3
CAPITOLO PRIMO
BENE GIURIDICO TUTELATO
E COLLOCAZIONE SISTEMATICA DELLA NORMA
La legge 15 febbraio 1996, n° 66, prende l'avvio disponendo, all'articolo 1,
l'abrogazione integrale del capo I (denominato “delitti contro la libertà sessuale”) del
titolo IX (“dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume”) del libro II del
codice penale, nonché l'abrogazione degli articoli 530, 539, 541, 542 e 543, tutti
rientranti nel medesimo titolo IX.
L'incipit di questa riforma ha destato non poche perplessità, giacché, come è stato
sottolineato da autorevole dottrina
1
, solitamente l'eliminazione di una regolamentazione
preesistente è conseguente, e non prodromica, all'emanazione della nuova disciplina
sulla materia de qua.
E' pacifico, infatti, che una norma abrogativa abbia un significato costitutivo autonomo
solo nel caso in cui si debba procedere alla deregolamentazione di una materia, o
quando la si intenda ricondurre ad un regime normativo comune, nel caso di abolizione
di una regolamentazione speciale
2
.
Quando invece (come nel caso di specie in materia di reati sessuali) si intenda procedere
semplicemente ad una successione di norme l'eventuale apposizione di una clausola
abrogativa espressa assume un valore meramente dichiarativo, poiché l'efficacia
abolitiva è insita nel fatto stesso della nuova regolamentazione, in base ai principi di
non contraddizione logica e di unità e coerenza del sistema codicistico; per questo
motivo, generalmente, le norme abrogative seguono, e non precedono, il testo della
disciplina innovativa.
E' lecito quindi supporre che l'inusuale precedenza accordata dal legislatore alla clausola
abrogativa di cui all'articolo 1 della legge n° 66/1996 risponda a un'esigenza di carattere
più ideologico e politico che di effettiva tecnica legislativa; si è voluto sostanzialmente
dare risalto alla nuova collocazione delle norme in materia di reati sessuali, che a
1
PADOVANI, in CADOPPI (a cura di), Commentario delle norme contro la violenza sessuale e la
pedofilia, CEDAM, Padova, 2006, p. 415
2
CARMONA , Le nuove norme a tutela della libertà sessuale: problemi di diritto intertemporale, in
Cass. Pen., 1998, p. 992
4
seguito della riforma non rientrano più tra i “delitti contro la moralità pubblica e il buon
costume”, bensì tra i delitti contro la persona (titolo XII del codice penale), e più
specificatamente tra i delitti contro la libertà personale, previsti dalla sezione II del capo
III (“delitti contro la libertà individuale”) dello stesso titolo XII.
Nell'impostazione originaria del codice Rocco la violenza carnale e gli atti di libidine
violenti, previsti dagli articoli 519 e 521, erano stati introdotti per tutelare un bene
giuridico di natura pubblicistica e collettiva, quale appunto la moralità pubblica e il
buon costume; una scelta sistematica, questa, che ricalcava le previsioni del precedente
codice Zanardelli, nel quale la violenza carnale era inserita tra i delitti contro “il buon
costume e l'ordine delle famiglie”.
La scelta compiuta dal legislatore del 1930 traeva origine dalla allora vigente
concezione sociale della sessualità, vista non come oggetto di un diritto della persona e
espressione di autonomia individuale, ma come uno strumento, finalisticamente
orientato ad uno scopo che trascendeva la persona stessa, identificabile nella tutela della
moralità pubblica e del buon costume (e, anche se non esplicitamente, della famiglia
legittima)
3
.
Rispetto al previgente codice Zanardelli, peraltro, il codice Rocco introduceva un
elemento di novità, costituito dall'intitolazione del capo I del titolo IX alla “libertà
sessuale”; libertà questa, come si evince dai lavori preparatori del codice penale stesso,
da intendere come <<libera disposizione del proprio corpo nei rapporti sessuali, entro i
limiti fissati dal diritto e dal costume sociale>>
4
.
