5«gestione sistemica di una attività complessa, unica, con un inizio e una fine
predeterminate, che viene svolta con risorse organizzate, mediante un
processo continuo di pianificazione e controllo, per raggiungere degli
obiettivi predefiniti, rispettando vincoli interdipendenti di costo, tempo e
qualità
1
»
In un epoca come quella contemporanea, in cui un po’ tutto, nel
bene e nel male, è 'a progetto', il Project Management offre dei validi
strumenti per il controllo e la pianificazione di un evento che risponda
ai suddetti requisiti. Basti pensare a tutte le tipologie di attività
culturali che imperversano oggi: spettacoli di prosa, di teatro, letture
poetiche, danza, opere liriche, concerti, circhi, videoarte, rassegne
cinematografiche, fiere, mostre temporanee, festival e molte altre.
Se alla base di ciò c’è l’idea creativa, al manager spetterà il
compito di offrire un pacchetto ben definito, dove oltre all'idea
proporrà anche un metodo efficiente per gestire, realizzare e
promuovere adeguatamente l'evento, con un budget preciso e
predefinito.
Questa tesi di laurea, si propone di descrivere l’applicazione del
Project Management ad una particolare branca del settore culturale,
quella dei festival cinematografici. Questa distinzione è essenziale,
poiché il cinema è un’arte riproducibile, che preserva i suoi tratti
formali nel trasferimento da un supporto all’altro. Non ci sono, cioè,
sostanziali differenze tra uno stesso film riprodotto su pellicola,
betacam, vhs o dvd. Nelle arti riproducibili viene quindi a mancare
quell’elemento di unicità, che Walter Benjamin
2
definì aura, che
1
R.D. ARCHIBALD, Project Management F. Angeli, Milano 1994 pag.
2
WALTER BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica,
Einaudi, Torino 2002
6appartiene alle
arti figurative e che si esplica con maggior forza nelle
arti sceniche in cui la rappresentazione è differente di volta in volta,
in cui il prodotto artistico viene prodotto e fruito nello stesso momento
e, ancora, per cui il mancato allestimento sentenzia la non
conservazione del bene.
I festival cinematografici sono numerosissimi in Italia e nel
mondo, tanto che qualsiasi quantificazione si rivelerebbe fatua, in
questo lavoro verrà considerata soprattutto la realtà dei festival di
cortometraggi, tipologia ancor più diffusa e che la tecnologia digitale
ha reso alla portata di tutti grazie ad un abbattimento di costi che
prima potevano rivelarsi proibitivi. Scendendo ancor di più nello
specifico con questa tesi ho voluto utilizzare strumenti e conoscenze
apprese nei cinque anni di studi universitari e confrontarli con la
disciplina artistica che più incontra il mio interesse, il cinema. Per
quel concerne la mia preparazione, ciò costituisce un vero e proprio
lavoro sperimentale, in quanto, a mio giudizio, dell’industria
cinematografica in aula si è inspiegabilmente parlato troppo poco;
troppo poco per un’arte così incisiva e di ampia diffusione, troppo
poco per Venezia, che ospita il più antico festival internazionale,
troppo poco per ciò che ha rappresentato storicamente il cinema per
l’Italia nel secolo scorso, troppo poco per un’industria che tutt’oggi
appare vitale e che accoglie un gran numero di competenze.
Mi ha offerto una piccola fetta di questa vasta realtà
l’esperienza di tirocinio presso il Centro Culturale Candiani, durante
7l’organizzazione della nona edizione del Mestre Film Fest, un piccolo
festival di cortometraggi che molto spesso non compare sulle guide
ai festival cinematografici italiani, che tuttavia mi ha permesso di
conoscere e vivere i problemi e le attività con cui si trova a fare i
conti chi compie questo lavoro.
