Capitolo I°
I limiti di ammissibilità del referendum in materia elettorale
SOMMARIO: 1.1) Cenni introduttivi; 1.2) Il limite delle leggi costituzional-
mente necessarie; 1.3) Il limite della natura manipolativa; la “manipolatività
consentita”
1.1) Cenni introduttivi
La Costituzione regola il referendum ordinario all'art. 75 e prevede
tale istituto esclusivamente “per deliberare l'abrogazione, totale o
parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo
richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”; il
secondo comma esclude poi la possibilità di referendum per: le leggi
tributarie e di bilancio, le leggi di amnistia e indulto, le leggi di au-
torizzazione a ratificare trattati internazionali; questo tipo di refe-
rendum è quindi esclusivamente Abrogativo.
3
Delineato in questo modo l'ambito di intervento dei referendum allo-
ra, non parrebbero evidenziarsi particolari problemi per quelli in mate-
ria elettorale; avendone omesso l'Assemblea Costituente ogni riferi-
mento nel secondo comma
1
, quello che regola l'insottoponibilità di al-
cune materie all'istituto referendario, se ne potrebbe dedurre che l'am-
missibilità di tale Istituto in materia elettorale è soggetta ai limiti co-
muni a tutte le richieste referendarie su leggi ordinarie, limiti via via
1 In realtà è noto che le cose non andarono così e anzi l'omesso riferimento alle
leggi elettorali nel documento finale approvato dall'assemblea costituente, tra le
materie non sottoponibili a referendum è un episodio talmente misterioso che,
sebbene già ampiamente indagato, vale la pena ricordare (anche qui, ampi
riferimenti in Luciani il referendum abrogativo nel commentario alla
costituzione a cura di A .Pizzorusso pagg.483-488, ma anche, tra gli altri, M.
Ruini , che a quei lavori prese parte essendo il presidente della commissione per
la Costituzione, ne “Il referendum popolare e la revisione della
Costituzione”Giuffrè editore 1953, pagg.42-43): durante la discussione in
Assemblea sull'art.72 comma 3° 8, destinato a diventare l'art.75 comma 2 nella
Costituzione, venne posto in votazione un emendamento, presentato da Maria
Maddalena Rossi e altri, tendente a sottrarre la materia elettorale al futuro
istituto referendario, emendamento che, nonostante il parere contrario della
Commissione, venne approvato; tuttavia nel testo della Costituzione sottoposto
al voto finale dell'Assemblea il riferimento alle leggi elettorali che sarebbe
dovuto essere presente nell'art.75 2°comma scomparve inspiegabilmente.
L'ipotesi più condivisa è quella che si trattò di un errore commesso dagli uffici
dell'assemblea, errore ripetuto peraltro anche dal comitato di redazione,
quell'organo cioè che aveva il compito di eliminare le contraddizioni logiche tra
le varie previsioni normative approvate (ma che mai avrebbe potuto estendere il
proprio ufficio fino a rovesciare la volontà del plenum dell'organo
deliberante).Quest'episodio fu rappresentato parecchi anni dopo alla Corte,
proprio in occasione di una richiesta di ammissibilità referendaria in materia
elettorale, la quale però affermò la sua incompetenza sugli interna corporis
dell'assemblea costituente con la conseguenza quindi che “ la Costituzione vale
per ciò che risulta scritto nel testo promulgato dal capo provvisorio dello stato e
pubblicato nella gazzetta ufficiale” (sent. 47 del 1991)
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definiti nel corso degli anni
2
dalla giurisprudenza costituzionale sulla
base della competenza assegnatale dalla Legge Costituzionale 11 mar-
zo 1953, n. 1, il cui art. 2 dispone che «Spetta alla Corte costituziona-
le giudicare se le richieste di referendum abrogativo presentate a nor-
ma dell’art. 75 della Costituzione siano ammissibili ai sensi del secon-
do comma dell’articolo stesso”
3
Una competenza limitata dunque, che sembrerebbe doversi risol-
vere nel mero riscontro della presenza o meno della materia oggetto di
referendum tra quelle elencate nel secondo comma dell'art.75. Ed in
effetti le prime sentenze relative ad ammissibilità referendaria si atten-
nero quasi meccanicamente alla competenza così delineata dal legisla-
tore, che anzi confermarono, come si può leggere nel considerato in
diritto della sent. n.10/1972, la prima in materia di ammissibilità refe-
rendaria: “a questa Corte, nella sede attuale, resta affidato soltanto
il compito di verificare se la richiesta di referendum di cui si tratta ri-
2 Solo a partire dagli anni 70 in verità, poiché la legge attuativa dell'istituto
referendario, la n. 352 del 25 maggio 1970 fu emanata 22 anni dopo l'entrata in
vigore della Costituzione; la prima sentenza della Corte sull'ammissibilità o
meno di un referendum è infatti del 1972, la n.10.
