Introduzione 3
completamente aspetto. Da attività dominata dai partiti (l’Ottocento e in parte il Novecento
vedono la nascita e il boom dei partiti di massa) ad attività dominata, o perlomeno
fortemente influenzata, dalla personalità dei candidati e dai leader (e.g. Mazzoleni, 1998;
Grandi e Vaccari, 2007; Caprara, Barbaranelli e Vicino, 1999; Caprara e Cervone, 2003;
Fein, Goethals e Kugler, 2007; Grandi, 1999). Per prima cosa, quindi, daremo una breve
definizione di comunicazione politica, individuando anche quali sono gli attori principali
interessati da questa importante attività; scopriremo che il sistema politico, il sistema dei
media e i cittadini-elettori sono tutti soggetti fondamentali e sempre presenti nella
comunicazione politica. Dal momento che non esiste comunicazione senza i mezzi che la
esplicano (ovvero i mezzi di comunicazione), daremo ampio spazio al sistema dei media;
dapprima ai media più tradizionali (e.g. stampa, radio e televisione), poi facendo un accenno
a quelli che vengono etichettati con il termine di new media, legati prevalentemente al
mondo di Internet e alle sue applicazioni pratiche.
Vedremo che ciò che caratterizza la comunicazione politica, rispetto ad altre comunicazioni,
è il rapporto, spesso molto stretto, tra attori mediatici e attori politici. Poi, a seconda della
prevalenza dell’uno o dell’altro, o che si trovino su piani sostanzialmente egualitari, si
prospetterà una tipologia di comunicazione differente: o troppo sbilanciata a favore della
politica (come accadeva soprattutto nelle epoche precedenti, dominate dai partiti), o troppo
dominata dai media, che in tal modo hanno anche la possibilità di influenzare l’agenda dei
politici (come spesso accade oggi), o infine, una comunicazione politica sostanzialmente
paritaria, ove, per così dire, ciascuno ha il suo ruolo. Quest’ultima tipologia, in realtà, appare
più che altro idealtipica; nella realtà, infatti, nelle diverse epoche, uno o più attori hanno
sempre cercato di prevalere sugli altri, o, se non altro, hanno tentato di influenzarli
pesantemente (ci riferiamo soprattutto alla politica che sovente ha cercato, e spesso cerca
tuttora, di esercitare un controllo, o almeno un’influenza più o meno diretta, sui mezzi di
comunicazione).
Chiaramente, parlando di comunicazione politica non possiamo non fare riferimento anche
alla sua storia, non tanto della disciplina in quanto tale, quanto piuttosto dell’attività umana
definita “comunicazione politica”. Si scoprirà, a tal proposito, che tale attività era ben
presente già in epoca romana, quando l’attività oratoria e l’arte della retorica posero le basi
di quella che sarebbe diventata la comunicazione politica nelle epoche successive. Anche
quella attuale è in parte debitrice dagli antichi; si pensi, infatti, che alcuni termini del
vocabolario politico, tuttora utilizzati, quali “candidato” o “comizio”, sono desunti proprio
Introduzione 4
da quel periodo. Dal periodo romano risaliremo poi via via le epoche (seppur molto
velocemente), fino a giungere al XIX e al XX secolo, ove principalmente ci soffermeremo.
Qui analizzeremo e vedremo come la grande trasformazione della comunicazione politica
avvenuta, soprattutto, dalla seconda metà del Novecento, abbia seguito di pari passo il
progredire dei principali mezzi di comunicazione, dei quali si traccerà una breve storia (e.g.
periodici, manifesti, volantini, giornali, libri, fino ad arrivare alla radio, alla televisione e ai
new media). Dopo aver esaminato i principali effetti esercitati dalla comunicazione politica
(effetti che, come ha illustrato Mazzoleni, sono soprattutto concentrati sulla conoscenza
politica, sulla partecipazione politica e sulle scelte di voto), si andranno ad analizzare le fasi
di questa disciplina in età moderna, servendoci degli studi di due importanti esperti, Blumler
e Kavanagh (1999). Si vedrà come tale attività, in età moderna, possa essere distinta
essenzialmente in tre fasi; la prima fase, iniziata negli Anni ’50 del Novecento, la seconda,
sviluppatasi tra gli Anni ’60 e gli Anni ’80, e infine la terza, iniziata intorno agli Anni ’90 e
non ancora terminata. La periodizzazione della comunicazione politica, fin qui tracciata per
linee generali, verrà poi ulteriormente precisata in relazione allo specifico contesto italiano
(Novelli, 2006). Si noterà come le fasi verranno definite soprattutto in relazione allo
sviluppo e alla diffusione della televisione, che in Italia è arrivata molti anni dopo rispetto
che in altri Paesi occidentali, quali gli Stati Uniti.
