Negli ultimi mesi di campagna elettorale, Silvio Berlusconi è quasi riuscito
a controbilanciare sul terreno dei comportamenti elettorali individuali gli effetti
del clima di opinione sfavorevole e delle molteplici mobilitazioni sociali che
avevano contestato la sua politica, grazie alla sua capacità di rimanere
costantemente al centro di tutte le vicende della politica-spettacolo, con
interventi ed iniziative anche non previste, spesso al limite della provocazione.
Al suo successo hanno anche contribuito la capacità di mobilitare la propria
base tradizionale, una campagna elettorale efficace, e il fatto che i voti sono
una cosa diversa dalle intenzioni di voto. Già, perché i sondaggi hanno
registrato per tutta la campagna elettorale un netto vantaggio del centrosinistra,
anche di diversi punti percentuali. Dalle urne insomma, sono usciti due semi-
vincitori, Prodi e Berlusconi, e uno sconfitto: il sondaggio pre-elettorale.
Nemmeno gli exit-poll sono riusciti a scalfire l’aspettativa di una netta
vittoria del centrosinistra.
3
Come è stato possibile questo, se pochi mesi prima
delle elezioni, si può dire che ci fosse un solo italiano che continuava a sognare
un miracolo del centrodestra, e questa persona era proprio Silvio Berlusconi
4
?
Si è parlato per il centrodestra di “elezioni perse, campagna vinta”. E’ stata
inoltre l’offerta elettorale a mostrarsi decisiva per la vittoria finale. La nuova
legge elettorale voluta dal centrodestra infatti, ponendo in primo piano la
necessità di allargare le coalizioni affinché esse potessero estendere la propria
influenza sulla massima quota di elettorato possibile, ha consentito la
consacrazione di un sistema bipolare, in cui sono state le liste minori a
determinare la vittoria dell’Unione, almeno alla Camera.
Obiettivo di questo lavoro è illustrare quali siano state le strategie
comunicative di Forza Italia e del suo leader, Silvio Berlusconi, anche
inserendole nella cornice più ampia della coalizione di centrodestra, e fornire
elementi utili ad una riflessione che permetta di valutarne il senso complessivo
e l’incidenza sull’elettorato.
La prima parte del lavoro è dedicata ad una analisi di contesto. Nel capitolo
1 si analizzano brevemente gli ultimi mesi del governo Berlusconi, il calo di
3
Testa, S., Campana, P e L. Ricolfi, Effetto W. Il mestiere di pollster quando esiste un vincitore
annunciato, in “Polena”, 2,2006, pp. 37-51
4
Velardi, C. L’anno che doveva cambiare l’Italia, Mondadori, Milano, 2006
5
popolarità della coalizione di centrodestra e in particolare del suo leader. Il
capitolo 2 è dedicato alla nuova legge elettorale (legge 270/2005), con un
accenno anche alla legge Tremaglia, che disciplina il voto degli italiani
all’esterno, determinante alle elezioni del 9 e 10 aprile 2006. Si cerca poi di
descrivere come è cambiata l’offerta elettorale con la nuova legge, e come le
due coalizioni hanno reagito al passaggio ad un proporzionale con premio di
maggioranza.
La seconda parte è dedicata alla campagna elettorale vera e propria di
Forza Italia. Nel capitolo 3 viene analizzato il ruolo del “Motore Azzurro” e dei
coordinatori regionali, l’ “Operazione Verità” e le diverse campagne messe in
piedi dal partito tra il mese di gennaio e il mese di aprile. Si passa poi, nel
capitolo 4, a descrivere la “seconda discesa in campo” di Silvio Berlusconi, la
sua “invasione mediatica”, con particolare riferimento agli episodi più
significativi come l’intervento al convegno di Confindustria e la partecipazione
(interrotta) alla trasmissione di Lucia Annunziata. Si parla poi anche della
“guerra dei sondaggi” intrapresa dal Cavaliere contro la coalizione avversaria e
contro i principali istituti demoscopici italiani. In ultimo, il capitolo 6 analizza i
due dibattiti televisivi tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi.
