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I genitori dal canto loro lamentano la difficoltà nel crescere i figli, la
mancanza di tempo, di spazi e la mancanza d’ascolto.
Ai genitori lo spazio del colloquio individuale non sembra sufficiente. Non
amano neppure sentirsi dire <<Suo figlio non ha problemi, è inutile che ci
parliamo>>. Loro avrebbero sempre qualcosa da comunicare all’insegnante,
anche quando tutto sembra andare bene. Ma il tempo non basta mai.
Purtroppo c’è una differente visione che dell’alunno hanno le due categorie
coinvolte: per i genitori il figlio è unico, gli insegnanti vedono gli alunni come
“componenti” di un gruppo quindi sono più concentrati sulle dinamiche di
classe piuttosto che sui singoli comportamenti e rendimenti. Questi ultimi
vengono affrontati nei colloqui individuali con i genitori, ai quali dedicano
tempo solo se l’alunno è problematico.
A causa delle differenti aspettative e, soprattutto, dell’impossibilità di
comunicarle in modo chiaro all’interlocutore, entrambe le parti rimangono
scontente della relazione.
Ad un osservatore esterno la soluzione sembra piuttosto semplice: affrontare
la vera priorità, cioè il benessere dello studente. Ma non è così facile. Spesso
gli allievi diventano il tramite per gestire una relazione che non funziona. Non
è infrequente che i ragazzi, a casa e a scuola, tengano comportamenti molto
5
diversi. Non sono tutti alunni difficili, ma si sentono in “dovere” di adeguarsi
alle differenti aspettative, preoccupandosi più di ciò che gli insegnati e i
genitori potrebbero dire l’uno dell’altro piuttosto che del loro reale e unico
“compito”: quello di essere se stessi e crescere secondo le proprie inclinazioni.
La comunicazione non efficace fra insegnanti e genitori rischia di ripercuotersi
sugli studenti, già occupati nelle difficoltà connesse alla crescita e alla ricerca
di autonomia. Ma non solo, quando la comunicazione non funziona anche gli
adulti rimangono frustrati perché non vedono riconosciuti i loro bisogni.
Allora sarebbe opportuno trovare un terreno neutrale sul quale discutere delle
proprie aspettative e sul quale gestire una relazione aperta ed equilibrata. Così,
non solo gli adulti si sentiranno appagati, ma soprattutto gli alunni non ne
faranno le spese e troveranno a casa e a scuola un ambiente idoneo sia
all’istruzione sia all’evoluzione personale.
Quindi si pone innanzitutto l’attenzione sulla doppia via che la comunicazione
dovrebbe avere e che, invece, fra genitori e insegnanti tende a essere
monodirezionale. Le strategie proposte per mediare in questa difficile
situazione tengono sempre conto del territorio nel quale si opera, e solo dopo
aver valutato le connessioni di questa con i genitori.
6
Le incomprensioni a tutti i livelli possono essere risolte riconoscendo
l’obiettivo primario dell’istituzione scolastica: il benessere degli alunni.
Ma i buoni propostiti non bastano. Spesso le riunioni di classe lasciano
insoddisfatti i genitori che vorrebbero “dire” e “sapere” di più rispetto ai loro
figli. Allo stesso modo gli insegnanti vorrebbero “dire” di più rispetto alla
classe, “sapere d’essere ascoltati”, veder rispettata la loro professionalità.
L’obiettivo è arrivare ad una responsabilità condivisa e a definire un unico
piano sul quale comunicare, insomma, creare un ponte fra genitore e
insegnante che abbia come finalità la centralità dell’alunno.
