5
L’ oggetto della seconda parte della tesi è la Questione di fiducia nel sistema
costituzionale repubblicano del secondo dopoguerra in Italia. Prendendo, in esame
i fondamenti costituzionali della questione di fiducia, lo studio dei profili
strutturali e funzionali dell’ istituto ed i riflessi da esso prodotti sulla forma di
governo.
A tale fine, si è ritenuto opportuno, da un lato, integrare la ricerca, con una
sommaria ricostruzione delle regole costituzionali del rapporto fiduciario, della
prassi e dell’ istituto nell’ assetto monarchico-costituzionale pre-fascista, per poter
conoscere le radici storiche dell’ istituto durante la vita parlamentare-monarchica.
Dall’ altro lato, è stata posta l’ attenzione sui vari modelli di questione di fiducia
presenti in alcune delle principali democrazie pluralistiche contemporanee, nel
tentativo di individuare quale modello di questione di fiducia è stato accolto nel
nostro sistema costituzionale. Inoltre, particolare attenzione è stata prestata in
riferimento, sia al periodo in cui la questione di fiducia non aveva una
regolamentazione da parte di entrambe le Camere, che nel periodo successivo alla
sua regolamentazione, in seguito all’adozione da parte della Camera dei Deputati
del Regolamento del 1971, con la finalità di razionalizzare l’istituto in esame.
Nell’ ultima parte del lavoro, si pone l’attenzione alle proposte di riforma
dell’art. 94 Cost., in risposta alla istanze di riforma del rapporto fiduciario.
Particolare attenzione si pone all’ ampio disegno di legge di riforma della I, III e
V parte della Costituzione, presentato nel 2005 nel corso della XIVª legislatura.
Verranno analizzate le principali novità, ponendo attenzione alla critica da parte
della dottrina.
6
Nella parte finale della tesi, vengono illustrate le ulteriori ipotesi di riforma dell’
attuale assetto costituzionale affinché si possa raggiungere, tramite un consenso
ampio tra le forze politiche, una radicale modifica dell’istituto fiduciario.
7
CAPITOLO I
Il rapporto fiduciario nell’ Ordinamento Repubblicano
1. La forma di governo parlamentare in Italia e le sue
caratteristiche
Con la primavera del 1946, si avviava in Italia un rinnovamento profondo della
struttura dello Stato, portato a conclusione con l’entrata in vigore della
Costituzione del’48
1
. Con la Costituzione Repubblicana non si ebbe il solo
obiettivo del recupero della prassi parlamentare statutaria, ma si compì un vero e
proprio salto di qualità, in quanto il processo di “restaurazione” del regime
parlamentare si caratterizza per la razionalizzazione
2
del potere, in particolare
modo in riferimento al rapporto di fiducia fra il Parlamento e Governo.
Dal dettato Costituzionale è possibile trarre elementi di discontinuità fra la forma
di governo del periodo monarchico e quella della fase repubblicana. La prima
discontinuità che emerge fa riferimento alla forma di Stato
3
in quanto con la
1
V. FALZONE – P. GROSSI, Assemblea Costituente Italiana in << Enc. dir. >>, Giuffrè, Milano,
1958, p. 2. Il testo finale della Costituzione fu approvato a scrutino segreto con 453 voti a favore e
62 contrari la nuova Costituzione, ai sensi della XVIII disp. trans. venne promulgata il 27
dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
2
M. OLIVETTI, La questione di fiducia nel sistema parlamentare Italiano, Giuffrè, Milano, 1996,
p. 87. Con il termine razionalizzazione si indica il tentativo di elaborare una disciplina organica
per regolare l’assetto del regime parlamentare, in quei Paesi, nei quali tale forma di governo viene
introdotta non mediante un graduale adeguamento della prassi delle istituzioni e dei soggetti
politici (come era accaduto in Inghilterra, in Belgio, in Francia e nei paesi Scandinavi), ma
mediante Costituzioni scritte che mirano a regolare articolosamente i rapporti fra il potere
esecutivo e potere legislativo.
