Università degli studi di Parma
2
Da quando l’automobile è divenuta uno dei prodotti più venduti in Italia come nel
mondo sono anche cominciati problemi gravissimi legati allo smaltimento delle
carcasse delle auto dismesse.
Figura 1: schema della filiera produttiva automobilistica
1
In tutta Italia, un po’ ovunque, sono sorti demolitori, il più delle volte abusivi in un
settore peraltro privo di regole precise che nel tempo hanno occupato discrete
estensioni di territorio sottoponendolo ad un elevato rischio ambientale.
Negli ultimi anni si è tentato di riordinare questo importante settore, imponendo delle
condizioni più restrittive alla realizzazione e gestione dei centri di demolizione. Le
nuove normative rappresentano il tentativo di evitare che le sostanze pericolose
contenute nei veicoli, quali oli, CFC, PCB, metalli pesanti e amianto venissero dispersi
nell’ambiente.
1
Studio di settore Apat 2002 e Istat “I rifiuti nel comparto automobilistico”
Università degli studi di Parma
3
Figura 2: terziarizzazione dei processi di fabbricazione dei componenti
In Provincia di Torino per esempio, questo processo ha portato alla chiusura o al
rinnovo di questi centri che sin d’ora, ma sempre di più in futuro avranno il compito
precipuo di bonificare i veicoli, recuperando e avviando allo smaltimento i materiali
pericolosi e al riuso o al riciclo quelle utili (vetri accessori, …), prima che le carcasse
vengano avviate agli impianti di frantumazione. In questi anni l’Amministrazione è
stata in grado di rendere operative delle misure che sicuramente avranno dei benefici
diretti sulla qualità ambientale.
Tuttavia, ad oggi, il problema che rimane insoluto è la gestione degli impianti di
frantumazione dei veicoli e del relativo smaltimento finale dei rifiuti che essi stessi
producono.
Fondamentalmente il compito di tali impianti è di “macinare” le carcasse di veicoli (ma
anche di elettrodomestici) per recuperarne la frazione ferrosa, che in ultimo verrà
inviata alle fonderie. Quando questo processo sarà a regime, ovvero autodemolitori e
impianti di frantumazione lavoreranno secondo un progetto comune, dovrebbe essere
possibile recuperare circa il 70% in peso dei veicoli. Il restante 30% è rappresentato dal
cosiddetto fluff, ovvero da un materiale piuttosto disomogeneo composto in genere da
Università degli studi di Parma
4
due frazioni una leggera e grossolana costituita dalle imbottiture dei sedili, dalle
tappezzerie e dal altre parti in plastica ed una pesante e fine altamente tossica a causa
dell’elevato tenore di metalli pesanti.
Attualmente gli impianti di frantumazione esistenti sul territorio provinciale sono
gravati da ormai annosi problemi di gestione con dirette conseguenze ambientali sul
territorio nell’ambito del quale operano.
Una delle sostanze più pericolose, appartenente alla categoria “metalli pesanti” è
sicuramente il Cr VI; vista la sua nocività in fase di lavorazione , ma soprattutto in fase
di smaltimento, verrà bandita dal commercio prima per componenti di elettronica
domestica con la normativa specifica Rhos, e poi successivamente per i componenti di
automotive con la normativa 2002/525/CE.
Come sarà spiegato nel successivo capitolo, tale sostanza trova il suo maggior impiego
nei trattamenti di protezione superficiale anticorrosivi, soprattutto nel settore
automobilistico tale lavorazione è molto importate e talvolta molto delicata per
elementi strutturali del telaio; talvolta si sono cercate soluzioni alternative, ma non
sempre è stato possibile ottenere gli stessi risultati.
Università degli studi di Parma
5
Capitolo 2
Caratteristiche tecniche dei trattamenti Cr-free
2.1 Caratteristiche chimico fisiche del Cr-6
Per le sue caratteristiche chimico-fisiche, il cromo (Cr) (numero atomico 24, peso
atomico 51,99, densità 7,19 g/cm
3
, il punto di fusione 1850-1900 C, il punto di
ebollizione 2672 +/- 20 C, pressione di vapore 1 Torr a 1616 C) è solubile in HNO
3
,
insolubile in acqua, diluibile in HCl e H
2
SO
4
e si lega facilmente ad altri metalli. Esiste
in alcuni stati di ossidazione stabili (0, +3, +6) ed altri meno stabili ( +2, +4, +5).