Una via di mezzo esiste sempre, però. Se entrambi provassero ad ascoltare di
più non solo la controparte, ma soprattutto gli alunni, i quali trascorrono le
loro giornate “dividendosi” fra casa e scuola (e quindi si fanno spesso
portatori dei disagi sia della famiglia, sia della classe), si conoscerebbero più
elementi per valutare la situazione. D’altra parte l’essere umano, durante la
crescita, assimila i comportamenti dell’ambiente nel quale vive: non esiste un
bambino difficile, a meno che non viva in un ambiente pieno di difficoltà. Una
maggiore attenzione all’esempio che gli adulti, siano essi genitori o
insegnanti, danno ai bambini eviterebbe forse di disperdere energie che invece
potrebbero essere meglio canalizzate nell’obiettivo comune del benessere
7
dello studente. E’ necessario che l’intera comunità (scuola e famiglia)
collabori affinché si creino le condizioni ideali perché l’alunno possa acquisire
a casa e a scuola l’autonomia e le competenze che occorrono per diventare
adulti consapevoli.
Una scuola vera non può fare a meno della collaborazione e del confronto con
le famiglie e con le istanze culturali del territorio.
La comunicazione quale punto di forza si esercita attraverso una sapiente
competenza relazionale da coltivare e affinare. La prima regola di questo
esercizio comunicativo consiste nello stabilire precisi confini tra il “ruolo”
docente e quello genitoriale e delineare con chiarezza i diversi ambiti
professionali.
Partendo da questo concetto sarà più facile far emergere la tipologia di scuola
che ci interessa: quella a misura di bambino e non quella orientata sul genitore-
cliente.
8
Capitolo Primo
1.1 Evoluzione socio-culturale della famiglia
Fin dall’epoca degli antichi romani, la famiglia è stata sempre il fulcro della
vita dell’intera società. In casa s’imparavano i valori necessari per essere
accettati dagli altri, e per muoversi ed interagire all’interno di un contesto con
delle regole ben precise. I ruoli all’interno della famiglia sono stati sempre ben
definiti e differenziati, di conseguenza, la moglie era quella che si occupava
della cura della casa e dell’educazione dei figli; il marito era il capo indiscusso,
colui che provvedeva ai bisogni economici e che dominava su tutti gli altri
membri; i figli maschi, una volta raggiunta una certa età, imparavano dal padre
tutte quelle “tecniche” e atteggiamenti necessari per diventare, anche loro, un
capo famiglia; ed infine le figlie femmine aiutavano la madre nei lavori
domestici, preparandosi a diventare anch’esse casalinghe. Il gruppo familiare
dava sicurezza economica al proprio interno, e all’esterno dava sicurezza
sociale
1
.
Inoltre, soprattutto nel periodo che precede la rivoluzione industriale, il
modello di famiglia era quello esteso, vale a dire che si viveva assieme con i
1
Barbagli M., Kertzer D.I., Storia della famiglia italiana, 1750/1950, Editrice Il Mulino, Bologna, 1997.
9
parenti più stretti, i quali occupavano dei ruoli più marginali ma in ogni caso
ben definiti. In questo modo, i figli sviluppavano la loro personalità all’interno
di questo contesto, assumendo i valori e gli atteggiamenti di coloro che gli
stavano vicino.
In altre parole, la possibilità di crescita personale, e l’esperienza di nuove
forme di condurre la propria esistenza, era assai limitata; lasciando non solo i
bambini, ma anche gli adulti, intrappolati nell’ambiente familiare per tutta la
vita, (un pò come vivere dentro ad una scatola). Nella società contadina i campi
e la casa sono gli scenari, i paesaggi nei quali ogni giorno, trascorre la vita
della famiglia. Il tempo di vita scorre in modo fluido e continuo, le persone con
le quali si lavora, sono le stesse con le quali si condivide il tempo del discorrere
quindi in tale società non esiste una frattura, una distinzione fra tempo di
lavoro e tempo libero. Per la famiglia, i rapporti con la scuola sono
caratterizzati dal massimo rispetto e da un clima di sudditanza; la frequenza
scolastica è considerata un privilegio piuttosto che un diritto.
Il passaggio dalla famiglia allargata a quella ristretta avviene durante lo
sviluppo industriale determinando profondi cambiamenti nella vita privata e
contemporaneamente nei singoli.