8PARTE I
I CORTOMETRAGGI
La rapidità e la concisione di stile piace perché presenta
all’anima una folla di idee simultanee
Giacomo Leopardi
91. I tratti caratteristici del cortometraggio
Raccontare brevemente una storia è un’arte che affonda le sue
radici fin dalle origini della civiltà umana, perché il racconto è una
necessità dell’uomo che nasce dalla fantasia ed è creazione
dell’ingegno umano. Comunicare e condividere con altri una storia è
un bisogno che ha trovato espressione nei più disparati filoni artistici
e culturali: dalla tradizione orale della fiaba alla parola scritta delle
novelle, ai cicli di dipinti e complessi scultorei delle opere d’arte
figurativa. Nel cinema ciò trova espressione nel cortometraggio,
tuttavia esso non va inteso solo come strumento che consenta la
traduzione filmica di forme analoghe d’arte; il cortometraggio ha
rapporti con le altre discipline ma è unico per quanto riguarda la
durata e narrazione. Oltre a ciò va considerato che esso presenta
molte più immagini di un dipinto o di una fotografia e si esprime
attraverso immagini, al contrario della commedia o di un testo scritto
che utilizzano le parole
3
.
La normativa italiana vigente definisce film di cortometraggio
"l'opera filmica, realizzata da imprese produttrici nazionali, a contenuto
narrativo o documentaristico, con esclusione di quelle con finalità anche
parzialmente pubblicitarie, di durata inferiore ai 75 minuti"
4
.
Usualmente però viene riconosciuta come cortometraggio
un'opera cinematografica di qualsiasi genere (fiction, documentario,
animazione, sperimentale, o insieme di generi) e formato (pellicola,
video, digitale e tutte le nuove tecnologie in via di sviluppo) di durata
3
Cfr. P. COOPER, K. DANCYGER, Come scrivere un corto, Lindau, Torino 1998 p.12
4
Cfr. allegato 1 L.R. 29/04/2003, n. 3, art. 13 comma 6 lettera B – Contributi per la
produzione di opere cinematografiche. Approvazione dei criteri e modalità di
concessione dei contributi, ai sensi dell’art. 19 della L.R. 22/08/1990, n. 40.
10
inferiore ai 60 minuti, che corrispondono ad una pellicola lunga 1641
m. La scappatoia per uscire da questi termini così rigidi si è trovata
con il mediometraggio, un gradino intermedio tra corto e
lungometraggio con una durata che si aggira intorno ai 50-70 minuti.
Tuttavia altre fonti in letteratura definendo il cortometraggio fanno
riferimento a d una durata non superiore ai 30 minuti mentre ad
esempio al festival di Clermont-Ferrand, il più importante per i
cortometraggi, la durata massima ammessa è di 40 minuti
5
.
La distinzione tra lungometraggio e cortometraggio comunque
rimane arbitraria. Esso non deve essere inteso come parte o come
un frammento di un lungometraggio. In quest’ultimo sono presenti
delle specificità che riguardano il personaggio, la complessità della
trama (la presenza di sottotrame o trame secondarie
6
) e una struttura
particolare, che si articola anche attraverso un numero variabile di
personaggi secondari e la riconduzione ad un genere specifico.
Anche se le due forme, il corto e il lungometraggio, «si affidano
entrambe all’azione visiva per l’esposizione e la caratterizzazione, e
sull’illusione di realtà che è specifica del film in quanto medium
visivo
7
», nella maggior parte dei casi le caratteristiche del corto non
vanno intese come variazione del lungometraggio, esso si sviluppa
con modalità semplificate e potenzialmente più libere. Tale semplicità
5
Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Cortometraggio
6
Per trama secondaria si intende lo svolgimento di una vicenda subordinata alla
trama principale, la sottotrama invece coincide con la trama principale ma consta
in una diversa interpretazione della stessa. Se prendiamo ad esempio un’opera
nota a tutti come I promessi sposi di Manzoni, una trama secondaria può essere
individuata nelle vicende relative a Geltrude la monaca di Monza, appunto
subordinate alla trama principale. Mentre sempre con questo esempio una
sottotrama del romanzo è la storia sociale, ovvero lo scorcio di come i ceti sociali
più bassi erano costretti in balia dei capricci e degli interessi dei ceti medio alti.
