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Sommario
La presente disamina si propone di analizzare i nuovi tratti del procedimento disciplinare
nel pubblico impiego, così come ridisegnati alla luce della legge delega n. 15/2009 e del
successivo d.lgs. n. 150/2009 di attuazione.
Prima di procedere all‟esame delle disposizioni che si ritengono maggiormente rilevanti,
sembra necessario dare atto di come l‟intervento in materia disciplinare si ponga in perfetta
sintonia con la ratio della legge delega rivolta a operare una sostanziale rivisitazione della
struttura portante del processo sulla c.d. “privatizzazione” del rapporto di pubblico impiego
in Italia, inaugurato con il d.lgs. 29/1993 e consacrato con il d.lgs. 165/2001.
In tale prospettiva, l‟articolo 1 del d.lgs. 150/2009 riassume in sé i cardini delle
innovazioni modificando radicalmente il precedente assetto delle fonti, di cui vi è specifico
contenuto nell‟articolo 2, comma 2 del d.lgs. 165/2001; quest‟ultima norma prevedeva
un‟espressa potenzialità a favore dello strumento della contrattazione collettiva, di
derogare ad eventuali disposizioni di legge, a regolamenti e/o a statuti non in sintonia con
le regole dettate dalla contrattazione collettiva stessa. In altri termini, la centrale
disposizione di cui all‟articolo 2, fulcro del richiamato d.lgs. n. 165/2001, legittimava
ampiamente lo strumento della negoziazione collettiva a un‟operazione di vera e propria
espunzione di normative non compatibili con essa.
L‟attuale modifica, invece, pur disponendo sempre sulla possibilità di deroga da parte della
contrattazione collettiva, stabilisce perentoriamente che ciò sia possibile solo quando
espressamente previsto dalla legge, invertendosi per tal via i termini enunciati.
È di tutta evidenza che la modifica in questione abbia finito con lo scardinare uno dei
pilastri dello stesso d.lgs. 165/2001, intervenendo su un punto centrale riguardo alla
struttura dei rapporti di lavoro, ripristinando perciò il tradizionale rapporto tra legge e
contratto, subordinando quest‟ultimo alla legge e circoscrivendone la portata e il grado di
autonomia.
L‟obiettivo dichiarato è quello del conseguimento dell‟efficienza e dell'ottimizzazione
della Pubblica Amministrazione; si tratta di un obiettivo il cui conseguimento passa anche
attraverso la complessiva riscrittura della materia disciplinare concepita ai sensi
dell‟articolo 67, d.lgs. 150/2009 come mezzo di controllo dei risultati della performance
individuale del dipendente. In tale prospettiva, la complessiva riforma del procedimento
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disciplinare contenuta nell‟articolo 7 della legge 15/2009 e attuata dagli articoli 68 e
seguenti del d.lgs. 150/2009, emblematicamente espropria la contrattazione collettiva del
potere di intervenire sulla materia disciplinare, stravolgendo l‟impostazione contenuta nel
d.lgs. 165/2001.
Non è certo un caso che il sopra citato articolo 68, d.lgs. 150/2009 sostituisca per intero
l‟articolo 55, d.lgs. 165/2001 statuendo che le disposizioni del presente articolo e di quelli
seguenti costituiscono norme imperative ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419,
comma 2 c.c. e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all‟articolo 2, comma 2, d.lgs.
165/2001, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all‟articolo 1, comma 2;
in particolare deve essere posto l‟accento sul fatto che, sebbene il nuovo testo dell‟articolo
68, comma 2, d.lgs. 150/2009 sembri devolvere alla contrattazione collettiva
l‟individuazione delle tipologie di infrazioni e delle relative sanzioni, invero, la riserva
legale ivi contenuta è destinata a risultare sicuramente pregnante.
È di particolare importanza, infine, dare conto del nuovo articolo 55ter, d.lgs. 165/2001 che
disciplina e rimodula il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale.
Il nuovo principio enunciato nel comma 1 di tale articolo è che il procedimento disciplinare
che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti riguardo ai quali a procedere è l‟autorità
giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale; per le
infrazioni di minore gravità di cui all‟articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, d.lgs.
165/2001, non è ammessa la sospensione del procedimento.
Solo per le infrazioni di maggiore gravità di cui allo stesso articolo 55-bis, l‟ufficio
competente, nei casi di particolare complessità dell‟accertamento del fatto addebitato al
dipendente e quando all‟esito dell‟istruttoria non si disponga di elementi sufficienti a
motivare l‟irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al
termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti
cautelari nei confronti del dipendente.
