Non si fa? PerchØ?). Attraverso tutte queste testimonianze è stato
possibile capire quale e quanto è stato l’interesse della carta stampata sul problema
nucleare, in che misura questi si sono interessati a quello che sarebbe potuto accadere,
se gli impianti presenti sul territorio fossero stati in qualche modo coinvolti dai progetti
della classe politica.
Uno spazio importante è stato riservato alla stampa locale che, al contrario di quanto si
potesse pensare in piena era di globalizzazione e di uniformità del consumo, anche di
notizie, ha preso sempre piø piede nel mercato mediatico italiano. Nel caso specifico del
vercellese, molte di queste pubblicazioni sopravvivono da piø di cento anni e sono
diventate ormai un punto fisso nella vita delle persone che abitano in provincia, o
comunque al di fuori delle grandi aree urbane. Per analizzare questo tema quindi è stato
importante prendere in considerazione anche l’ambito locale vercellese e monferrino, di
modo da poter tastare con mano quello che era il clima nelle zone interessate
dall’eventualità nucleare. L’analisi del linguaggio utilizzato dai giornali per proporre il
problema è stata affiancata da una parte storico-introduttiva, per inquadrare il tema
secondo una visione che comprendesse anche la situazione dell’istituto referendario in
Italia, secondo la sua storia e la sua valenza.
L’obiettivo del lavoro è stato quello di mettere in evidenza la confusione che ha
aleggiato attorno alla questione sui media nazionali, specie sulla carta stampata; diverse
delle pubblicazioni analizzate sono state esemplari nel dimostrare quanto il nucleare in
Italia sia stato soggetto a interpretazioni confuse, contrastanti e ideologiche, il piø delle
volte strumentalizzate.
9
Introduzione
Intro. 1. Settembre 2008: la situazione energetica italiana
Porto Viro, provincia di Rovigo, sabato 20 settembre 2008. Inaugurazione dell’impianto
rigassificatore Exxon Qatar Petroleum Edison, presso il delta del fiume Po. La giornata
viene annunciata dai media, e soprattutto dagli organi di governo, come una data
decisamente importante per i piani sul futuro dell’energia italiana che saranno svelati,
nonchØ per la presenza di alcune prestigiose autorità. Con l’avvio dei lavori
dell’impianto rovighese è stata infatti proclamata una nuova era del rifornimento
energetico, caratterizzata da una minor dipendenza da gasdotti provenienti da altri paesi
come Russia, Algeria e Turchia. Si teme che la necessità di appoggiarsi a nazioni in
certi casi instabili dal punto di vista politico e strutturale possa causare gravi danni
anche agli importatori alla maniera dell’Italia, come spiegato dalle autorità intervenute
all’evento; l’esempio piø lampante in tal senso fu la crisi del gas tra Russia e Ucraina
del 2006, che coinvolse diverse nazioni europee. Ovviamente senza dimenticare gli
inevitabili interessi economici e diplomatici del caso, vedi ad esempio la partecipazione
di Ronald Spogli, ambasciatore statunitense a Roma. Per questo motivo, sono presenti
diversi pezzi da novanta del governo e dell’industria: tra gli altri, il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi, il ministro per lo Sviluppo Claudio Scajola e
l’amministratore delegato di Edison Umberto Quadrino.
Nella piccola cittadina veneta è quindi in programma il rilancio in grande stile del
cosiddetto Piano Energetico Nazionale che, parola del ministro Scajola, tornerà a
occuparsi della programmazione e dell’innovazione dell’energia in Italia, dopo oltre
vent’anni di promesse disattese. L’appuntamento ha perciò a che fare non solo con la
semplice inaugurazione dell’impianto, ma anche e soprattutto con la dichiarazione delle
intenzioni future del quarto governo targato Berlusconi in materia di politiche
energetiche, ma anche ambientali.
A tal proposito, quello che tutti si aspettano è che la giornata sia un vero e proprio punto
di svolta nell’utilizzo delle cosiddette fonti rinnovabili e, in generale, dell’energia
pulita. Già da diverso tempo ormai molti paesi europei hanno iniziato a investire in
modo deciso nello sviluppo e nella realizzazione d’impianti per energie rinnovabili, sia
che si tratti di eolico che di solare, a livello pubblico, ma anche privato, con tutta una
10
serie di agevolazioni fiscali per i cittadini interessati all’opportunità. Per questo motivo
sta nascendo un dibattito sempre piø fitto anche nel Belpaese sulla questione
rinnovabili; ci si chiede infatti quali saranno le mosse dello Stato, visto che nazioni
come Francia, Germania e Spagna, solo per rimanere nel “vicinato”, sono già da alcuni
anni all’avanguardia in questo campo.
