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INTRODUZIONE
Il seguente elaborato si propone di analizzare il recesso dai trattati internazionali e,
in particolare, dalle organizzazioni internazionali per giungere, infine, a considerare la
specifica disciplina del recesso dell’Unione europea; tema che ha di recente acquisito
particolare rilevanza e attualità alla luce degli esiti della recente consultazione
referendaria avente ad oggetto la permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. Per
meglio definire le cause e i presupposti che si trovano alla base di questo storico voto
popolare, lo sviluppo di questa tematica è stato svolto attraverso una suddivisione in tre
parti: le prime due affrontano l’argomento in modo più storico sottolineandone
l’evoluzione, la terza ne esamina le possibili conseguenze in un contesto attuale.
In tale prospettiva, e al fine di offrire un inquadramento il più possibile completo
dell’argomento oggetto di trattazione, nel primo capitolo ci si soffermerà sui lavori
preparatori della Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite e
specificamente sui rapporti dei relatori speciali per il diritto dei trattati Fitzmaurice e
Waldock, inerenti all’estinzione degli accordi internazionali. Si prenderanno
successivamente in considerazione le disposizioni della Convenzione di Vienna del 1969,
soffermandosi principalmente sull’art. 54, il quale regola l’istituto del recesso, ed il 56, il
quale invece riguarda trattati che non prevedono clausole esplicite riguardanti le facoltà
di recesso o denuncia, andando così ad intaccare l’integrità del principio “pacta sunt
servanda”.
Il secondo capitolo si occuperà, invece, della Società delle Nazioni, prima forma di
organizzazione internazionale, e del successivo passaggio alle Nazioni Unite,
sottolineando come le due organizzazioni disciplinassero il recesso in maniera differente,
e di come sia stato trattato il primo caso di recesso dall’ONU: quello dell’Indonesia.
Il terzo capitolo è stato il più complicato a causa dell’attualità e dinamicità
dell’argomento: il recesso dall’Unione Europea con particolare attenzione alle
conseguenze del referendum del 23 giugno 2016 tenutosi nel Regno Unito. Dopo aver
introdotto il passaggio da Comunità europea all’odierna Unione, si procederà ad
esaminare il trattato istitutivo della C.E.C.A., il quale conteneva solo una clausola sulla
durata – si è infatti estinta il 23 luglio 2002 – ma nessuna disposizione che concernesse il
recesso. All’interno dello stesso paragrafo mi sono ampiamente soffermata sui vari
orientamenti delle Corti Costituzionali europee in merito ai controlimiti, citando alcune
sentenze quali Frontini per l’ambito italiano e Solange I e II per quanto riguarda il
6
panorama tedesco. Tramite queste premesse sono giunta all’art. 50 del Trattato di
Lisbona, disposizione che contiene al suo interno la facoltà di recesso volontario e che
forse verrà per la prima volta attuato in conseguenza del sopra citato referendum. Le
conseguenze che la Brexit ha creato non solo a livello nazionale ed europeo, ma anche
mondiale non sono state poche, ed il continuo contrasto fra sostenitori del “Leave” e
quelli del “Remain” continuerà ad essere un argomento di forte rilevanza politica, che
rischia di travolgere altri Stati membri.
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CAPITOLO PRIMO
LA CONVENZIONE DI VIENNA DEL 1969
1.1 I lavori preparatori della Commissione di diritto internazionale
delle Nazioni Unite
Il risultato che ottenne la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati occupò una
posizione condizionante e preminente rispetto agli svariatissimi contenuti della disciplina
dei trattati internazionali
1
. Ciò rese possibile ai membri della comunità internazionale
contemporanea la partecipazione attiva alla rielaborazione e alla verifica delle regole di
antica origine cui sono sottoposte conclusione, esistenza ed efficacia degli accordi senza
però disconoscere l’importanza delle materie precedentemente codificate (diritto del
mare, relazioni diplomatiche, relazioni consolari). Tale obiettivo fu raggiunto grazie
all’opera della Conferenza di Vienna
2
ed all’azione della Commissione di diritto
internazionale. Fu infatti quest’ultima, negli anni dal 1962 al 1966, a porre le basi per la
codificazione del diritto dei trattati, dedicando tutti i suoi sforzi alla materia. Il processo
sopra descritto, infatti, ebbe una particolare influenza su quello che poi sarebbe diventato
il lavoro della Conferenza a cui fu consentito di portare in esame e discutere un disegno
già organico, definito e coerente. Il progetto aveva infatti valore di “restatements”
3
e, tra
il 1956 e il 1961, la Commissione si orientò verso la decisione di non sottoporre il suo
lavoro ad una conferenza diplomatica.
Il relatore speciale Sir Gerald Fitzmaurice fu il primo a sostenere che un codice
dichiarativo fosse un’alternativa più idonea ad una convenzione per una materia come il
diritto dei trattati; la Commissione, d’altro canto, mutò indirizzo nel 1961 quando
prevalse l’opinione che la nuova struttura della società internazionale rendesse necessaria
agli Stati la responsabilità ultima della codificazione della materia. Furono moltissimi i
partecipanti alla Conferenza di Vienna (centotrè Stati alla prima sessione, centodieci alla
1
La Convenzione corrisponde largamente al diritto internazionale consuetudinario. Fu ratificata e resa
esecutiva dall’Italia con l. 12 febbraio 1974 n. 112.
2
Gaja G., A New Vienna Convention on treaties between States and International Organizations and
between International Organizations: A critical commentary. Si tratta di un’altra codificazione sui trattati
in generale, ma di minore successo e non ancora entrata in vigore, fu la Convenzione di Vienna sul diritto
dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali e tra organizzazioni internazionali del 1986. Si discosta
da quella del 1969 solo per alcuni ambiti riguardanti la specifica natura delle organizzazioni internazionali.