11
consta di un numero di personaggi minore (solitamente non più di
quattro) e di una trama molto meno elaborata dei livelli necessari per
un lungometraggio. Ciò non vuol dire che il personaggio di un corto
non possa essere complesso ma che esso si riveli attraverso l’azione
o la reazione agli sviluppi della trama, in quanto nel corto non c’è il
tempo per quelle pause di elaborazione del personaggio che
caratterizzano i lungometraggi.
La libertà della forma corta risiede proprio nella possibilità (e
necessità) di utilizzare metafore o figure retoriche per raccontare una
storia. La brevità inoltre è la forma più adeguata per un cinema che
nasce come esperimento artigianale, svincolato dai meccanismi
commerciali di sfruttamento e di finanziamento, legato piuttosto
all’autoproduzione ed al mecenatismo; un cinema che non si proietta
nelle sale commerciali ma in quelle specializzate, d’art et d’essai, nei
primi cineclub, nei nuovi videoclub nei festival o in eventi speciali a
programma composito.
In questo senso, quindi è ammissibile individuare una
correlazione tra il cortometraggio e il racconto breve, la poesia o la
commedia in atto unico. Secondo Rust Hills
8
il racconto breve è
caratterizzato da pochi personaggi, da una storia con un marcato
dinamismo, in cui il protagonista cambia nel corso della narrazione.
Spesso la storia si articola attorno ad una scelta che il personaggio
decide di effettuare o meno e che in ogni caso lo porterà ad un punto
di non ritorno allo stadio precedente. Tali affermazioni potrebbero
7
P. COOPER, K. DANCYGER, Come, cit. pag. 16
12
essere adattate perfettamente anche al cortometraggio. Tuttavia
bisogna sottolineare come alcuni racconti brevi abbiano un livello
narrativo che meglio si adatti ai lungometraggi
9
. Il racconto breve
vive fondamentalmente di originalità e leggerezza, anche quando
s’immerge in un percorso di pura documentazione visiva, o lascia
trasparire sfondi socialmente ingombranti.
“E quando poi decide di perdersi nella finzione pura, le cose non sono
più facili, perché la brevità è tutto così come l’incisività e la completezza.
Dalla rappresentazione dei sentimenti ai più fini viaggi interiori, dal noir al
paradosso ogni finzione narrativa esige pulizia e intuizione nel trovare il
giusto taglio. Ma la brevità è anche quella dimensione nella quale meglio si
giocano e si mescolano sapientemente le contaminazioni: allora la finzione
narrativa può diventare un viaggio documentaristico o la scansione
dell’anima può aprire l’accesso ad una visione sperimentale”
10
Ma la difficoltà di definire cos’è un cortometraggio non nasce
solo da distinzioni tecniche, essa sta anche nell’infinita gamma di
risultati della dialettica tra idee e aspirazioni dei singoli registi e le
contingenze storiche, culturali, produttive, poiché il corto come ogni
oggetto cinematografico, non prescinde mai dai problemi economici
relativi al suo finanziamento e alla sua circuitazione, visibilità e
diffusione. A questo proposito Gitte Hansen
11
ritiene
che un
cortometraggio possa essere definito come il risultato di un processo
continuo di complesse relazioni culturali e aggiunge che in senso
8
R. HILLS, Writing in General and the Short Story in Particular, Houghton Mifflin &
co. ,New York 1977, p.1
9
Per citare solo alcuni dei lungometraggi tratti da racconti brevi: Eva contro Eva
(All about Eva, USA 1950) di Joseph L.Mankiewicz; Giorno maledetto (Bad day at
black rock, USA 1955) di John Sturges; Blow-up (Italia 1966) di Michelangelo