Inoltre il tempo stringe, il 2020 si avvicina. Secondo una direttiva dell’Unione Europea
che sarà emanata da lì a poco piø di sei mesi infatti, questa scadenza segna il limite
ultimo entro il quale i singoli paesi membri dovranno raggiungere una quota del 20%
proveniente dalle rinnovabili sull’intero consumo
1
. Seppure per l’Italia abbia ottenuto
una sorta di lieve “sconto”, avendo come quota da raggiungere quella del 17%, l’idea
che comincia a circolare è che il Paese sia in ritardo sulla tabella di marcia, nonostante
l’esempio positivo portato da alcune realtà come la regione Puglia (anche se su questo
punto ci sarebbe comunque da discutere, viste le opinioni critiche in tal senso di diversi
esperti, anche autorevoli e molto conosciuti, i quali affermano che “se dovesse contare
sulle rinnovabili non solo la Puglia non esporterebbe nemmeno un chilowattora, ma
fornirebbe energia elettrica a meno del 10% della sua popolazione e delle sue attività
economiche”
2
). Quello che ci si attende a breve termine è di conseguenza un nuovo
programma, atto ad allineare l’Italia agli standard previsti.
Ormai il discorso sulle cosiddette fonti di energia rinnovabile sta occupando sempre piø
spazio nei media, la pubblicizzazione degli impianti fotovoltaici sta prendendo sempre
piø piede nel mercato energetico, senza contare che tutto ciò che riguarda il clima del
nostro pianeta ha ricevuto parecchia visibilità nel primo decennio degli anni Duemila
(anche grazie alla stesura nel 1997 del Protocollo di Kyōto, entrato poi in vigore nel
2005). Ad esempio “Una scomoda verità”, il video inchiesta pubblicato dall’ex
vicepresidente Usa Al Gore nel 2006, ha provocato un grande scossone
nell’immaginario dell’opinione pubblica a proposito della situazione ecologica nella
quale l’uomo è ormai costretto a vivere. Il lavoro di Gore, Premio Nobel per la pace, è
comunque soltanto la punta dell’iceberg, l’esempio piø eclatante della presenza sempre
crescente della nuova corrente ambientale nata dopo la formazione del buco dell’ozono,
dopo le catastrofi petrolifere in alto mare (che si tratti di petroliere rovesciate o di
1
G. Caprara, “Energia obiettivo 2020”, Corriere della Sera, 9 maggio 2009, pp. 42 – 43.
2
C. Testa, P. Feletig, Tornare al nucleare?L’Italia, l’energia, l’ambiente, Milano, Baldini Castoldi Dalai
Editore, 2010, p. 198.
11
piattaforme danneggiate), dopo le morti dovute a smog e inquinamento nelle nazioni
industrializzate, dopo gli incidenti nucleari nei paesi del Terzo mondo e non solo.
Da tutte queste componenti è nata una nuova consapevolezza, quella di essere sul punto
di danneggiare in modo irreparabile il pianeta Terra, esaurendo inoltre le principali fonti
energetiche utilizzate finora, come il petrolio. Il nucleare sembrava poter dare risposte
sufficienti a risolvere il problema, salvo poi scatenare altre clamorose dispute dovute a
diverse questioni.
Da qui il piø recente lancio delle fonti alternative e rinnovabili, piø sicure rispetto al
nucleare, ma con un’efficienza ancora da testare a grandi livelli. Inoltre, anche queste
nuove energie non sono al riparo da polemiche, contrasti e perchØ no, interessi
economici dettati da privati, com’è quasi inevitabile che sia. Sono questi i tasti sui quali
i nuclearisti italiani continuano a battere per sponsorizzarne la rinascita affermando che
“gli incentivi al solare hanno un secondo obiettivo, che li giustifica in parte. PerchØ se
l’obiettivo fosse solo quello della produzione di energia pulita e riduzione della CO
2
,
qualsiasi altra soluzione sarebbe migliore in termini economici”
3
. E ancora, i nuclearisti
sottolineano che, al momento di stilare la lista delle fonti alternative negli anni Settanta
e Ottanta, tra queste era presente anche il nucleare; “in quegli anni fu coniata
l’espressione «fonti alternative»: alternative al petrolio, vale a dire energie rinnovabili e
nucleare”
4
.