L’ultima parte del primo capitolo, infine, verrà dedicata a una delle attività politiche più
importanti, su cui i politici molto spesso investono gran parte del loro tempo e risorse,
economiche ma non solo: la campagna elettorale. Dopo un breve accenno su che cosa si
debba intendere, in generale, per campagna elettorale, e su quali siano le sue principali
caratteristiche, distingueremo tali attività in base al periodo storico. In tal senso
distingueremo tra campagne elettorali premoderne, campagne elettorali moderne e campagne
elettorali postmoderne. Relativamente a quest’ultima tipologia, alla quale presteremo
particolare attenzione, in quanto è quella che caratterizza le contese elettorali dei giorni
nostri, vedremo che essa si caratterizza per la grande importanza, quasi predominanza,
ricoperta dai mass media. Per tale motivo oggi sembra contare principalmente non tanto il
partito in quanto tale, quanto piuttosto la figura, l’immagine del candidato, ovvero la sua
personalità; a questa, infatti, vengono dati sempre maggiori spazi e ampia visibilità (e.g.
Pancer, Brown e Barr, 1999; Miller e Krosnick, 2000). Dal momento che l’attività politica è
sempre più personalizzata e dominata dalle persone, vedremo che sembra sia cambiato anche
il modo di affrontare la campagna elettorale. Fino a qualche decennio fa tale attività veniva
Introduzione 5
svolta prevalentemente dai partiti politici, ritenuti giustamente delle potentissime macchine
elettorali, aventi strutture e organizzazioni complesse e ramificate in tutta la società (anche)
civile. Essi si servivano prevalentemente di fonti partitiche (quali, ad esempio, giornali di
partito, manifesti, volantini, dibattiti pubblici, comizi di piazza e radio, spesso anch’esse di
partito), e dell’apporto di militanti volontari. Al contrario, oggi l’attività comunicativa, sia
durante le campagne elettorali, sia nei periodi di legislature ordinarie, viene svolta
prevalentemente in prima persona dai candidati. Per questo motivo oggi l’entourage di ogni
politico è formato dagli spin doctor (e.g. Mazzoleni, 1998; Norris, 2000), ovvero esperti in
relazioni esterne, comunicazione, pubblicità, linguaggio, immagine, pubbliche relazioni, che
seguono il candidato in ogni aspetto della campagna: dalla preparazione strategica alla messa
in atto effettiva. Sono quindi figure non puramente politiche, in quanto provenienti da altre
realtà; sono comunque esperti in comunicazione che assistono sempre il politico.
Dal momento che, oggi più che mai, la campagna elettorale può essere facilmente
paragonata a una campagna pubblicitaria promossa da una grande azienda, si parlerà con una
certa insistenza anche di marketing politico ed elettorale, con un chiaro riferimento
all’attività pubblicitaria e di marketing svolta da qualsiasi attività commerciale. Come le
aziende mirano alla massimizzazione dei propri guadagni e a vendere quanti più prodotti
possibile, il politico mira anch’egli alla massimizzazione, ovvero a conquistare quanti più
consensi possibili al fine di vincere la contesa elettorale, misurati dai voti ottenuti.
Si parlerà poi di due contesti, oggi molto in voga, a cui sovente i politici partecipano: talk
show e faccia a faccia televisivi. In tali contesti, che sempre più spesso prendono la forma di
veri e propri show, essi presentano i propri programmi, le proprie idee, le proprie posizioni,
ma non solo; molto spesso, infatti, qui sono costretti a difendersi, ovvero difendere le proprie
politiche, le proprie idee, ma soprattutto la propria immagine. L’importanza di queste
manifestazioni non deve sorprendere; se, come si è detto, oggi l’attività politica appare
sempre più personalizzata e incentrata sui candidati e sui leader, in tali contesti essi possono
godere di spazi mediatici e di una visibilità che permette loro di trasmettere messaggi e
immagine al grande pubblico, dal momento che la televisione può godere di un’utenza
piuttosto ampia. Inoltre oggi, rispetto a quanto accadeva in epoche precedenti, il voto si basa
molto meno sull’identificazione partitica (e.g. Catellani, 1997); è più volatile, instabile,
variabile. Non è un caso che si parli di “elettore pigro” (Campus, 2000), o di elettori sempre
indecisi tra astensionismo e voto determinato all’ultimo momento (e.g. Corbetta e Tuorto,
2005). Sebbene ancora oggi siano molti quegli elettori che si recano alle urne mantenendo
Introduzione 6
una certa coerenza tra una elezione e l’altra, evidenziando, al limite, un certo turnover intra-
coalizione piuttosto che inter-partitico (De Sio, 2006), è evidente come, rispetto al passato,
oggi “la scelta avrà necessariamente natura fortemente congiunturale, sarà ad esito variabile,
e dipenderà da diversi fattori quali il tipo di elezioni, la composizione dell’offerta, le spinte
provenienti dall’intorno, gli eventi della campagna, il clima politico, i temi in discussione”
(Sani, 2006: p.54). Senza poi dimenticare il peso che possono esercitare sul comportamento
elettorale i tratti personali, i valori e le emozioni (e.g. Caprara e Vecchione, 2006; 2007;
Caprara, 2003; Caprara, Calò e Barbaranelli, 1997; Caprara, Vecchione e Schwartz; Miller,
Wattenberg e Malanchuk, 1986; Budesheim e De Paola, 1994; Cavazza e Corbetta, 2005) sia
dei candidati in lista, sia, ovviamente, degli stessi elettori.
