3
1 Introduzione
Scopo di questo lavoro è riflettere sul valore metodologico di un approccio
sociologico al problema della valutazione dell’ambiente, utilizzando un sistema
integrato di informazioni provenienti da strutture (compreso l’ambiente fisico stesso) e
dai soggetti (persone) che con l’ambiente interagiscono vivendolo, modificandolo e a
volte subendolo; ovviamente questo lavoro, anche se potenzialmente riferito a tutta
l’impresa sociologica
1
, avrà come referente la sociologia dell’ambiente o meglio, come
si vedrà appena dopo, il concetto complesso di qualità dell’ambiente.
Per far ciò si seguiranno le seguenti tappe: in primo luogo si illustrerà la
complessità della nozione di qualità dell’ambiente e le sue implicazioni per la sociologia
dell’ambiente.
Quindi si cercherà una definizione operativa del concetto di qualità dell’ambiente,
in quanto concetto cruciale che funge da legame tra le discipline ecologiche (biologia,
ecologia…) e quelle sociali (sociologia, politica sociale, psicologia sociale,
antropologia…). Poi si illustreranno le logiche che governano le fonti informative con i
relativi problemi metodologici. Infine, nella seconda parte del lavoro, una volta chiarita
l’importanza per il concetto di qualità dell’ambiente dell’apporto conoscitivo degli
indicatori “soggettivi”. Si presentano i risultati di una ricerca sulla concezione
dell’ambiente dei ragazzi delle scuole medie della città di Viterbo condotta da chi scrive
in équipe con l’ANPA (Agenzia Nazionale di Protezione dell’Ambiente)
2
, l’Università
della Tuscia e il comune di Viterbo, con lo scopo di esplorare e valutare la “distorsione”
/ “distanza” tra qualità dell’ambiente percepito e qualità dell’ambiente registrato.
Si ringrazia l’APAT per aver finanziato la borsa di studio che ha consentito la
realizzazione di questo lavoro.
1
Un esempio può essere tratto dai lavori di Inglehart dove affermazioni sulla felicità e sulla percezione
del proprio stato vengono utilizzate come predizioni dell’area geografica e politica di residenza (Inglegart
R., 1977, trad. it. 1983, p. 151 – 190).
2
Oggi APAT, raggiungibile al sito web http://www.apat.it/
4
2 La qualità dell’ambiente.
Per definire questo complesso concetto, che richiama un fascio di proprietà, sarà
necessario effettuare una serie di chiarificazioni che delineano in che modo sarà, in
questa sede, utilizzato e discusso il concetto stesso.
In primo luogo, si procede a chiarire cosa si intende per ambiente e quindi si
metterà in relazione questo con il concetto di qualità
3
nell’accezione che soprattutto la
tradizione di studi sulla qualità della vita (Q.d.V.) ha sviluppato negli anni.
2.1 La qualità dell’ambiente e la qualità della vita.
Si può subito notare come il concetto di qualità dell’ambiente può essere
considerato, per molti aspetti, una dimensione rilevante del più generale concetto di
qualità della vita e della sua declinazione urbana
4
.
Infatti, scorrendo l’elenco ufficiale di “indicatori sociali”
5
, riferiti alla qualità della
vita, prodotto a livello internazionale notiamo la rilevante presenza della questione
ambientale
6
. Nel 1982 l’OECD
7
presentò una lista di 40 indicatori relativi a 30 social
concerns
8
tra i quali compaiono:
3
Qui si intenderà, nell’accezione classica degli studi sulla valutazione della qualità, ma estendibile alla
qualità dell’ambiente come elemento indispensabile alla sopravvivenza, che «la qualità di un oggetto è la
sua capacità di soddisfare alcuni nostri bisogni. Questa definizione rende ancor più chiaro che la qualità
non è nell’oggetto, nella sua essenza e sostanza fuori di noi, ma nella funzione che l’oggetto esplica su di
noi quando viene in contatto con noi» (Pieri, 1998, p. 16).