Alla luce di questa impostazione di maggior rigore della materia disciplinare, il comma 2
dell‟articolo 55-bis, d.lgs. 165/2001 stabilisce che se il procedimento disciplinare, non
sospeso, si conclude con l‟irrogazione di una sanzione e, in seguito, il procedimento penale
viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione – la quale riconosce che il fatto
addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente
medesimo non lo ha commesso - l‟autorità competente, a istanza di parte da proporsi entro
il termine di decadenza di centottanta giorni dall‟irrevocabilità della pronuncia penale,
riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l‟atto conclusivo,
3
riguardo all‟esito del giudizio penale: sarà dunque onere del lavoratore assolto agire
tempestivamente per ottenere una modifica delle sanzioni disciplinari eventualmente
adottate dall‟Amministrazione.
Diversamente, se il procedimento disciplinare si conclude con l‟archiviazione e il processo
penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l‟autorità competente riapre il
procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all‟esito del giudizio
penale. Il procedimento disciplinare è altresì riaperto se dalla sentenza irrevocabile di
condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la
sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell‟addebito
da parte dell‟autorità disciplinare competente e il procedimento prosegue secondo quanto
previsto nell‟articolo 55-bis; ai fini delle determinazioni conclusive, l‟autorità procedente,
nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell‟articolo 653,
commi 1 e 1-bis del codice di procedura penale che si occupa dell‟efficacia della sentenza
penale nel procedimento disciplinare.
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
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1. Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva
nella riforma Brunetta e nel procedimento disciplinare
Con il decreto legislativo 150/2009 (c.d. riforma Brunetta) in attuazione della legge 4
marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, è cambiato il sistema delle fonti
nella disciplina dei rapporti di lavoro pubblico.
La riforma si caratterizza per il forte ridimensionamento della “capacità generale” in
precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva e per l‟ampio recupero di “potere
unilaterale” in capo alle amministrazioni-datori di lavoro; tuttavia, i rapporti di lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche continuano a essere disciplinati “dalle
disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell‟impresa”, con l‟innesto delle norme rese imperative dal testo unico
del pubblico impiego n. 165/2001, così come modificate dal decreto delegato n. 150 del
2009.
1
Il decreto delegato non mette in discussione il disegno di “privatizzazione del lavoro
pubblico” che risale al d.lgs. 80/1998 e al testo unico sopracitato n. 165/2001; malgrado
quindi la differenziazione del lavoro pubblico dal lavoro privato sia, oggi, estremamente
accentuata, rimane la storica separatezza fra l‟uno e l‟altro, essendo il lavoro pubblico
regolato da un “diritto privato differenziato”.
1.1. La rilegificazione: il sistema delle fonti
Per quanto riguarda l‟assetto delle relazioni tra fonte legislativa e fonte contrattuale, la
legge delega 15/2009 fissava per il legislatore delegato due finalità di ordine generale:
la convergenza verso il modello privatistico del sistema di relazioni sindacali vigente
nel settore pubblico;
2
1
C f r . ar t . 2 , c o mma 2 , d . l g s . 1 6 5 / 2 0 0 1 , n el t es t o d i c u i al l ’ a r t i c o l o 3 4 d . l g s . 1 5 0 / 2 0 0 9 “ a) il comma 2 e'
sostituito dal seguente: 2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le
determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono
assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di
lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti di cui all'articolo 9. Rientrano,
in particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel
rispetto del principio di pari opportunità, nonché' la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli
u f f i c i . » ”.
2
Cfr. articolo 2, comma 1, lett. a).
2 Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale nel lavoro pubblico
il miglioramento dell‟efficienza e dell‟efficacia delle procedure di contrattazione
collettiva.
3
In questa prospettiva le norme delegate avrebbero dovuto realizzare tre obiettivi principali:
1. la ridefinizione delle materie “riservate” rispettivamente alla legge e alla contrattazione
collettiva, ferma restando la spettanza a quest‟ultima del compito di “determinare i
diritti e le obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro”;
2. la sostituzione automatica – in applicazione degli articoli 1339 e 1419, comma 2, c.c. –
delle clausole contrattuali dichiarate nulle per violazione di norme imperative e dei
limiti fissati alla contrattazione collettiva;
4
3. la definizione di “meccanismi di monitoraggio” circa l‟effettività e la congruenza del
riparto di competenza fra legge e contrattazione collettiva.
5
Ora non sembra che gli obiettivi indicati dalla delega siano stati realizzati.