In definitiva, giornalisti, esperti e addetti ai lavori accorsi a Porto Viro per assistere
all’inaugurazione si aspettano che gli esponenti del governo approfittino dell’occasione
per presentare la nuova politica di sviluppo energetico - ambientale, che dovrà essere
per forza di cose basata su una “svolta verde”, o quantomeno sull’ulteriore drastica
riduzione della produzione e dell’emissione di elementi nocivi per l’uomo e per la
natura. Quello che giungerà alle loro orecchie sarà però qualcosa di assolutamente
inaspettato, qualcosa che, come si vedrà negli anni a seguire, avrà tutta una serie di
conseguenze sotto molti aspetti.
Intro. 2. Il nuovo Piano Energetico Nazionale, nucleare
Nell’esporre il tanto atteso nuovo Piano Energetico Nazionale, da completare entro la
primavera dell’anno successivo e, nel presentare il nuovo “gigante” di Rovigo, il
3
Ivi, p. 101.
4
Ivi, p. 102.
12
premier Berlusconi alla fine del suo intervento pronuncia questa frase: «Di impianto
così ne abbiamo fatto uno, ne faremo altri e poi faremo il nucleare. Bisogna ripensare la
politica energetica, estrema sinistra e verdi hanno reso l’Italia al 100% dipendente
dall’estero e costretto il Paese di Enrico Fermi a essere zero nel nucleare. Recupereremo
in fretta il tempo perso»
5
. Le ultime parole del premier hanno, logicamente, un impatto
fortissimo, per via del riferimento fatto al nucleare. Da questa frase si deduce quindi che
l’Italia tornerà a produrre energia attraverso l’atomo, che rimetterà in funzione le sue
centrali, che il referendum del 1987 non sarà piø valido. In un secondo, in sala stampa,
del nuovo impianto veneto non importa piø a nessuno. L’attenzione ormai è stata
convogliata sull’annuncio di Berlusconi, che si rivela un vero fulmine a ciel sereno. Mai
nessuno, nemmeno tra i piø accaniti nuclearisti nostrani, si sarebbe minimamente
aspettato una simile uscita. L’effetto sorpresa c’è stato, il nucleare italiano è in procinto
di ripartire, con la benedizione di Gordon Brown e Nicolas Sarkozy, pronti a sbarcare
nella Penisola con le tecnologie e le impiantistiche nucleari britanniche e francesi, come
dichiarato dallo stesso premier nel suo discorso («collaborazione per sfruttare la
tecnologia degli impianti di terza generazione per realizzare centrali sia all’Italia che
all’estero»
6
). Tutte le previsioni sono perciò inaspettatamente state smentite; il
programma, che sarà successivamente presentato dal ministro Scajola, prevede “la
costruzione di dieci nuovi reattori per coprire il 25 per cento del fabbisogno nazionale di
energia elettrica, piø un altro 25 per cento da ricavare dalle rinnovabili, con l’intento di
ridimensionare l’utilizzo di combustibili fossili al 50 per cento”
7
. Il Piano energetico
dunque si fa, ma con l’atomo. Anche l’Italia entrerà a far parte del cosiddetto
“rinascimento nucleare” a livello globale, fase successiva ai dubbi degli anni Ottanta e
Novanta, in contrapposizione al trend delle rinnovabili.
Intro. 3. Il nucleare non era un’opzione preventivata
Lo stupore è tanto, sia da una parte che dall’altra, ovvero sia tra i pro che tra i contro al
nucleare. Non c’era infatti stata alcuna avvisaglia di questo improvviso ritorno di
fiamma verso il nucleare nei mesi precedenti, niente che lasciasse presagire la novità.
5
A. Zeni, “L’ad Quadrino: «Il nostro è il primo metano che non passa nei tubi del cane a sei zampe»”, La
Stampa, 21 settembre 2008, p. 28.
6
L. Pagni, “Al via il primo rigassificatore entro l’anno il piano nucleare”, La Repubblica, 21 settembre
2008, p. 28.
7
B. Grillo, Spegniamo il nucleare. Manuale di sopravvivenza alle balle atomiche, Milano, Rizzoli, 2011,
p. 17.
13
L’unico accenno che il governo fece in tal senso fu alcuni mesi prima dell’annuncio di
Berlusconi; il 22 maggio dello stesso anno infatti il ministro Scajola, davanti
all’assemblea della Confindustria a Roma, annunciò che il governo italiano prevedeva
la costruzione “di un gruppo di centrali di nuova generazione in grado di produrre
energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”
8
.
Questa fu la prima vera dichiarazione del governo sul nuovo nucleare, la prima
ufficialità delle intenzioni future.