3 Concetto ribadito dalla stessa legge 352 del 1970 che all'art.33 4°comma recita
“La Corte costituzionale, a norma dell'articolo 2 della legge costituzionale 11
marzo 1953, n.1, decide con sentenza (...), quali tra le richieste siano ammesse e
quali respinte, perché contrarie al disposto del secondo comma dell'articolo 75
della Costituzione”, (sottolineature non presenti nei testi)
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guardi materie che l'art. 75, secondo comma, della Costituzione
esclude dalla votazione popolare” e ancora: “ l'art. 2, primo comma,
della citata legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e l'art. 33,
quarto comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, danno questo li-
mitato oggetto al giudizio”
4
. L'Oggetto del giudizio di ammissibilità
dei referendum è dunque “limitato” ed è quello che lo differenzia dal
controllo di costituzionalità: “mentre ogni norma costituzionale può
essere, in astratto, parametro del sindacato di legittimità costituzionale
delle leggi, parametro del sindacato di ammissibilità può essere solo il
2° comma dell'art.75”
5
.Anche la successiva decisione, la n. 251 del
1975, conferma questo come il perimetro entro il quale la Corte ritiene
di doversi esprimere. La svolta
6
, avviene con la successiva sentenza, la
n.16 del 1978. Questa pronuncia amplierà notevolmente il perimetro
di riferimento entro il quale potrà e dovrà muoversi il giudice costitu-
zionale in sede di giudizio di ammissibilità referendaria, e questo sulla
base del rifiuto, da parte dei giudici, della natura tassativa dell'elenca-
4 Sottolineature non presenti nell'originale
5 M. Luciani , Il Referendum Abrogativo pag. 329 , Zanichelli Editore 2005
6 Uno di quei casi in cui trovano conferma le previsioni fatte da De Nicola primo
presidente della Corte Costituzionale, il quale, nel discorso tenuto nella solenne
udienza inaugurale del 23 aprile 1956, pronosticava l'attività del nascente
organo costituzionale come foriera di “inattesi sviluppi “ per il nostro
ordinamento (De Siervo atti del Convegno La giustizia costituzionale fra
memoria e prospettive )
6
zione contenuta nel secondo comma dell'art.75 della Costituzione
7
. Os-
servarono i giudici infatti in quella occasione che quella elencazione,
ben lungi dall'essere tassativa, è espressione solo di ciò che non è pre-
supposto, o presupponibile, dalla lettura “sistematica” dell'istituto refe-
rendario, una lettura cioè che tenga conto dell'intero sistema dei pre-
cetti rinvenibili nella Carta Costituente; questa premessa costituirà la
base di partenza allora per l'ampliamento dei controlli cui sarà obbliga-
ta e legittimata la Corte in sede di giudizio di ammissibilità referenda-
ria, ampliamento
8
che i giudici motivano partendo da una base logica,
per cui sarebbe contraddittorio “ritenere – da un lato – che siano pre-
7 (si dimostra) “troppo restrittiva quella configurazione del giudizio di
ammissibilità, per cui sarebbe affidato alla Corte il solo compito di verificare
se le richieste di referendum abrogativo riguardino materie che l’art. 75
secondo comma Cost. esclude dalla votazione popolare, con estremo ed
esclusivo riguardo alle “leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto,
di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”. Tale interpretazione non
ha alcuna altra base, in effetti, al di fuori dell’assunto – postulato più che
dimostrato – che la testuale indicazione delle cause di inammissibilità,
contenuta nel capoverso dell’art. 75 Cost., sia rigorosamente tassativa;
laddove è altrettanto sostenibile – in ipotesi – che essa presuppone una serie di
cause inespresse, previamente ricavabili dall’intero ordinamento costituzionale
del referendum abrogativo.” Corte Cost. Sent.16/78
8 Che, come nota Onida, tra i tanti effetti ha avuto anche quello di far accrescere
la percezione di un ruolo politico della Corte: “È a partire dalla sent. n. 16/1978,
cioè da quando la Corte afferma la teoria dei limiti impliciti, che questo giudizio ha
assunto, è parso assumere in maniera crescente, un significato politico. (...)