Per comprendere la direttrice di fondo che sembra caratterizzare la legge delega in oggetto
nel ridefinire i rapporti tra legge e contrattazione collettiva è utile richiamare quale sia stato
il criterio di ripartizione tra le fonti di produzione normativa nelle successive fasi che
hanno scandito il processo di «privatizzazione» del pubblico impiego, fino all‟approdo
costituito dal t.u. 30 marzo 2001, n. 165.
Nella fase di c.d. prima privatizzazione, l‟articolo 2, comma 1, lett. c), della legge 23
ottobre 1992, n. 421, con una disposizione immediatamente precettiva, aveva individuato
sette materie
6
sottoposte alla regolamentazione della legge o, sulla base della legge o
nell‟ambito dei principi posti dalla stessa, agli atti normativi o amministrativi.
Nel conformarsi a tale criterio direttivo, il successivo d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29
7
, aveva
cercato di definire una linea di demarcazione tra le materie sottoposte alle fonti unilaterali
e quelle rimesse alla contrattazione collettiva, riservando alle prime la regolamentazione
dell‟organizzazione e alle seconde la disciplina dei rapporti di lavoro.
3
Cfr. articolo 2, comma 1, lett. b).
4
Cfr. articolo 3, comma 2, lett. d).
5
Cfr. articolo 3, comma 2, lett. c).
6
Le s et t e mat er i e: r es p o n s ab i l i t à g i u r i d i c h e at t i n en t i ai s i n g o l i o p er at o r i n el l ’ es p l et ame n t o d i p r o c ed u r e amministrative; organi, uffici e modi di conferimento degli stessi; principi fondamentali di organizzazione
deg l i u f f i c i ; p r o c ed i menti d i s el ez i o n e p e r l ’ ac c es s o al l av o r o e d i av v i ame n t o al l av o r o ; r u o l i e d o t az i o n i organiche nonché loro consistenza complessiva; garanzia di libertà di insegnamento e autonomia
p r o f es s i o n a l e n e l l o s v o l g i mento d el l ’ at t i v i t à d i d at t i c a , scientifica e di ricerca; disciplina della responsabilità e
delle incompatibilità.
7
Raz i o n al i z z az i o n e d el l ’ o r g an i z z az i o n e d el l e am mi n i s t r az i o n i p u b b l i c h e e r ev i s i o n e d el l a d i s c i p l i n a i n mat er i a d i p u b b l i c o i mp i eg o , a n o r ma d el l ’ ar t i c o l o 2 d el l a l eg g e 2 3 ottobre, n. 421: titolo I Principi generali,
articolo 1 Finalità e ambito di applicazione, lett. c) integrare gradualmente la disciplina del lavoro pubblico
con quella del lavoro privato.
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
3
Tale criterio, se da un lato aveva consentito di sottrarre il rapporto di lavoro pubblico dal
dominio delle fonti unilaterali, aprendo la strada alla contrattualizzazione dello stesso,
dall‟altro si era mostrato non privo di ambiguità e incertezze anche sotto il profilo
applicativo.
Assegnare alle fonti unilaterali la regolamentazione dell‟organizzazione degli uffici
significava continuare a mantenere nella sfera pubblicistica anche aspetti che, nel privato,
appartengono alla libertà di impresa o alla contrattazione, individuale e collettiva, e quindi
ostacolare il processo di assimilazione del rapporto di lavoro pubblico a quello privato,
imbrigliando, in definitiva, la spinta innovatrice in una logica di compromesso con il
passato.
A ulteriore riprova dello scarso esito riguardante l‟esclusione delle fonti unilaterali speciali
vediamo come entrambe le disposizioni cui risultava affidato il compito di realizzarlo
abbiano subìto correzioni legislative tali da modificarne profondamente il senso.
La prima a essere modificata è stata la norma che si riferisce alla legislazione speciale
futura, cioè successiva all‟entrata in vigore del d.lgs. 29/1993, laddove finì per prevalere
l‟idea che il meccanismo previsto dal legislatore del 1993 consistente nell‟introduzione di
un vincolo a carico del legislatore futuro fosse incostituzionale o comunque inefficace; per
tali motivi, la disposizione fu modificata e recepita nel d.lgs. 165/2001 che ha sostituito,
recependolo, il d.lgs. 29 del 1993 e la successiva decretazione di riforma.
8
Il testo, come modificato, prevede quindi un meccanismo più debole: la disciplina speciale
introdotta dopo l‟entrata in vigore del d.lgs. 29/1993, salvo espressa dichiarazione
contraria, deve considerarsi derogabile da parte del contratto collettivo successivo ma non
più inefficace in virtù della semplice stipulazione di esso.