Il fatto non ebbe però un seguito mediatico poi così risonante; certo, tutti i maggiori
giornali nazionali riportarono le dichiarazioni del ministro («Scajola rilancia il nucleare:
centrali in cinque anni»
9
titolava il «Corriere della Sera» l’indomani, mentre «La
Stampa» sentenziava: «Nucleare, si riparte in cinque anni»
10
), ma il dibattito intorno
all’annuncio si esaurì nell’arco di qualche giorno. Le parole pronunciate da Scajola non
ebbero un effetto clamoroso forse proprio perchØ pronunciate dal ministro e non dal
premier stesso. Come visto, per l’annuncio ufficiale di Berlusconi basterà attendere
pochi mesi. Comunque, prima di tutto questo, nulla che lasciasse intendere un tale
rapido approccio italiano verso il “rinascimento nucleare”. A tal riguardo, può essere
utile riportare qualche esempio, cioè la posizione di alcuni convinti nuclearisti nostrani
nei mesi e negli anni che hanno preceduto l’annuncio del governo.
Per esempio, l’opinione di chi nel nucleare ci ha lavorato e continua a lavorarci, come i
tecnici di Ansaldo, società che dopo la cessata produzione nucleare nell’87, ha
continuato a occuparsi di ricerca e sviluppo nucleare, in Italia e all’estero, prima
dismettendo gli impianti nostrani, poi costruendone altri all’estero. Gli ingegneri rimasti
all’Ansaldo, i superstiti del referendum post - Chernobyl, esattamente un anno prima
delle dichiarazioni sul rilancio del nucleare si dicevano ancora del tutto scettici su un
suo possibile riutilizzo tanto che, durante un’intervista nella quale parlavano della loro
attività, preferirono mantenere l’anonimato perchØ «gli “atomici” non stanno simpatici a
tutti». E ancora, parlando della liquidità di Ansaldo: «Questo presidio si è
autofinanziato con i contratti in Romania»
11
. Insomma, se nemmeno gli ingegneri di una
società dall’importanza in questo campo come Ansaldo non proferirono parola sul
nuovo nucleare in Italia, significa che davvero pochi erano a conoscenza dei piani del
8
a cura di V. Bettini, G. Nebbia, Il nucleare impossibile. PerchØ non conviene tornare al nucleare,
Torino, Utet Libreria, 2009, p. 3.
9
F. Foresta Martin, “Scajola rilancia il nucleare: centrali in cinque anni”, Corriere della Sera, 23 maggio
2008, p. 5.
10
A. Barbera, “Nucleare, si riparte in cinque anni”, La Stampa, 23 maggio 2008, p. 5.
11
L. Grassia, “I carbonari del nucleare”, La Stampa, 24 settembre 2007, pp. 8 – 9.
14
governo. Se si considera poi che addirittura alcuni di loro vollero rimanere anonimi e
che la società non riceveva aiuti economici da parte dello Stato, il quadro è completo.
La scelta di tornare indietro, a prima del referendum, è stata imprevedibile.
Questa sensazione è confermata da altre prove, sempre provenienti dalla fazione pro -
nuke. Dimostrazione lampante è quella fornita da Piero Risoluti, ex ingegnere di Enea,
all’epoca Ente Nazionale per l’energia atomica; Risoluti afferma che “a quindici anni di
distanza dal referendum del 1987, in Italia il nucleare, inteso come fonte energetica e
come materia di ricerca scientifica e tecnologica, è ormai qualcosa di dimenticato. E
tuttavia per quasi un trentennio, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, le attività
nucleari svolte nel nostro paese non sono state nØ secondarie nØ di livello scientifico
modesto. L’Italia quindi, se non ha un presente nel nucleare, e almeno per il momento
nemmeno un futuro, ha in questo campo un passato non disprezzabile”
12
.
Nemmeno l’Esperto nazionale italiano del Comitato Fissione Nucleare della
Commissione Europea era propenso a pensare ancora all’atomo civile. Un’autorità nel
campo come la sua, sarebbe certamente stata al corrente anche della benchØ minima
attenzione delle alte cariche dello Stato riguardo a quest’opzione, invece niente. Anche
in questo caso, nulla che lasciasse intravedere possibili sbocchi nucleari.
Altra dimostrazione a favore di questa tesi è quella fornita da un testo edito col
patrocinio di dirigenti d’azienda dal calibro di Luca Cordero di Montezemolo e Marco
Tronchetti Provera. In quest’opera, edita nel 2005 con l’obiettivo di spiegare a lettori
quanto sia importante la comunicazione durante il lancio di un’innovazione,
specialmente tecnologica, alcuni partecipanti al progetto fanno riferimento al nucleare.