3
Capotorti F, Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, Padova, 1969, p. 12: raccolta articolata e
aggiornata di princìpi, sorretta dall’autorità scientifica dei giuristi membri della Commissione che ne sono
stati autori.
8
seconda) e il largo consenso manifestato durante la votazione finale permise di parlare di
successo: solo la Francia diede voto contrario e diciannove Stati si astennero. La
Conferenza, inoltre, divenne il luogo in cui gli interessi politici e le differenti concezioni
del diritto internazionale ebbero modo di manifestarsi e confrontarsi al fine di trovare
punti di equilibrio da tradurre in regole scritte. Intervennero successivamente tre
organismi ben qualificati con lo scopo di interpretare la realtà dell’ordine internazionale
vigente: la Commissione del diritto internazionale, l’Assemblea generale e la Conferenza
di Vienna. La Convenzione di Vienna rappresenta ancora oggi “una solenne dichiarazione
di conferma del valore delle regole basilari del diritto dei trattati e di chiarimento del loro
contenuto”
4
.
1.2 I rapporti dei relatori speciali Fitzmaurice e Waldock dedicati ad
estinzione, validità e sospensione dei trattati
La decisione di includere il diritto dei trattati all’interno delle materie da codificare
venne presa nel 1949
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dalla Commissione del diritto internazionale nella sua prima
sessione, nella quale venne stilata una lista contenente quattordici temi sui quali si sarebbe
svolto il lavoro successivo. Si scelsero poi, all’interno di questa lista, tre argomenti che
avrebbero avuto la priorità: diritto dei trattati, procedura arbitrale, regime dell’alto mare;
la Commissione si rivelò unanime nel porre al primo posto il diritto dei trattati. Durante
questa sessione venne nominato relatore speciale il giurista britannico James Brierly, il
quale presentò un primo rapporto contenente undici articoli concernenti il significato
della parola “trattato”, la capacità di concludere accordi, la procedura e l’entrata in vigore.
Nel 1951 e nel 1952
6
il progetto fu rivisto e commentato dal giurista, inserendo peraltro
l’istituto delle riserve in un rapporto distinto.
A seguito delle dimissioni di Brierly, sopravvenne come relatore speciale Sir
Hersch Lauterpacht, il quale redasse un nuovo progetto di diciotto articoli diviso in tre
parti: definizione e natura dei trattati, conclusione e condizioni di validità. Questo
progetto non venne però esaminato dalla Commissione, che in quegli anni (1953-1954)
era occupata nello studio di altri argomenti.
4
Ibidem, p. 13.
5
Vedi il Rapporto della Commissione di diritto internazionale nella sua prima sessione in Yearbook of the
International Law Commission, 1949, vol I, p. 277 ss.
6
Il progetto non fu però esteso ad altri problemi quali la questione delle riserve nei trattati multilaterali,
che fu deferito all’Assemblea Generale.
9
Quando Lauterpacht cessò di far parte della Commissione nel 1955, il suo ruolo
venne ricoperto da Sir Gerald Fitzmaurice che approfondì, mediante cinque rapporti, tutti
gli aspetti essenziali dei trattati: stipulazione, estinzione e sospensione, condizioni di
validità, effetti dei trattati tra le parti, effetti nei confronti di terzi; prevedendo inoltre
all’art. 4 la possibilità di denuncia o recesso unilaterale
7
.
Nella redazione di questi rapporti egli si ispirò proprio ad uno schema di codice
dichiarativo del diritto esistente, piuttosto che ad un progetto di convenzione, elaborando
ben centosessantacinque capitoli. Il progetto di Fitzmaurice fu il primo al quale la
Commissione dedicò una ventina di sedute, ma alla fine del 1959 vennero approvati
provvisoriamente solo quattordici articoli. Sopravvenuta l’elezione di Fitzmaurice come
giudice della Corte internazionale di giustizia, la sua carica fu investita da Sir Humphrey
Waldock, un altro noto giurista britannico. Con la sua elezione la Commissione decise di
impegnarsi definitivamente nella preparazione del testo della Convenzione
8
: furono
decisivi gli anni dal 1962 al 1966, delineati nei primi tre rapporti del relatore Waldock
che rifinirono ben settantasette articoli sulla conclusione, l’entrata in vigore, le condizioni
di validità, l’estinzione, l’applicazione e l’interpretazione dei trattati. I tre successivi
rapporti considerarono invece le volontà e le richieste dei Governi, delle quali la
Commissione discusse mettendo a punto un progetto di settantacinque articoli, adottato
nella diciottesima sessione e trasmesso successivamente all’Assemblea generale. La
Conferenza venne convocata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 5 dicembre
1966.
Si scontrarono all’interno di questa sede due opposte tesi circa gli Stati da invitare:
una parte sosteneva fosse giusto aprirla a tutti, un’altra ai soli Stati appartenenti alle
Nazioni Unite. La vittoria della seconda tesi dimostrò che “l’aspirazione all’universalità
riveste ancora oggi un ruolo inferiore rispetto agli interessi e le preoccupazioni politiche
legate agli Stati ed ai Governi”
9
.
La Conferenza svolse i suoi lavori in due sessioni e terminò il 22 maggio 1969, con
la divisione dei compiti tra Commissione in seduta plenaria e Conferenza in seduta
plenaria affiancate da un comitato di redazione costituito da quindici membri.
7
Di regola la denuncia si riferisce ai trattati bilaterali, distinguendola dal recesso che si riferisce ai trattati
multilaterali.
8
La Convenzione di Vienna è un tipico esempio di accordo codificatorio: volto a codificare le norme
consuetudinarie o non scritte.
9
Vedi Capotorti F., Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, Padova, 1969, p.15.