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INTRODUZIONE
Se ci si guarda intorno facendo una passeggiata per le vie di un qualunque centro
storico delle nostre città, sicuramente, non si potrà fare a meno di notare l‟ormai elevato
numero di persone provenienti dai più svariati paesi del mondo che vivono con noi
condividendo spazi, luoghi e tempi.
Gli attuali processi di globalizzazione hanno determinato flussi migratori dal Sud
del mondo e dall‟Est Europa verso i paesi dell‟Occidente “sviluppato”, flussi che, con i
loro immigrati, diventano testimonianza di una crisi che vede protagonista l‟intero pianeta
in questo inizio secolo (e buona parte dello scorso) da un punto di vista economico,
sociale, politico, religioso e ambientale.
Oggi ci troviamo quindi in una realtà multietnica, in cui condividiamo lavoro, case,
scuole, ecc. con gente dalla provenienza più disparata. Ma se la multiculturalità è di per sé
un dato di fatto, compresenza cioè di culture diverse, differente diventa la risposta che si
deve dare a tutta quella serie di problematiche che da questa scaturiscono, senza rischiare
di cadere nell‟assimilazione né tanto meno nella ghettizzazione; bisogna passare da una
dimensione multiculturale ad una interculturale.
<<Il passaggio all‟interculturalità è passaggio dalla semplice compresenza alla
conoscenza, al dialogo, all‟interazione, allo scambio fra le diverse culture. Ogni cultura ha
la sua identità, costituita da un insieme organico di valori, fede religiosa, costumi,
tradizioni. La conoscenza è il primo passo dell‟educazione interculturale [...] Conoscere
significa andare al di là delle differenze di facciata fra individui di culture diverse, per
scoprire elementi più profondi. La conoscenza porta alla comprensione e quindi al dialogo.
Se capisco il significato di elementi di una culture diverse dalla mia, passo
dall‟atteggiamento del timore al desiderio di dialogo e confronto>>
1
.
L‟interculturalità tradurrà la semplice multiculturalità in occasione di arricchimento
basato sullo scambio, sulla cooperazione e sull‟accettazione delle diversità che diverranno
fonte per una crescita democratica in un più ampio contesto armonico e pluralista.
Se la teoria ci pone davanti ad uno scenario entusiasmante che guarda l‟orizzonte
dell‟arricchimento e della crescita, la pratica ci fa scontrare con realtà cariche di
1
Massimo Dei Cas , Educazione interculturale,
http://www.paesidivaltellina.it/didattica/files/intercultura.pdf.
3
pregiudizio e attaccate a visioni egocentriche – etnocentriche, restie ad ogni forma di
cambiamento e fondate su un sentimento di superiorità, che fanno da barriera al progetto
dell‟interculturalità. Quando a questo si aggiungono scenari di insicurezza economica, di
instabilità politica, di crisi religiosa, che dominano l‟epoca attuale, diventa molto più
semplice che << […] le radici storiche, culturali ed etniche si trasformino in barriere
insormontabili per chiunque non le condivida […] si tratta di nuove visioni del vecchio
etnocentrismo, che nel corso della storia si è presentato di volta in volta sotto le vesti
dell‟intolleranza religiosa, del nazionalismo oppure, nel peggiore dei casi, del razzismo,
che ha conosciuto una vasta affermazione nelle epoche di profondo e radicale
cambiamento […] >>
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.
Xenofobia, intolleranza, antisemitismo, razzismo, fenomeni in netta antitesi con
l‟interculturalità, che invece ha, tra le sue fondamenta, proprio la prevenzione e il contrasto
degli stessi.
Il presente lavoro cercherà di analizzare il tema del razzismo e dell‟antisemitismo,
circoscrivendo l‟attenzione, essendo tematica assai vasta, al periodo fascista italiano e alla
relativa legislazione, facendo un breve excursus delle basi storiche e dei presupposti
pseudoscientifici, che hanno creato in qualche modo quell‟humus ideale affinché si
sviluppasse una politica razziale e antisemita.