Ancora una volta in termini non ottimistici a proposito di un suo recupero, affermando
che in Italia “si vanno diffondendo subculture antitecnologiche; vi è timore e ostilità
diffusa verso prodotti innovativi e nuove tecnologie (si pensi alla “caccia alle streghe”
nei confronti delle biotecnologie, del nucleare e delle tecnologie elettromagnetiche)”
13
.
Di conseguenza, viene da pensare che nessuna programmazione, nessuna importante
pianificazione sia stata effettuata a tal proposito, o perlomeno che questa sia
precedentemente stata resa pubblica. Quando questa è avvenuta, è avvenuta piuttosto
segretamente, al riparo da ogni fuga di notizie, almeno stando agli indizi forniti dallo
schieramento dei pro; riferendosi al governo comunque, non si fa riferimento solo alla
12
P. Risoluti, I rifiuti nucleari: sfida tecnologica o politica? Come e perchØ il mostro è finito in prima
pagina, Roma, Armando Editore, 2003, p.157.
13
a cura di A. Granelli, Comunicare l’innovazione: perchØ il successo del nuovo dipende dalla capacità
di spiegarlo, Milano, Il Sole 24ore, 2005, p. XII introduzione.
15
coalizione guidata da Berlusconi, Umberto Bossi e Gianfranco Fini, ma anche dalla
precedente legislatura, quella del governo di Romano Prodi. Non è un mistero, infatti,
che l’allora ministro dell’Industria e dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani fosse
apertamente favorevole alla reintroduzione del nucleare: «L’Italia entri con tutti e due i
piedi nella ricerca del nucleare di nuova generazione»
14
, furono le sue parole
intervenendo la Conferenza sul clima 2007 della Fao, quando il dibattito sulle energie
pulite si era già aperto in tutto il mondo (motivo tra l’altro per cui, negli anni a seguire,
alcuni non esiteranno a definire il nuovo nucleare italiano come “un po’ di sinistra”
15
).
Non a caso anche Chicco Testa, presidente del Forum Nucleare Italiano, poco prima
dell’annuncio di Berlusconi a Porto Viro, nel suo libro non si nasconde e ammette
sinceramente quanto l’Italia fosse ancora troppo distante dal poter guardare con fiducia
a una nuova era dell’atomo. Una volta convinto antinuclearista e promotore del
referendum che spense le centrali, Testa da alcuni anni si è convertito a riguardo,
diventando una delle voci piø autorevoli nelle fila dei favorevoli, ma mantenendo i piedi
per terra su una possibile nuova avventura dell’atomo nostrano, come si deduce quando
scrive che “in realtà esistono condizioni molto difficili per far ripartire il nucleare in
Italia. Come hanno abbondantemente dimostrato le vicende di questi anni, la
destrutturazione dei meccanismi decisionali e della coesione in Italia, rendono di fatto
impossibile qualsiasi grande progetto, che venga dall’opinione pubblica recepito come
potenzialmente rischioso. Ma dare la colpa all’opinione pubblica, ai cittadini, sarebbe
veramente un po’ riduttivo. Se non altro per le complicità che ogni potenziale protesta
trova a ciascun livello istituzionale e politico. Non c’è maggioranza o opposizione che
tengano. Lo spirito di fazione, il rafforzamento a ogni costo della propria parte politica,
anzi ormai della propria famiglia politica, prevalgono su ogni quieta e razionale
considerazione dei fatti”
16
.
Anche secondo l’opinione di Testa perciò, la retromarcia non si farà. Sia lui, che
Risoluti, che il personale di Ansaldo, che i maggiori industriali nazionali, tutti erano
concordi nel non concedere speranze alla produzione dell’atomo nei confini nazionali,
per un motivo o per l’altro. Per la difficoltà nel convincere l’opinione pubblica, per i
noti problemi di lentezza burocratica del Paese, per la mancanza di coesione d’intenti e
14
G. Roberto, “Prodi: «In ritardo sull’energia pulita. Nuovi incentivi e sgravi nella Finanziaria 2008»”,
La Stampa, 14 settembre 2007, pp. 2 – 3.
15
a cura di V. Bettini, G. Nebbia, Il nucleare impossibile perchØ non conviene tornare al nucleare,
Torino, Utet Libreria, 2009, p. 159.
16
C. Testa, P. Feletig, Tornare al nucleare?L’Italia, l’energia, l’ambiente, Milano, Baldini Castoldi Dalai
Editore, 2010, pp. 212 – 213.