Proprio in relazione del fatto che oggi la politica è molto personalizzata, in questa sede si è
ritenuto opportuno trattare anche il tema della personalità, dapprima fornendo alcune nozioni
preliminari tratte dalla psicologia della personalità (prendendo spunto dai molti studi svolti,
negli anni, in particolare da Gian Vittorio Caprara). Il secondo capitolo di questo elaborato
considererà la relazione esistente tra l’immagine (ovvero le caratteristiche personali) del
leader politico, la sua percezione da parte dell’opinione pubblica e la decisione elettorale dei
cittadini. Inizialmente si parlerà di teoria della personalità più in generale, ove per
personalità “dobbiamo intendere un insieme di caratteristiche psichiche e di modalità
comportamentali che definiscono il nucleo delle differenze individuali”; ovvero “un sistema
relativamente stabile di tratti che predispongono a pensare, sentire ed agire in accordo col
perseguimento di determinati fini, coerentemente in tempi e ambienti diversi” (Caprara,
Barbaranelli e Vicino, 1999: p.507). Tratteremo in modo approfondito il tema dei tratti,
ovvero di quelle “tendenze abituali a esibire un certo tipo di risposta piuttosto che un altro
(…), poiché colgono la tendenza abituale di una persona, o disposizione, a mostrare un certo
tipo di condotta” (Caprara e Cervone, 2003: p.74). Più precisamente, si vedrà come tali
caratteristiche, strettamente individuali e uniche, che riproducono l’unicità di ciascun
individuo, siano in grado di rendere prevedibile e identificabile il comportamento delle
persone. Per spiegare meglio tali aspetti ci serviremo di alcune teorie desunte dalla
psicologia della personalità; più precisamente del modello del Big Five, ovvero dei cinque
fattori (e.g. Caprara e Cervone, 2003; McCrae e Costa, 1999). Tramite tale sistema si è
infatti in grado di definire un numero molto elevato di possibili profili di personalità.
Dopo questo breve excursus sulla teoria della personalità in generale, applicheremo tale
discorso al particolare contesto politico. In tal senso faremo spesso riferimento alla
Introduzione 7
“americanizzazione” della politica (Vaccari, 2007), ovvero al fatto che oggi essa appare
sempre più dominata dagli esponenti, dai candidati, dalle persone. A tal proposito
affronteremo un tema molto importante, al quale faremo più volte riferimento nel corso di
questa tesi; si parlerà di tratti di personalità dei leader ma anche della loro percezione da
parte dei cittadini (e.g. Grandi e Vaccari, 2007). Si dimostrerà come oggi molto spesso i
politici vengano valutati più sulla base delle proprie caratteristiche personali, anche di quelle
fisiche (e.g. Budesheim e De Paola, 1994), e non tanto (o non più solo) sulla base del partito
d’appartenenza e delle issue proposte. Anche se, è bene premetterlo, si richiamerà il fatto che
comunque i temi politici, i programmi, queste issue non hanno perso la loro importanza, e,
anzi, ancora contribuiscono alla costruzione di stereotipi sulla base dei quali spesso vengono
percepiti e valutati gli uomini politici (Hayes, 2005).
Dopo aver parlato di tratti personali e di personalità dei leader, ci soffermeremo anche sulla
personalità degli elettori; aspetto, quest’ultimo, non meno importante del precedente,
sebbene un po’ più ignorato. Questo perché tutti, elettori, politici, giornalisti, opinionisti,
politologi in genere, in quanto esseri umani possiedono valori e tratti che condizionano e
influenzano ogni aspetto della vita. Pertanto ciò accade anche al normale cittadino che deve
esprimere la propria preferenza elettorale.