Metodologia
Le informazioni inserite all’interno di questa ricerca sono state tratte dalla
consultazione di diversi contributi sulle elezioni 2006 e dei maggiori quotidiani
nazionali
5
, da un’analisi dei siti internet di riferimento
6
e da mie interviste
rivolte ad alcuni esponenti di Forza Italia, in particolare:
ξ Dott. Piero Tatafiore: responsabile nazionale del “Circolo” di Marcello
dell’Utri, in campagna elettorale si è occupato attivamente del “Motore
Azzurro” (intervista del 7/5/2006).
5
Si è fatto soprattutto riferimento a: “Il Giornale”, “Corriere della Sera”, “Repubblica” e “La
Stampa”, ma sono stati presi in considerazione anche alcuni articoli tratti da “Il
Messaggero”, “Il Tempo”, “Il Riformista”, “Panorama”, “Il Sole 24 Ore”.
6
Cfr. bibliografia – siti internet consultati
6
ξ Dott. Gianmarco Landi: coordinatore regionale dei “Circoli” per
l’Emilia- Romagna, ha seguito personalmente la campagna di Massimo
Palmizio, candidato di Forza Italia alla Camera dei Deputati (intervista
del 14/6/2006)
ξ Avv. Lorenzo Tomassini: Consigliere Comunale di Forza Italia al
Comune di Bologna, Vice Coordinatore Cittadino di Forza Italia e
presidente del “Circolo Bologna centro”, ha seguito personalmente la
campagna elettorale di Fabio Garagnani, candidato (poi eletto) di Forza
Italia alla Camera dei Deputati (intervista del 15/6/2006).
ξ On. Fabio Garagnani: oggi deputato di Forza Italia e componente della
VII Commissione Cultura (intervista del 21/6/2006).
ξ On. Isabella Bertolini: oggi deputato di Forza Italia, Vice Presidente del
Gruppo parlamentare di Forza Italia, componente della I Commissione
Affari Costituzionali, vicepresidente del “Comitato Schengen”, durante
la campagna elettorale era coordinatore regionale per l’Emilia-
Romagna.
7
Capitolo I
VERSO LA CAMPAGNA ELETTORALE: STORIA E DECLINO DEL
SECONDO GOVERNO BERLUSCONI
1.1 Il secondo governo Berlusconi
Sin dalla sua prima “discesa in campo”, nel 1994, Silvio Berlusconi si è
sempre presentato come un trionfatore annunciato, cavalcando l’onda dei
media e dei sondaggi. Ha occupato gli spazi mediali e mentali dei cittadini,
incitandoli ad affidarsi a lui, che nella vita aveva vinto fino a quel momento
tutte le sfide che gli si erano presentate: il Milan, Milano 2, Mediaset. Ha
prevalso così nel 1994, ed è risorto nel 2001, quando nessuno avrebbe più
scommesso su di lui. Ha iniziato ad utilizzare i sondaggi come mezzo per
creare, da numeri inanimati, soggetti vivi, maggioranze forse esistenti nel paese
ma sicuramente presenti nelle dinamiche decisionali e consensuali del sistema
politico e mediatico
7
.
Dopo la grande vittoria del 2001 ha però sbagliato, ritenendo
probabilmente che la sua immagine fosse scolpita una volta e per sempre nella
testa dei cittadini. Dopo l’11 settembre del 2001, ha continuato a dipingere un
quadro idilliaco della situazione italiana, raffigurando un paese in crescita,
immune dal terrorismo e dalle paure e insicurezze che esso aveva generato in
tutto l’Occidente. Con ottimismo, in una telefonata alla trasmissione di Bruno
Vespa “Porta a Porta” sostenne che “come la storia insegna dopo ogni crisi c’è
sempre un rimbalzo”, e fu necessario aspettare alcuni mesi prima che il
Cavaliere ammettesse che l’11 settembre, unito all’introduzione dell’euro
aveva creato danni all’economia internazionale e italiana. Tutta la legislatura è
stata densa di rassicurazioni sull’economia italiana e le condizioni del paese,
che a suo dire non erano assolutamente negative, e di cui comunque attribuiva
la colpa all’euro e al debito ereditato dal centrosinistra.
