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INTRODUZIONE
Il mondo lavorativo conosce varie forme di lavoro subordinato
considerate speciali per la particolare posizione del datore di lavoro e
del lavoratore. Proprio a causa di questa peculiarità, tali rapporti
richiedono una legislazione ad hoc a tutela del lavoratore ritenuto,
generalmente, contraente debole.
A tal proposito, questa tesi si propone di analizzare il rapporto di
lavoro del calciatore professionista, rapporto in cui il datore di lavoro
è una società sportiva e la prestazione del lavoro ha come oggetto una
disciplina sportiva. Il rapporto speciale di lavoro intercorrente tra
società sportive e sportivi professionisti è stato disciplinato per la
prima volta con la legge n. 91/1981 che, proprio per la peculiarità
dell’ordinamento sportivo, ha introdotto notevoli differenziazioni
rispetto alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, garantendo
innumerevoli diritti ai calciatori.
Con questo lavoro si analizzerà come il rapporto tra calciatore
professionistico e una società calcistica, dal 1981, si sia evoluto in
favore del lavoratore–calciatore attraverso l’abolizione del c.d.
vincolo sportivo.
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Nel primo capitolo si costaterà, innanzitutto, come si è giunti a tale
abolizione e quali sono gli effetti che ha provocato la sentenza
Bosman nel mondo del calcio e i successivi regolamenti FIFA; si
distinguerà lo sportivo professionistico da uno dilettante: si chiarirà se
anche i calciatori professionistici possano godere della tutela reale
sancita dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Il secondo capitolo tratterà del ruolo del calciatore quale lavoratore
subordinato nell’ambito dell’Unione Europea e, in specie, si
apprenderanno le vicissitudini del “caso Ronaldo” (una nuova
vicenda, dopo quella di Bosman, che avrebbe potuto creare ulteriori
tensioni e disequilibri nel sistema calcio); si parlerà del “principio di
programmazione” e di un mercato del lavoro sportivo volto a tutelare
la nazionalità del campionato italiano, ma che allo stesso tempo
rispetti le norme comunitarie relative ai tesseramenti dei calciatori
extracomunitari, le quali vietano discriminazioni fondate sulla razza e
sulla cittadinanza.
Il terzo capitolo è volto all’analisi del modo in cui il calciatore entra a
far parte di una società di calcio e di come lo stesso possa essere
trasferito (a vario titolo) in un’altra squadra.
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Nel quarto capitolo si constateranno quali sono di fatto i diritti e i
doveri spettanti ai calciatori, in parte analoghi a quelli dei lavoratori
subordinati. Più precisamente, si valuterà se anche i calciatori godano
del diritto di sciopero, del diritto al risarcimento del danno derivante
da condotte di mobbing e, più in generale, dei diritti previsti dallo
Statuto dei lavoratori; ci si soffermerà sui casi (e sulla legittimità) del
silenzio stampa imposto durante una stagione sportiva dalla società e
sulle conseguenze contrattuali derivanti dalla violazione dei rispettivi
obblighi da parte della società o del calciatore.
A questo punto occorre dire che già prima della promulgazione della
legge sul professionismo sportivo n. 91 del 1981, era stata ipotizzata
la formazione di sindacati dei lavoratori sportivi con il compito di
tutelare gli interessi collettivi della categoria attraverso quelli che sono
gli strumenti propri dell’azione sindacale dalla contrattazione
collettiva allo sciopero, ipotesi che si è poi concretizzata con la
nascita, nel 1968, dell’Associazione Italiana Calciatori, la quale, pur
trovandosi ad operare in un contesto di generale sfiducia verso il
fenomeno associativo di natura sindacale in ambito sportivo, ha
significativamente influito sul processo di emanazione della suddetta
legge. Nel quinto ed ultimo capitolo di questo elaborato si affronterà
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tale disciplina sui diritti sindacali e, nello stesso tempo, tutto ciò che
riguarda la giustizia sportiva, il c.d. vincolo di giustizia e la
risoluzione delle controversie devolute al Collegio Arbitrale,
attraverso un’apposita clausola compromissoria imposta ex lege nel
contratto di lavoro tra calciatore e società.
Analizzando il calcio quale sport ma anche fenomeno di massa, nel
1970 Pierpaolo Pasolini in un’intervista a “L’Europeo”, affermò che:
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito
nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre,
persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il
calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. Il cinema non ha
potuto sostituirlo, il calcio sì. Perché il teatro è rapporto fra un
pubblico in carne e ossa e personaggi in carne e ossa che agiscono
sul palcoscenico. Mentre il cinema è un rapporto fra una platea in
carne e ossa e uno schermo, delle ombre. Invece il calcio è di nuovo
uno spettacolo in cui un mondo reale, di carne, quello degli spalti
dello stadio, si misura con dei protagonisti reali, gli atleti in campo,
che si muovono e si comportano secondo un rituale preciso. Perciò
considero il calcio l’unico grande rito rimasto al nostro tempo”.
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La popolarità del calcio, infatti, è in continua crescita ed ha acquisito
uno spazio stabile fra i maggiori settori economici nazionali: è uno
sport in grado di far spostare grandi capitali all’interno di uno stesso
Paese e tra Paesi diversi. Dati Istat accertano un forte legame tra il
calcio e il Prodotto Interno Lordo: dopo la vittoria del Mondiale del
1982 il nostro Paese ha raddoppiato il suo PIL del 1983, passando
all’1,4% rispetto al +0,7. Nel 2007, grazie alla conquista della Coppa
del Mondo dell’anno precedente e nonostante già cominciassero ad
avvertirsi i primi scricchiolii della bolla finanziaria americana, il
nostro PIL è cresciuto dell’1,9%, mentre nel successivo triennio
(2008-2010) c’è stato il tonfo che ben conosciamo del -6% (2008 -1%,
2009 -5,1%). E’ probabile che senza i “rumors” provenienti da
oltreoceano sul finire del 2007 la crescita sarebbe stata ancora più
sostenuta (0,4-0,5% in più). La prematura eliminazione della
Nazionale di Lippi nel mondiale del 2010 ha prodotto un danno
economico, stimato dal Financial Times in 140 milioni di euro. Tale
cifra si traduce anche in qualche migliaio di posti di lavoro in meno.