Sempre nel secondo capitolo tratteremo anche di comportamento elettorale. A proposito di
tale discorso abbiamo ritenuto doveroso parlare preventivamente di credibilità del leader
politico (una credibilità personale, legata cioè alla persona in quanto tale), in quanto essa si
ricollega alla decisione elettorale. Questo perché la credibilità di un politico (percepita dal
corpo elettorale) è fondamentale; difficilmente un cittadino voterebbe per un candidato
ritenuto poco credibile e attendibile. In tal senso vedremo come l’indice di credibilità sia un
concetto multidimensionale, composto dalle dimensioni di competenza, efficacia, integrità e
fiducia che ispira (e.g. Pancer et al., 1999; Ohanian, 1990; Abelson e Fiske, 1980; Campbell
et al., 1960). Pertanto per un leader politico è fondamentale essere percepito come un
candidato, ma ancor più come una persona credibile e competente, preparata ad affrontare le
responsabilità legate a questo ruolo. Non solo; deve essere anche considerato una persona
onesta, corretta e sincera, nonché coerente. Infine il secondo capitolo si concluderà con
un’ampia rassegna relativa al comportamento elettorale propriamente detto. In tal senso
verranno considerati i principali modelli teorici; più precisamente: la teoria della scelta
razionale, la teoria del prospetto, le teorie sociali, issue voting (Aardal e van Wijnen, 2005),
voto retrospettivo e infine voto prospettivo. Si rileverà come ciò che accumuna tutti questi
Introduzione 8
modelli è il fatto che è sempre e comunque l’elettore a scegliere a chi concedere la propria
preferenza; un elettore sempre più caratterizzato da libertà e da individualismo e sempre
meno vincolato a sistemi di credenze cristallizzati e identificazione partitica.
Ricollegandoci a quanto già detto sui moderni contesti ove i politici sono soliti esporre
programmi e idee, ovvero i dibattiti televisivi, riprendendo alcune ricerche precedenti (e.g.
McGraw, 1990) vedremo come in questi contesti molto spesso i candidati siano costretti
anche a difendersi da attacchi e da critiche, a volte anche personali, mosse, ad esempio, da
giornalisti o da avversari politici. E di norma la differenza tra essere un grande leader e un
politico qualunque è proprio questa: essere un grande comunicatore, in grado anche di
difendersi da critiche e da attacchi spesso ingiuste e ingiustificate, o comunque esagerate,
difendendo le proprie opinioni, i propri provvedimenti, i propri programmi e, ovviamente, la
propria immagine, non meno importante. Per fare questo ciascun politico potrà utilizzare
qualunque strategia difensiva ritenuta idonea, ovviamente a seconda anche del contesto nel
quale si trova e delle accuse mosse. Una delle strategie possibili è ricorrere al ragionamento
controfattuale. Dal momento che ci è sembrato, anche in relazione all’attualità politica del
nostro tempo, che i politici solitamente sono più impegnati a difendersi e difendere la propria
immagine, piuttosto che proporre idee e programmi nuovi, abbiamo ritenuto importante dare
spazio a questa strategia difensiva. Pertanto tutto il capitolo terzo di questo elaborato verrà
dedicato proprio al ragionamento controfattuale; esso non è altro che una costruzione
mentale, una simulazione di alternative a fatti o eventi realmente accaduti. In tal senso,
quando una persona si impegna in un ragionamento controfattuale non fa altro che pensare,
anzi immaginare a come sarebbe potuta essere la realtà “se solo” gli antecedenti, ovvero le
circostanze passate, fossero stati diversi, ovvero se le cose fossero andate diversamente (e.g.
Milesi, 2003; Roese e Olson, 1995; 1995b; 1995c; 2003; Roese, 1994; 1997; Mandel, 2005).
Trattando questo argomento, dapprima forniremo un breve quadro teorico, spiegando con
precisione cosa esso è, successivamente andremo a vedere in particolare quali sono le
caratteristiche che un controfattuale dovrebbe avere per essere considerato plausibile, ovvero
realistico. In seguito spiegheremo quali sono gli elementi in base ai quali è possibile
differenziare i ragionamenti controfattuali (e.g. Tasso, 2004). Vedremo che un primo criterio
è in relazione alla sua direzione, ovvero al fatto se la realtà immaginata sia migliore rispetto
a quella attuale (controfattuali upward) oppure peggiore (controfattuali downward). Un
secondo criterio di classificazione è in rapporto alla sua struttura; in tal senso vedremo come
esistano controfattuali additivi (che, per simulare realtà alternative, aggiungono elementi
Introduzione 9
all’antecedente passato) e controfattuali sottrattivi (che, al contrario, eliminano dagli
antecedenti eventi fattuali realmente accaduti).
A questo punto, dopo questo excursus teorico, che prenderà in esame anche i vincoli di
mutabilità, ovvero le condizioni di attivazione del ragionamento controfattuale, dedicheremo
ampio spazio agli usi concreti di tale simulazione mentale, ovvero alle sue funzioni.