7
Velardi, C., L’anno che doveva cambiare l’Italia, Mondadori, Milano, 2006
8
Un altro errore del leader della Cdl è stata l’agenda imposta al Parlamento
dal giorno dopo la vittoria elettorale. La riforma del falso in bilancio, la legge
Cirami, la legge Gasparri e molte altre sono state percepite da parte
dell’opinione pubblica come leggi ad personam, volte ad avvantaggiarlo e a
risolvere i suoi guai giudiziari. Le riforme, quelle importanti, fanno parte
dell’agenda dimenticata, sono passate in sordina, nonostante fra esse vi siano
molti provvedimenti fondamentali. Si è verificato “anche qui, un altro
paradosso, il Governo rappresentato da Berlusconi, che oltre ad essere stato
Presidente del Consiglio dei Ministri, era anche punto di riferimento di uno dei
maggiori poli dell’informazione, è stato un governo che ha comunicato male;
tra i principali appunti che si possono fare a questo Governo è appunto il fatto
di non essere stato capace di comunicare”
8
.
Nel 2004 il malcontento degli italiani era già intenso e i segnali erano tanti:
le bandiere arcobaleno contro la guerra in Iraq, le manifestazioni contro la
riforma della scuola e della giustizia, gli scioperi dei medici e dei dipendenti
Alitalia. Tutto ciò si è svolto in un contesto altrettanto difficile: era scoppiato lo
scandalo Parmalat, e in Iraq, dopo i sequestri di Salvatore Stefio, Fabrizio
Quattrocchi (ucciso poco dopo il sequestro), Umberto Cupertino, Maurizio
Agliana ed Enzo Baldoni (anch’egli assassinato), sono state rapite Simona Pari
e Simona Torretta.
Già nel 2002 le amministrative avevano penalizzato il centrodestra, nel
maggio 2003 il centrosinistra strappa alla Casa delle Libertà la provincia di
Roma, vince le Regionali in Friuli e ottiene un discreto risultato in Sicilia.
Nel 2004 per il centrodestra è un disastro: le provinciali sono vinte dal
centrosinistra con 52 contro 11. Alle europee viene scongiurato il sorpasso, ma
Forza Italia perde diversi punti percentuali, scendendo al 21% dei consensi.
Il 5 aprile del 2005, alle elezioni regionali, il centrosinistra travolge la Casa
delle Libertà, aggiudicandosi dodici regioni su quattordici e dando il via al
calvario dell’ultimo anno di legislatura
9
.
8
Dalla mia intervista all’avv. Lorenzo Tomassini
9
Come ha sottolineato Natale, tuttavia, è importante tenere conto che i risultati delle
amministrative dipendevano in larga parte dall’atensionismo selettivo dell’elettorato italiano:
mentre gli elettori di centrosinistra si erano recati compatti a votare, quelli di centrodestra si
erano astenuti in maniera significativa, permettendo la conquista di regioni, comuni e province
9
E’ importante ricordare che in una dimensione di “campagna
permanente
10
”, che nel caso italiano ha trovato il suo habitat naturale, le varie
tornate amministrative, le elezioni regionali e quelle europee, come anche il
referendum, costituiscono una sorta di test sulla stabilità del governo e
l’orientamento dell’elettorato, nonché sui rapporti di forza tra e all’interno
delle coalizioni e l’andamento della propensione astensionista dell’elettorato
11
.
