3
svilupparono al punto tale da consentirgli di sostenere investimenti
patrimoniali, sia pure di modesta entità, Cornfeld fondò l’Ios.
Nel corso degli anni i venditori erano cresciuti di numero in
maniera esponenziale, e si distribuirono in tutti i paesi, tranne negli
Stati Uniti, dove la Sec (Securities Exchange Commission) vietò a
Cornfeld di operare. Gran parte del denaro raccolto dall’Ios era
acquisito attraverso canali non autorizzati e illegali. Si trattava cioè
di ottenere in gestione il denaro di clienti che non potevano
liberamente disporne per il trasferimento all’estero o per ragioni
valutarie o, più semplicemente, perché non sarebbero stati in grado
di dimostrare al fisco la provenienza del denaro. Nel 1970 l’Ios
amministrava qualcosa come 2,5 miliardi di dollari.
2
In Italia (1968) attraverso Fideuram distribuiva Fonditalia
3
, la
cui banca depositaria era la Banque Rothschild di Parigi, mentre l’
Imi era la banca incaricata delle sottoscrizioni e depositaria del
contante in Italia, che in seguito alla crisi dell’Ios (1970) rilevò il
51% di Fideuram, che da organizzazione commerciale di una
finanziaria multinazionale divenne parte di un gruppo istituzionale
italiano. Il primo prodotto creato per il mercato italiano era
Fonditalia, costituito nel 1967 le cui quote furono collocate nel
2
Op. cit., pag.15.
3
Fondo di diritto lussemburghese.
4
nostro paese all’inizio dell’anno successivo. Gli opuscoli
pubblicitari rappresentavano in parte un riassunto del regolamento
del fondo ed in parte pura pubblicità; spiegavano cosa fosse un
fondo e dei vantaggi che portava al singolo risparmiatore,
evidenziando un rendimento annuo relativo ad anni nei quali il
fondo non era ancora stato costituito.
4
Sicuramente era un prodotto innovativo, perché fino a quel
momento il singolo risparmiatore non poteva, se non con elevate
somme, intervenire individualmente sui mercati finanziari, ma
lasciava qualche dubbio sulla legalità e sulla trasparenza.
In quegli stessi anni iniziarono ad operare altre società: Gedeco-
Europrogramme, Dival del gruppo Ras, che vendeva
principalmente fondi nonostante la matrice assicurativa, Saifi del
gruppo Sai-Fiat che si occupava di collocare Capital Italia.
5
Attualmente Dival ancora esiste, mentre la Gedeco società
distributrice di quote del fondo immobiliare Europrogramme, va in
liquidazione volontaria nel 1984, in quanto non riuscì a rimborsare
le quote del fondo. Stessa sorte ebbe Eurogest, che nacque come
evoluzione della Saifi, società di distribuzione di servizi finanziari
che era controllata dalla Sai e dall’Ifi.
4
Op. cit. pag 20.
5
Op. cit. pag27.
5
Nella maggior parte di queste vicende, la costante era che i soldi
raccolti dai risparmiatori venivano investiti in operazioni
immobiliari di difficile liquidabilità e, in alcuni casi gli immobili
stessi non esistevano che sulla carta: il denaro a volte era raccolto
prima che fosse impiantato il cantiere.
6
La legge n.77 del 23 marzo 1983, istituì i fondi comuni di
investimento, da quel momento in poi ci fu una crescita inaspettata
sulla Borsa, sull’intero sistema finanziario e bancario italiano e sul
mondo delle reti in particolare. All’inizio del 1983 i consulenti
finanziari erano 3-4000, tra cui molti di essi part-time. Un anno
dopo, il loro numero era quasi raddoppiato e alla fine del 1987 i
promotori in attività avevano superato abbondantemente il numero
13.000 per arrivare, in un crescendo più moderato ma continuo,
alle 16.500 unità del 31 dicembre 1991, data dopo la quale
l’obbligo d’iscrizione all’albo dei promotori previsto dalla legge
sulle Sim, fece scendere il numero a circa 14.000.
In quegli anni si aggiunsero alle reti storiche (Fideuram, Dival,
Programma Italia, Mediofin, e Servizi Finanziari Eurogest) nuove
6
Op.cit. pag. 46.
6
importanti realtà, quali: Prime, Interbancaria, San Paolo Invest,
Genercomit distribuzione, Finanza e Futuro, ecc..
7
In quel periodo ci fu dunque un’operatività forsennata. Ma
alcune società erano nate per durare solo qualche stagione, le loro
dimensioni e il loro impatto sul mercato erano state talmente
contenute che sovente anche gli operatori più esperti del settore
non sapevano esattamente di che cosa queste società si
occupavano, altre continuano ancora oggi nella loro attività.
7
Op. cit. pagg. 56,57.
7
1.2 Dalla fase pionieristica alla nascita della figura
di promotore finanziario.
Il promotore finanziario non è una figura nata recentemente;
adottata in Italia più di 30 anni fa da paesi con un mercato
finanziario più evoluto, ha avuto un significativo sviluppo in linea
con le mutate esigenze del mercato.
