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Introduzione
Scopo del presente lavoro è quello di analizzare attentamente le novità apportate dalla legge
23 dicembre 2014, n. 190, e più in particolare, le novità legate all’istituto del ravvedimento
operoso. Le innovazioni dell’istituto sono state collegate al quadro generale di riforma che il
legislatore si è prefissato in materia tributaria, a partire dalla legge delega 11 marzo 2014, n.
23, specialmente sotto l’aspetto della semplificazione tributaria e del nuovo assetto di rapporti
tra Fisco e contribuente.
Nell’analizzare le novità legislative, è stato seguito un approccio teso ad interpretare le
intenzioni sottese ad ogni nuovo provvedimento normativo e le eventuali occasioni mancate
di riforma. Ai fini di una migliore analisi critica degli argomenti, sono stati presi in
considerazione i documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate, anche ai fini di un proficuo
confronto di opinioni con le posizioni, spesso differenti, espresse dalla dottrina. Altro
strumento molto importante di cui ci si è dotati sono le pronunce dei giudici merito e della
Corte di Cassazione che si sono rivelate essere molto utili per dare maggiore profondità
nell’analisi delle questioni più controverse.
Come accennato il panorama normativo si presenta composito: non si può tralasciare come il
fil rouge che lega tutti gli interventi legislativi, di cui si discute nel presente lavoro, sia il
recupero dell’evasione fiscale con un conseguente recupero di gettito per le casse erariali. È
ormai noto a tutti che negli ultimi anni l’Italia sta attraversando un periodo particolarmente
difficile sia in materia di stabilità politica che di stabilità economica. In questo scenario
assume un ruolo fondamentale il ruolo del bilancio statale: in un contesto di risorse scarse
diventa difficile distribuire risorse alle fasce più deboli. Questo è dovuto all'alto livello di
spesa a carico della collettività, unito a un livello di entrate stabile e non ulteriormente
espandibile, dato il già elevato livello di pressione fiscale. E' proprio dal lato delle entrate che
occorre fare un approfondimento. L'Italia, come ben noto si distingue per un livello monstre
di evasione fiscale. Il contrasto di tale evasione, come delineato dal governo, passa per il
contrasto degli illeciti e da un profondo miglioramento nei rapporti fra Fisco e contribuente.
La cosiddetta tax compliance è funzione anche della credibilità del sistema fiscale. Questo è
un atto dovuto, visto che la tax non compliance vale circa 90 miliardi di euro, circa il 6,6% del
PIL italiano
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. In buona sostanza, il governo si propone un fisco più vicino al cittadino, agendo
su tre fronti: maggiore certezza del diritto, maggiore trasparenza nei rapporti tra il Fisco e i
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Si veda l’allegato della nota d’aggiornamento al DEF 2015, del 18 settembre 2015.
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contribuenti e incisiva semplificazione degli adempimenti. Questa è la base di partenza del
lavoro di tesi, ovvero la spinta che vuole imprimere il Fisco al corretto adempimento dei
doveri tributari dei cittadini, sempre abbastanza restii quando si tratta di pagare le imposte. Le
modalità con cui la legge di Stabilità 2015 vuole raggiungere obiettivi di compliance sono
essenzialmente due: semplificare gli adempimenti legati al pagamento dei tributi, da un lato, e
dall’altro spingere il contribuente ad adempiere correttamente e a poter rivedere serenamente i
propri errori. Il primo obiettivo è stato colto in pieno in seguito all’adozione, da parte del
legislatore, della dichiarazione dei redditi precompilata. Tale modello, già adottato da molti
altri Paesi, è destinato a semplificare notevolmente la vita di molti contribuenti, anche se il
suo avvio non è stato dei migliori, con molte difficoltà e criticità che verranno affrontate nel
corso del lavoro. A conclusione del primo capitolo, e agganciandosi a quello che è il fulcro del
presente lavoro, viene fatto un accenno al ruolo della dichiarazione e al suo legame con il
ravvedimento operoso. Sempre restando nell’ambito della dichiarazione viene affrontato il
tema delle dichiarazioni cosiddette integrative, tramite cui il contribuente presenta una nuova
dichiarazione che modifica la precedente: si è posta particolare attenzione sulla
differenziazione di trattamento che tuttora sussiste e, anzi, la stessa legge 190/2014
contribuisce per alcuni aspetti ad amplificare notevolmente, tra dichiarazioni a favore
dell’erario e dichiarazioni a favore del contribuente, in quanto alle prime viene riservato un
trattamento molto più agevolato rispetto alle altre, dato che oltretutto, esse garantiscono un
maggior gettito per il Fisco.