In questo contesto il controllo maggiore o minore che le forze politiche
possono esercitare sul clima di opinione costituisce una risorsa strategia e
decisiva per vincere una competizione
12
.
Alla fine di aprile del 2005, il Cavaliere è costretto alle dimissioni e alla
crisi di governo, che dà vita al terzo governo Berlusconi, un governo “fatto per
accontentare gli alleati, sempre più perplessi su Berlusconi e pervasi da
sentimenti indipendentisti verso il loro ‘ex monarca’ (la definizione è di
Follini)”
13
.
Paradossalmente infatti, la capacità che Berlusconi aveva sempre mostrato,
soprattutto in campagna elettorale, di accentrare l’attenzione sul fattore
leadership, in tempo di governo non ha funzionato a dovere. Il Cavaliere infatti
non è riuscito a mantenere nel corso della legislatura i rapporti di forza iniziali,
da parte della coalizione avversaria. Era quindi probabile che si sarebbero recati alle urne per
le elezioni maggior peso come le politiche del 2006, galvanizzati ed esaltati anche dalla nuova
discesa in campo del loro leader. (cfr. Natale, P., Opinione pubblica e sondaggi: cronaca di un
pareggio (mai) annunciato, in “Comunicazione Politica”, VII, 2, pp. 359-368)
10
J. Blumer individua tre fasi nell’evoluzione delle competizioni per la gestione della cosa
pubblica: campagne elettorali pre-moderne, moderne e post moderne, o permanenti. La
campagna elettorale pre-moderna nasce negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, e arriva in
Italia negli anni’70. E’ una campagna povera, gestita dai grandi partiti di massa. La
competizione è breve e caratterizzata soprattutto da comizi, volantinaggi e dialogo diretto tra
partiti ed elettori. La campagna moderna nasce con il Pentapartito: i tempi di svolgimento della
campagna si allungano ed iniziano ad essere coinvolti i primi consulenti. I mezzi di
informazione, in particolare la televisione, diventano sempre più importanti e si inizia a
parlare di media campaign. L’era della campagna post-moderna, o permanente, ha una data e
un’ora di inizio: la diffusione tramite i telegiornali della “discesa in campo” di Silvio
Berlusconi. Da quel momento il dibattito politico si sposta sul mezzo televisivo. Sempre più
leader e partiti si appellano ai sondaggi e ricorrono al marketing politico elettorale. La prima
campagna elettorale post-moderna è quella del 1994, in cui l’arena politica è totalmente
mediatizzata, e in cui la “televisività” diventa uno dei criteri fondamentali per la selezione
della classe dirigente. (Fonte: Bendicenti, D., La campagna elettorale permanente, in “Il
Mulino, 1, 2006, pp. 56-63)
11
Bendicenti, D., La televisione e la campagna elettorale permanente, in “Il Mulino”, 1, 2006,
pp. 56-63
12
Mazzotti, M.,“Chi vince e chi perde”. Un modo per influenzare il clima di opinione, in
“Comunicazione Politica”, VII, 2, pp. 311-328
13
Velardi, C., L’anno che doveva cambiare l’Italia, Mondadori, Milano, 2006, p. 22
10
ed è stato costretto ad una continua opera di mediazione e di negoziazione con i
suoi alleati. Il licenziamento di Giulio Tremonti nell’estate 2004, ad esempio,
non è stato percepito solamente come un sacrificio fatto da Berlusconi ai suoi
alleati per garantire la sopravvivenza del governo, ma anche come una
ammissione di debolezza della leadership.
Il Cavaliere è rimasto però in prima fila a rispondere all’opinione pubblica
delle performance del suo governo, che i cittadini tendono ad interpretare come
riconducibili più all’operato del presidente del Consiglio che non come
risultato di una scelta collegiale dei diversi partiti di una coalizione. La
responsabilità del mancato rispetto di parte del “Contratto con gli italiani” (in
realtà solamente un punto non è stato completamente rispettato) è stata sempre
attribuita a Berlusconi, a colui che si era sempre impegnato in prima persona
per rispettarlo
14
.