L’attività, dei consulenti finanziari, inizialmente consisteva
nella collocazione dei fondi Ios quotati in dollari, il cui atto
d’acquisto doveva essere stipulato dinanzi ad un notaio.
Tali consulenti erano dei venditori puri che utilizzavano
soprattutto la tecnica del door to door selling, che poco badavano
alla scarsa professionalità, e che per contro erano gratificati dagli
elevati guadagni derivanti dalle provvigioni.
8
In genere nessuno
possedeva un ufficio, le riunioni avvenivano sempre in alberghi
cosi come le selezioni per i potenziali nuovi consulenti ai quali
venivano mostrati guadagni futuri molto elevati, cifre che ancora
oggi sono di tutto rispetto. L’attuale corso di formazione che allora
veniva chiamato training class, era a spese del neo-consulente. In
tale corso gli venivano spiegate sostanzialmente tre cose:
8
Le Divelec G., Consulenza e dintorni, in Pf news del 23-11-1996.
8
• Che cosa era l’Ios;
• Che cosa era un fondo comune;
• Come si faceva a vendere un fondo comune.
I suggerimenti sulle tecniche di vendita erano ben diversi da
quelli raccolti nei sofisticati manuali attualmente in uso presso le
principali società, erano sostanzialmente delle indicazioni
strettamente necessarie per vendere. La definizione di che cosa era
l’Ios lascia capire la politica che adottava tale società e l’idea di
“onnipotenza” che voleva mostrare: “l’Ios è una potenza
invincibile che avrebbe dominato, finanziariamente parlando, il
mondo e che avrebbe portato giustizia capitalistica ovunque”.
9
A questa prima fase della professione, che può essere definita
preistorica, segue la cosiddetta fase pionieristica.
Nella fase pionieristica le tecniche di vendita venivano adattate
alla realtà italiana, le società cercavano di dare maggiore
professionalità al promotore finanziario, anche attraverso una
formazione che rispetto al passato era notevolmente migliorata. Le
società inquadravano il ”consulente finanziario” in quel
professionista, capace di dare le soluzioni finanziarie idonee ad
ogni individuo secondo le proprie esigenze, inoltre l’avevano
9
Op. Cit. Barbieri C, Policardi L. (a cura di), Le nuove professioni: il promotore finanziario, Il
sole 24 ore studi, 1993, pagg. 30, 31.
9
dotato di maggiori prodotti, quindi non solo fondi di diritto
lussemburghese, ma anche polizze e prodotti finanziari atipici.
10
Il consulente usciva sostanzialmente dall’idea di “onnipotenza”
che aveva avuto durante l’era dell’Ios.
La legge n. 1/91 introduceva rilevanti novità per la professione,
su tutte la nascita dell’albo e la denominazione di promotori
finanziari al posto di consulenti.
11
10
Op. cit. Le Divelec G., Consulenza e dintorni, in Pf news del 23-11-1996.
11
Per un maggiore approfondimento sulla legge n1/91 si fa rinvio al cap. 2 par. 2.2.
10
1.3 Operatività del promotore finanziario.
12
Il modus-operandi del promotore finanziario ha subito dei
miglioramenti nel corso di quest’ultimo decennio, sono state
affinate le tecniche di approccio con il cliente, è aumentata la
gamma di prodotti in distribuzione, questa in alcuni casi risulta
essere veramente completa: dai fondi comuni italiani ed esteri, alle
assicurazioni vita , ai servizi bancari di conto corrente, di
movimentazione e custodia titoli, alle operazioni con l’estero,
finendo con le gestioni patrimoniali in fondi e le gestioni
patrimoniali mobiliari. Inoltre oggi il promotore finanziario può
contare anche su supporti tecnologici avanzati come il personal
computer portatile che permette, nella maggior parte delle società,
di effettuare la raccolta degli ordini e l’invio dei contratti per via
telematica, o su servizi come il call-center che fornisce
informazioni sia al promotore che al cliente.
Ma il telefono rimane sempre lo strumento principe per la
ricerca dei nuovi clienti. Il primo contatto con il potenziale cliente
avviene attraverso una telefonata in cui il promotore chiede di
12
Questo paragrafo è stato scritto facendo riferimento al cd-rom ad uso interno di Banca
Fideuram.
11
fissare un appuntamento. La società fornisce dei veri e propri
insegnamenti su come effettuare la telefonata, con l’obiettivo di far
sì che il promotore possa riuscire a superare le obiezioni sollevate
dal potenziale cliente e quindi riuscire ad avere un elevato numero
di appuntamenti. E’ stato stimato che mediamente per quindici
telefonate si riescono ad avere sette appuntamenti. In genere è il
promotore che si reca presso il potenziale cliente, per evitare che lo
stesso non si presenti all’incontro presso l’ufficio del promotore,
facendo svanire la possibilità di farlo divenire proprio cliente. Lo
scopo del primo incontro è quello di far conoscere la società, di
conoscere personalmente il cliente e le sue esigenze finanziarie.
