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b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di
opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza
economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza
imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni a prevalente capitale pubblico locale, qualora si renda
opportuna, in relazione alla natura del servizio da erogare, la partecipazione di altri
soggetti pubblici o privati.
Gli enti sono pertanto chiamati ad individuare le attività aventi i requisiti richiesti e,
secondo i presupposti tipizzati della citata normativa, ad adottare la conseguente forma
organizzatoria.
Il legislatore ha con tale Legge introdotto, accanto a forme di gestione già collaudate, la
nuova figura della società per azioni a partecipazione comunale e provinciale, ponendo
eminentemente l’accento sulla natura del servizio da gestire preferibilmente con l’apporto
di più soggetti pubblici e/o privati.
La Legge n. 142/90 nel trascorrere del tempo ha però subito varie modifiche che
potremmo riassumere sommariamente nei seguenti atti normativi:
- Legge 23 dicembre 1992 n. 498 - “Interventi urgenti in materia di finanza pubblica” - Art.
12 in base al quale si ammette il ricorso alla società per azioni senza il vincolo della
proprietà maggioritaria. Si prevedono una serie di limiti che verranno poi specificati dal
D.P.R. n. 533 del 16 Settembre 1996;
- Legge 29 Marzo 1995 n. 95 -“Disposizioni urgenti per la ripresa dell’attività
imprenditoriale” – Art. 4 relativo alle “Società miste per i servizi pubblici degli enti locali”.
La legge introduce, anche, il concetto di contratto di servizio;
5
- D. P. R. del 16 Settembre 1996 n. 533 – “Regolamento recante norme sulla costituzione
di società miste in materia di servizi pubblici degli enti territoriali”. Il regolamento dà
attuazione all’art. 12 della L. 498/92;
- Legge 15 Maggio 1997 n. 127 definita Bassanini bis – “Misure urgenti per lo snellimento
dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo” con la quale si
ammette il ricorso alla società a responsabilità limitata.
Si prevede una procedura semplificata per la trasformazione delle aziende speciali in
società per azioni, consentendo all’ente locale di restare azionista unico per un periodo
non superiore a due anni alla trasformazione. Si introduce l’ambito territoriale come
presupposto per costituire una società con la partecipazione di più soggetti pubblici o
privati.
La tappa successiva è rappresentata dal D. Lgs. n. 267 del 18 Agosto 2000 quale “Testo
unico in materia di ordinamento degli Enti Locali” (TUEL) che al titolo V riporta: “Servizi ed
interventi pubblici locali”
2
.
Questo Testo unico ha abrogato la legge n. 142/90 e l’art. 12 della Legge n. 498/92.
Non ha però introdotto alcuna innovazione sostanziale, infatti il testo del vecchio art. 22
della Legge n. 142/90 appare trasfuso negli art. 112 e 113 del TUEL.
L’art. 113 essenzialmente riscrive il 3° comma dell’art. 22 introducendo ex novo la lettera f)
quale sesta forma di gestione dei servizi pubblici locali, relativa alle società per azioni
senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria.
In particolare l’art. 113 del suddetto D. Lgs., frutto di aggiustamenti avvenuti nel corso del
tempo a seguito della emanazione della prima legge sulle autonomie locali, ha
rappresentato il dato normativo essenziale al quale fare riferimento nell’individuazione
della disciplina dei servizi pubblici locali; ma, a sua volta, è stato più volte oggetto di
modifiche ed integrazioni.
2
Artt. 112-123 del D. Lgs. n. 267/2000.
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Lo spirito di tale articolo, nella sua formulazione originaria, però, non era propriamente
comunitario; il legislatore lasciava esistere forme di gestione dei servizi pubblici
provenienti dal passato, quali l’azienda speciale, la gestione in economia, la società mista
e quindi non si preoccupava più di tanto della politica dell’Unione Europea che sembrava
progredire in senso contrario. Da tempo infatti, l’Unione nel suo trattato e la CEE nelle sue
direttive, avevano affermato il principio di libera concorrenza e la necessità per i Paesi
membri di avvalersi, attraverso lo strumento della gara pubblica, di società operanti sul
mercato per gestire i servizi fruibili dagli utenti.
E’ con la Legge Finanziaria del 2002 (Legge 28 dicembre 2001, n. 448/2001) ed in
particolare con l’art. 35 che viene nuovamente ridisegnato il modello gestionale dei servizi
pubblici locali proveniente dal “vecchio” art. 113 TUEL.
Il nuovo scenario, che prevede l’affidamento dei servizi tramite gara a società di capitali,
sancisce in modo netto la separazione tra le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali
(spettanti alla società) e del relativo controllo (che rimangono invece in capo al Comune).
Vengono, inoltre, introdotti concetti quali “servizi pubblici locali di rilevanza industriale” e
“servizi pubblici privi di rilevanza industriale”.
Questa distinzione, non meglio articolata dalla legge e che non ha permesso un confine
netto tra le due categorie, è da intendersi come differenza attinente alle modalità di
esercizio del servizio.
Per i servizi pubblici a rilevanza industriale (Art. 113) è stata prevista una differente
gestione per le reti rispetto all’erogazione del servizio. Infatti, richiamandosi alle
disposizioni dei singoli settori e alle normative nazionali di attuazione delle direttive
comunitarie, il 2° c. prevede che gli enti locali non possono cedere la proprietà degli
impianti, delle reti e delle altre dotazioni, anche se possono conferire tale proprietà a
società di capitali di cui detengono la maggioranza. Invece per quanto attiene l’erogazione
7
dei servizi, essa deve avvenire in regime di concorrenza, secondo le discipline di settore e
deve essere attribuita a società di capitali mediante procedure ad evidenza pubblica
3
.
La gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, (Art. 113-bis) è, invece,
conferita mediante affidamento diretto.
In entrambi i casi i rapporti tra l’istituto erogatore e l’ente locale saranno regolati da un
contratto di servizio.
Viene, inoltre, abrogato il 2° comma dell’art. 112 del TUEL
4
.
Da ultimo con l’art. 14 del decreto legge del 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla
Legge 24 novembre 2003 n. 326 il legislatore ha inteso adeguare la normativa interna alle
norme dettate dal Trattato della Unione Europea (UE) in materia di servizi di interesse
generale. Ciò allo scopo di evitare che la Commissione Europea desse seguito nei
confronti dell’Italia al procedimento di infrazione comunitaria, preannunciato nella formale
messa in mora del 26 Giugno 2002, per la non compatibilità di alcune norme dell’art. 35
della Legge n. 448/01 con il diritto comunitario.
E’, peraltro, da considerare che, indipendentemente dallo scopo immediato che il
legislatore ha inteso raggiungere con l’art. 14 del d.l. n. 269/03, le disposizioni dettate dal
Trattato della UE in materia di servizi di interesse generale sono applicabili negli
ordinamenti dei singoli Stati membri, anche se non espressamente recepite, in base al
principio del c.d. “primato” e a quello dei c.d. “effetti diretti” del diritto comunitario.
Nel dare applicazione alle nuove norme dei servizi pubblici locali non si potrà, perciò, non
tener conto del diritto comunitario e dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia.
L’art. 14 del d.l. n. 269/03, così modificando gli artt. 113 e 113-bis del TUEL, ha introdotto
la distinzione tra “servizi pubblici locali di rilevanza economica” e “servizi pubblici locali
3
L. MIGALE, “La disciplina revisionata dell’art. 35 della legge n. 448/2001”, TORINO 2004, 22 e ss.
4
Art. 112, comma 2, D. Lgs. n. 267/2000: “I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle Province sono
stabiliti dalla legge” è stato abrogato dall’art. 35 , comma 12, legge 28 dicembre 2001, n. 448.
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privi di rilevanza economica”, sostituendo quella tra servizi pubblici locali aventi e non
aventi rilevanza industriale.
L’art. 14, cit., non elenca i servizi pubblici locali a rilevanza economica né rinvia, come
invece, faceva l’art. 35 della Legge n. 448/01 (ora abrogato), per i servizi pubblici aventi
rilevanza industriale, ad un emanando (ma mai emanato) regolamento governativo.
Per individuare i servizi pubblici locali a rilevanza economica occorre, in effetti, rifarsi al
diritto comunitario in base al quale tali servizi devono essere di interesse generale e avere
carattere economico.
Gli artt. 16 e 86, p. 2, del Trattato si occupano, invero, sia pure per determinati, particolari
aspetti, dei “servizi di interesse economico generale”.
La nozione di servizi di interesse generale non è fornita dal Trattato UE; dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia, si ricava, tuttavia, che deve trattarsi di servizi che
riguardano la collettività, che sono cioè volti a soddisfare bisogni generali dei cittadini o,
comunque, degli utenti o dei consumatori finali.
Secondo la Corte di giustizia
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ogni attività che implica l’offerta di beni e servizi su un dato
mercato e che può essere svolta da un privato a scopo di lucro è un’attività economica.
I servizi pubblici locali aventi rilevanza economica sono, pertanto, tutti quei servizi che
riguardano la collettività e che vengono offerti in un determinato mercato dietro il
pagamento, da parte degli utenti, di un prezzo (o canone), che, di regola, serve a coprire i
costi, oltre a remunerare il capitale investito.
I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono, di conseguenza, quei servizi che
hanno principalmente carattere solidaristico e che non danno luogo alla realizzazione di
profitti o che, comunque, non vengono svolti a scopo di lucro.
5
Cfr. Corte di G.E., sentenza 27 maggio 2003, causa 18/2001.
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In questa prospettiva, appare evidente che vi possono essere servizi che, in determinati
contesti storici, geografici, sociali, ecc., hanno carattere economico e in altri, che non lo
hanno.
Il che, in definitiva, comporta che il carattere economico o non economico di un servizio
non può essere stabilito aprioristicamente (ed è per questo che è praticamente impossibile
formulare degli elenchi), ma va determinato di volta in volta secondo i criteri dinanzi
esposti.
Oltre al nuovo ordine classificatorio, il citato art. 14 determina anche ulteriori modifiche.
La prima è costituita dall’inderogabilità della norma: le disposizioni che disciplinano le
modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali previsto dalla nuova norma
poiché sono a tutela della concorrenza sono da considerarsi inderogabili ed integrative
delle discipline di settore, anche se l’articolo esclude dal campo di applicazione i settori
dell’energia e del gas.
La seconda riguarda il fatto che la proprietà delle reti non può più essere affidata ad
imprese “a maggioranza” pubblica, gli enti possono avvalersi esclusivamente di società a
capitale interamente pubblico.
La terza modifica prevede l’affidamento a fornitori cosiddetti “in house”. Il termine di
gestione o impresa o fornitore in house deriva dalla terminologia comunitaria e viene
comunemente utilizzato per sintetizzare le condizioni per poter attivare un affidamento
diretto per la gestione delle reti o per la concessione dell’erogazione del servizio, ovvero
occorre che:
a) l’impresa affidataria sia una società a capitale totalmente pubblico;
b) che l’ente pubblico controllante possa esercitare una funzione di controllo pari a quella
che esercita sui servizi da esso prodotti;
c) che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente controllante.