4
Addirittura per Eyles sono due facce della stessa medaglia (1990, p. 144 – 148).
5
Per “indicatori sociali” si intende l’espressione in senso “storico” come indicato da Zajczyk: «Il termine
“indicatore sociale” è largamente e comunemente diffuso e anche abusato; per ogni rapporto o studio che
contenga qualche percentuale su temi sociali si parla di indicatori sociali. In altre parole, oggi, almeno in
Italia, questo termine viene usato in modo piuttosto convenzionale per definire qualunque tipo di statistica
sociale. […] In definitiva, si può dire che l’interesse per gli indicatori statistici trova origine negli Stati
Uniti verso la metà degli anni Sessanta. Tuttavia, un pieno riconoscimento dell’importanza del ruolo degli
indicatori sociali si ha nel 1970 con l’avvio del programma OCSE sugli indicatori sociali, seguito nel
1974 dallo sviluppo, da parte dell’ONU in collaborazione con la Conferenza degli statistici europei, di un
Sistema di statistiche sociali e demografiche ancora oggi fondamentale nel campo della contabilità sociale
(United Nations, Towards a System of Social and Demographic Statistics 1975, progettato da Richard
Stone)» (2000, pag. 25 e 26).
6
In questa fase si usa ancora l’espressione generica questioni ambientali che verrà meglio specificata in
seguito insieme al termini ambiente e ambientale.
5
• ambiente e nocività;
• qualità dell’aria;
• qualità dell’acqua;
• rumore;
• raccolta rifiuti solidi;
• esposizione a disastri naturali;
• condizioni del tempo;
• qualità del territorio e del paesaggio;
tutti riconducibili a problemi definibili ambientali.
9
Ma come opportunamente hanno notato molti autori, non va sottovalutata la
differenza tra la qualità dell’ambiente rilevata attraverso proprietà riferibili al sistema (si
veda oltre) e la qualità percepita dagli individui che nell’ambiente vivono. Ad esempio,
la Vergati ricorda che:
«La complessità della rilevazione e dell’analisi della percezione della
qualità della vita urbana ha spinto molti studiosi, e soprattutto gli organismi
nazionali e internazionali interessati a questa tematica, a considerare, in
modo riduttivo la qualità della vita, analizzandola e riducendola a termini
ambientali “oggettivi” e fisicamente misurabili, sostanzialmente
considerando il concetto di qualità della vita, e soprattutto la qualità della
vita urbana, come sinonimo di qualità dell’ambiente» (1989, p. 29).
Questa riduzione pecca dell’errore, spesso presente in lavori a più ampia
diffusione
10
, di confondere due concetti legati tra di loro, ma analiticamente distinguibili
e distinti come la qualità della vita
11
e il cosiddetto livello di vita.
7
L’OECD presentò una prima lista di social concerns nel 1970 e una versione definitiva nel 1982
(OECD, 1973; OECD, 1982); la lista completa dei social concerns è su Martinotti (1986, p. 595).
8
Il termine concern non è facilmente traducibile, può corrispondere a “interesse” o a “cosa che ci
concerne” o di cui dobbiamo preoccuparci.
9
Per un tentativo di integrazione tra indicatori sociali e ambientali si veda Beato, Maggi (1996).
10
È il caso della notissima graduatoria sulla qualità della vita nelle province (spesso chiamate città!)
italiane che Il Sole 24 Ore pubblica ogni anno. Nel 2001 (Il Sole 24 Ore del lunedì, 2001, p. 12 e
successive) le aree investigate (definibili concerns nella terminologia che qui stiamo utilizzando) sono:
tenore di vita, affari e lavoro, servizi e ambiente, criminalità, popolazione, tempo libero, per un totale di
36 indicatori tutti definibili strutturali, nel senso che sono riferiti a strutture ed aggregati (in questo caso le
province). Non viene neanche accennata la possibilità di integrare tali informazioni con altre provenienti
dagli individui, con la conseguente identificazione del concetto di qualità della vita con quello di livello di
vita. Qualche perplessità la mostrava già nel 1987 Zani.