Sarà poi compito di un successivo incontro (chiamata visita di
ritorno) illustrare le soluzioni adeguate alle esigenze del cliente e
quindi cercare di “convincerlo” ad affidarsi a quella società e
soprattutto a quel promotore. Nel caso in cui, viene instaurato un
rapporto con il cliente, il promotore periodicamente effettuerà delle
visite c.d. di assistenza in cui vengono verificati i risultati raggiunti
e vengono eventualmente rilevati nuovi obiettivi da parte del
cliente. Il promotore una volta consolidato il rapporto con il cliente
cerca di avere nuovi nominativi da contattare.
12
L’attività del promotore finanziario non riguarda solo il
contatto con i clienti nuovi e vecchi, ma anche la formazione e
l’aggiornamento sia da parte della stessa società che per proprio
conto. Qualora tali attività fossero trascurate sia dal promotore, sia
dalla società, entrambi rischierebbero di rimanere indietro rispetto
al continuo evolversi del mercato finanziario e delle società
concorrenti, con il risultato negativo di una diminuzione della
raccolta. Infine il promotore svolge periodicamente delle riunioni
(almeno una volta a settimana), presso la propria agenzia di
appartenenza, che riguardano l’andamento del lavoro svolto, con
conseguenti confronti e commenti sulle soluzioni adottate nei
diversi rapporti conclusi con i clienti.
13
1.4 Il personal financial planning
Il personal financial planning è un metodo che consente una
pianificazione finanziario-assicurativa finalizzata al
raggiungimento di obiettivi specifici e predefiniti. Esso permette di
spostare l’approccio con il cliente da un’ottica di prodotto ad una
di servizio personalizzato. Il suo valore, rispetto al metodo
“tradizionale”, è contenuto nella pianificazione finanziaria,
assicurativa, previdenziale, personalizzata, che consente al
promotore finanziario di individuare e quantificare gli obiettivi che
il cliente si è prefissato raggiungere nel tempo. Inoltre si distingue
come metodo di lavoro, perché il promotore assume un ruolo
distintivo, e come strumento di relazione, perché consente di
stabilire un rapporto duraturo nel tempo tra cliente e promotore.
Operativamente si articola in tre fasi:
• Impostazione del rapporto e raccolta delle informazioni.
• Definizione del piano.
• Gestione del rapporto.
La raccolta delle informazioni avviene generalmente tramite un
questionario. Quest’ultimo permette di ottenere in modo completo
14
tutte le informazioni relative al cliente e di conoscere in modo
preciso i suoi obiettivi. Nel definire gli obiettivi il cliente lascia un
certo margine di flessibilità per quanto riguarda la data del
raggiungimento, o ad esempio la cifra da accumulare. Ciò consente
un più ampio raggio di manovre e soluzioni sia per l’elaborazione
del piano, sia per eventuali azioni correttive, senza così avere
l’assillo del raggiungimento ad una data precisa dell’obiettivo. Il
cliente deve anche stabilire la priorità dei diversi obiettivi,
permettendo così di effettuare un assett-allocation proprio in
funzione della scala definita dal cliente, quest’ultima, inoltre,
permette di individuare la propensione al rischio del cliente
misurata come il costo in termini di insoddisfazione del
raggiungimento in parte o di tutti gli obiettivi prefissati dal cliente.
Definiti gli obiettivi il cliente deve fornire informazioni sulle
risorse che intende destinare per il raggiungimento degli stessi, sia
in termini di capitale iniziale sia in termini di flussi. L’ultima fase
riguarda la verifica della coerenza dei dati per valutare se gli
obiettivi prefissati sono coerenti con le risorse finanziarie stabilite.
Tale verifica è effettuata dal personal computer del promotore,
strumento indispensabile per fornire tale servizio, insieme ad un
adeguato software, che calcola il tasso interno di rendimento (TIR)
15
in grado di eguagliare i flussi finanziari in entrata ed in uscita del
piano finanziario del cliente. Tale tasso poi viene confrontato con
un range di tassi previsti dagli analisti finanziari della società. Se il
tasso interno di rendimento calcolato ricade in tale range, allora il
piano può essere accettato, altrimenti dovranno essere rivisti gli
obiettivi con una diminuzione degli stessi, o un aumento delle
risorse.
Una volta che la coerenza è verificata viene elaborato il
portafoglio.
Il personal financial planning apporta notevoli vantaggi sia al
promotore che al cliente. Il promotore ne beneficia nel ruolo che va
a svolgere rivolto più verso la consulenza vera e propria che non la
vendita, inoltre può disporre di informazioni che in altro modo non
potrebbe avere. Il cliente riesce ad avere un piano finanziario
“unico” e personalizzato che consente di raggiungere obiettivi di
natura diversa.
Per contro il personal financial planning non può essere
applicato alla generalità dei clienti, ma solo a quelli con un certo
ammontare di capitale iniziale e di un certo ammontare di flussi
finanziari disponibili, in quanto la diversificazione non sarebbe
16
possibile ed inoltre presenterebbe dei costi troppo elevati rispetto
ad un semplice fondo comune d’investimento.