Questa innovazione entro il codice Rocco poneva un problema di contraddizione,
almeno apparente, tra la natura individuale dell'interesse specificatamente tutelato,
ovvero la libertà sessuale, e la natura collettiva del bene giuridico che si presupponeva
leso dai reati in questione, ovvero la moralità pubblica e il buon costume, da intendersi
come <<coscienza etica di un popolo in un dato momento storico
5
>>; contraddizione
che può essere spiegata tenendo conto della “sublimazione pubblicistica” che pervadeva
l'intero codice penale di epoca fascista, nel quale la maggioranza degli interessi
3
PADOVANI, Violenza carnale e tutela della libertà, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen., 1989
4
Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V , Roma, 1929, riportato in
RICCI-VENDITTO-BASSI, Violenza sessuale e risposta istituzionale. Considerazioni critiche sulla
nuova normativa penale in materia, in Giust. Pen., 1996, p. 367
5
MAGGIORE, Principi di diritto penale, Bologna, 1938, p. 445
5
personali erano tutelati in funzione di un interesse preminente, riferito allo stato etico,
ovvero allo stato espressivo della totalità dei valori.
In questa prospettiva, dunque, nei delitti contro la libertà sessuale la tutela della libertà
personale, pur presente, veniva subordinata e resa strumentale rispetto alla protezione di
un bene giuridico di natura superiore e pubblicistica.
Con l'avvento della Costituzione, e la centralità da questa data alla tutela dell'individuo
in tutte le manifestazioni della sua personalità, l'impostazione prevista dal codice penale
in materia di delitti sessuali si è rivelata anacronistica e antinomica rispetto ai valori
espressi nella Carta Costituzionale stessa; un contrasto, questo, sottolineato già da
tempo dalla dottrina, e recepito anche nelle numerose proposte di riforma che si sono
succedute nel corso degli anni, tutte accomunate dal riconoscimento che i reati sessuali
dovessero essere concepiti come reati contro la persona.
Questa è stata l'impostazione prescelta dal legislatore del 1996, che ha appunto inserito
il nuovo reato di violenza sessuale tra i delitti contro la libertà individuale, e più
specificatamente tra quelli che ledono la libertà personale.
La Corte di Cassazione, nel 2004, si è espressa con favore in merito alla nuova
collocazione del reato di violenza sessuale; ha infatti commentato come <<la correzione
non nominalistica ma sostantiva e sistematica, operata con la collocazione della
violenza sessuale tra i delitti contro la libertà personale, secondo una scelta peraltro da
decenni auspicata dalla migliore dottrina>> sia stata una scelta positiva, una scelta
<<che dirada ogni incertezza sulla reale oggettività giuridica del sistema sanzionatorio,
e rende definitivamente evidente che la tutela è mirata sulla persona umana, sulla sua
dignità nell'interezza dei diritti che vi si sintetizzano, con speciale attenzione per quelli
che attengono alle forme più intime e riservate della sua vita, come le manifestazioni
della sessualità
6
>>.
Con il mutamento di ubicazione si è avuto anche un mutamento del bene giuridico
tutelato dalla norma; ad essere tutelata è la libertà personale, intesa come libertà di
autodeterminazione della propria corporeità sessuale, che deve essere scevra da
qualsiasi forma di coercizione altrui, sia detta coercizione attuata con violenza,
6
Cass, sez. III, 26 marzo 2004, n° 14789 (Riggio), CED 228448
6
minaccia, abuso di autorità o abuso mediante induzione delle altrui condizioni di
inferiorità fisica o psichica
7
.
La stessa Corte di Cassazione in più occasioni si è pronunciata rimarcando la differente
collocazione sistematica del nuovo articolo 609-bis sulla violenza sessuale rispetto ai
previgenti articoli 519 e 521, e il conseguente nuovo bene giuridico tutelato dalla
norma.
Già in una sentenza del 1998 la Suprema Corte ha affermato che << la comprensione
del baricentro dell'incriminazione di cui all'art. 609-bis c.p. deve partire dalla differente
collocazione di questi reati tra i delitti contro la persona invece che tra quelli contro la
moralità pubblica e il buon costume e dall'intitolazione della l. n. 66 del 1996 alla
violenza sessuale, sicché la sfera della sessualità cessa di appartenere al generico
patrimonio collettivo della moralità o del buon costume e diviene diritto della persona
umana di gestire liberamente la propria sessualità e la violazione di detto diritto
costituisce offesa alla dignità della persona. Pertanto, l'illegittimità dei comportamenti
deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona umana e della loro
attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale.
8
>>.