Vedremo che il ragionamento controfattuale non è certo un concetto astratto, utilizzato
solamente a fini di ricerca, bensì molto più comune e quotidiano, al quale fanno ricorso di
fatto tutte le persone, soprattutto in risposta a eventi negativi e indesiderati. Questo perché,
come vedremo, una delle sue funzioni principali è quella di ricostruire la catena causale che
ha provocato un certo evento (quello fattuale); a partire da quest’ultimo, quindi, modificando
parzialmente le circostante passate, si immagina a come sarebbero potute andare le cose. Ciò
spesso in chiave correttiva e come preparazione all’azione futura (e.g. Milesi, 2003);
comprendere le cause che hanno determinato un certo esito appare molto importante se si
vuole evitare che eventi così negativi possano capitare anche in futuro. Ma vedremo come
un’altra importante funzione del ragionamento controfattuale sia quella affettiva, ovvero
essere in grado di far sentire meglio (feel better) le persone.
Tutto ciò premesso, vedremo come, oltre che essere attivato dalle persone quasi
automaticamente e spontaneamente, soprattutto dopo eventi non soddisfacenti, il
ragionamento controfattuale ha ambiti di applicazione molto ampi, anche in contesti più
particolari, quali quello politico, quello giudiziario, quello legato al marketing e alla
pubblicità. Ovviamente in questa sede ci occuperemo prevalentemente dell’uso del
controfattuale in chiave politologica; in tal senso vedremo come tale simulazione mentale sia
stata utilizzata sia al fine di ricostruire e spiegare eventi storici del passato, specialmente in
relazione agli eventi che hanno scatenato le guerre mondiali e i regimi totalitari del
Novecento (e.g. Tetlock e Belkin, 1996), sia soprattutto come strumento strategico di difesa
utilizzato tuttora dai leader politici in contesti televisivi quali dibattiti, talk show e faccia a
faccia (e.g. Covelli e Catellani, 2007).
Proprio in relazione all’uso del ragionamento controfattuale in chiave difensiva, dopo quanto
detto in precedenza sulla comunicazione politica contemporanea e sulla trasformazione della
politica tout court avvenuta negli ultimi decenni, e in considerazione dell’importanza della
credibilità di un leader politico, ci è sembrato opportuno riunire tutti i nostri studi e
analizzare, in concreto, tale situazione. In particolare, considerando la funzione difensiva del
ragionamento controfattuale, anche come strumento di attribuzione di responsabilità e di
Introduzione 10
colpa, abbiamo svolto una ricerca empirica volta a indagare gli effetti del controfattuale
sulla percezione e sulla valutazione del politico. Ciò che ci interessava era verificare se l’uso
del ragionamento controfattuale da parte dei leader politici avesse o meno degli effetti sulla
percezione di credibilità da parte degli ascoltatori e sull’intenzione di voto per lo stesso (e.g.
Pancer et al., 1999; Ohanian, 1990; Miller et al., 1986; Abelson e Fiske, 1980; Campbell et
al., 1960).
La comunicazione politica 11
1 La comunicazione politica
“Possiamo definire la comunicazione politica lo scambio e il confronto dei contenuti di
interesse pubblico-politico prodotti dal sistema politico, dal sistema dei media e dal
cittadino-elettore” (Mazzoleni, 1998: p.29).
Tale definizione ci può essere d’aiuto per comprendere meglio il fenomeno di cui si parlerà
in questo capitolo. L’argomento è complesso e molto articolato; sconfina in svariate
discipline, che spaziano dalla scienza politica, alla sociologia, alle scienze della
comunicazione e del marketing, fino alla psicologia. Da questo si deduce come il carattere
della materia in questione sia interdisciplinare.
Oggi, in un’epoca dominata da Internet e dai mass media, nuovi o vecchi che siano, parlare
di comunicazione diventa una tappa obbligata, in quanto essa pervade ogni momento della
nostra esistenza, ogni campo della nostra vita. La comunicazione è fondamentale. A maggior
ragione lo è in politica; quest’ultima, infatti, ha come obiettivo mobilitare le masse e
coinvolgere l’opinione pubblica (potenziali elettori, simpatizzanti o semplici ascoltatori), alla
ricerca del consenso. Per ottenere o mantenere il consenso della gente il politico deve
riuscire a trascinare, ad appassionare, a convincere e sedurre le persone. In poche parole,
deve cercare di avvicinarsi al cosiddetto “uomo di strada”, che non sempre è esperto di
politica. Oggi, nell’epoca in cui viviamo, se un politico vuole avere successo deve essere in
grado di crearsi delle reti e dei legami con quei soggetti che permettono di comunicare e di
far arrivare la propria immagine al grande pubblico (che rappresenta il corpo elettorale). Un
grande politico deve essere prima di tutto un grande comunicatore, un ottimo oratore e un
grande personaggio pubblico, in grado di parlare alle masse.
