INTRODUZIONE
Motivazioni e concept della Tesi
Questa ricerca rappresenta un tentativo di indagine sulla situazione a livello
mondiale del merchandising museale, tenendo conto delle realtà museali
più conosciute e visitate e tralasciando, per il momento, le realtà più picco-
le e isolate.
Infatti questo è il “primo capitolo” di una ricerca volta ad analizzare e com-
mentare il legame che esiste tra il design e il merchandising all’interno dei
musei, e che finirà con un “secondo capitolo”, un po’ come una saga, data
l’ampiezza e l’importanza dell’argomento, volto ad argomentare la simbiosi
tra il merchandising e l’artigianato, con particolare attenzione verso i musei
Italiani e Piemontesi, all’interno del design per i beni culturali.
Proprio per le sue proprietà divulgatrici di antichi valori e splendori il museo
deve essere pubblicizzato ed essere ben presente a tutta la popolazione
che lo visita o che vorrebbe visitarlo, per questo motivo all’interno di questi
spazi espositivi si trovano ormai frequentemente delle aree dedicate a que-
sto scopo, i Bookshop.
Sono state create delle schede illustrative dei bookshop e del merchan-
dising di vari musei per cercare di analizzare e confrontare questi luoghi
di interscambio culturale per capire dove e in che modo essi cerchino di
valorizzare il fattore “propagandistico” necessario al sostentamento vitale
ed economico del museo.
Verrano quindi spiegati i fattori per cui il merchandising museale è un setto-
re in forte crescita, in cui conta soprattutto la creatività e la capacità di saper
prevedere i gusti dei visitatori, che portandosi a casa un qualche oggetto
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particolare, magari non scontato o banale, contribuiranno a funzionare da
cassa di risonanza “pubblicitaria” per il museo stesso che avrà raggiunto il
suo scopo, e quello del merchandising, farsi conoscere.
Le domande attorno alle quali si svolge tutto il lavoro sono diverse, ma
collegate:
“Che cosa s’intende per merchandising museale? Perché l’esigenza di cre-
are un luogo dedicato al museo e alla sua pubblicizzazione, denominato
bookshop? Perché in alcuni musei questi luoghi funzionano mentre in altri
fanno fatica a registrare vendite? Quali sono quei musei che dedicano i loro
sforzi a un merchandising improntato al design? Le nuove tecnologie dove
porteranno il merchandising museale? e a quali livelli? Possono essere un
ostacolo alla fruizione del bene culturale o un incentivo al “consumo”?” .
Si è tentato in questa tesi di dare alcune risposte a tali quesiti nelle pagine
che seguono: essendo consapevoli che questa tesi non si prefigge come
obiettivo l’esaustività, riconoscendo l’ampiezza di questo settore e della sua
indagine, e sapendo come si possono dare molteplici risposte ai quesiti, in
base all’approccio investigativo di partenza.
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CAPITOLO I
1.1 Accenni sul merchandising museale a livello mondiale
Parlare di merchandising a livello mondiale significa descrivere una realtà
museale che, per la maggior parte delle nazioni, supera con buon margi-
ne la situazione Italiana, che fatta eccezione di alcuni musei “modello” non
rispecchia l’idea concretizzata nell’introduzione alla tesi, anche se negli ulti-
mi anni si sta pian piano adeguando.
I principali musei sono molto conosciuti ed è inutile dire che non hanno
bisogno di troppa pubblicità poiché le opere che contengono funzionano
di per se stesse da elemento pubblicitario. Basta pensare al MOMA di New
York, al Bauhaus Archiv di Darmstadt o al Design Museum di Londra, che
contengono opere di Mondrian, Dalì, Picasso, fino a oggetti di Sottsass, Al-
var Aalto, i fratelli Castiglione che non hanno bisogno di essere illustrati più
di tanto per attirare le attenzioni dei curiosi di design.