questo carattere pretorio della giurisprudenza (la Corte si è creata i criteri e
poi li applica, e li applica in maniera, tra l’altro, non sempre coerente e in
modo tendenzialmente espansivo ecc.) ha condotto a vedere nella Corte un
protagonista politico di primo piano”. V . Onida, intervento in Quaderno n.10
1999, Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Giuffrè editore
7
senti, nel nostro ordinamento costituzionale, ipotesi implicite d’inam-
missibilità
9
, inerenti alle caratteristiche essenziali e necessarie dell’i-
stituto del referendum abrogativo; e che questa Corte non possa,
d’altro lato, ricavarne conseguenze di sorta, solo perché il testo del-
l’art. 75 secondo comma Cost. non le considera specificamente”; e da
una base testuale, derivante dall’art. 2, primo comma, della legge co-
stituzionale 11 marzo 1953 n. 1 per cui “spetta alla Corte costituzio-
nale giudicare se le richieste di referendum abrogativo presentate a
norma dell’art. 75 Cost. siano ammissibili ai sensi del secondo com-
ma dell’articolo stesso”, dove il “presentate a norma” autorizzerebbe
ed obbligherebbe la Corte a considerare l'art.75 non in rapporto ad un
singolo comma ma nella sua interezza, con la conseguenza che debbasi
trattare dunque di un controllo da effettuare in via sistematica , per ve-
rificare “se le richieste medesime siano realmente destinate a concre-
tare un“referendum popolare” e se gli atti che ne formano l’oggetto
rientrino tra i tipi di leggi costituzionalmente suscettibili di essere
abrogate dal corpo elettorale”. Risultato di questo percorso allora sarà
l'individuazione, meglio, l'emersione, di ulteriori “complessi di inam-
9 Quelle ulteriori che emergerebbero qualora si consideri non tassativa
l'elencazione dell'art. 75 2° comma
8
missibilità” che si aggiungono a quelli esplicitati al secondo comma
dell'art.75 della Cost., e che riguardano sia i quesiti referendari, intesi
nel senso della loro costruzione, sia l'oggetto del referendum: per quel-
lo che riguarda i quesiti
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essi devono presentare i requisiti della
chiarezza, nel senso che i quesiti devono incorporare «l’eviden-
za del fine intrinseco all’atto abrogativo», ossia la finalità ispiratrice,
in modo che dalle norme proposte per l’abrogazione sia dato trarre con
evidenza una matrice razionalmente unitaria ( solo così sarebbe garan-
tita per la Corte l'eguaglianza e la necessaria libertà di voto prevista
dalla Cost. agli art.1 e 48)
univocità, nel senso che il quesito debba essere suscettibile di
interpretazione in un solo senso
omogeneità, nel senso che il quesito non contenga una pluralità
di domande eterogenee e perciò non riconducibili ad un intento unita-
rio, il che non sarebbe compatibile con la logica ispiratrice dell’art. 75
10 “sono inammissibili in primo luogo le richieste formulate in modo che ciascun
quesito da sottoporre al corpo elettorale contenga una tale pluralità di
domande eterogenee, carente di una matrice razionalmente unitaria, da non
poter venire ricondotto alla logica dell’art. 75 Cost.” il quale postula
“necessarie garanzie di semplicità, di univocità, di completezza dei quesiti”
che devono essere tali da esaltare e non .. coartare le ... possibilità di scelta;
mentre è manifesto che un voto bloccato su molteplici complessi di questioni,
insuscettibili di essere ridotte ad unità, contraddice il principio democratico,
incidendo di fatto sulla libertà del voto stesso (in violazione degli artt. 1 e 48
Cost.)” Corte Cost. Sent. n. 16/78
9
Cost., volta a porre l’elettore davanti ad una alternativa precisa in ter-
mini di sì oppure no con riferimento all’intera domanda referendaria.
11
Per quello che riguarda l'oggetto invece, limiti vengono individuati
nella possibile esistenza di uno stretto rapporto tra le norme di leggi
ordinarie che si intende abrogare e le norme costituzionali, con la con-
seguenza che, attraverso l’abrogazione delle prime si potrebbero abro-
gare, in tutto o in parte, la Costituzione o altre leggi costituzionali
12
.
Si fa riferimento allora a due categorie di leggi, entrambe di creazione
giurisprudenziale
13
, quelle “a contenuto costituzionalmente vincolato”,
che non sarebbero mai sottoponibili a referendum, e quelle “costituzio-
nalmente necessarie”, che sarebbero invece suscettibili di abrogazione
referendaria (ma come la Corte puntualizzerà in successive pronunce
11 La Corte costituzionale e i referendum abrogativi d'iniziativa popolare,
Alessandro Criscuolo, "Incontro tra la Corte costituzionale ed il Conseil
constitutionnel" Parigi 2013
12 “In terzo luogo, vanno del pari preclusi i referendum aventi per oggetto
disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato, il
cui nucleo normativo non possa essere alterato o privato di efficacia, senza che
ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa o di
altre leggi costituzionali” Corte Cost. Sent- 16/78
13 Più corretto forse definirle di creazione quantomeno mista in concorrenza con
la dottrina, poiché quelle a contenuto costituzionalmente vincolato erano state
tratteggiate pochi giorni prima della sentenza da Zagrebelsky (Relazione al
secondo convegno giuridico Il dettato costituzionale in tema di referendum,
Roma 1978) e quelle costituzionalmente necessarie , qualificate come
“elaborazione della dottrina” dalla sent.63/1990, erano state evocate
dall'Avvocatura dello Stato nella memoria presentata nella sentenza 16/1978 in
cui si chiedeva il rigetto delle istanze referendarie presentate
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