Successivamente, nel d.lgs. n. 165/2001, all‟articolo 71, comma 3 vediamo che “la
contrattazione relativa alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell‟articolo 2, comma
8
L’ ar t i c o l o o r i g i n ar i o d el d . l g s . 2 9 / 1 9 9 3 r ec i t av a al c o mma 2 -bis d el l ’ a r t i c o l o 2 : “ N el l e mat er i e n o n s o g g et t e a r i s er v a d i l eg g e ai s en s i d el l ’ ar t i c o l o 2 , c o mma 1 , l et t er a c ), d el l a l eg g e 2 3 o t t o b r e 1 9 9 2 , n . 4 2 1 , e v en t u al i norme di legge, intervenute dopo la stipula di un contratto collettivo, cessano di avere efficacia, a meno che
la legge non disponga espressamente in senso contrario, dal momento in cui entra in vigore il successivo
c o n t r at t o c o l l et t i v o . ”
N el l a s u c c es s i v a mo d i f i c a l ’ a r t i c o l o 2 , c o mma 2 è i l s eg u en t e: “I r ap p o r t i d i l av o r o d ei d i p en d e n t i d el l e amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile
e d al l e l eg g i s u i r ap p o r t i d i l av o r o s u b o r d i n at o n el l ’ i m p r es a, f at t e s al v e l e d i v er s e d i s p o s i z i o n i c o n t en u t e n el presente decreto.
Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline nei rapporti di lavoro la
cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono
essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente
ap p l i c ab i l i , s al v o c h e l a l eg g e d i s p o n g a es p r es s ame n t e i n s en s o c o n t r ar i o ”.
4 Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale nel lavoro pubblico
2, d.lgs. 165/2001, provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o
speciali del pubblico impiego che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti
collettivi nazionali o dei contratti quadro”.
Questa norma pare contraddire la precedente applicando alla legislazione speciale passata
il meccanismo più debole previsto per la legislazione speciale futura: parrebbe infatti che
anche le disposizioni legislative e regolamentari già vigenti al momento dell‟entrata in
vigore del d.lgs. 29/1993 non perdano efficacia automaticamente per effetto della
sottoscrizione dei contratti collettivi della seconda tornata, ma solo ove questi ultimi
dettino sul punto una disciplina incompatibile. Per effetto di questo duplice sabotaggio, il
principio di esclusione delle fonti unilaterali di diritto pubblico funzionava in modo
completamente diverso da come il legislatore del 1993 aveva immaginato.
Con la seconda stagione della “privatizzazione” del pubblico impiego, avviata dai d.lgs. 31
marzo 1998, n.80 e 29 ottobre 1998, n. 387 (successivamente confluiti nel d.lgs. n.
165/2001) e quindi con il completamento dell‟integrazione della disciplina del lavoro
pubblico con quella di lavoro privato si attua uno spostamento della linea di confine che
delimita il campo di azione delle fonti unilaterali, con una conseguente espansione
dell‟ambito di intervento della privatizzazione.
Il confine idealmente tracciato tra le fonti di produzione di diritto pubblico e quelle di
diritto privato non separa più l‟organizzazione dalla disciplina del rapporto di lavoro, ma
traccia una divisione nell‟ambito della stessa organizzazione; vengono, infatti, privatizzati
anche i poteri connessi alla gestione dell‟organizzazione del lavoro, restringendo l‟ambito
regolato dalle fonti di diritto pubblico ai soli atti di alta organizzazione. Tuttavia, al di là di
tale nucleo minimo necessario ricondotto alla sfera di alta organizzazione, ricavabile dalle
disposizioni del d.lgs. 165/2001, la distinzione tra gli atti di macro-organizzazione
sottoposti al regime pubblicistico e gli atti di micro-organizzazione riservati alle fonti
privatistiche ha comportato margini di incertezza, nel senso che non sempre è apparso
chiaro che cosa potesse intendersi per alta o per bassa organizzazione e ciò anche
nell‟ambito delle stesse menzionate previsioni normative.
Quello che appare certo è che la seconda stagione della privatizzazione del rapporto di
lavoro pubblico ha comportato un‟ulteriore ritrazione della sfera sottoposta al regime
pubblicistico e che abbia consentito al dirigente, nell‟ambito delle linee organizzative
fondamentali decise dall‟Amministrazione, di agire con tutti i poteri e le capacità del
privato datore di lavoro.