In un'altra sentenza, nell'anno 2000, la Cassazione ha individuato il bene tutelato
dall'articolo 609-bis nella <<libertà sessuale del soggetto passivo
9
>>; a tal proposito, è
interessante sottolineare come il concetto di libertà sessuale, introdotto innovativamente
(seppur con valenza più formale che sostanziale) nel codice Rocco, attraverso la
formula intitolativa del capo I del titolo IX, sia stato invece abbandonato dal legislatore
del 1996, che ha preferito introdurre i nuovi articoli da 609-bis a 609-nonies nella
preesistente sezione II del capo III, rigettando l'idea di istituire una sezione specifica
dedicata proprio ai delitti contro la libertà sessuale.
La ratio di questa esclusione, secondo la dottrina, andrebbe ricercata nella volontà del
legislatore di distaccarsi quanto più possibile dalla tradizione precedente, nella quale il
concetto di libertà sessuale, che nella sua accezione più corretta rappresenta solo un
7
COSTANZO, I reati contro la libertà sessuale, UTET giuridica, Torino, 2008, p. 9
8
Cass., sez. III, 27 aprile 1998, n° 6652 (Di Francia), in Foro It., 1998, II, p. 505 ss.; ripresa
successivamente (ex multis) in Cass., sez. III, 04 luglio 2000, n° 7772 (Calò), in Cass. Pen. 2001, p.
2116 ss; Cass., sez. III, 28 aprile 2004, n° 19562 (Català Serra), in Cass. Pen. 2005, p. 2265; Cass.,
sez. III, 22 dicembre 1999, n° 1913 (Borghesi), CED 215696; Cass., sez. III, 08 maggio 2008, n°
28815 (Belli)
9
Cass., sez. III, 30 marzo 2000, n°4005 (Alessandrini), in www.alphaice.com; la stessa formula si
rinviene in Cass., sez. II, 08 gennaio 2009, n° 3189, in www.gadit.it
7
aspetto della libertà individuale, aveva assunto un significato ambiguo, in conseguenza
del suo rapporto funzionale con la “moralità pubblica” e il “buon costume”
10
.
La volontà di “voltare pagina” in modo netto rispetto all'impostazione pubblicistica data
dal codice Rocco ai reati in questione, del resto, è emersa chiaramente anche in diverse
pronunce della Corte di Cassazione; già in una sentenza del 1998 è stato affermato che
<<l'illegittimità dei comportamenti (...) è disancorata dall'indagine sul loro impatto nel
contesto sociale e culturale in cui avvengono
11
>> ; la moralità pubblica e il buon
costume, beni sociali e collettivi, non possono più costituire il punto di riferimento per
valutare l'illiceità dei comportamenti in materia sessuale.
Se è comprensibile (soprattutto in un'ottica ideologica e formale, più che sostanziale)
l'obiettivo di compiere una cesura netta rispetto alla previgente impostazione, meno
condivisibile sembra essere la soluzione concretamente adottata dal legislatore.
Come sottolineato da ampia parte della dottrina
12
, la soluzione preferibile sarebbe stata
quella di mantenere comunque una sezione autonoma dedicata ai reati aventi
connotazioni sessuali, fermo restando il loro corretto inserimento entro i reati contro la
persona; anche volendo prendere le distanze dalle previgenti disposizioni, si sarebbe
potuti pervenire al medesimo risultato semplicemente modificando la formula
intitolativa della suddetta sezione, evitando ogni richiamo al concetto di libertà
sessuale
13
.
Questa, peraltro, era l'impostazione prospettata anche nel progetto di riforma del codice
penale risalente al 1992 (commissione Pagliaro), che prevedeva nel libro primo (“dei
reati contro la persona”), al titolo V (“dei reati contro la libertà”), il capo III, dedicato
proprio alla libertà sessuale.
Come già anticipato, il legislatore del 1996 ha optato invece per un inserimento ex
abrupto degli articoli 609-bis ss. dopo una fattispecie delittuosa tutto sommato
secondaria e relativamente grave (nonché priva di qualsivoglia connotazione sessuale),
10
PADOVANI, in CADOPPI, op. cit., p. 432
11
Cass., sez. III, 27 aprile 1998, n° 6652 (Di Francia), in Foro It., 1998, II, p. 505 ss.; in senso
conforme, Cass, sez III, 22 dicembre 1999, n° 1913 (Borghesi), CED 215696; Cass., sez. III, 02 luglio
2003, n° 36758 (Del Bravo), CED 226072
12
Ex multis, MARINO, Violenza sessuale pedofilia stalking, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli, 2009,
p. 15 ss; CRESPI-FORTI-ZUCCALA', Commentario breve al codice penale, CEDAM, Padova, 2009,
p. 1678; MARINI-LA MONICA-MAZZA, Commentario al codice penale, UTET giuridica, Torino,
2002, p. 2955 ss.