Alla fine del 2005 il centrodestra dava la percezione di essere uno
schieramento in affanno, con una grande paura della sconfitta, e il clima di
opinione prevalente rifletteva questa percezione.
Come si è già sostenuto, anche l’Italia si trova in una situazione di
“campagna elettorale permanente”, in cui non ci sono pause e tregue tra i
diversi competitori politici, nemmeno tra una consultazione elettorale e l’altra.
Ogni evento costituisce un’occasione per rilanciare la sfida davanti
all’opinione pubblica, drammatizzando tutte le problematiche e i temi come se
fosse sempre imminente un’altra verifica del consenso attraverso il voto
15
. Il
clima d’opinione, e le conseguenti capacità delle forze politiche di controllarlo
e di influenzarlo, assumono quindi fondamentale importanza. L’obiettivo dei
diversi attori politici è costruire un clima di opinione favorevole, utilizzando,
come ha sostenuto Giorgio Grossi
16
, un paradigma del climate –setting, cioè
cercando di “individuare le strategie simboliche attraverso le quali si arriva a
14
Campus, D., L’antipolitica al governo, Bologna, Il Mulino, 2006
15
Mazzotti, M., “Chi vince e chi perde”. Un modo per influenzare il clima d’opinione, in
“Comunicazione Politica”, VII, 2, pp. 311-328
16
Grossi, G., Campagne elettorali del terzo tipo: il ruolo del clima d’opinione, Venezia, VII
Convegno Internazionale S.I.S.E., “Le campagne elettorali”, 18-20 dicembre 2003,
disponibile sul sito http://www.studielettorali.it/convegni/paper/Grossi.pdf
11
sedimentare un certo clima d’opinione favorevole a certe issue, a certi attori, a
certi valori, a certi schieramenti”.
Si rende necessaria a questo punto una breve introduzione al concetto di
clima di opinione. Il nome a cui maggiormente si associa questo concetto è
quello di una sociologa tedesca, Elizabeth Noelle – Neumann. In “La spirale
del silenzio”, ha sostenuto che, mentre le persone osservano il mondo
circostante, riescono a percepire ciò che pensa la maggior parte della gente,
quali posizioni assumono maggior peso, quali sono le tendenze in atto. Ciò
grazie all’esistenza di un “clima di opinione duale”: esiste un “microclima”,
cioè un clima d’opinione che le persone percepiscono direttamente, dalle
interazioni nella vita quotidiana, ma anche un “macroclima”, un clima
d’opinione mediale che i mass media presentano come prevalente
17
.
Il clima di opinione può essere quindi definito, seguendo l’impostazione di
Grossi
18
, come l’orientamento cognitivo prevalente all’interno della sfera
pubblica in un determinato momento, e riguarda soprattutto le preferenze e gli
orientamenti politici. Se quindi dai mezzi di comunicazione di massa emerge
una immagine positiva e vincente di un particolare attore politico, è possibile
che questa percezione influenzi anche i risultati delle urne. Come ha
sottolineato Mazzoni
19
infatti, per molti individui che sono abituati alla
mediazione dei mezzi di comunicazione di massa, la vittoria scontata di uno
schieramento può diventare un importante criterio di decisione. L’elettore negli
ultimi anni è diventato pigro, si interessa poco alla politica e si avvale di
scorciatoie informative. Non a caso, la categoria degli elettori incerti risulta
sempre più numerosa.
Di conseguenza vincerà le elezioni chi riuscirà a focalizzare su se stesso la
campagna elettorale, creando una percezione vincente.