Antonioni; Mezzogiorno di fuoco (High Noon, USA 1952) di Fred Zinnemann;
Psycho (Psyco, USA 1960) di Alfred Hitchcock; 2001: Odissea nello spazio (2001:
A space Odyssey, USA 1968) di Stanley Kubrick; Stand by me – ricordo di
un’estate (Stand by me, USA 1986) di Rob Reiner e moltissimi altri
10
E. CARDILLO, Corteggiando in «CATALOGO VIDEOFESTIVAL CITTÀ DI
MESTRE 5ª EDIZIONE» Grafiche Veneziane, Venezia 2002, p.20
11
Cfr. E. BEVILACQUA (a cura di), I corti, Einaudi, Trento 2001, p. 8
13
strettamente accademico non è possibile definire un corto come un
genere, ma piuttosto, come una particolare pratica filmica che deriva
da differenti tradizioni e che ne attraversano la storia.Quante siano e
quali siano queste tradizioni dipende proprio dai diversi contesti
esistenti. E in questo senso si può affermare che più che di una
storia, per il cortometraggio bisogna parlare di più storie dai confini
tutt’altro che definiti.
1.2 Dalle origini ad oggi
Il 28 dicembre 1895 al Salon Indien del Grand Café di Parigi
due fratelli, August Marius (1862-1954) e Louis-Jean Lumière (1864-
1948), danno inizio alla storia del cinema; cinema che nasce proprio
con una serie di cortometraggi. I fratelli Lumière presentarono 10
brevi filmati, ciascuno costituito da una singola inquadratura di un
minuto circa che riproduceva sul grande schermo momenti della vita
quotidiana.
L'uscita dalla fabbrica (La Sortie des usines, Francia 1895) è il
primo film pensato e realizzato per una proiezione pubblica e nei suoi
50 secondi i Lumière riescono a “cogliere la natura sul fatto", come
recita il loro motto. Il cinema permette finalmente di catturare la vita
di ogni giorno e di conservarla fissata su dei fotogrammi. La durata
ridotta dei singoli film nasce da una determinante tecnica (il limite
massimo della pellicola vergine inseribile nel caricatore del
cinematographe, diciassette metri); ma è dovuta anche all’interesse
per il dispositivo stesso, prima ancora che per i soggetti presentati.
14
Da qui il carattere delle prime rappresentazioni cinematografiche, in
cui la varietà prevale sull’unità del film (che ha un’indipendenza
testuale ed estetica relativa), e in cui questa novità scientifica,
dall’imprevedibilmente ampia capacità di stupire ed attrarre,
partecipa a pieno titolo alla ricerca del meraviglioso e dello
spettacolare, conquistando quindi il suo pubblico in programmi di
durata variabile, a volte all’interno di un’offerta di attrazioni varie
come l’evento teatrale, la curiosità scientifica o l’attrazione per il
circo. Il primo film comico della storia del cinema, L'innaffiatore
innaffiato (l’Arroseur arrosé, Francia 1896), dura soltanto 8 secondi,
ma riesce a suscitare l'ilarità di intere platee e a rimanere nella
memoria collettiva in quanto esso è la prima pellicola
cinematografica in cui vi è una ‘messa in scena’ una situazione
12
e
non dunque un documentario o la ripresa di un evento come si trattò
per le prime proiezioni dei fratelli Lumière bensì la ripresa di una
scenetta comica cinematografica, una rappresentazione costruita e
non semplicemente "fotografata”.
12
oltre a ciò, quella de L’innaffiatore innaffiato è una delle gag comiche più imitate
della storia del cinema: Un giardiniere sta innaffiando le sue piante da dietro arriva
un ragazzo che, senza farsi vedere, blocca con un piede l'afflusso dell'acqua nella
canna. Stranito, il giardiniere prova a guardare all'interno della canna al che il
giovane molla il piede e "innaffia" il malcapitato. Quest'ultimo rincorre il ragazzo e
gli molla un calcio nel sedere.