11
Bestuzhev-Lada definisce la qualità della vita come «una valutazione della gratificazione che la gente
trae dalla misura in cui sono effettivamente soddisfatti i bisogni materiali e psicologici» (1980, p. 161). In
questa sede non è possibile discutere sulle varie definizioni del concetto di qualità della vita, ma preme
6
Per Livello di Vita (L.d.V.),
12
seguendo lo schema della Vergati (Fig. 1)
intenderemo le condizioni strutturali del “living” ovvero le condizioni “oggettive” e
realizzabili di un determinato contesto vitale (sia esso di tipo territoriale, urbano, o di
ambienti specifici come quelli lavorativi), di cui «la dimensione relativa all’ having é la
principale componente» (Vergati, 1989, p. 46).
Fig. 1: modello dinamico-motivazionale di determinazione della qualità della vita urbana e di
formazione delle decisioni e delle scelte spazio-ambientali (tratto da Vergati, 1994, p. 20).
ricordare che questo è distinto dal concetto di benessere (welfare) con cui si intende la disponibilità di
risorse economiche e sociali, quindi molto prossimo al concetto di livello di vita (level of living); e da
quello di felicità o soddisfazione (feeling of well-being) che riguarda le modalità secondo le quali il
singolo soggetto percepisce e usufruisce delle risorse disponibili (Nuvolati, 1993).
12
Una discussione sul concetto di Livello di Vita, proposto da Allardt, si trova in Gadotti (1986).
7
Il modello del ciclo dell’esperienza della qualità della vita (vedi Fig. 1), mostra la
complessità dei concetti implicati; all’interno della loro stessa definizione operativa si
individuano componenti strutturali, indicate dal livello di vita, componenti cosiddette
soggettive, cioè la qualità della vita percepita.
Il rapporto tra le dimensioni concettuali è paritario; entrambe sono necessarie alla
definizione corretta del concetto generale di qualità della vita.
13
E ancora dalle stesse
parole dell’autrice:
«L’esperienza complessiva di qualità della vita urbana è stata quindi
considerata come influenzata dai fattori socio-ambientali e da quelli
individuali, tra loro interagenti; al suo interno si differenzia tra “livello di
vita” e “qualità della vita”, distinguendosi tra caratteristiche “oggettive” di
having, being e loving e processo di percezione delle stesse. Le percezioni a
loro volta costruiscono negli individui atteggiamenti cognitivi ed emotivi che
interagiscono e inducono atteggiamenti comportamentali. Gli atteggiamenti
comportamentali sono quindi la risultante di diverse componenti del livello di
vita e della qualità della vita per diversi contesti spazio-ambientali in
riferimento a tre concerns. Interagendo con le esperienze di qualità della vita
in altri ambiti (quali, ad esempio, il lavoro) si creano le motivazioni
specifiche all’azione; si determina, in altre parole, la propensione e la
decisione a mantenere o cambiare il contesto o i contesti spazio-ambientali in
cui si vive» (Vergati, 1989, p. 49).
14
Anche Tacchi ha elaborato un modello di integrazione della qualità della vita
oggettiva, il livello di vita, quella soggettiva e la percezione del livello di vita, a cui
aggiunge un terzo livello che chiama “relazionale”, il quale fa riferimento a componenti
legati alla socialità non riducibili né a condizione oggettive, né a stati soggettivi. Dalle
sue parole:
«Sotto il profilo applicativo, un modello siffatto sembra prestarsi al
raggiungimento di obiettivi di ricerca ricorrenti tra gli scienziati sociali che
si occupano dell’ambiente e del territorio. Si possono citare ad esempio
quelli di verificare le relazioni intercorrenti tra: indicatori strutturali della
qualità ambientale; caratteristiche sociali e culturali delle popolazioni
interessate; rappresentazioni dell’ambiente antropico; comportamenti dei
13
La necessità di integrare gli indicatori sociali con indicatori soggettivi, di tipo psicologico e percettivo,
negli studi sulla qualità della vita è presente fin dagli anni ’70, in particolare sviluppata da Campbell e
Coverse e Allardt, ma anche da Andrews e Withey come mostra Graziosi (1979). Proprio sulle difficoltà
dell’applicazione del modello teorico di Campbell e Converse, ad esempio allo studio della qualità dei
sistemi sanitari e di welfare in generale, si può vedere Altieri, Luison, (1997).