Nel corso del secondo capitolo, snodo centrale di tutto l’elaborato, si passa in rassegna, a 360
gradi, l’istituto giuridico del ravvedimento operoso. Si comincia dall’analisi dell’origine e
dall’evoluzione storica che l’istituto ha avuto nel panorama del diritto tributario, sino ad
arrivare alla legge di Stabilità che ha consegnato all’istituto un volto completamente
rinnovato. Verranno passati in rassegna gli aspetti più operativi dell’istituto, analizzando
attentamente quali sono i casi in cui il contribuente può esperire il ravvedimento, entro quali
scadenze e con quali modalità. Nel descrivere i dettagli dell’istituto ho cercato di confrontare
passato e futuro dell’istituto, mettendo in luce come taluni aspetti siano stati profondamente
rinnovati, mentre altri siano rimasti sostanzialmente immutati. Ad esempio, il legislatore non
è intervenuto nel modificare le fattispecie cui risulta possibile applicare l’oblazione e non è
intervenuto nel modificare il particolare meccanismo per il ravvedimento nel caso in cui i
tributi debbano essere liquidati da parte degli Uffici. Nel descrivere la novella normativa non
si sono tralasciati i decreti attuativi della delega fiscale, con speciale riferimento al decreto
votato alla riforma del sistema sanzionatorio, dato che le sanzioni sono collegate al
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ravvedimento, e costituiscono la base su cui applicare la riduzione. Sempre prendendo spunto
da tale decreto attuativo, si è proceduto ad analizzare attentamente le novità legate alla
possibilità di utilizzare il ravvedimento per estinguere determinati reati in materia tributaria,
così come era già in passato, precisamente nel 1990, quando l’istituto fu introdotto. In
conclusione del capitolo sono state affrontate le fattispecie che impediscono la possibilità di
mettere in atto il ravvedimento da parte del contribuente, distinguendo i tributi erariali, ai
quali a partire dal 2015 si applicano una serie di fattispecie inibitorie molto meno stringenti
rispetto al passato, e tutti gli altri tributi che, invece, restano assoggettati alle vecchie cause
ostative.
Il processo di riforma del ravvedimento si rivela non essere esente da criticità, che sono state
affrontate nel corso del terzo capitolo. Sempre in questo capitolo è stato anche posto l’accento
sulla posizione di predominanza che il ravvedimento è destinato ad assumere nel quadro degli
istituti chiamati a deflazionare il contenzioso tributario: in particolare, l’espansione di
operatività che viene data all’istituto ha fatto sì che, per esigenze di razionalizzazione e
riorganizzazione, a partire dal 2016, si procederà alla cancellazione di tre istituti deflativi. La
mancanza dei tre istituti e la sostituzione integrale degli stessi con il ravvedimento causerà
alcuni pregiudizi per il contribuente, in quanto a questi istituti, allo stato attuale, si applica il
cumulo giuridico (conveniente per il contribuente) e sussiste la possibilità di rateizzare le
somme dovute, cose che, nonostante la riforma organica dell’istituto, non risultano essere
applicabili al ravvedimento. La riforma del ravvedimento muta sostanzialmente la veste
dell’istituto, consentendone l’applicazione anche in seguito ad un’attività istruttoria svolta
dagli Uffici, per cui viene posta l’attenzione sul fatto se sia corretto utilizzare il termine
ravvedimento, visto che tale termine presuppone un’attivazione spontanea da parte del
contribuente. L’istituto, così come è stato rinnovato, causerà delle complicazioni per quanto
riguarda le possibilità di detrazione in ambito Iva, l’estensione dei poteri di accertamento per
“gli elementi oggetto di integrazione” nelle dichiarazioni integrative e, infine, per ciò che
attiene le ingiustificate differenziazioni di trattamento che vengono a crearsi tra tributi
amministrati dall’Amministrazione finanziaria e non. Il ravvedimento per alcuni aspetti si
intreccia alla procedura di voluntary disclosure, rappresentando in alcuni casi una valida
alternativa alla procedura.
Come è possibile notare il quadro si rivela essere composito e difficile da approfondire
compiutamente in ogni suo aspetto. Nell’analizzare le tematiche rilevanti, si è cercato di
ripercorre l’evoluzione storica relativa agli istituti trattati, per cercare anche di comprendere al
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meglio l’evoluzione che ha avuto il Fisco nei confronti delle problematiche tributarie. La
volontà del presente lavoro di tesi è quella di analizzare attentamente le novità apportate in
materia di ravvedimento, badando bene a tutte le insidie nascoste dietro tale riforma, acclarata
come uno dei punti nodali della semplificazione fiscale, anche se, come accade solitamente in
Italia, la parola semplificazione finisce per portare ad ulteriori complicazioni ai contribuenti.