Nell’ambiente naturale in presenza di acqua ed ossigeno vi è equilibrio tra specie tri ed
esavalenti. Tutti i composti del cromo trivalente sono facilmente ossidabili a composti
del cromo esavalente in ambiente alcalino, mentre in ambiente acido tende ad avvenire
il processo opposto. Queste caratteristiche appaiono fondamentali ai fini
dell’assorbimento.
Il cromo esavalente esiste in soluzione come ione idrocromato ( HCrO
4
) cromato
(CrO
4
) e bicromato solubile (Cr
2
O
7
2-
), la cui solubilità, pH dipendente, è pero molto
variabile, da virtualmente insolubile ad altamente solubile.
Università degli studi di Parma
6
2.2 Pericolosità del cromo nelle fonti ambientali
Suolo
La concentrazione di cromo nel suolo risulta estremamente variabile ( compresa tra
pochi mg/kg e alcune centinaia di mg/kg), con una variazione dipendente dalle
caratteristiche geologiche dei terreni, dalla eventuale contaminazione di origine
industriale, dall’impiego di fertilizzanti contenenti cromo, in particolare fosfati.
La mobilità geochimica del cromo esavalente è particolarmente elevata, tendendo alla
riduzione allo stato trivalente può passare alla fase acquosa. Al contrario il cromo
trivalente è dotato di ridottissima mobilità in quanto tende a formare compositi
insolubili. In presenza di ossidi di manganese è stata osservata la ossidazione a cromo
esavalente del cromo trivalente addizionato al terreno.
Va sottolineato che la sua presenza nei terreni in concentrazione superiore ai 500
mg/kg non determina effetti tossici e che il cromo trivalente non è considerato tossico
per la vita vegetale.
Acque
Le acque dolci superficiali contengono cromo in quantità variabili tra 1 e 10 µg/l,
mentre in quelle marine sono state determinate concentrazioni del metallo
sensibilmente inferiori ( da 0,1 a 5 µg/l).
In genere le acque campionate da pozzi presentano valori superiori a quelli ottenuti da
acque superficiali. In 96 campioni di acque minerali si sono rivenute concentrazioni di
cromo comprese tra 0,1 e 11,9 µg/l. Il D.Lgs 31/01 fissa per le acque destinate al
consumo umano un limite per il cromo di 50 µg/.
In indagini condotte i livelli di cromo nelle acque potabili della provincia di Brescia
sono risultati oscillare tra qualche 0,05 e 2-3 µg/, con valori di 30-60 µg/l in falde
prossime a zone con insediamenti galvanici.
Università degli studi di Parma
7
Aria
I livelli di cromo aereodisperso variano sensibilmente nelle aree urbane e industriali,
anche se in quelle rurali risultano mediamente inferiori. Nella città di Brescia risulano
valori compresi tra 0,2 e 2,8 µg/m
3
(valore mediano 0,9).
Cromo originato da oggetti cromati
Il cromo trivalente e il cromo esavalente nei bagni galvanici sono per lo più presenti in
forma ionica mentre nei solidi lo sono soprattutto come composti.
Nella tecnica galvanica il cromo esavalente viene tipicamente ottenuto dal triossido di
cromo, comunemente chiamato acido cromico (o anidride cromica).
I trattamenti superficiali relativi al cromo comprendono le seguenti finiture:
- passivazione cromica esavalente, applicata su rivestimenti di zinco e su alluminio,
rispettivamente per migliorarne il comportamento a corrosione e l’adesione di
successivi rivestimenti organici (vernici). Lo strato di passivazione contiene cromo
nella forma esavalente.
- passivazione con cromo trivalente, applicata su rivestimenti di zinco, come alternativa
alla passivazione cromica esavalente. Lo strato di passivazione contiene principalmente
cromo nella forma trivalente, ma non si può escludere la presenza della forma
esavalente, in equilibro con quella trivalente.
- Cromo metallico zerovalente, applicato come finitura decorativa (spessore inferiore a
1 micron) o come finitura tecnico-funzionale (cromo duro a spessore- spessore di
alcune decine e fino alle centinaia di micron). Il cromo decorativo si può ottenere
indifferentemente da bagni di cromo esavalente e trivalente, il cromo duro si ottiene
solo da cromo esavalente. Gli elettrodepositi di cromo, indifferentemente dal tipo di
bagno utilizzato sono costituiti da cromo metallico solido.