Gli attori della comunicazione politica sono:
¾ Il sistema politico. Si parla del sistema politico propriamente detto, che può essere
sia istituzionale (parlamento, governo, magistratura, Capo dello Stato), sia non
istituzionale (partiti, movimenti, lobby, gruppi di pressione);
¾ Il sistema dei media. Sono tanti i soggetti che vi si annoverano; sono i grandi mass
media (televisione, radio, stampa, cinema), ma anche “i nuovi media”, come ad
esempio Internet;
¾ Il cittadino-elettore. Quest’ultimo attore oggi ha assunto un’importanza e
un’indipendenza rilevanti, in quanto conta molto più di prima. I cittadini, infatti, in
genere sono più acculturati, istruiti e hanno maggiori possibilità d’informarsi.
Inoltre gli stessi politici li coinvolgono maggiormente, sentendo la necessità
La comunicazione politica 12
d’avere sempre un certo grado di sostegno. Nel nostro tempo il cittadino è un
grande consumatore di comunicazione e questo gli dà il potere di decidere cosa
ascoltare e cosa vedere (ha, per così dire, “in mano il telecomando”). Detto questo,
in realtà tale attore non è immediatamente definibile e identificabile, come invece
lo sono i primi due; quando noi parliamo di opinione pubblica, o di elettorato, in
realtà parliamo di un numero molto elevato di persone, ciascuno con una propria
individualità, con la propria testa. Creiamo cioè una categorizzazione, una
generalizzazione, frutto di un processo mentale. Infatti “l’opinione pubblica non
esiste di per sé se non nel momento e in quanto rilevata attraverso un sondaggio su
un determinato argomento, ma anche l’elettorato è una realtà che esiste nel
momento del voto, ed è impossibile definirlo al di fuori e al di là della mappa che
emerge dal risultato delle elezioni” (Mazzoleni, 1998: p.25).
1.1 La comunicazione politica: premesse, definizione e storia
1.1.1 Effetti della comunicazione politica
In un’epoca caratterizzata da reti comunicative molto fitte, la politica sviluppa capacità
espressive particolari, frutto di quella che oggi possiamo definire “era della comunicazione”.
Comunicare, infatti, è fondamentale per gli attori presenti nell’arena politica (quindi partiti e
candidati); grazie ad essa possono farsi conoscere, cercando così di guadagnare i consensi
dell’opinione pubblica. Il momento culminante di questa importante attività senza dubbio è
la campagna elettorale; durante questo periodo, infatti, gli schieramenti politici (e i loro
esponenti) competono alla ricerca di voti, consensi e fiducia. Ma anche nelle fasi
“ordinarie”, nel corso della normale legislatura, la comunicazione politica è importante. E’
evidente che per un governo, o per una coalizione, è di fondamentale rilevanza convincere le
persone della qualità e della legittimità delle scelte fatte.
Ma la comunicazione politica non riguarda solo gli ambienti istituzionali. E’ grazie ad essa,
infatti, che la gente comune acquisisce quegli elementi e quelle informazioni utili sulle quali
basare le proprie scelte elettorali. I messaggi proposti possono confermare i propri
orientamenti, o far cambiare idea, anche poco tempo prima del voto. Quest’ultimo aspetto,
tra l’altro, rappresenta una netta spaccatura con il passato. Non molto tempo fa il voto era
caratterizzato da un forte senso d’appartenenza partitica, che spesso veniva tramandato da
La comunicazione politica 13
padre in figlio, di generazione in generazione; la famiglia aveva quindi un ruolo decisivo
nell’orientare le scelte. Questo è il fenomeno meglio noto come “identificazione partitica”
(Catellani, 1997). Molto forti erano le ideologie e l’idea che il partito rappresentasse in toto
gli interessi dei cittadini. Oggi questo avviene sempre più raramente, anche a causa della
crisi delle ideologie e dei partiti di massa. Certamente non mancano persone che, elezione
dopo elezione, mantengono costante il proprio voto a favore di questo o quel partito. Ma
sono sempre di più gli elettori indecisi e fluttuanti, o, ancor peggio, che non votano proprio.
La comunicazione politica riveste un’importanza particolare anche per i mass media. Una
campagna elettorale, un comizio, un’intervista a questo o quel leader, rappresentano
momenti importanti da non lasciarsi scappare; queste occasioni incrementano l’audience,
dando anche l’opportunità, soprattutto a quei media politicamente schierati, di influire ed
incidere sul voto.