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Loré M., Antisemitismo e razzismo ne La Difesa della Razza ,Rubettino Università, Soveria Mannelli
2008, p.9
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IL RUOLO DELLA SCIENZA NELLO SVILUPPO DEL RAZZISMO
Il razzismo incomincia a strutturarsi in Europa nel XVIII secolo, accompagnato
dall‟affermarsi di una politica coloniale, che fece scoprire in modo tangibile la presenza
dell‟altro, e da una serie di nuove correnti culturali e nuove scienze che videro la luce con
l‟avvento dell‟Illuminismo. L„idea filosofica centrale della dottrina illuministica vede la
ragione umana e il pensiero razionale come unici strumenti atti a risolvere i problemi e a
dare basi etiche all„esistenza. Se già scienziati e filosofi quali Newton, Keplero, Galileo e
Cartesio, durante la “Rivoluzione Scientifica”, avanzarono teorie sull‟universo andando a
contraddire e sfidare direttamente il potere della chiesa, ancora più acceso e netto diverrà
questo dualismo con “l‟epoca dei lumi”. Inoltre fu durante l‟Illuminismo che videro la luce
i primi nazionalismi. Gruppi di persone che condividevano una cultura, una lingua, una
storia e un sistema di valori, si unirono insieme in entità politiche, economiche e sociali
con confini geografici ben determinati.
A testimonianza della diatriba tra scienza e chiesa, basti pensare a quello che forse
è il punto di partenza da cui prende vita l‟origine del razzismo moderno, cioè la questione
sull‟origine dell‟uomo. Scienziati e filosofi incominciarono a interrogarsi sull‟origine delle
razze umane dando vita a due correnti di pensiero, che presero il nome di monogenismo e
poligenismo. “ L‟umanità discende da un‟unica coppia di progenitori o esistono razze
diverse discendenti da progenitori diversi? ”. È questa la domanda che vide contrapposti i
poligenisti, che ritenevano errato pensare ad un‟origine comune dell‟umanità, e i
monogenisti che, rifacendosi alle sacre scritture, non potevano che pensare ad un‟unica
discendenza dell‟umanità. Il poligenismo si pose come rottura rispetto alla tradizione e
venne usato come strumento di lotta per minare la credibilità della chiesa. La
contrapposizione tra queste due teorie portò comunque ad una prima classificazione delle
razze, ponendo la razza bianca in una posizione di superiorità rispetto a quella nera,
inferiore.
Monogenesi e poligenesi, anche se diedero il loro contributo, non furono comunque
i principali attori dell‟affermazione della differenza tra razze. Il già citato nazionalismo
crescente, che aveva bisogno di crearsi un passato e una storia, insieme ad una politica
espansionistica e coloniale europea, che aveva la necessità di trovare delle giustificazioni,
cercarono in tutti i modi un appiglio pseudoscientifico per avere una legittimazione del
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proprio operato senza farsi scrupoli di strumentalizzare nuove scienze, miti storici o
l‟estetica classica.
Nel 1776, il tedesco J. J. Winckelmann pubblicò la sua Storia dell’arte
nell'antichità e fondò il movimento che prese il nome di neoclassicismo. Winckelmann
esaltò la scultura greca, per l'armonia e l'equilibrio con cui essa rappresentava la figura
umana, e considerò il tipo greco come l'incarnazione della bellezza assoluta e ideale. Ma
tale perfezione esteriore si deve considerare secondo la concezione della kalokagathia
3
greca, in cui il bello e il buono diventano due facce della stessa medaglia.