Il clima di opinione incrementa la mobilitazione, l’efficienza e la forza
della macchina organizzativa delle coalizioni e dei candidati. Si è visto anche
in occasione delle primarie del centrosinistra, che si sono svolte il 14 ottobre
17
Per un approfondimento: Noelle – Neumann, E., La spirale del silenzio, Roma, Meltemi,
2002
18
Grossi, G., L’opinione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 2004
19
Mazzoni, M., “Chi vince e chi perde”. Un modo per influenzare il clima d’opinione, in
“Comunicazione Politica”, VII, 2, pp. 311-328
12
2005. Quattro milioni di persone si sono recate a votare e hanno versato una
quota probabilmente anche perché influenzati dalla percezione di una probabile
vittoria dell’Unione alle elezioni politiche di aprile.
In conclusione, si può sostenere che il clima di opinione percepito e
costruito è sempre più connesso con il comportamento elettorale, soprattutto
perché la crisi del sistema politico e del rapporto tra partiti, elettori e candidati,
ha fortemente indebolito i riferimenti tradizionali che prima guidavano
l’elettore nella sua scelta di voto.
Se applichiamo il concetto di “clima di opinione” alla campagna elettorale
del 2006, si può chiaramente osservare come in effetti negli ultimi mesi del
2005 e all’inizio del 2006, esso fosse chiaramente a favore del centrosinistra.
Le vittorie ottenute alle elezioni intermedie del 2004 e del 2005 avevano
diffuso tra gli elettori un’immagine vincente dell’Unione e un’immagine
perdente della “Casa delle Libertà”, che portava buona parte degli elettori a
pensare ad una sua probabile sconfitta alle elezioni politiche. I media
consolidavano queste percezioni: come è emerso da una ricerca effettuata da
Mazzotti
20
, davano maggiore risalto alle sconfitte della Casa delle Libertà
piuttosto che alle vittorie della coalizione guidata da Romano Prodi. Ed è
abbastanza probabile che la ripetuta immagine perdente del governo prodotta
dai media abbia contribuito a sedimentare giudizi negativi nell’elettorato.
Il clima di opinione mediale è però instabile, basta una serie di
avvenimenti per modificarne la direzione. E’ importante tenere conto che il
centrodestra, e Berlusconi in particolare, è stato sempre abile ad imporre ai
mass media argomenti favorevoli, come la vittoria di Bush negli Stati Uniti o
l’abbassamento della pressione fiscale, e il Cavaliere attrae più di chiunque
altro su di sé l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa.
Un esempio che riporta Mazzotti è il risultato delle elezioni amministrative
di Catania, che si sono svolte il 15 maggio 2005, dopo che Silvio Berlusconi
era stato costretto dalla pressione degli alleati a varare un nuovo governo. Il
Cavaliere ha capito che Catania sarebbe potuta essere un punto di svolta,
l’ultima opportunità per il centrodestra di interrompere il trend negativo e di
20
Ibidem.
13
tentare di modificare almeno in parte il clima di opinione. Di conseguenza le
elezioni amministrative della città siciliana furono caricate al massimo di
significato politico e diventarono oggetto di una incredibile concentrazione
mediatica; Berlusconi scese in campo personalmente, con il risultato di
trasformare la semplice elezione di un sindaco in una competizione nazionale.
Queste elezioni sono diventate un evento mediale, e hanno avuto effetti sulle
percezioni degli elettori, anche perché sono state presentate ai cittadini come
un evento decisivo. E’ comunque chiaro che, anche alla fine del 2005, il clima
di opinione era sempre nettamente a favore dell’Unione, come si vedrà anche
nel corso di questo lavoro.