E’ indubbio che la comunicazione politica eserciti una certa influenza, soprattutto su quelle
persone meno interessate alla politica, indecise o che comunque sono particolarmente
“sensibili” e “deboli” (nel senso che magari non hanno le idee molto chiare). Altrimenti non
si spiegherebbero le continue e costanti polemiche circa l’eccessiva esposizione mediatica di
un certo leader a discapito di altri. E non si spiegherebbe il perché, in periodi di campagna
elettorale, programmi televisivi (come ad esempio le tribune politiche, i faccia a faccia, i talk
show, o altre trasmissioni analoghe), abbiano ascolti molto elevati. L’influenza (o comunque,
se non altro, l’influsso) della comunicazione politica si concentra in svariati ambiti, anche
(ma non solo) sulle scelte elettorali dei cittadini.
In generale gli effetti di tale attività possono riscontrarsi (Mazzoleni, 1998):
¾ Sulla socializzazione politica. Innanzi tutto si definisce socializzazione politica
quel “processo attraverso il quale i bambini acquisiscono gli atteggiamenti e i
modelli di comportamento appropriati al ruolo di futuri cittadini, e il processo
attraverso il quale vengono trasmessi da una generazione all’altra i valori politici”
(Mazzoleni, 1998: p.257). Sebbene i bimbi non siano subito in grado di utilizzare i
concetti appena appresi, essi comunque immagazzinano norme, valori, concetti,
informazioni e li mettono da parte per quando, un giorno, saranno più grandi ed in
grado di comprendere e parlare di politica. Anche perché i bambini sono
sottoposte, fin dalla nascita, ad una serie di agenzie di socializzazione (quali la
famiglia, la scuola, la chiesa, le associazioni sportive, le associazioni ricreative, i
vari gruppi di pari, ecc.), a cui tuttavia vi si aggiungono anche “i news media, il
La comunicazione politica 14
cinema, la musica pop, i videogiochi e in generale i mezzi di intrattenimento, (che,
n.d.a.) occupano un posto sempre più centrale nella formazione degli
atteggiamenti politici dei minori” (Mazzoleni, 1998: p.258). Inoltre i bimbi non
guardano solo cartoni animati o altro trasmessi dai canali d’intrattenimento; essi
infatti osservano, più o meno volontariamente, da soli o con i genitori, i
telegiornali, i talk show, i dibattiti in televisione, ma anche gli spot elettorali e le
interviste ai politici. Questo permette loro di imparare, di memorizzare nuove
informazioni e nuovi parametri, dati che poi diverranno disponibili qualche anno
dopo quando saranno più grandi. Quando si afferma che la comunicazione politica
si rivolge (o ha effetto) solo sugli adulti non si dice una cosa corretta. E’ indubbio
che un piccolo di pochi anni difficilmente comprenderà il significato di parole
quali democrazia, legge, parlamento, finanziaria, elezioni, partiti, legislatura,
candidati, ecc. Tuttavia egli incamererà tutti questi concetti, li imparerà e li
inserirà nella propria memoria, recuperandoli quando sarà più grande. E non
bisogna assolutamente sottovalutare come anche programmi di fiction o
d’intrattenimento possono fornire ai bambini molte informazioni e spunti
interessanti per la propria crescita e per la propria socializzazione politica: “un
cartone animato o un film western che riproduce la lotta tra lo sceriffo e i banditi,
può dare informazioni circa le funzioni della ‘legge e ordine’ nella società”
(Mazzoleni, 1998: p.258);
¾ Sulla conoscenza politica. Forse questo è l’effetto della comunicazione politica
più visibile e più semplice da analizzare. Infatti è evidente come essa sia in grado
di fornire ed “insegnare” contenuti politici su larga scala, potenzialmente a tutti i
cittadini, soprattutto oggi che i mass media (soprattutto la televisione, senza però
trascurare Internet) permeano e pervadono ogni fascia della società. Di fatto
chiunque può essere “colpito” da tale influenza poiché è sufficiente possedere un
televisore o un computer con navigazione in rete per essere coinvolto da flussi
comunicativi molto intensi. E’ chiaro che la comunicazione pubblica permette,
soprattutto a chi è poco esperto di politica (o comunque a chi non ne è
particolarmente informato) di conoscere, vedere, sapere, entrare in contatto con la
realtà pubblica del proprio Paese (ma anche con quella internazionale; e
considerati gli anni che stiamo vivendo, caratterizzati dal fenomeno della
globalizzazione, il singolo Paese non può prescindere dal contesto internazionale).