13
Così ROMANO, Delitti contro la sfera sessuale della persona, CEDAM, Padova, 2009, p.26; l'autore
propone la formula “delitti contro l'autodeterminazione sessuale”.
8
quale quella di “perquisizione e ispezione personali arbitrarie”, prevista appunto
dall'articolo 609 del codice penale; fattispecie peraltro preceduta, all'interno della
medesima sezione II, da altri reati ugualmente sprovvisti di qualsiasi correlazione con la
materia de qua (sequestro di persona, articolo 605; arresto illegale, articolo 606;
indebita limitazione di libertà personale, articolo 607; abuso di autorità contro arrestati o
detenuti, articolo 608).
Questa collocazione, come sottolineato quasi unanimemente in dottrina, appare
vistosamente in contrasto con la stessa architettura codicistica, basata su un sistema di
progressione discendente delle fattispecie incriminatrici all'interno delle varie sezioni
(dal reato sanzionato più severamente via via discendendo verso quello meno grave), o
in alternativa su una struttura di tipo logico-consequenziale (dall'incriminazione
generale a quelle speciali, o dall'incriminazione comune a quelle sussidiarie
14
); risulta
quindi difficile comprendere la ratio di una simile ubicazione, da alcuni autori definita
addirittura un “collage normativo
15
”, in grado di determinare “un infelice senso di
straniamento sistematico
16
”.
La dottrina ha individuato un ulteriore punctum dolens della riforma nella riconduzione
dei reati sessuali nell'alveo dei delitti contro la libertà personale, previsti nella sezione
II, piuttosto che tra i delitti contro la libertà morale, disciplinati entro la sezione III del
medesimo capo III.
La libertà personale è definibile un interesse a contenuto fondamentalmente negativo,
che si risolve nella tutela dell'individuo rispetto a misure coercitive arbitrarie suscettibili
di impedire l'estrinsecazione fisica del soggetto
17
; si tratta quindi di una “libertà da”
indebite limitazioni nell'attività esterna e corporea della persona.
Di contenuto spiccatamente positivo è invece la libertà morale, in quanto garantisce
all'individuo di determinare spontaneamente il proprio comportamento attraverso la
repressione di comportamenti altrui indebitamente tendenti a ostacolare la libera
formazione del volere
18
; si è quindi in presenza di una “libertà di” autodeterminarsi
14
PADOVANI, in CADOPPI, op. cit., p. 433
15
MARINI-LA MONICA-MAZZA', op. cit., p. 2955 ss.
16
Così PADOVANI, in CADOPPI, op. cit., p. 434
17
Così CARMONA, Le nuove norme a tutela della libertà sessuale: problemi di diritto intertemporale,
in Cass. Pen., 1998, p. 993
18
MUSACCHIO, La nuova legge sulla violenza sessuale, in Riv. Pen., 1997, p. 259
9
spontaneamente secondo motivi propri, posta a tutela della personalità del soggetto in
tutte le sue manifestazioni, non solo corporee.
Conseguentemente, la dottrina prevalente sul punto ha sostenuto che sarebbe stato
preferibile ricondurre i nuovi reati in materia sessuale nell'orbita della libertà morale, in
quanto detti reati colpirebbero proprio la libertà di volere, e il diritto di determinarsi
liberamente secondo esigenze e scopi propri, e non la mera estrinsecazione fisica del
soggetto
19
; secondo alcuni autori
20
, peraltro, la violenza sessuale non rappresenterebbe
altro che un'ipotesi speciale della violenza privata di cui all'articolo 610 c.p., qualificata
dalla peculiare natura (sessuale) dell'atto che la vittima è costretta a fare o tollerare.
La disputa in questione non ha una valenza puramente teorica e formale, poiché dalla
collocazione delle norme in materia sessuale nella sezione dedicata alle libertà
personali, e non morali, discendono importanti conseguenze in ordine alla
configurabilità del reato di violenza sessuale nei casi in cui la corporeità e la sessualità
fisica del soggetto passivo non vengano direttamente coinvolte dall'azione del soggetto
attivo (ad esempio, atti di esibizionismo, di autoerotismo in presenza di terze persone
costrette ad assistervi, di voyeurismo).