Il discorso è differente per quanto riguarda i musei più piccoli e meno co-
nosciuti, che per farsi conoscere devono sfruttare appieno le potenzialità
del marketing museale e dei bookshop, in modo tale da offrire un panora-
ma più ampio delle proposte per l’esposizione fissa del museo e soprattut-
to per le mostre temporanee.
Nelle foto, oggetti di
merchandising museale
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Se si vuole provare a fare un confronto tra i modelli di merchandising
adottati in Europa e oltre oceano, scopriremo che i musei americani già
da qualche tempo hanno capito l’importanza del bookshop e del renderlo
una sorta di “mercato culturale” per incrementare la vendita e conseguen-
temente i ricavati del museo stesso. Con questo non si vuole dire che in
Europa o Asia, dove sono maggiormente indietro in quest’ambito, non ci
siano dei modelli di spicco e che predominano a livello mondiale insieme
con quelli americani.
Basta pensare che i musei più visitati a livello mondiale sono in mag-
gioranza europei e di conseguenza si può immaginare che anche il mer-
chandising si sia adeguato alla
graduatoria, ma non è così. Pro-
babilmente per motivi di popola-
rità, un museo come il Louvre (8.5.milioni di visitatori l’anno) non ha come
primo obiettivo aumentare i ricavati gestendo maggiormente e in modo
migliore il bookshop e la pubblicizzazione del museo, ma è evidente che
preferisce incrementare i ricavi attirando un numero sempre maggiore di
visitatori, stupendoli con mostre temporanee innovative e culturalmente
accattivanti.
Discorso completamente contrario si può accennare per il Museum of Mo-
dern Art (o più semplicemente MoMA) il cui obiettivo principale è consiste
nel presentare sempre nuovi oggetti di design e arredamento all’interno
del suo bookshop, che si amplia ancora di più grazie al bookstore on-line,
aumentando significativamente le sue entrate (attorno ai 25 milioni l’an-
no) che vanno ad aggiungersi a quelle dei biglietti di ingresso venduti e
alle donazioni dei privati, improntando il museo ad assomigliare ad una
vera e propria industria. Ovviamente l’istituzione non inaugura mostre di
poco interesse culturale poiché predilige una diversa interpretazione del
museo, più aziendale, ma sicuramente di diversa portata rispetto al museo
“Il Metropolitan Museum di N.Y .
incassa 63 milioni all’anno”
9
del Louvre. Certamente questi sono due esempi di due approcci al sistema
di fruizione del bene culturale molto differenti, ma ci introducono a capire
come e in che modo vengono gestiti i bookshop che più avanti analizze-
remo, e soprattutto le scelte politiche ed economiche del museo stesso.
1.2. Accenni sulla situazione Italiana pre-legge Ronchey
Una breve parentesi sulla situazione Italiana è doverosa, per illustrare me-
glio le differenze che riportiamo a livello nazionale rispetto all’Europa e al
mondo.
“Voi italiani siete bravi, ma in genere siete un po’ cari” dice Daniel Berger,
responsabile del merchandising del Metropolitan Museum of New York.
“Siete comunque competitivi nell’edi-
toria e avete l’abilità di replicare oggetti
senza voli pindarici, senza sovrapporre
il gusto personale. Che è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno” . Berger,
grande esperto museale a livello mondiale, è stato consulente del ministe-
ro dei Beni culturali per la stesura della “Legge Ronchey”
1
.