La comunicazione politica 15
Inoltre non si può trascurare il fatto che una democrazia funziona davvero e si può
definire veramente tale solo quando i cittadini partecipano alla vita del Paese in
modo informato. Non è sufficiente che essi possano scegliere i propri governanti;
è necessario che tale scelta sia informata, consapevole. Con un po’ di ottimismo e
a volte poco senso della realtà questa tipologia di Stato comunemente viene
chiamata “democrazia partecipativa” (Mazzoleni, 1998). “Mentre la democrazia
rappresentativa (la classica concezione democratica liberale adottata nella maggior
parte dei Paesi che si definiscono democratici, n.d.a.) è spesso burocratizzata, con
un accentramento delle decisioni al vertice, la democrazia diretta (o partecipativa,
n.d.a.) insiste sulla necessità di portare le decisioni il più vicino alla gente” (Della
Porta, 2002: p.72). Ma la visione di una democrazia diretta presuppone l’esistenza
di un cittadino realmente attivo e in grado di acquisire tutte le informazioni
disponibili e necessarie; nella realtà non sempre (anzi difficilmente) è così. Anzi
sempre più spesso le persone appaiono disinteressate, apatiche, pigre, molto
lontane dai problemi della politica (anche perché è la stessa politica ad essere
lontana dal Paese reale). Basti pensare che in una ricerca del 2002 (Pasquino,
2002) si è evidenziato come gli italiani manifestino una diffusa ignoranza politica:
solo un italiano su dieci risulta in grado di rispondere con esattezza a domande
sulla politica in generale e sull’identificazione delle più importanti cariche dello
Stato. Ecco perché la comunicazione politica in questi contesti risulta essere
fondamentale; essa deve, oltre che fornire conoscenza e informazioni sui leader e
sulla istituzioni, anche sensibilizzare i cittadini, renderli partecipi e avvicinarli alla
cosa pubblica, nella speranza che essi possano, un giorno, riabbracciare la politica
con ritrovato interesse e passione. In realtà altri approcci hanno evidenziato come
il cittadino contemporaneo non sia del tutto disinteressato; semplicemente se ne
interessa solo parzialmente, soprattutto se questo interessamento può portare
benefici diretti (o indiretti ma “tangibili”). Si richiama quindi il concetto di
“cittadino informato quanto basta”, ovvero a “bassa razionalità informativa”
(Campus, 2000). Esso sembra guardare i dibattiti politici alla televisione e leggere
i quotidiani con distacco, quasi contro voglia, ma in realtà fa quanto basta per
dotarsi di quel minimo di conoscenze ed informazioni, sufficienti per essere (e
sentirsi) un buon cittadino;
La comunicazione politica 16
¾ Sulla partecipazione politica. Questo è un altro effetto da non trascurare, visto che
sotto l’etichetta così generale di “partecipazione politica” si possono menzionare
varie attività; quella sicuramente più importante è senza dubbio il voto. Fra le
forme di partecipazione che possono maggiormente subire l’influenza della
comunicazione politica possiamo citare: il mantenersi informati attraverso i mass
media (e altri canali più informali) sul funzionamento del sistema politico e sulla
politica in generale; discutere con frequenza di politica (con amici, parenti,
conoscenti, colleghi); fare opera di proselitismo politico; esercitare il proprio
diritto-dovere di voto; iscriversi a partiti o a movimenti politici in genere; svolgere
attività in movimenti politici e partiti; assistere (o partecipare più direttamente) a
manifestazioni a carattere politico; utilizzare parte del proprio tempo (o tutto) per
opere di volantinaggio, raccolta fondi, sostengo ai candidati nel corso delle
campagne elettorali; contattare organi di governo o personale politico per
sensibilizzarli verso determinati problemi. In questo senso risulta chiaro come il
ruolo dei media sia centrale per amplificare certi eventi, per sensibilizzare
l’opinione pubblica, ma anche per fare pressioni (più o meno intense e palesi) sui
politici affinché affrontino certe problematiche. I mezzi di comunicazione
(soprattutto la televisione) sono soliti dar peso ad alcuni eventi, a fatti, a persone e
situazioni che non possono non avere un peso, soprattutto se l’emittente che fa
queste operazioni gode di un credito ed è importante. Quando, ad esempio, la
CNN, o la BBC, emittenti molto rilevanti ed autorevoli, mostrano immagini di
guerra, o fanno vedere le disperate condizioni delle popolazioni dei Paesi colpite
dalle guerre (si pensi, ad esempio, all’Afghanistan, al Darfur, all’Africa, all’Iraq,
ecc), queste immagini fanno il giro del Mondo e non possono non colpire
sensibilizzare i telespettatori (e di riflesso, spesso anche i politici). Inoltre, accanto
a questi media più tradizionali, negli ultimi anni si sono sviluppati i cosiddetti new
media (soprattutto Internet), che hanno reso possibili nuove ed inedite forme di
comunicazione e di partecipazione. Ora molte occasioni di partecipazione politica
(soprattutto non convenzionali, come il blocco del traffico, l’occupazione di
edifici, il boicottaggio, i girotondi, i danneggiamenti e le manifestazioni di
proteste) vengono organizzate, preparate e strutturate tramite il web.