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
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Abbiamo visto come il d.lgs. 29 del 1993 si connoti prevalentemente come un intervento di
delegificazione delle fonti di regolazione del rapporto di lavoro pubblico, con l‟obiettivo
principale di ricomporre la tradizionale spaccatura con il lavoro privato. Le norme che
enunciano tale obiettivo sono contenute soprattutto nell‟articolo 2 del d.lgs. 165/2001
9
, il
quale in precedenza consentiva ai contratti collettivi di derogare a leggi preesistenti (salvo
espresso divieto contenuto nella legge stessa), mentre ora stabilisce che “i rapporti di
lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni
del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell‟impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto,
le quali costituiscono disposizioni a carattere imperativo”, imponendo così la diretta
applicabilità del diritto comune al rapporto di lavoro pubblico «fatte salve le diverse
disposizioni» contenute nello stesso decreto. Non viene più riconosciuta e garantita, quindi,
una generale «specialità» pubblicistica che giustificava un diverso regime delle fonti e che,
per lungo tempo, aveva mantenuto l‟ordinamento «separato» del pubblico impiego, ma si
rileva solo l‟esistenza di un quantum pubblicistico necessario per conformare l‟attività del
datore di lavoro pubblico alla specifica missione delle pubbliche amministrazioni che è
sottoposta a precisi limiti costituzionali.
A tal proposito, l‟articolo 2 del d.lgs. 165/2001 contiene una delle norme cardine che
investono il rapporto fra contrattazione e legge, in grado di garantire il regime
dell‟omogeneità dei settori pubblico e privato rispetto a interventi unilaterali capaci di
frustrare l‟obiettivo dell‟unificazione normativa; tale salvaguardia veniva ottenuta
attraverso un inedito meccanismo di disapplicazione, ad opera della contrattazione
collettiva, delle norme legali speciali e successive, in quanto destinate solo ad alcune
amministrazioni pubbliche o a determinate categorie di dipendenti pubblici, confermando
in questo modo il carattere della privatizzazione quale delegificazione della materia del
rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto pubblico: se la delegificazione indica il
trasferimento della sede normativa statale ad altra sede di produzione normativa, questo era
appunto ciò che avveniva in materia di rapporto di lavoro pubblico, delegificato e reso
disponibile alla fonte collettiva, salvo che la legge non decidesse espressamente, volta per
volta, in senso contrario.
L‟ampiezza dell‟ambito di operatività della contrattazione collettiva e la sua protezione
dalle invasioni da parte della legge costituivano il conseguente sviluppo dell‟idea fondante
9
C o me mo d i f i c at o d al l ’ a r t i c o l o 1 , c o mma 1 , l . 4 m ar z o 2 0 0 9 , n . 1 5 e d al l ’ ar t i c o l o 3 3 , c o mma 1 , l et t . a), d . l g s . 150/2009.
6 Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale nel lavoro pubblico
che aveva caratterizzato la seconda privatizzazione del rapporto di lavoro, ossia quella di
fare della contrattazione collettiva il baricentro della disciplina del rapporto di lavoro
pubblico e di far leva sulla flessibilità e sulla capacità di adeguamento della contrattazione
alle esigenze mutevoli del rapporto per migliorare e definire la regolamentazione dello
stesso, in vista degli obiettivi di maggiore efficienza dell‟attività dell‟Amministrazione.
Sulla scorta della controversa esperienza dei quindici anni successivi alla privatizzazione
del lavoro pubblico, il Governo ha promosso un nuovo profondo intervento di
ristrutturazione normativa che trova il proprio fondamentale tassello nelle legge n.
15/2009, la quale contiene nuovi principi delega per la riforma del lavoro pubblico.
In ragione di ciò analizziamo ora le differenze tra il disegno di legge delega 847/2008 e la
versione definitiva della legge delega 15/2009.
Nella legge delega questo ruolo della contrattazione collettiva viene evidentemente messo
in discussione tanto che si indica, come espresso criterio ai fini dell‟esercizio della delega,
la modifica della disciplina della contrattazione collettiva e si interviene anche sul riparto
di competenze tra le materie sottoposte alla sua regolamentazione e quelle sottoposte alla
legge: sotto questo profilo bisogna però tenere conto di una significativa difformità tra il
testo originario del disegno di legge delega di iniziativa governativa e quello licenziato in
via definitiva.
Nella sua prima formulazione, il disegno di legge delega prevedeva che il Governo dovesse
«definire e precisare» gli ambiti della disciplina del lavoro pubblico demandati
rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge, riservando «in ogni caso» alle
fonti unilaterali alcune materie espressamente elencate tra cui il regime della
responsabilità, ivi compresi i principi in materia di tipologia delle infrazioni, delle relative
sanzioni e del procedimento disciplinare in conformità con quanto previsto dall‟articolo 5,
comma 2, del d.lgs. 165/2001. In questo modo si era inteso avocare la disciplina delle fonti
unilaterali di talune specifiche materie, sottraendole (al di fuori degli aspetti relativi al
trattamento economico concernente gli incentivi sulla produttività e qualità del lavoro) alla
disciplina della contrattazione collettiva.