14
Una prima classificazione delle ricerche sulla qualità della vita che mettono in rilievo sia indicatori
sociali che survey si trova in Guala (1992).
8
decisori amministrativi; valutazione sociale complessiva della qualità
urbana e più in generale della qualità ambientale; possibilità di intervenire
su tale valutazione attraverso modalità di comunicazione e di formazione
idonee» (Tacchi, 1996, p. 16).
Se ne parlerà più approfonditamente nell’ultimo capitolo. Passiamo adesso a
definire i concetti di qualità dell’ambiente lavorando sul secondo termine, quello,
appunto, d’ambiente.
9
2.2 Qualità dell’ambiente e ambiente.
Definire il concetto di ambiente è un compito non certo semplice, infatti esistono
diversissime accezioni di questo termine che assume significati di volta in volta diversi
in base alla disciplina scientifica che se ne occupa (fisica, ecologia, biologia, geografia,
economia, sociologia). Ne danno testimonianza molti autori che pur hanno tentato una
sistemazione, come Martinelli (1992), Mela, Belloni, Davico (1998), e di recente Berry
(1999), Jones e Dunalp (2002), Pellizzoni, Osti, (2003).
Anche leggendo dal dizionario di sociologia si nota una certa difficoltà definitoria:
«Sia nelle scienze sociali che nell’uso corrente, il concetto di ambiente è
estremamente ampio, vago e vario. Etimologicamente esso indica ciò che
va intorno, che circonda…Normalmente si riferisce agli aspetti fisico-
naturali…ma è bene distinguerlo dai concetti di spazio e di territorio con
cui spesso viene confuso» (Strassoldo, 1987, voce diz.)
Il problema non è affatto risolvibile agilmente - e qui non si vuole tentare una
ennesima disamina degli innumerevoli significati del termine - ma è necessario
individuare delle aree semantiche quanto più omogenee possibili, utili per capire quali
di queste possono essere compatibili con il concetto di qualità dell’ambiente. Per far ciò
si utilizzerà una rivisitazione della classificazione proposta da Mela, Belloni, Davico
(1998, p. 18) che appare, in prima battuta, la più completa. In questo caso gli autori
propongono ben otto insiemi di significato a cui il termine ambiente può essere
ricondotto utilizzando, come criteri di classificazione, la presenza di fattori socio-
culturali (o l’assenza) e la gradualità dimensionale che parte dall’individuo e arriva
all’intera biosfera. Per motivi di economia del discorso non si riproduce l’intera
descrizione delle classi, ma se ne propone una lettura alla luce degli obiettivi cognitivi
del presente lavoro.
Nella prima categoria, che potremmo chiamare ambiente “ecologico”
15
, ricadono
tutti i significati inerenti alla natura inanimata, alle specie viventi sia animali che
vegetali.