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Con la forte emigrazione dalle campagne alle città -sedi di fabbriche- lo
sviluppo industriale ha portato al lavoro individualizzato, rompendo l’unità
delle famiglie patriarcali.
I punti saldi della vita familiare rimangono la casa e il lavoro, l’individuo ha
come spazio vitale la città intesa come un sistema di contenitori differenziati. Il
vissuto delle persone si caratterizza in termini di discontinuità e
parcellizzazione, è modificata la dimensione spazio e tempo. La fabbrica
lontana dalla casa sottolinea una distanza sia fisica sia concettuale ed una
reciproca autonomia fra l’aspetto privato e quello pubblico
2
. Con il massiccio
impego di manodopera femminile, la donna ha meno tempo da dedicare ai
propri figli e ai lavori domestici. La mancanza di nonni (rimasti nelle
campagne), di parenti necessari per l’accudimento dei bambini comporta che
l’affidamento dell’educazione era a scuola e, di conseguenza, la madre perde in
parte il ruolo d’educatrice. Dal punto di vista istituzionale, con i Decreti
Delegati
3
del 1974, vengono codificati i rapporti tra scuola e famiglia,
riconoscendo ai genitori il pieno diritto a partecipare alla vita della scuola.
2
Ibidem
3
Era il 1974 l’anno in cui i Decreti Delegati istituirono gli organi collegiali della scuola, costituiti da docenti,
genitori e nelle scuole superiori da alunni. Fu una rivoluzione poiché le famiglie si sentirono per la prima
volta coinvolte nelle decisioni scolastiche.
11
Attraverso la scuola pubblica i figli fanno propri gli strumenti di conoscenza
che non appartengono al bagaglio culturale dei genitori. Il passaggio dalla
società orale alla società della scrittura, dai padri analfabeti ai figli
alfabetizzati, testimonia un cambiamento dall’economia agricola a quella
industriale e una trasformazione profonda nel rapporto tra le generazioni.
La città è teatro di interazioni istantanee, la trasmissione di informazioni tra
individui, è una relazione comunicativa che non contempla l’incontro, la
condivisione e la partecipazione reale tra i vari soggetti, non si caratterizza
come reciproca conoscenza, ma avviene attraverso atti comunicativi quotidiani.
La fabbrica, la scuola, l’abitazione, i servizi, i luoghi del divertimento sono i
contenitori dove viene segmentata la vita di ogni individuo.
Tuttavia, bisogna aspettare fino agli anni Sessanta del Novecento per vedere
dei cambiamenti davvero importanti. In questo periodo, la donna acquisisce la
consapevolezza del proprio ruolo nella società, e proietta se stessa al di fuori
delle mura domestiche, lottando per far valere i propri diritti, il che la porta ad
un ulteriore distacco dalla propria famiglia.
Man mano che i bisogni della società, ormai diventata capitalista, crescono,
anche le donne più restie ad abbandonare il ruolo di casalinghe, devono cedere
ed allinearsi alle nuove esigenze. Ciò ovviamente apre il problema
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dell’educazione, che viene, adesso, impartita esclusivamente nelle scuole, e la
scuola diviene l’istituzione più importante all’interno della comunità.
Nella società moderna, la famiglia tende ad isolarsi dalla comunità, e a questo
si aggiunge l’isolamento del singolo componente, in quanto i suoi membri, di
norma per lavoro, per studio e anche per svago, sono impegnati in luoghi
diversi, con orari diversi e con amicizie diverse
4
. Nella casa i momenti di
incontro, di intreccio relazionale con l’intera famiglia, sono limitati, predomina
l’esigenza individuale in contrasto con un’identità di appartenenza al gruppo
famiglia
5
. Nella scuola la famiglia esprime il desiderio di costruire un rapporto
attraverso il dialogo e la costante riflessione per affrontare e condividere
l’educazione delle nuove generazioni.
4
La Marca A., La personalizzazione tra famiglia e scuola, Editrice La Scuola, Brescia, 2006.
5
Donati P., Quarto rapporto Cisf sulla famiglia in Italia, Editrice San Paolo, Milano, 1995.