3
A. BARBERA - C. FUSARO, Corso di Diritto Pubblico, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 38. Per
forma di governo si intende il modo in cui si distribuisce il potere fra i vari organi dello Stato,
8
Costituzione Repubblicana, in primo luogo, viene eliminata la componente
monarchica e in secondo luogo, il potere Esecutivo viene inserito in un sistema
democratico che trova il suo punto cruciale nella sovranità popolare, ove la cui
prima forma d’espressione e riconoscimento integrale avverrà attraverso le
consultazioni a suffragio universale del 2 giugno del 1946
4
. Questi due elementi
caratterizzanti la forma di Stato incidono sulla forma di governo, in quanto la
posizione costituzionale del Governo, muterà sensibilmente trasformandosi da
Collegio dei Ministri del Re, diretta emanazione del Capo dello Stato vincolato
solo politicamente alle scelte di un Ministero in armonia con la maggioranza della
Camera, nel sistema l’ Esecutivo è nominato dal Capo dello Stato, godendo della
fiducia delle due Camere. La seconda discontinuità che emerge dal dettato
costituzionale riguarda la posizione del Governo non soltanto all’ interno del
sistema democratico, ma in considerazione della sua posizione di fronte alle
Camere. Il ruolo dell’ Esecutivo dinanzi all’ organo Legislativo è disciplinato da
un complesso di regole di rango costituzionale, da cui deriva che il processo di
formazione del Governo come anche la questione di fiducia
5
, non è più il
compromesso tra organi supremi, ma discendano direttamente da regole
costituzionali. Tali norme inoltre, sono costituzionalmente protette dalla
previsione di un procedimento di revisione costituzionale, sancito dalla stessa
Costituzione. Un terzo elemento di discontinuità tra la forma di governo del
periodo monarchico e quella repubblicana, consiste nel ricondurre l’assetto
mentre per forma di Stato si intende il modo in cui si atteggia il rapporto fra i cittadini e il potere
politico, vale a dire il rapporto fra“governanti e governati”, nonché i fini ultimi, che si pone
l’ordinamento.
4
Il c. d. suffragio universale, fu introdotto con la legge 30 giugno 1912, n. 665.
5
M. OLIVETTI, La questione di fiducia, op. cit., p. 1. Per questione di fiducia si intende una
votazione fiduciaria provocata spontaneamente da un Governo già in carica.
9
costituzionale allo schema di parlamentarismo monista
6
. In primo luogo, va
osservato che l’assetto monista del regime parlamentare introdotto dalla
Costituzione del’48, non esclude la sussistenza di poteri che siano estranei al
circuito democratico-rappresentativo o al rapporto fiduciario governo-
maggioranza parlamentare, ma riconduce all’ interno di uno sistema garantistico
che trova la sua ragione d’ essere nell’ assenza del proseguimento di un indirizzo
politico
7
. È questo il punto focale che può essere definito come l’ insieme dei
correttivi al regime parlamentare oppure come componente “liberale” o
“garantista” del modello di democrazia Italiana, la quale si caratterizza come
democrazia pluralistica o più correttamente liberal-democrazia, segnata dalla
consapevolezza che “solo l’effettività degli equilibri costituzionali rende effettive
le garanzie individuali”
8
. In relazione a quanto detto è noto come la stessa
Costituzione del’48, e l’ esperienza costituzionale che ne è seguita, si muovano in
un contesto nel quale un’ampia gamma di poteri siano sottratti al circuito
Governo-maggioranza parlamentare, facendo risultare difficile definire
“un preciso limite al potere dei soggetti politici che traggono la loro
legittimazione dall’ investitura democratica”, tale problema di definizione è un
punto cruciale del costituzionalismo in quanto, se inteso come teoria della
limitazione del potere, diviene in un sistema democratico, la teoria dei limiti al
6
In senso contrario al parlamentarismo monista in Italia si esprime; V. SICA, La fiducia nel
sistema parlamentare italiano, in Studi in onore di De Francesco G. M., vol. I, Giuffrè, Milano,
1957, p. 620 ss. Il quale sostiene che la struttura del sistema parlamentare italiana è dualista.