L‟elencazione di tali materie non avrebbe dovuto essere considerata come tassativa, in
quanto l‟articolo 2, comma 2, lett. a) del d.d.l. n. 847 delegava il Governo anche a
«definire» e quindi individuare ex novo gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro
pubblico riservati rispettivamente alla legge e alla contrattazione collettiva; a ciò si
aggiunge il fatto che il Governo sarebbe stato delegato a prevedere meccanismi periodici di
monitoraggio della ripartizione delle materie «anche al fine di modificarne i relativi ambiti
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
7
di competenza» e pertanto i decreti delegati avrebbero potuto, non soltanto prevedere una
diversa linea di demarcazione tra le materie sottoposte alla legge e alla contrattazione
collettiva, ma anche prevedere che quella linea di demarcazione fosse successivamente
rivista in esito alle verifiche disposte «sull‟effettività e congruenza» di tale criterio di
ripartizione.
Nella versione approvata in via definitiva tale impostazione è stata significativamente
modificata e il testo della legge delega, pur esprimendo una chiara opzione di favore nei
confronti di legge, sembra collocarsi in una linea di maggiore continuità con le previsioni
contenute nel d.lgs. 165/2001: è stata infatti eliminata l‟elencazione delle materie riservate
in ogni caso alla disciplina delle fonti unilaterali.
La legge delega prevede, inoltre, che i decreti delegati possano «precisare» gli ambiti della
disciplina del rapporto di lavoro riservati rispettivamente alla legge e alla contrattazione
collettiva, ma non dispone più che possano definirne ex novo i confini, né che tale
ridefinizione possa essere operata a seguito dell‟applicazione dei meccanismi di
monitoraggio che pur continuano a essere previsti.
Nella sua versione attuale perciò la legge delega sembra maggiormente finalizzata a
eliminare gli effetti distorsivi della contrattazione collettiva e in particolare a contenerne
gli effetti espansivi negli ambiti che si vogliono riservati alla disciplina delle fonti
unilaterali; in questo senso sembra operare, innanzitutto, la disposizione dell‟articolo 3,
comma 2, lett. a) del legge delega 15/2009, la quale prevede che vi sia un‟area riservata
rispettivamente alla legge e alla contrattazione collettiva e quindi una delimitazione degli
ambiti di applicazione della relativa disciplina, fermo restando che spetta a quest‟ultima
«la determinazione dei diritti delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di
lavoro».
In questi interventi traspare, in coerenza con la sostanziale sfiducia nei confronti di una
contrattazione collettiva sfuggita al controllo, il carattere di ricentralizzazione normativa e
la prevalente rilegificazione del rapporto di lavoro.
La legge 15/2009 denuncia il nuovo indirizzo politico-normativo attraverso l‟incipit
dell‟articolo 1
10
, che contiene una disposizione direttamente applicabile, senza mediazioni
10
Art. 1. (Modifica all’articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di derogabilità
delle disposizioni applicabili solo ai dipendenti pubblici) 1 . I l s eco n d o p er i o d o d el c o mma 2 d e l l ’ ar t i c o l o 2 d e l decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente: «Eventuali disposizioni di legge,
regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai
dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi
8 Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale nel lavoro pubblico
da parte dei decreti delegati, che ribalta la norma manifesto della prima e della seconda
privatizzazione. D‟ora in poi, i contratti collettivi potranno disapplicare norme di legge in
materia di rapporto di lavoro destinate a determinare categorie di dipendenti pubblici, solo
quando la stessa legge espressamente conferirà loro questa facoltà.
In materia di fonti di regolazione del rapporto di lavoro pubblico, la legge 15/2009,
tuttavia, va oltre il «rovesciamento» del criterio contenuto nell‟articolo 2, comma 2, d.lgs.
165/2001.
La rilegificazione, secondo la tecnica normativa ipotizzata dalla legge 15/2009, implica la
sottrazione di una serie di materie alla contrattazione collettiva, non già attraverso la
tecnica dell‟esclusione, ma tramite la diretta regolamentazione attraverso il rinnovamento
del d.lgs. 165/2001. La stabilità e l‟effettività della rilegificazione è a sua volta assicurata
dalla previsione dell‟inderogabilità delle disposizioni imperative da parte delle norme
collettive: vediamo infatti come la legge 15/2009 abbia influito sull‟articolo 2 del d.lgs.
165/2001, con l‟aggiunta dell‟inciso “che costituiscono disposizioni a carattere imperativo”
che conferisce, per l‟appunto, tale caratteristica alle disposizioni contenute nel d.lgs.