Università degli studi di Parma
8
In situazioni come quelle che hanno stimolato la redazione di questo documento,
appare comunque utile una prova di cessione del metallo da oggetti cromati, come nel
caso richiamato, da una lama cromata per affettatrice.
2.3 Tossicocinetica
Assorbimento gastroenterico
La via digerente rappresenta la via fisiologica di assorbimento del cromo come
elemento essenziale. L’entità dell’assorbimento dipende da numerose variabili quali la
valenza, l’idrosolubilità, l’acidità gastrica, il tempo di transito gastroduodenale.
L’entità di assorbimento varia dallo 0,1% al 4,5% ed è maggiore per i composti di
cromo esavalente rispetto a quelli di cromo trivalente. Occorre rilevare che , nelle
quantità presenti nella normale dieta, lo stomaco riduce il cromo esavalente a cromo
trivalente.
Assorbimento cutaneo
L’assorbimento cutaneo è influenzato dal tipo di composto (maggiore per il cromo
esavalente), dalla sua concentrazione nella soluzione e dal tempo di contatto.
Condizioni favorenti del cromo esavalente attraverso la cute sono: l’aumento di ph
cutaneo, l’utilizzo di tensioattivi, le soluzioni di continuità.
Assorbimento respiratorio
La via inalatoria rappresenta la più importante via di assorbimento nell’esposizione
professionale, sia per il cromo trivalente che per quello VI. Mentre l’inalazione di
compositi idrosolubili è caratterizzata da un rapido assorbimento a tutti i livelli,
comprese le vie aeree profonde, la dinamica dell’assorbimento delle particelle meno
solubili è poco nota.
Università degli studi di Parma
9
Fino al 97% delle particelle contenenti cromo trivalente di dimensioni inferiori a 5 µm
vengono trattenute nei polmoni. I compositi meno solubili del cromo esavalente
possono essere invece assorbiti anche in corrispondenza delle prime vie aeree.
Distribuzione
Nel sangue, i composti di cromo trivalente si legano perfettamente a proteine
plasmatiche. I composti esavalenti possono essere trasferiti all’interno degli eritrociti e
li essere ridotti allo stato trivalente.
La distribuzione del cromo nell’organismo dipende dalla sua valenza e dalla
permeabilità delle membrane ai diversi composti. Una volta nella cellulosa, il cromo
esavalente viene in parte risotto allo stato trivalente e in piccola percentuale rimane allo
stato esavalente.
L’anione cromato attraversa facilmente le membrane cellulari e viene ridotto all’interno
delle cellule, attraverso meccanismi complessi che coinvolgono il contributo di sistemi
riducenti (ascorbato, glutatione, cisterna, acqua ossigenata) e di attività enzimatiche. La
riduzione del cromo esavalente a cromo trivalente, facilita la formazione di legami al
DNA. La riduzione metabolica del cromo rappresenta quindi un meccanismo di soglia
limitante per gli effetti biologici in vivo.
Nei soggetti non proffesionalmente esposti, la concentrazione di cromo nei vari tessuti
è estremamente bassa; fenomeni di accumulo delle specie assunte si verificano nei
polmoni, milza, reni, fegato senza chiarire relazioni con l’età. Nei soggetti
professionalmente esposti, il polmone rappresenta il più importante sito di accumulo
del cromo, come è stato evidenziato in saldatori.
Università degli studi di Parma
10
Cromo ematico e urinario
Il cromo nel sangue (CrB) di soggetti appartenenti alla popolazione generale presenta
valori medi di 0,23 µg/. i valori medi delle concentrazioni di cromo nel siero di soggetti
non professionalmente esposti risulta compresa fra 0,1-1 µg/.
In un indagine multicentrica nazionale italiana la media geometrica di cormo unitario di
soggetti non professionalmente esposti è risultata 0,08 µg/ con un range di
concentrazioni comprese fra “ non determinabile” e 0,34 µg/.
Tossicità Irritativa ed allergica
Il cromo metallico, come tutti i metalli, ha carica neutra e scarsa o nulla reattività
biologica. Non si hanno evidenze di effetti negativi sull’uomo, sugli animali e
sull’ambiente.
Il cromo trivalente, stabile e poco reattivo, non può attraversare le membrane. Questa è
la ragione che ha spinto a classificare il cromo trivalente come privo di pericolosità per
tessuti e DNA. Allo stato attuale delle conoscenze non causa allergie.