15
Da cui il termine “ecologia” che individua la disciplina che studia le relazioni tra gli organismi viventi
e il loro ambiente, considerato, soprattutto, nelle sue componenti fisico-chimiche (composizione del
suolo, clima, geomorfologia…), ma anche l’insieme degli altri organismi viventi. Se questa è l’ecologia
come l’intendeva il suo fondatore il biologo tedesco Haeckel nel 1867, oggi le sue ramificazioni ed
10
Rientrano in quest’area sia la registrazione e catalogazione dello stato
dell’ambiente naturale, attività principale svolta dalle scienze naturali fin dalla loro
invenzione; sia l’analisi della percezione individuale dello stato dell’ambiente (e
soprattutto della natura
16
). In questo campo il senso comune, e alcune volte anche la
semplice osservazione, non sono in grado di fornire informazioni direttamente utili alle
scienze fisiche. Questi elementi, tuttavia, non possono essere trascurati dalle scienze
sociali e psicologiche, soprattutto in fase di pianificazione e valutazione di interventi
con un certo tasso di impatto ambientale. È questo il terreno di applicazione della
valutazione di impatto ambientale (ovviamente), ma anche della valutazione di impatto
sociale (Beato, 1995).
Nella seconda, che potremmo chiamare ambiente interno individuale e collettivo,
cadono le caratteristiche biologiche e fisiche degli individui e degli aggregati. Se ne
sono occupati la biologia e la psicologia che hanno subito la forte influenza dalla
teoria
17
evoluzionistica di Darwin. Per i significati che il concetto di ambiente assume in
merito a questa area si può parlare di integrazione tra informazioni di stampo biologico
e psicologico
18
, che non riguardano tuttavia questo lavoro.
evoluzioni disciplinari sono tante e tali da candidarla, scalzando la sociologia, al ruolo di disciplina
omnicomprensiva, in quanto ogni oggetto fisico ed essere vivente ricadono nel suo dominio. Nella
versione più filosofeggiante, l’ecologia prende il nome di ecologismo (Strassoldo, 1997, voce di
dizionario). Qui è più pertinente fare un accenno a quella che è stata chiamata “ecologia sociale”. Con
questa espressione “ecologia sociale” si intende una delle applicazioni, ovvero quella sociale,
dell’”ecologia umana”, cioè un filone di studi che contempla una miriade di discipline scientifiche
riguardanti il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, come ad esempio la demografia delle popolazioni umane,
che studia lo sviluppo delle popolazioni umane in rapporto alle diverse situazioni ambientali, la
paleoantropologia, la primatologia, l’etologia umana, l’agronomia e le scienze dell’alimentazione, ecc.
L’ecologia sociale nasce invece nell’alveo delle discipline economiche e sociali (anche se con forti
contaminazioni interdisciplinari) prima tra tutte quella con la geografia, dagli ormai classici della “scuola
di Chicago” e si sviluppa poi negli anni sessanta nell’”ecologia umana neo-classica” attraverso il concetto
di “complesso ecologico” di Duncan, vale a dire Popolazione, Organizzazione sociale e Tecnologia
(Duncan, 1959).
16
Sul concetto di natura e sulla sua rilevanza per le scienze sociali si veda Dickens (1992), Beato (1993a).
17
Il termine “teoria” è tra i più eterogenei semanticamente dell’intera scienza e soprattutto delle scienze
sociali. Molti sono i contributi che hanno cercato di affrontare l'ambivalenza e l'ambiguità del termine
"teoria scientifica". Tale polisemia è stata rilevata anche da molti sociologi (tra gli altri: Merton, 1968;
Giesen e Schmid, 1976). Un contributo classico della letteratura metodologica italiana viene dal saggio
scritto da Marradi nel 1984 (1984a) in cui vengono passati in rassegna i significati attribuiti
all'espressione "teoria scientifica". Degli undici significati proposti da Marradi qui si adopereranno i primi
cinque, ovvero le accezioni tradizionali di teoria scientifica legate all’idea di un complesso, più o meno
formalizzato, di asserti in cui si mettono in relazioni concetti. Più avanti si chiariranno anche i concetti di
modello e modello teorico.
18
Esiste già una tradizione di studi sulla personalità ambientale e su quello che è stato definito “il
pensiero verde” che utilizza specifiche proprietà: «La ricerca sulla ragione ecologica ha dunque tentato di