L'argomento verrà ripreso e approfondito in sede di analisi degli elementi costituenti il
fatto tipico di cui all'articolo 609-bis c.p.; qui ci limitiamo a sottolineare come anche la
Corte di Cassazione, in più occasioni, abbia dato rilievo alla collocazione sistematica
della normativa in esame.
Ha infatti affermato la Suprema Corte che <<il fondamentale e ben noto mutamento
dell'oggetto giuridico dei reati di violenza sessuale>>, compiuto dalla legge n° 66/1996,
<<non ha obliterato affatto la distinzione tra quella sottocategoria di libertà individuale
che è la libertà personale, o più esattamente la libertà di autodeterminazione fisica (...) e
l'altra sottocategoria che è la libertà morale tutelata dalla sezione III dello stesso capo
III
21
>>.
19
In senso contrario, ROMANO, op. cit., p. 26; l'autore ritiene che l'inserimento dei reati di violenza
sessuale nella sezione III avrebbe potuto sminuire il valore attribuito ai suddetti delitti.
Per MATTENCINI, I reati contro la libertà sessuale, Giuffrè Editore, Milano, 2000, p. 39, le nuove
normative in materia non potrebbero trovare corretta collocazione né tra i delitti contro la libertà
personale né tra quelli contro la libertà morale, in quanto il bene giuridico offeso dai reati in materia
sessuale è un bene costituito sia da una componente corporea che da una componente immateriale;
questo renderebbe soluzione obbligata la creazione di una sezione specifica.
20
Ex multis, FIANDACA, in Enc. Dir. (voce “Violenza sessuale”), Giuffrè Editore, Milano, 2000,
p.1154; PADOVANI, in CADOPPI, op. cit., p. 433
21
Cass., sez. III, 03 novembre 1999, n° 2941 (Carnevali), in www.alphaice.com; ripresa
10
Da questa breve disamina emerge con sufficiente chiarezza come il cambiamento di
collocazione dei reati sessuali entro il codice penale (cambiamento enfatizzato non solo
dall'incipit della stessa legge n° 66 del 1996 ma anche dai mezzi di comunicazione
dell'epoca), pur rispondendo ad un'esigenza ormai non più procrastinabile di
adeguamento della materia sia ai principi costituzionali sia al mutato sentire della
collettività sociale, non possa essere considerato il punto di arrivo ideale di una riforma
realmente incisiva e non meramente ispirata da intenti ideologici e demagogici.
Peraltro,nemmeno si può ritenere che una semplice ricollocazione topografica delle
norme possa di per sé risolversi in una tutela adeguata dei diritti in materia sessuale;
come affermato in dottrina, l'efficacia di una fattispecie non può essere determinata solo
dal suo posizionamento entro il sistema codicistico, se all'inquadramento sistematico
prescelto non corrisponde poi un contenuto della norma stessa coerente con la
classificazione adottata
22
.
Solo attraverso l'analisi della nuova normativa sulla violenza sessuale (nei suoi elementi
costitutivi e nelle sue applicazioni giurisprudenziali) si può giungere a stabilire se la
riforma abbia davvero compiuto una rivoluzione in materia di reati sessuali
23
, o se
l'innovazione, così come consacrata nell'articolo 1 della legge n° 66/1996, abbia un
carattere esclusivamente simbolico e culturale, e una portata meramente dichiarativa,
priva di effetti sul piano dell'operatività
24
.
successivamente in Cass, sez III, 12 febbraio 2004, n° 15464 (Marotta), in Cass. Pen. 2005, p. 30
22
ROMANO-GRASSO-PADOVANI, Commentario sistematico del codice penale, Giuffrè Editore,
Milano, 2010, p. 2687
23
Di questo parere AMBROSINI, Le nuove norme sulla violenza sessuale, UTET giuridica, Torino,
1997, che ritiene la nuova collocazione delle norme sulla violenza sessuale <<ricca di risvolti sul
piano etico e giuridico>>
24
Così RICCI-VENDITTO-BASSI, op. cit., p. 368; dello stesso parere MUSACCHIO, op. cit., p. 261;
MARINI-LA MONICA-MAZZA, op. cit., p. 2955