7
Per un approfondimento su tale tema si veda: V. CRISAFULLI, Aspetti problematici del sistema
parlamentare vigente in Italia, in Jus, 1958, (e in V. CRISAFULLI Stato, popolo, governo,
Giuffrè, Milano,1985) p. 151; E. CHELI, organi costituzionali e organi di rilievo costituzionale, in
Arch. Giur. Serafini, 1965, II, p. 96 ss.
8
In tal senso si esprime G. MARANINI, Governo parlamentare e partitocrazia, Rass. Dir. Pubbl.
n.1/2, 1951, p. 35.
10
potere della maggioranza
9
. Va inoltre osservato come il monismo della forma di
governo italiana, si spinge sino al punto di determinare una derivazione non solo
sostanziale ma anche diretta del Governo dal Parlamento, secondo modalità
previste da altre carte Costituzionali del primo dopoguerra. Nel procedimento
previsto dalla Costituzione Repubblicana sia per la concessione che per la revoca
della fiducia, si innesta infatti, un procedimento di formazione del Governo che
nel principio fiduciario trova il suo criterio direttivo, punto cruciale che deve
guidare l’azione dello Capo dello Stato, ma che allo stesso tempo vede il
Parlamento formalmente estraneo alla costituzione dell’ Esecutivo e alla sua
eventuale cessazione
10
. Un quarto elemento di discontinuità si ha in relazione al
rapporto fiduciario fra Governo e Camere in riferimento all’ insieme delle regole
costituzionali di carattere tassativo relative alla modalità di conferimento e revoca
della fiducia da parte del Parlamento. Il discorso sul tema della razionalizzazione
presenta un’ innegabile duplicità di significati: da un lato,“ mettere per iscritto le
procedure” fissando regole chiare e certe; dall’altro lato, scriverle con contenuto
preciso, con particolare finalità di stabilità dell’ Esecutivo mediante la disciplina
9
Cfr. A. TESAURO, Il Sistema parlamentare nell’ ordinamento inglese ed in quello francese e
italiano, in Rass. Dir. Pubbl. n.1/2, 1954, p. 121, per un’opinione contraria in riferimento alla
previsione dei limiti all’ autonomia del Parlamento mediante la previsione di una serie di freni al
potere della maggioranza.
10
Sul collegamento tra il procedimento di nomina e quello relativo all’ instaurazione del rapporto
fiduciario si veda G. FERRARA, Il Governo di coalizione, Giuffrè, Milano, 1973, p. 88-89.
Secondo il quale il procedimento di formazione del Governo deve essere visto come procedimento
formale che si conclude con la nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri diretto a creare le
condizioni affinché, si stabilisca il rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo, quindi il
procedimento di nomina si inserisce in un’ampia e complessa progressione di atti-procedimenti
che si esauriscono nell’instaurazione della fiducia. A tale riguardo si osserva: L. PALADIN,
Governo Italiano, in Enc. Dir., vol. XIX, Giuffrè, Milano, 1970, p. 684, secondo il quale il
Presidente della Repubblica avrebbe il dovere giudico e non solamente politico di formare un
Governo che possa riscuotere la fiducia alle Camere. Cfr. L. PRETI, Il Governo nella Costituzione
Italiana, Giuffrè, Milano, 1954, p. 170, il quale sostiene che, pur distinguendo i procedimenti, di
nomina e di fiducia, lì raggruppa in un unico procedimento di investitura. Sulla distinzione tra i
procedimenti di nomina-formazione del Governo e d’investitura del rapporto fiduciario si vedano
anche; V. CRISAFULLI, Il Governo tra nomina e fiducia, in Foro Amm., 1957, p. 6; C.