Almeno in questo, una debacle in cui si rispecchia, almeno dal 2008, il
nostro Paese.
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http://www.marcogrespigna.it/2010/06/28/soccernomics-quando-il-p-i-l-finisce-nel-pallone/
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Per concludere è importante sottolineare che dal 1971 vi è stato un
aumento del numero delle cause civili, “un’esplosione della
litigiosità”. Perché c’è stato questo aumento? Perché è aumentato il
benessere e sono aumentati i diritti; si può essere d’accordo sul fatto
che “le cause civili consentono di valutare la ricchezza di un popolo e
non certo la litigiosità della popolazione”
2
. Lo Stato, quindi, deve
attrezzarsi per rispondere in tempi ragionevoli alla domanda di
giustizia, da qualsiasi luogo o settore economico essa provenga.
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Così F. Cipriani in “Processo civile nello stato democratico”, Edizioni Scientifiche Italiane,
2006, pagg. 124-125
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CAPITOLO 1
L’evoluzione storica del rapporto tra società sportive e
calciatori professionisti
“La grande popolarità del calcio nel mondo è dovuta al fatto che in ogni piazza,
in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra
i piedi.”
Zdnek Zeman, allenatore di calcio
Negli ultimi anni l’evoluzione dei rapporti tra società sportive e
calciatori professionisti ha visto questi ultimi guadagnare sempre più
peso contrattuale nei confronti delle controparti, passando da una
posizione succube ad una posizione di effettivo predominio del
mercato.
Tale processo trae origine da un regime vincolistico anteriore
all’entrata in vigore della legge sul professionismo sportivo, la legge
n. 91 del 23 marzo 1981, per poi concludersi nell’ultima fase di
liberalizzazione totale, dovuta alla riforma internazionale del sistema
trasferimenti Fifa
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e alle soluzioni dei problemi dei calciatori
extracomunitari.
Il punto di partenza è il c.d. vincolo sportivo, secondo il quale un
calciatore tesserato per una società sportiva a tempo indeterminato
non aveva alcuna forza contrattuale, divenendo una proprietà
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La Fédération Internationale de Football Association, più nota con l’acronimo FIFA, è la
federazione internazionale che governa lo sport del calcio. La sua sede si trova a Zurigo, in
Svizzera. L'attuale presidente è lo svizzero Joseph Blatter. www.fifa.com
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esclusiva della società stessa. Quest’ultima ne poteva, infatti, disporre
a piacimento liberandolo solo alle condizioni da lei dettate, in base
alla procedura di svincolo: la società valutava arbitrariamente il valore
del giocatore e decideva se e quando venderlo; al calciatore non
rimaneva che negoziare egli stesso con la società un prezzo per
svincolarsi, a meno che questo non fosse stato concesso gratuitamente
per iniziativa della società (un caso che accadeva solo a quei calciatori
che avevano dato tanto alla società in termini sportivi, quasi come un
premio alla carriera).
Successivamente, grazie anche all’intervento dell’Associazione
italiana calciatori
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, la legge n. 91/1981 ha rimosso questo vincolo
5
,
riconoscendo piena autonomia alle federazioni nazionali riconosciute
dal Coni
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.
Gli artt. 4. 5 e 6 della citata legge, infatti, consentono al calciatore la
possibilità di svincolarsi liberamente alla scadenza del contratto, il
quale può avere al massimo la durata di 5 anni e che, quindi, il
contratto di lavoro non sarebbe stato più a tempo indeterminato. Gli
stessi articoli danno alle società titolari della prestazione dell’atleta la
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Fondata nel 1968, attualmente presieduta da Sergio Campana.
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La procedura per l’abolizione del vincolo sportivo è contenuta nell’art.16.
6
Comitato Olimpico Nazionale Italiano, presieduto attualmente da Giovanni Petrucci. Il CONI è
un’autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali; è, inoltre, un ente
pubblico a cui è demandata l'organizzazione e il potenziamento dello sport nazionale. www.coni.it
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possibilità di esigere dalla società acquirente un’indennità di
trasferimento, calcolata non più arbitrariamente dalla società ma
secondo parametri stabiliti da disposizioni federali, che tengono conto
dell’età dell’atleta nonché delle altre condizioni contrattuali del
vecchio rapporto di lavoro.
Con l’abolizione del suddetto vincolo si è, pertanto, delineato un
nuovo sistema di relazioni tra società e calciatori.
Paragrafo 1.2
LA SENTENZA BOSMAN E I SUOI EFFETTI
Il 15 Dicembre 1995 la Corte di Giustizia delle Comunità Europee,
attraverso la sentenza sul caso Bosman, ha provocato un vero e
proprio terremoto nel mondo del calcio e dello sport in generale
condannando il carattere discriminatorio dei regolamenti calcistici: la
sentenza consente ai calciatori professionisti aventi cittadinanza
dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente a un altro club alla
scadenza del contratto con l'attuale squadra.
Se per la Comunità Europea il caso Bosman è stato un mezzo
attraverso cui affermare, o meglio, riaffermare l’applicazione del
diritto comunitario anche in un settore, che come quello dello sport
poteva sembrare in principio al riparo dalle sue regole, il mondo