165/2001, come modificato dalla l. 15/2009.
1.1.1. L’inesistente “riserva” di contrattazione collettiva
La novella del 2009, ripristinando la supremazia della legge nella gerarchia delle fonti
lavoristiche, impedisce ai CCNL di derogare la legge, salvo che la deroga non sia
consentita espressamente dalla legge stessa.
11
Il titolo IV denominato “Nuove norme generali sull‟ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche” si apre con i principi generali (capo I) che
definiscono la ripartizione tra le materie sottoposte alla legge e quelle oggetto di
contrattazione collettiva; la legge delega infatti, nel dettare al Governo principi e criteri in
materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni
pubbliche, ha previsto “la modifica della disciplina della contrattazione collettiva nel
settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e di
assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge – nonché sulla
contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia
espressamente previsto dalla legge».
2 . L’ ar t i c o l o 2 , c o mma 2 , s eco n d o p e r i o d o , d el d ecr et o l eg i s l at i v o 3 0 mar z o 2001, n. 165, come modificato
dal comma 1 del presente articolo, si applica alle disposizioni emanate o adottate successivamente alla data
di entrata in vigore della presente legge
11
C i ò v al e , a i s en s i d i q u an t o d i s p o s t o d a l c o mma 2 d el l ’ ar t i c o l o 1 , l . 1 5 /2009, per le disposizioni emanate o
adottate successivamente alla data di entrata in vigore della l. 4 marzo 2009, n.15.
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
9
base di questa, ad atti organizzativi e all‟autonoma determinazione dei dirigenti – e quelle
sottoposte alla contrattazione collettiva”.
12
Anzitutto, i confini fra materie riservate alla legge (e, in base ad essa, ai poteri unilaterali
del datore di lavoro pubblico) e materie riservate alla contrattazione collettiva sono segnati
non già attribuendo specifiche materie a ciascuna delle due fonti e tanto meno garantendo
alla contrattazione una qualche «esclusiva» della corrispondente produzione normativa, ma
mediante una semplice «sottrazione» di materie alla contrattazione collettiva.
L‟articolo 54 del d.lgs. 150/2009
13
prevede che “la contrattazione collettiva determini i
diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro nonché le materie relative
alle relazioni sindacali”; di seguito enumera gli oggetti che saranno preclusi
14
a
quest‟ultima e che diventano appannaggio della fonte legislativa; non indica, invece,
l‟ambito oggettivo della “riserva” di contrattazione, in precedenza presidiata dal
meccanismo (ora soppresso
15
) in virtù del quale la contrattazione era abilitata a ricondurre
nella propria orbita gli ambiti di una determinata materia che, fra un contratto e quello
successivo, fossero stati regolati dalla legge.
16
In realtà, una volta cancellato dalla legge delega l‟unico strumento in grado di restituire
alla contrattazione gli ambiti di materia occupati dalla fonte legislativa, non poteva che
divenire del tutto apparente, perché giuridicamente impraticabile, ogni “riserva di
contrattazione”, col risultato che, abolito il meccanismo a presidio di questa riserva, il
legislatore non ha avuto difficoltà a consentire l‟invasione di campo della legge e dei poteri
unilaterali dell‟Amministrazione nei territori propri della fonte negoziale collettiva.
1.1.2. Imperatività delle norme sanzionatorie
Le disposizioni di riforma del sistema previgente hanno confermato l‟assoluto primato
della legge che in nessun modo può essere derogata dai contratti collettivi a meno che la
legge stessa non lo preveda in modo esplicito. Fino all‟entrata in vigore delle norme in
12
Cfr. art. 3 l. 15/2009.
13
L’ ar t i c o l o 5 4 d el d . l g s . 1 5 0 / 2 0 0 9 , c h e r i s c r i v e i c o mmi 1 - 3 d el l ’ ar t . 4 0 d . l g s . 1 6 5 / 2 0 0 1 , es o r d i s c e
confermando – r i s p et t o al t es t o d el l ’ a r t . 3 , c o mma 2 , l et t a) d e l l a l eg g e d el eg a – che «la contrattazione
collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro» e aggiungendo che
la contrattazione collettiva determina «le materie relative alle relazioni sindacali».
14
Cfr. art. 40, comma 1, d.lgs. 165/2001 secondo periodo: “S o n o , i n p a r t i c o l ar e, es c l u s e d al l a c o n t r at t az i o n e collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai
sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la
materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera c), del l a l eg g e 2 3 o t t o b r e 1 9 9 2 , n . 4 2 1 . ”
15
D al l ’ a r t i c o l o 1 , c o mma 1 , l . n . 1 5 / 2 0 0 9 .