MORTATI, Istituzioni di Diritto pubblico, IX ed., Cedam, Padova, 1975-76, p. 570; G. F.
CIAURRU, Fiducia Parlamentare, in Enc. Giur. Treccani, vol. XIV, Roma, 1989, p. 4.
11
dei voti di fiducia e sfiducia
11
. Si arriva a configurare la razionalizzazione del
parlamentarismo come il tentativo di ricostruire mediante tecniche giuridiche, le
condizioni dell’efficienza e della stabilità del Governo, facendo riferimento all’
esemplare modello di parlamentarismo prodottosi gradualmente in Gran Bretagna
ove è nato e successivamente diffusosi in Europa Continentale dalla metà
dell’ottocento
12
. I Padri Costituenti dedicarono gran parte del loro lavoro
13
, in
seguito alla scelta del forma di governo parlamentare, si fecero carico di
individuare i dispositivi costituzionali diretti a garantire stabilità all’ Esecutivo. Il
fine della stabilità del Governo ha introdotto all’interno della Costituzione
Repubblicana in modo preciso e dettagliato, le modalità relative sia al
procedimento di instaurazione che di rottura del rapporto fiduciario. Entrambi i
procedimenti si articolano in una fase preparatoria ed in una fase costitutiva. Per
la prima vengono previsti dei termini precisi, indicati dalla stessa Costituzione, in
riferimento sia alla presentazione del Governo alle Camere, come prescritto
dall’ articolo 94. Cost., il 3° “Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo
si presenta alle Camere per ottenere la fiducia”, sia in relazione al termine
prescritto per la votazione della mozione di sfiducia come sancito dal 4° comma
dell’ art. 94 Cost., “la mozione di sfiducia non può essere messa in discussione
11
In tale senso si esprime M. OLIVETTI, La questione di fiducia, op. cit., p. 94.
12
F. CUOCOLO, Istituzioni di Diritto Pubblico, Giuffrè, Milano, 2000, p. 201-202. Storicamente,
il parlamentarismo sorge in Inghilterra nel corso del secolo XVIII, in via consuetudinaria, per
l‘attuarsi di pratiche che affermano l’autonomia politica del Gabinetto nei confronti del re c.d.
bicefalismo dell’esecutivo e successivamente la responsabilità del governo nei confronti del
parlamento, lungo il processo storico nel corso del quale i due principi si sono consolidati accanto
al potere di sciogliere la Camera dei Comuni ed accanto all’ indipendenza dei giudici, il sistema
parlamentare nel suo schema classico si può considerare realizzato. Dall’ Inghilterra, dove il
parlamentarismo è nato, si è diffuso rapidamente in Europa continentale già nella seconda metà
dell’Ottocento, per poi diffondersi più precisamente nel corso del secolo XX. In Europa si finì per
cristallizzare le procedure del parlamentarismo in forme positive, dirette a garantire maggiore
stabilità e garanzia, ma tale procedura ha tolto al sistema parlamentare la caratteristica di fluidità,
soprattutto nelle costituzioni adottate nell’ immediato secondo dopoguerra.
13
V. FALZONE– P. GROSSI, Assemblea Costituente Italiana, op. cit., p. 102-103.
12
prima di tre giorni dalla sua presentazione”, ed infine nella richiesta di un
quorum minimo dei presentatori della mozioni di sfiducia, la cui richiesta è
riconducibile alla volontà dei costituenti di garantire stabilità ai Governi. La fase
costitutiva richiede invece la fissazione di regole esattamente speculari
14
per i due
procedimenti, in relazione sia allo svolgimento del voto che alla richiesta della
motivazione, in tal senso il 2° comma dell’ art. 94 Cost., dispone in tale senso:
“Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e
votata per appello nominale”.