1.2 Il ciclo della popolarità di governo
Il concetto di ciclo (della popolarità) di governo è stato introdotto con
l’avvento del bipolarismo, e identifica la centralità e la visibilità del governo
che, in una campagna elettorale permanente si trova costantemente sottoposto
ad un processo di valutazione da parte dei mass media e dell’opinione
pubblica, dal cui consenso dipende direttamente
21
. Prima del 1994, quando non
si realizzavano vere alternanze di governo, la forza e la legittimità degli
esecutivi derivavano dalla autorevolezza e dalla forza elettorale dei partiti,
mentre oggi sono i partiti che traggono autorevolezza, consenso e legittimità
dalla loro azione all’interno del governo. Il ciclo di governo è definito dalla
popolarità dell’esecutivo.
Un’analisi della popolarità del governo, oltre ad essere utile per alimentare
un dibattito sulle diverse politiche e contribuire alla creazione di un clima di
opinione, è sempre più importante perché negli ultimi anni sono cambiate le
ragioni che muovono gli elettori ad esprimere un voto, con un crescente valore
della percezione dell’operato del governo come co-determinante delle
preferenze politiche. Il modo in cui i cittadini percepiscono l’operato dei
governi è diventato quindi sempre più rilevante per le conseguenze elettorali.
21
Questo paragrafo e il seguente si basano sull’analisi di Paolo Bellucci, All’origine della
popolarità del governo in Italia, 1994-2006, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 3,
2006, pp. 479-503
14
Una chiara responsabilità di governo permette all’elettore di giudicare,
premiando con il voto i partiti che hanno ben governato o votando per
l’opposizione in caso contrario. Ciò non vuol dire che le elezioni si siano
trasformate in un referendum pro o contro il governo uscente, anche perché alla
scelta degli elettori contribuiscono molti altri fattori, a partire dalle preesistenti
lealtà partitiche
22
.
Ci sono state, nelle democrazie contemporanee, diverse trasformazioni dal
punto di vista del comportamento politico degli elettori: un aumento
dell’astensionismo, l’attenuazione dei legami con i partiti, l’emergere dell’issue
voting, l’importanza crescente della leadership e dei candidati, l’eterogeneità
dell’elettorato e la sua crescente individualizzazione nei processi decisionali
che lo orientano.
In questo contesto appare sempre più chiaro come il classico modello
esplicativo delle scelte di voto basato su fattori di lungo periodo come
l’identificazione di partito e la collocazione sociale dell’elettore, si sia ormai,
almeno in alcuni casi, eroso, mentre appaiono sempre più rilevanti fattori di
medio-breve periodo come appunto la valutazione del rendimento di governo, i
leader, le coalizioni e l’impatto della campagna elettorale.
Anche i paradigmi interpretativi del comportamento elettorale sono
cambiati: da un modello socio-psicologico, basato sull’appartenenza di gruppo,
di partito, territoriale, si è passati al modello della razionalità individuale fino
ad arrivare a quello “dell’elettore che ragiona”, definito anche come modello
della valence politics.
Questo modello ha due caratteristiche principali: la presenza di
atteggiamenti o predisposizioni politiche negli elettori, operazionalizzati come
“profilo di preferenza di partito” (party-preference profile), ed una interazione
fra questo profilo e il nuovo contesto definito dalla elezione nel quale l’elettore
adatta e aggiorna, confermando o cambiando, le sue predisposizioni, grazie a
diversi schemi cognitivi che filtrano il contesto politico delle elezioni (le
condizioni economiche, il rendimento del governo, l’immagine dei leader, i
temi salienti della campagna elettorale). Quindi le valutazioni e le percezioni
22
Bellucci, P. e V. Memoli, “Insuccessi del governo, paura delle tasse”, in ITANES, Dov’è la
vittoria, Il Mulino, Bologna, 2006
15
da parte dei cittadini dell’operato del governo diventano rilevanti, in quanto in
grado di rafforzare o attenuare le loro preesistenti lealtà partitiche e di
conseguenza di orientare il voto.