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CAPITOLO 1. LO STIMOLO ALL’ASSOLVIMENTO DEGLI OBBLIGHI
TRIBUTARI E LA RIMOZIONE DELLE IRREGOLARITA’ DA PARTE
DEL CONTRIBUENTE
1.1 Il passaggio da una logica “repressiva” a una “preventiva” e la promozione della “tax
compliance”. 1.2 L’Amministrazione finanziaria mette a disposizione del contribuente le informazioni
di cui dispone. 1.3. La dichiarazione integrativa quale strumento principale per l’assolvimento
spontaneo dei doveri tributari.
1.1 Il passaggio da una logica “repressiva” a una “preventiva” e la promozione
della “tax compliance”
La legge 190/2014 è intervenuta nel rimodellare i rapporti sussistenti tra il Fisco e il
contribuente. L’obiettivo che si prefigge la riforma è quello di passare da una logica
repressiva a una logica preventiva. Prima di entrare nel vivo delle novità introdotte dalla
riforma legislativa in commento occorre fare un piccolo passo indietro, e andare ad indagare
le ragioni che hanno spinto il legislatore a questo cambio di passo. Il sistema fiscale italiano si
caratterizza, da sempre, da elevati livelli di infedeltà fiscale, che si manifestano attraverso le
varie forme di elusione ed evasione, più o meno sofisticate. La generalità dei contribuenti vive
in un clima di profonda incertezza qualora debba interfacciarsi con l’Amministrazione
finanziaria. Tale incertezza proviene essenzialmente dai seguenti fattori:
verifiche fiscali molto invasive con applicazione di parametri astrusi, che non colgono
appieno le peculiarità della singola realtà;
difficoltà ad interpretare la complessa normativa tributaria, da cui derivano
interpretazioni anche molto differenti fra loro;
frequenti e repentini mutamenti delle leggi;
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orientamenti difformi espressi dalle varie Commissioni tributarie, dovuti spesso alla
mancanza di specifiche competenze da parte degli stessi giudici.
L’insieme di questi fattori disincentiva fortemente la proposizione, da parte di un
contribuente, di un ricorso avverso un avviso di accertamento, favorendo l’impiego di
strumenti che sono chiamati a svolgere una funzione di deflazione del contenzioso
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. I livelli
più elevati di non compliance si ritrovano tra le piccole imprese e i lavoratori autonomi, che in
genere adottano schemi di autotassazione, rispetto a lavoratori dipendenti, pubblici e privati, i
quali non posso eludere il prelievo tributario, effettuato per loro conto dai sostituti d’imposta
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.
Da ciò se ne ricava l’esigenza di dover in qualche modo indurre i contribuenti a porre in
essere celermente e correttamente i propri doveri tributari, anche usufruendo del vasto
patrimonio informativo di cui dispone l’erario. Il rapporto tra contribuente e Amministrazione
finanziaria potrebbe essere idealmente suddiviso in tre momenti
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:
la fase di preparazione della dichiarazione;
la fase successiva alla dichiarazione, in cui è possibile ravvedere le violazioni
contenute nella stessa dichiarazione o presentare una dichiarazione integrativa;
la fase eventuale postuma alla notifica di un avviso di accertamento.
Le informazioni ricavabili dalle banche dati sono praticamente inutilizzate nella fase pre e
post dichiarazione, limitandosi quasi esclusivamente all’impiego per la liquidazione
automatizzata delle dichiarazioni; l’utilizzo maggiore dei dati a disposizione del Fisco si ha
nella fase relativa all’accertamento. In questa fase l’Amministrazione finanziaria attinge in
maniera consistente dalle proprie banche dati tutte le informazioni ricavabili su un
determinato soggetto, per poi procedere, in genere, alla rettifica degli imponibili dichiarati,
portando così il Fisco a richiedere somme ingenti a titolo di imposta, sanzioni e interessi. A
questo aspetto si aggiunga anche il fatto che attualmente la presenza di istituti deflativi, come
l’accertamento con adesione, che presuppongono di fatto una contrattazione fra contribuente
ed erario, finiscono per sminuire il criterio della giusta imposizione. I poteri di indagine
2
CHIODAROLI L. – ROMANO C., Regime di adempimento collaborativo: la risposta all’incertezza nei rapporti tra
Fisco e contribuente, in Corr. trib., 2015, XX, 1542.
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LIBERATORE G., Ravvedimento “sine die” e tecnologia volàno per incentivare la “tax compliance”, in Corr. trib.,
2015, XVI, 1257.
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SANTORO A.-R.L., Il “ravvedimento operoso” indotto dalle segnalazioni “clienti-fornitori”, in Dial. trib., 2014,
IV, 350.