1. Il procedimento di instaurazione del rapporto fiduciario
nell’ Ordinamento Repubblicano
Il procedimento d’instaurazione della fiducia si articola in automatico
15
a seguito
alla presentazione del giuramento da parte del Governo
16
, atto dal quale decorre il
termine di dieci giorni fissato dall’ art. 94 Cost., per la presentazione del Governo
dinanzi alle Camere. Vivace discussione in dottrina è sorta sul termine dei dieci
giorni previsto dalla Costituzione, assumendo come premessa di fondo che il
dettato costituzionale in relazione alla forma di governo adottata, debba intendersi
con finalità del miglior rendimento dei meccanismi istituzionali, in tale
prospettiva va letto il termine prescritto dal 3° comma dell’ art. 94 Cost., in
relazione alla presentazione del Governo alle Camere. Sul piano giuridico il
termine può considerarsi “ ordinario ” o “ perentorio ”. Nel primo caso, il dettato
14
In tale senso si esprime M. OLIVETTI, La questione di fiducia, op. cit., p. 97.
15
Non c’è in dottrina uniformità relativa all’importanza attribuita al voto di fiducia iniziale
previsto dal nostro sistema costituzionale, secondo P. CALANDRA, Il Governo della Repubblica,
Il Mulino, Bologna, 1986, p. 75, secondo il quale, il voto di fiducia può considerarsi ancora tratto
fondamentale del sistema.
16
Per un approfondimento su tale punto si veda S. LABRIOLA, Il governo della Repubblica;
organi e poteri: commento alla legge 23 Agosto 1988, n. 400, Maggioli, Rimini, 1992, p. 49-52.
13
costituzionale perde sostanzialmente rilievo, perché è per definizione inidoneo a
garantire tempi certi e rapidità nell’ instaurazione del rapporto fiduciario, nel
secondo caso, si dovrebbe – a stretto rigore – concludere che il Governo,
presentandosi anche solo all’ undicesimo giorno, non potrebbe essere investito
della fiducia ma dovrebbe dimettersi, anche in caso di voto positivo
17
. È in tal
senso che deve esser letto il termine, anche se la finalità diretta a favorire l’
efficienza delle istituzioni, produrrebbe l’effetto contrario volto a superare la crisi
riconoscendo la funzione della maggioranza, ma di fatto, il Governo sarebbe
costretto a dimettersi per il mancato adempimento dell’obbligo
18
costituzionale. Il
problema ha nella realtà scarso rilevo pratico in quanto già nell’ esperienza
statutaria, il termine che intercorre tra formazione del Governo e presentazione
alle Camere è stato sempre piuttosto breve, il Governo per prassi anche nel
sistema costituzionale vigente accorda, almeno per grandi linee i contenuti
programmatici del programma al momento della nomina del Presidente del
Consiglio e dei Ministri. Durante tale intervallo di tempo viene messo a punto dal
Presidente del Consiglio ed approvato, il programma da parte del Consiglio dei
Ministri
19
, esposto personalmente dal Presidente del Consiglio davanti alle
17
In adesione al carattere perentorio del termine si veda M. GALIZIA, Fiducia parlamentare, in
Enc. dir., XVII, Giuffrè, Milano, 1968, p. 407, secondo l’ autore vengono prospettati anche
ipotesi, non imputabili al governo stesso, bensì a forze maggiori, che giustificherebbero un
eventuale ritardo attribuendo al Capo dello Stato il controllo circa l’ esistenza delle cause. Nel
senso che il termine sia sollecitatorio si veda; P. VIRGA, La crisi e le dimissioni, Giuffrè, Milano,
1948, p. 54 nota 59; L. CARLASSARE, Il Presidente della Repubblica (art. 88-91) in
Commentario della Costituzione, (a cura di) G. BRANCA, ZANICHELLI, Zanichelli, Bologna,
1983, p. 2.