Influenzato e affascinato dal modello estetico classico, Peter Camper introdusse il
concetto di angolo facciale , cioè quell‟angolo risultante dall'incrocio di due linee che,
rispettivamente, andavano una dal labbro superiore fino alla fronte, l‟altra dal labbro
all‟orecchio. Secondo Camper, l‟angolo dell‟uomo greco (perfetto) era 100°, quello
dell‟europeo medio 97°; l‟angolo facciale del nero, invece, non superava i 70°, e ciò era
un evidente sintomo della sua somiglianza con la scimmia. A conclusioni simili arrivò
anche Andreas Retzius. A questi si deve il concetto di indice cefalico : secondo Retzius, gli
uomini nordici possedevano migliori facoltà dell'anima, poiché dotati di teste lunghe e
strette (dolicocefale), assai più belle e armoniche (e quindi più vicine ai canoni estetici
classici), di quelle larghe e tondeggianti (brachicefale) tipiche di altre razze. Fu invece
Joseph Gall il fondatore di quella scienza che prenderà il nome di frenologia, basata sulle
misure craniche e sulle loro protuberanze, al fine di poter trovare le caratteristiche morali e
intellettuali degli esseri umani. È con le tesi di Carl Gustav Carus che l‟antropologia
3
<< Kalokagathia è la traslitterazione di un'espressione greca (καλ ὸς κ ἀγαθός, kalòs kagathòs, crasi di
καλ ὸς κα ὶ ἀγαθός, kalòs kai agathòs ). Il termine kalokagathia esprime come sostantivo astratto il concetto
condensato nella coppia di aggettivi καλός καγαθός (“kalòs kagathòs” è la crasi di καλός καi αγαθός), la cui
polirematica significa, letteralmente, bello e buono. Con questi termini si indicava nella cultura ellenica
l‟ideale di perfezione umana: l‟unità nella stessa persona di bellezza e valore morale, un principio che
coinvolge dunque la sfera etica ed estetica ed estende la propria influenza anche sull‟arte ellenica. Oltre a
questo la kalokagathia in senso lato indica la reale fusione, per la cultura greca antica, di etica ed estetica; per
cui ciò che è bello deve necessariamente essere buono e viceversa. Di conseguenza ciò che è interiormente
cattivo sarà anche brutto fuori. È un concetto antico che, malgrado il suo indubbio fascino, oggi viene
ritenuto falso e discriminatorio>>. http://it.wikipedia.org/wiki/Kalokagathia
6
incomincia a prendere vere e proprie connotazioni razziste
4
, con le quali quest‟ultimo
sostenne la superiorità del popolo “solare” rispetto al popolo “notturno”.
Di vere e proprie teorie razziste possiamo parlare con il conte De Gobineau,
autore del Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane, con cui interpretò la storia
umana sullo sfondo di uno specifico contesto razziale: la purezza della razza determinava
la capacità di sopravvivenza e di dominio sulle popolazioni inferiori, mentre la mescolanza
di differenti elementi razziali ne comportava un rapido declino. Secondo Gobineu, la più
pura delle razze era quella nordico-ariana, dotata di vigore, di nobiltà d‟animo, di coraggio
, ma tuttavia sottoposta, in quanto razza dominatrice, alla minaccia della contaminazione
da parte di razze subalterne e, con l‟inevitabile commistione delle razze, avrebbe avuto per
conseguenza l‟estinzione. Gobineau, che nella perdita della purezza della razza ariana
vedeva un inesorabile declino, rispecchiava in pieno gli stati d‟animo di un‟aristocrazia
ormai decadente: la sua opera divenne tanto un‟esortazione al consolidamento e alla
preservazione della razza ariana, quanto il veicolo di una netta opposizione al sistema
democratico. Dal razzismo di Gobineau, si passa presto al razzismo di Knox, che declama
la supremazia della razza slava e sassone, considerando i neri ( incivili e destinati alla
schiavitù ) e gli ebrei ( disonesti ) razze inferiori, e al razzismo di Lapouge, che distingue
la popolazione europea in tre razze ( ariana, alpina e mediterranea ) e che << […] sostiene,
in un ciclo unico di lezioni raccolto sotto il titolo di Les sélections sociales (1896), la
necessità della selezione artificiale eugenetica quale unico rimedio alle storture che
l‟evoluzione della società umane ha impresso agli spontanei meccanismi della natura […]
>>
5
. Le teorie di Lapouge si rifanno direttamente all‟eugenetica
6
( o eugenica ), che vede in
Galton il suo padre fondatore, il quale, seppur ispirato dalle teorie del cugino Darwin, se
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<< […] Egli estese le misurazioni scheletriche, fino ad allora concentrate sul cranio, a tutto il corpo, in
modo tale da avere un quadro di riferimento completo. Carus si riferisce ai modelli estetici classici, come
numerosi suoi predecessori, oltre che all‟opera cinquecentesca De humana physiognomia, in cui Della Porta
paragonava le differenti fisionomie umane ad altrettanti animali. Il medico tedesco si spinse presto ben oltre
il solco della scienza, divenendo uno dei primi sostenitori del primato razziale ariano, di cui contribuì
largamente a elaborare lo stereotipo.[…] >>.Loré M., op.cit., p. 16
5
MANTOVANI C., Rigenerare la società: l'eugenetica in Italia dalle origini ottocentesche agli anni
Trenta, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 2004, p. 14
6
<< […] studio dei fattori sotto controllo sociale che possono migliorare o peggiorare le qualità razziali
delle future generazioni, sia dal lato fisico che dal lato mentale. […] >>. GALTON F., Inquiry into human
faculty and its development, London, Macmillan 1883
7
ne distaccò notevolmente perdendo di vista il fattore ambientale a favore di una selezione
“non naturale” dei caratteri ereditari favorevoli e di una limitazione di quelli sfavorevoli.