L’Italia ha tremila musei, di cui la metà chiusi. Solo il 40 per cento è dotato
di un catalogo delle opere esposte, il 10 per cento di strutture audiovisive e
il 4 per cento di un impianto di condizionamento. I dati sull’affluenza sono
ancora più sconsolanti: la somma dei visitatori dei primi dieci musei italiani
è di tre milioni e mezzo all’ anno, contro i dieci di Tate Gallery, National Galle-
ry e British Museum. Sono queste alcune considerazioni che hanno indotto
l’ex ministro dei Beni culturali Alberto Ronchey a emanare, nel gennaio del
‘ 94, un decreto legge (n. 171) finalizzato al miglioramento della gestione
dei servizi di musei, biblioteche, gallerie e luoghi archeologici, aprendo al
contributo dei privati. Gli articoli 4 e 5 della “Legge Ronchey” stabiliscono
che tutti i soggetti pubblici o privati esercitanti attività d’ impresa possono
1 M.C. Sparciari, E il “Met” apre le porte ai “replicanti” italiani, Corriere della Sera, 21/5/1996
“L ’Italia ha tremila musei,
di cui la metà chiusi”
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partecipare alle gare d’ appalto (per licitazione privata) bandite dai respon-
sabili di un museo o di una biblioteca per affidare in gestione i servizi.
In attesa che i primi bandi siano emessi, vediamo quali servizi possono es-
sere affidati ai privati e quali sono i criteri di scelta che orientano i risultati
delle gare.
Ampio lo spettro d’iniziative che i privati possono avviare, le principali ri-
guardano il settore della ristorazione (apertura di bar, caffetterie, ristoranti) e
editoriale, che prevede la stampa di cataloghi, cartoline e poster e la gestio-
ne del bookshop. Accanto a queste iniziative più tradizionali, è il campo del
merchandising a offrire maggiori opportunità. Gadget, riproduzioni, me-
daglie, opuscoli e de’pliant possono essere commercializzati all’interno di
appositi spazi. I privati possono inoltre accollarsi l’organizzazione di mostre,
svolgere attività di catalogazione del materiale (ma solo per i musei privati)
e realizzare l’allestimento. Possono vendere calchi di opere (la riproduzione
ha un costo fisso con royalties del 6 per cento da versare al ministero) e
realizzare guide acustiche per le visite. L’organizzazione di nuovi percorsi
museali e di visite guidate per scolaresche e utenti particolari completano
la gamma di iniziative di cui il privato si può far carico.
Le imprese private più adatte per partecipare con successo ai bandi previ-
sti dalla “Legge Ronchey” sono le cooperative. Realizzare una cooperativa
non richiede grandi investimenti iniziali e gode di particolari agevolazioni,
come quella di poter trasformare gli
utili in salario per i soci. Possono di-
ventare soci di una cooperativa tutte
le persone maggiorenni e anche le persone giuridiche, cioè le società. Per
avviare l’attività, la cooperativa deve essere iscritta alla Camera di Commer-
cio. Ogni regione ha predisposto particolari agevolazioni, anche fiscali, per
la creazione di cooperative, che già godono di agevolazioni Irpef e Ilor. I
bandi possono riguardare un solo servizio o più servizi integrati e le gare
“I privati possono avviare un
ampio spettro di iniziative”
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possono essere bandite in conformità a un progetto elaborato dall’ammi-
nistrazione oppure attraverso l’analisi dell’offerta più vantaggiosa. La legge
prevede che i canoni versati dai privati per la gestione delle concessioni
non vengano destinati al ministero delle Finanze ma rimangano al mini-
stero dei Beni culturali, che ne destina almeno il 50% alle soprintendenze.