18
A. GIANNINI, Sul voto di fiducia, in Riv. Amm. Rep. It. n. 3, 1954, p. 382, il quale inquadra la
mancata presentazione come una tacita “ rinunzia al governo ”.
19
A. RUSSO, Programma di Governo e regime parlamentare, Giuffrè, Milano, 1984, p. 120, il
quale osserva che lo svolgimento di tale attività da parte del Consiglio è conforme alla posizione
costituzionale in relazione alle funzioni attribuitegli dall’ art. 95 Cost., e al ruolo da esso svolto
nella fissazione dell’accordo di Governo.
14
Camere.
20
Tale fase permette di dare inizio al dibattito che si concluderà con la
replica dello stesso Presidente, secondo alcuni autori
21
è in tale fase che il
Presidente del Consiglio assume la figura di capo del Governo. In seguito alla
scelta della mozione di fiducia
22
da parte del Presidente del Consiglio ha inizio la
fase costitutiva del procedimento, fissata dalle regole costituzionali. Una prima
regola sancisce la motivazione della mozione, tale obbligatorietà in prima lettura
può risultare superflua, in quanto tutte le mozioni sono di norma motivate, ma la
ratio della richiesta della motivazione va ricondotta ad una duplice volontà dei
costituenti, in primo luogo, superare la prassi statutaria nella quale la fiducia era
spesso concessa sulla base di un ordine non motivato; dall’ altro, lato far emergere
un’adesione impegnativa non solo da parte del Governo, ma anche alle stesse
Camere ad un programma prestabilito
23
.
20
T. MARTINES et al., Diritto Parlamentare, Milano, Giuffrè, 2005, p. 215- 216. Secondo la
prassi parlamentare il procedimento d’investitura della fiducia si apre con l’esposizione
programmatica del presidente del Consiglio, con la formula << Comunicazione del Governo >>,
poiché ognuna delle due Camere esercita una funzione autonoma nella concessione della fiducia
all’ organo Esecutivo, la comunicazione deve avvenire separatamente in ognuna di esse. Fino al
1980, la prassi prevedeva che il discorso fosse pronunciato in entrambe le Camere, essendo
risultata tale procedura inutile e defatigante in quanto, si concretizzava nella rilettura dello stesso
testo in occasione del Governo Forlani (1980), si è dato luogo ad una semplificazione della
procedura, consentendo al presidente del Consiglio di pronunciare il suo discorso dinanzi ad un
solo ramo del Parlamento, quello in cui si aprirà per primo il dibattito, inviando all’ altro il testo
scritto che si dà per letto. Il dibattito si apre alternativamente tra le Camere, solo quando il dibattito
si sia completato in uno dei due rami e con esito positivo, ottenendo cioè la fiducia, si darà luogo
al dibattito nell’altro ramo del Parlamento, tale alternanza è mirata a garantire al presidente del
Consiglio di poter assistere ai dibattiti e di tenere conto dei contributi critici da entrambi i rami del
Parlamento e nonché la possibilità di poter replicare.
21
In tale senso si esprime M. OLIVETTI, La questione di fiducia, op. cit., p. 103 ss.
22
La scelta tra più mozioni di fiducia si ebbe in occasione della presentazione alla Camera del I
governo Craxi ( agosto 86) e del VI Governo Fanfani ( aprile 86). Per un approfondimento sul
tema della spettanza al Governo della facoltà di scegliere la mozione di fiducia su cui accettare il
voto tra le varie mozioni presentate si veda; V. FALZONE, La prassi nell’ ordinamento
costituzionale italiano, in AA. VV., Discorsi sulla Costituzione, Giuffrè, Milano, 1958, p. 470.
23
Ass. cost., Assemblea, Discussioni, 24.10.1947, p. 1520, come emerge dagli interventi degli
on. Mortati e Tosato, entrambi sottolineano l’importanza della motivazione in caso di
scioglimento, affinché l’elettorato potesse valutare il contrasto tra Governo e Parlamento.