Lo studio della popolarità del governo si è sviluppato soprattutto con
finalità previsionali del risultato elettorale, sulla base di dati disponibili con
largo anticipo rispetto ai sondaggi pre-elettorali. Come ricorda Bellucci, i primi
contributi hanno utilizzato un modello esplicativo basato sull’ipotesi della
“responsabilità” di governo: gli elettori votano seguendo una logica di tipo
premio-punizione; il governo uscente è ritenuto responsabile delle condizioni
complessive del paese, e su questa base viene premiato o sanzionato dagli
elettori.
Le funzioni di voto (analisi di serie storiche dei risultati elettorali) e di
popolarità (le serie storiche del gradimento dell’esecutivo o del premier rilevati
in inchieste d’opinione ripetute), facevano dipendere l’andamento del voto o
della popolarità da una serie di indicatori oggettivi dell’economia, come il
tasso di inflazione e di disoccupazione; questo modello è stato poi integrato
con ipotesi complementari, come ad esempio l’orizzonte temporale
dell’elettore, o l’importanza di shock economici inattesi. Ancora, sono stati
successivamente aggiunti fattori di tipo istituzionale, come l’impatto di eventi
politici ed internazionali, i leader, il tipo di elezione.
Questi modelli misti politico-economici delle funzioni di voto e di
popolarità dell’esecutivo sono ormai consolidati, anche se in Italia sono stati
accolti con difficoltà e diffidenza
23
. Durante la Prima Repubblica l’operato del
governo non aveva dirette conseguenze elettorali, ma già la legge elettorale
approvata nel 1993 ha costretto i diversi partiti, vecchi e nuovi, a costruire
alleanze pre-elettorali, permettendo alternanze di governo e dando massima
visibilità ai leader e al governo stesso, dando quindi agli elettori la percezione
di essere in qualche modo arbitri della politica.
23
C’è un unico contributo sulle funzioni di popolarità, ad opera di un economista; cfr. Santagata,
W., The demand side of Politico-Economy Models and Politicians’ Belief: the Italian Case, in
“European Journal of Political Research”, 13, 2, 1985, pp. 121-134 e Santagata, W., Economia,
elezioni, interessi. Una analisi dei cicli economici elettorali in Italia, Bologna, Il Mulino, 1995
16
1.3 Il calo di popolarità del governo Berlusconi
Gli istituti Ispo ed Ipsos hanno condotto diverse rilevazioni periodiche su
un campione di italiani, proprio per valutare la “popolarità di governo”
24
.
fonte: “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 3/2006, p. 486
Osservando la tabella appare evidente come il livello più basso tra tutti i
governi post 1994 sia stato raggiunto proprio dagli ultimi due governi di Silvio
Berlusconi (28,7 e 25,2), anche se il valore medio è approssimativo, visto che
nel corso del mandato la popolarità di governo subisce diverse variazioni.
24
Nelle rilevazioni dell’Ispo la “popolarità di governo” è definita come la percentuale di
intervistati che risponde “molto positivamente” e “abbastanza positivamente” alla domanda
“Come valuta l’operato complessivo del governo fino a questo momento?”, sottoposta agli
intervistati mensilmente dal settembre 1994 al febbraio 2005. L’Ipsos ha posto agli intervistati
una domanda diversa, invitandoli a formulare un giudizio da 1 a 10 sull’operato del governo, a
partire dal luglio 2001. La “popolarità di governo” è quindi qui definita come la percentuale di
intervistati che da al governo un voto positivo, compreso tra 1 e 10. I dati qui presentati sono
tratti dal saggio di P. Bellucci, All’origine della popolarità del governo in Italia, 1994-2006,
pubblicato nel n. 3 del 2006 della “Rivista Italiana di Scienza Politica”, e sono stati prodotti
utilizzando un coefficiente di raccordo tra le serie, sulla base della comparazione tra le due
distribuzioni di dati, che ha portato ad un’unica serie temporale omogenea che si estende dal
settembre 1994 all’aprile 2006. Ovviamente i dati per noi più rilevanti sono quelli che vanno
dal 2001 al 2006.
17