Il successo delle iniziative relative alla “Legge Ronchey” è in gran parte le-
gato alla capacità dei privati di smuovere un pubblico per ora refrattario all’
acquisto nei musei. Solo il 5 per cento dei visitatori è solito acquistare delle
guide, l’1 per cento i cataloghi e il 10 per cento i
poster. Grande interesse, al contrario, è rivolto al
settore ristorazione: ben il 70 per cento dei visi-
tatori frequenta il bar almeno per una consumazione. Tra i tanti elogi rivolti
alla “Legge Ronchey” non manca anche una velata critica, in altre parole
quella concernente la durata quadriennale della concessione, rinnovabile
una sola volta. “E difficile prevedere grande interesse per i bandi relativi a
musei di minore importanza, aperti solo mezza giornata”, afferma Fulvio
Landillo, responsabile della Codess, una società che già gestisce i servizi in
alcuni musei privati. “Nessuno effettuerà un investimento iniziale di almeno
200 milioni per soli 8 anni. Non c’è tempo per l’ammortamento”
2
. ‘’La realtà
è che i musei italiani, almeno quelli italiani, sono cresciuti e non di poco an-
che nel 2010 - fa notare dal ministero dei Beni culturali il dg. valorizzazione
Mario Resca: tant’è che nel 2009 i visitatori sono stati 32 milioni, nel 2010
37 milioni, ovvero il 15,215 in più con un +7,52% di ricavi. E i primi mesi
del 2011 indicano che il trend è ancora in crescita. Certo, se nella classifica
generale perdiamo comunque qualche posizione vuol dire che all’estero
crescono ancora di più. Ma qui in Italia abbiano fatto molto, a dispetto della
crisi e delle pochissime risorse a disposizione abbiamo invertito un trend
negativo di anni, la strada è quella giusta, bisogna andare avanti’
3
’.
2 P .Panza, “Che strani quei musei, assomigliano a un’ impresa” , Corriere della sera, op. cit.
3 Fonte Ansa.it
“Il 70% dei visitatori
frequenta il bar
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1.2.1. La legge Ronchey
LEGGE 14 gennaio 1993 n 4. G.U. 15 gennaio 1993, n. 11
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 novembre
1992, n. 433, recante misure urgenti per il funzionamento dei musei statali.
Disposizioni in materia di biblioteche statali e di archivi di Stato.
Il decreto-legge 14 novembre 1992, n. 433, recante misura urgente per il
funzionamento dei musei statali, è convertito in legge con le modificazioni
riportate in allegato alla presente legge. La presente legge, munita del si-
gillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti
della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti osservarla e di
farla osservare come legge dello Stato.
“Art. 2. –
1. Per assicurare una più intensa sorveglianza e favorire il regolare funzio-
namento di musei, biblioteche, archivi di Stato e ogni altro istituto perife-
rico del Ministero per i beni culturali e ambientali, che presentino peculiari
problemi di affollamento periodico o di gestione, nonché per garantire il
prolungamento degli orari di apertura, e comunque in situazioni di neces-
sità e urgenza, il Ministro per i beni culturali e ambientali può assegnare
temporaneamente in quelle sedi unità dipendenti da altro ufficio, presso il
quale il personale risulti in esubero rispetto alla dotazione organica.
2. L’ordine delle assegnazioni individua prioritariamente il personale in ser-
vizio presso tutti gli istituti, di cui al comma 1, della stessa provincia, quindi
della stessa regione e infine del restante territorio nazionale.
3. In caso di ulteriori carenze, il Ministro per i beni culturali e ambientali può
utilizzare il personale di corrispondente qualifica posto in mobilità da altre
amministrazioni dello Stato.
4. Con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali sono indivi-
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duati annualmente gli istituti di cui al comma 1 che richiedono un poten-
ziamento temporaneo del servizio con l’indicazione dei relativi periodi ed
è formata la graduatoria dei dipendenti da assegnare sulla base di criteri
determinati dal Ministro stesso, sentite le organizzazioni sindacali maggior-
mente rappresentative sul piano nazionale. Qualora il personale collocato
in graduatoria non accetti la mobilità volontaria, le assegnazioni sono effet-
tuate d’ufficio” .
il comma 3 è sostituito dal seguente:
“3. La gestione dei servizi è affidata in concessione, con divieto di subappal-
to, dal soprintendente o dal capo d’istituto competente, previa licitazione
privata con almeno tre offerte valide, a soggetti privati e ad enti pubblici
economici, anche costituenti società o cooperative”;]
1.2.2. Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004)
Nel 2004 la legge Rochey è stata abrogata e al suo posto si inserito il codice
dei beni culturali e del paesaggio, con decreto legislativo del 22 Gennaio
2004, n. 42, composto da 184 articoli che dovrebbero unificare tutte le leg-
gi esistenti in materia con questo unico codice.
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