Se fin‟ora abbiamo discusso del contributo, più o meno volontario, che le nuove
scienze hanno apportato alla causa razzista, non dobbiamo dimenticare però che anche altri
“ambiti” influirono nel consolidamento del razzismo. Basti pensare all‟ondata
spiritualistica che colpì l‟Europa a partire dal Settecento con movimenti come il pietismo
7
,
che contribuì alla riscoperta della sfera emotiva e al consolidamento dell‟idea di patria, o
come la teosofia
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, che vide la luce nel 1875 a New York ad opera di madame Blavatsky.
Come già successo per l‟antropologia, il razzismo non tardò ad impossessarsi dei contenuti
della teosofia. Ricordiamo, su tutte, l‟opera (che godette di ampio successo negli ambienti
razzisti) di Julius Langbehn Rembrandt come educatore, in cui veniva esaltata la
superiorità del popolo tedesco (Volk). Secondo Langbehn, il misticismo trasformava la
scienza in arte e i tedeschi dovevano essere artisti.
In seguito la natura fu considerata la scaturigine della diversità razziale e ad ogni
razza fu collegato un paesaggio d‟elezione: agli ariani la foresta teutonica, agli ebrei il
deserto. Ciò avrebbe confermato la mancanza di radici e l‟aridità d‟animo del popolo
7
<< […]Il pietismo fu un movimento religioso molto diversificato che attraversò il luteranesimo e il
calvinismo, e che indirettamente contribuì in vario modo allo sviluppo della vita letteraria tedesca […]. Il
pietismo prese vigore presso l‟università di Halle, soprattutto per opera di un amico e discepolo di Spener,
August Hermann Francke (1663-1727). Costui diede al movimento un duplice orientamento, caritativo e
pedagogico, favorendo la nascita non soltanto di istituti formativi, e quindi incidendo di riflesso sullo
sviluppo della lingua e della letteratura tedesca, ma anche di scuole a carattere professionale, tracciando nel
contempo il nuovo percorso di una pedagogia capace di riunire l‟insegnamento e l‟attività manuale. Grande
influsso il gruppo di Halle esercitò sulla nobiltà della Germania settentrionale (mentre nel meridione il
pietismo si diffuse soprattutto tra borghesi e contadini), favorendo quelle tendenze sentimentali e
introspettive che troveranno squisita espressione nelle Confessioni di un’anima bella di Goethe […]. >>
http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/letteratura-tedesca/Dal-Pietismo-Al-
Classicismo/Letteratura-nell-et--del-pietismo-e-dell-illuminismo/La-Prosa-del-cuoe-sincero--il-pietismo.html
8
<< Teosofia (dal gr. theòs, Dio, e sophia, sapienza). Termine che disegna tradizionalmente la
conoscenza dei misteri divini.L‟uso del termine è storicamente ampio: lo si ritrova nella filosofia di Rosmini
come nucleo essenziale della metafisica, prima ancora Bohme se n‟era servito per compendiare talune sue
riflessioni sui primi principi, ma la sua diffusione è legata alla fondazione della Società teosofica ad opera
della signora H.P. Blavatskij e del colonnello H.S. Olcott nel 1875. […] Il <programma> della Società
teosofica si compendia nei punti seguenti: 1) formare un nucleo di fratellanza universale dell‟umanità, senza
distinzione di razza, sesso, casta o colore; 2) incoraggiare lo studio comparato delle religioni, delle filosofie e
delle scienze; 3) investigare le leggi inesplicate della natura ed i poteri latenti nell‟uomo>>. Moramarco M.,
Grande Dizionario Enciclopedico UTET, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1991, vol. XIX, p.
918.