16
In tal modo, accadrà sempre più spesso che discipline oggi dettate da contratti collettivi verranno
“app r o p r i at e” , s t av o l t a i n v i a d ef i n i t i v a, d a l l e l eg g e e, s emm ai , r i c o n d o t t e i n o r b i t a p u b b l i c i s t i c a.
10 Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale nel lavoro pubblico
commento, con la contrattazione si potevano migliorare le condizioni di lavoro dei
dipendenti pubblici anche modificando norme di legge.
La supremazia della legge sul contratto collettivo viene ribadita poi, in materia
disciplinare, dal novellato articolo 55, d.lgs. 165/2001
17
, il quale statuisce che «le
disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all‟articolo 55-octies,
costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, secondo
comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all‟art. 2, comma 2, alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all‟art. 1, comma 2»: pertanto le
innovazioni sostanziali e procedimentali introdotte con fonte legislativa dalla riforma
Brunetta al sistema disciplinare “privatizzato” non potranno essere modificate, ma solo
recepite dai futuri CCNL.
1.1.3. La legge in luogo di contratto collettivo: sostituzione automatica di clausole
contrattuali
Tema fra i più rilevanti nel nuovo rapporto fra legge e contrattazione collettiva è quello
della “sostituzione automatica” - in applicazione degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. –
delle clausole contrattuali dichiarate nulle per violazione di norme imperative e dei limiti
fissati per la contrattazione collettiva. Tale sistema di tutela e di garanzia della disciplina di
legge si esplica con una specifica disposizione contenuta nell‟articolo 3, comma 2, lett. d),
l. 15/2009, la quale prevede che, in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione
di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva, si produca un effetto
di inserimento automatico della norma di legge rispetto a quella prevista dal contratto
collettivo in virtù di quanto previsto dagli artt. 1339 e 1419 c.c.
Tali articoli impongono la sostituzione automatica delle clausole difformi con quelle
imperative derogate, con conservazione del contratto in caso di nullità parziale; in realtà,
tutte le norme del d.lgs. 150/2009 e tutte quelle del d.lgs. 165/2001 sono munite del
carattere della imperatività
18
e la loro violazione determina la nullità delle clausole
contrattuali collettive con esse contrastanti, che a sua volta determina la sostituzione
automatica come sopra descritto.
Parrebbe, dunque, di dover intendere che il meccanismo della sostituzione automatica
operi ogni qualvolta venga riscontrata una violazione delle norme che regolano il lavoro
pubblico, purché comprese nel d.lgs. 165/2001, così come modificato e integrato dal d.lgs.
17
Introdotto dal d.lgs. 150/2009.
18
Or a es p l i c i t at o d al l ’ a r t i c o l o 3 3 , d . l g s . n . 1 5 0 / 2 0 0 9 , med i an t e u n ’ i n t eg r az i o n e a d h o c d e l l ’ ar t . 2 , c o mma 2 , d.lgs. 165/2001
Sul rapporto tra fonti unilaterali e contrattazione collettiva nella riforma Brunetta e
nel procedimento disciplinare
11
150/2009. La sostituzione automatica è però prevista espressamente in soli tre casi che
riguardano:
1. gli istituti relativi alla “remunerazione del merito” e la tipologia dei premi;
2. la violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti alla contrattazione collettiva
nazionale;
3. la disciplina del procedimento e delle sanzioni disciplinari.
19
In ogni caso, le disposizioni del decreto legislativo destinate a “prendere il posto” delle
clausole contrattuali nulle sono spesso formulate non alla stregua di proposizioni
normative suscettibili di immediata trasposizione nel corpo dei contratti, ma come
disposizioni che attribuiscono poteri, ovvero indicano modalità, strumenti ecc.
In questo senso, può accadere che la nullità di una clausola si traduca non nella sua
sostituzione ex lege con un‟altra clausola, ma con una clausola “in bianco” da riempire con
una decisione dell‟Amministrazione o, addirittura, da contrattare con i sindacati.
È quindi più probabile che la più netta divisione dei ruoli, perseguita dal legislatore fra
disciplina di fonte legislativa e disciplina di fonte negoziale, unitamente all‟incerto operare
del meccanismo di sostituzione automatica delle clausole nulle, finirà per determinare una
continua actio finium regundorum fra l‟una e l‟altra, con una conflittualità e una “gestione
giudiziaria” della riforma.
19
Art. 68, d.lgs. 150/2009, che sostitui s c e l ’ a r t . 5 5 , d . l g s . 1 6 5 / 2 0 0 1 .