Il cromo esavalente è altamente reattivo e con un potenziale ossidativi elevato.
Attraversa facilmente le membrane e ha proprietà fortemente irritanti-corrosive,
sensibilizzanti, ,mutagene e cancerogene.
La patologia del cromo esavalente è essenzialmente cronica e da esposizione
professionale. Le manifestazioni sono generalmente localizzate e riguardano
principalmente la cute e l’apparato respiratorio. Le alterazioni cutanee comprendono
dermatiti irritative da contatto ed ulcere croniche dovute all’azione ossidante del
cromo esavalente, e dermatiti allergiche conseguenti all’azione sensibilizzante.
L’apparato respiratorio costituisce il bersaglio dell’azione ossidante e corrosiva del
metallo, con riscontro di bronchite cronica per l’esposizione professionale a composti
di cromo esavalente.
Università degli studi di Parma
11
I composti contenenti cromo esavalente sono sensibilizzanti polmonari che, in
lavoratori sensibilizzati, possono causare broncospasmo. Non esistono studi conclusivi
circa gli effetti del cromo sull’apparato digerente o sul fegato.
Genotossicità
L’esposizione a cromo esavalente è in grado di indurre una serie di alterazioni a carico
del DNA, quali mutazioni puntiformi ed aberrazioni cromosomiche e modificazioni
alle macromolecole provocate dalla produzione di specie ossigeno reattive, nonché di
fenomeni di per ossidazione lipidica con conseguente danno strutturale e funzionale
alle membrane.
I dati sperimentali disponibili indicano l’importanza della riduzione del cromo
trivalente all’interno dell’organismo. La reazione di riduzione alla quale possono
andare incontro i composti esavalenti, cosi come l’interazione con altri bersagli
molecolari, soprattutto rappresentati dagli acidi nucleici, costituirebbe la base per gli
effetti genotossici. Il prodotto finale di questa reazione è rappresentato dal cromo
trivalente. Nel corso della riduzione a cromo trivalente si formerebbero dei legami
molto stabili con il DNA e le proteine, quali l’actina, e gli amminoacidi cisterna
ecc.dalla grande maggioranze di studi effettuati danno esito positivo i composti di
cromo esavalente. I composti di cromo trivalente, benché maggiormente reattivi con gli
acidi nucleici purificati, non indurrebbero effetti genotossici nella maggior parte degli
studi condotti su cellule intatte mentre produrrebbero una varietà di effetti su bersagli
subcellulari ed in sistemi acellulari.
Cancerogenicità
Numerosi studi epidemiologici indicano un’associazione tra attività lavorativa in settori
industriali che utilizzano cromo e l’insorgenza di neoplasie, a carico dell’apparato
Università degli studi di Parma
12
respiratorio. La metodologia ed i risultati ottenuti da vari studi di mortalità sono stati
raccolti in una rassegna della letteratura effettuata da Langard
2
.
Esiste una forte evidenza di associazione fra rischio di cancro polmonare, alle fosse
nasali ai seni paranasali e produzione di cromati e bicromati esavalenti, produzione di
pigmenti, cromatura galvanica. Il fatto che l’introduzione di tumori dell’apparato
respiratorio da parte del cromo esavalente sia documentato solo in tre situazioni
occupazionali, nonostante il grandissimo numero di individui esposti in varie attività
lavorative, potrebbe dipendere dalla necessità di dosi molto elevate di cromo per
indurre tumori.
Non vi sono evidenze adeguate circa il rischio di cancro derivate dall’esposizione ad
aerosol contenenti cromo metallico o composti di cromo trivalente, non esistono infatti
attualmente in letteratura casi riportati o studi epidemiologici che confortino l’ipotesi
che i composti del cromo trivalente rappresentino un rischio di cancro per l’uomo, fatta
eccezione per i composti di cromo trivalente insolubile.
L’agenzia Internazionale sulla ricerca sul Cancro (IAEC) ha trattato le seguenti
valutazioni finali:
- esiste una sufficiente evidenza di cencerogenicità per i composti di cromo
esavalente, utilizzati nella produzione di cromati, nella produzione di pigmenti e
nella cromatura galvanica.
- Esiste una evidenza inadeguata di cancerogenicità per il cromo metallico ed i
composti di cromo trivalete.
- Per tanto, il cromo metallico ed i composti di cromo trivalente non sono
classificabili come cancerogeni per l’uomo.
2
Metal Surface Tecnology di “Franco Falcone”