15
L'uscita dalla fabbrica (La Sortie des usines, Francia 1895) di August Marius e Louis-Jean
Lumière
Dopo i Lumière anche George Méliès, mago dei trucchi
cinematografici, si cimenta nella creazione di cortometraggi e in poco
più di 10 minuti riesce a creare animazioni che lasciarono il pubblico
a bocca aperta. Con Viaggio sulla luna (Le voyage dans la lune,
Francia 1902) riesce ad unire in 13 minuti trucchi che svelano una
nuova faccia del cinema, che non è più solo riproduzione fedele del
reale. Si va dall'utilizzo di modellini e di scenari dipinti, all'uso di una
macchina da presa posta su un carrello e al ricorso a dissolvenze
incrociate. Sembra chiaro, quindi, che il cortometraggio non è il
fratello minore del lungometraggio e non è sempre stato nella sua
ombra come lo è stato negli anni successivi. E’ inoltre importante
ricordare che tali film in principio non venivano identificati come
cortometraggi, in quanto, la nozione stessa nasce in conseguenza
all’affermazione del lungometraggio “a soggetto” come formula
16
principale della grande produzione cinematografica su scala
industriale e commerciale
13
.
Viaggio sulla luna (Le voyage dans la lune, Francia 1902) di George Méliès
Progressivamente il cinema conquista una sua autonomia a
tutti i livelli, il metraggio aumenta e oltre alle “attualità” e alle riprese
dei primi anonimi operatori si definiscono pratiche e generi diversi, si
costituiscono studi e diverse entità produttive, si conferisce visibilità e
riconoscimento ai singoli film (che diventano opere) ad autori ed
attori (che possono diventare divi), si avvia il processo verso il
feauture film di grande attrazione spettacolare. Tuttavia la tendenza
all’allungamento del film, per quanto operante da subito, è comunque
lenta. Fino al 1913, infatti, la durata massima dei lavori si aggirava
intorno al quarto d'ora. E' solo dopo che il cinema italiano ebbe
influenzato David W. Griffith, spingendolo a produrre Giuditta di
Betulia (Judith of Bethulia, USA 1914)
14
che il lungometraggio di
finzione diviene la norma nella produzione cinematografica.
Accanto
13
Cfr. M. CANOSA (a cura di), A nuova luce. Il cinema muto italiano. CLUEB,
Bologna 2001, p.27
14
Cfr. BEVILACQUA (a cura di ) I corti, cit., p. 16
17
a questo genere, tuttavia, continuavano ad esistere le commedie
brevi, come ad esempio quelle di Mack Sennett (1880-1960). Questo
produttore, attore e regista statunitense che viene dall'operetta
realizza tra il 1912 e il 1918 molte comiche brevi fondate sul non-
sense e sui meccanismi dell'assurdo e dell'imprevedibile. Lo stesso
Chaplin, tra il 1914 e il 1916, gira innumerevoli corti, che divengono
molto popolari. Si pensi solamente a Il vagabondo (The tramp, USA
1915), di 32 minuti, in cui Charlot delinea in maniera precisa le
caratteristiche psicologiche del personaggio che lo rese famoso. I
cortometraggi in questo periodo seguivano una struttura narrativa
classica, incentrata su personaggi melodrammatici, dove il
protagonista era costretto ad affrontare degli antagonisti e a superare
diversi difficoltà. Negli anni venti lo spettacolo cinematografico si
organizza stabilmente sul lungometraggio e su forme brevi dai confini
precisi, tutte messe ai margini della produzione e della
programmazione stessa nelle sale. L’avanguardia rifiuta il cinema
istituzionalizzato, di cui in forme diverse si pone come alternativa;
apprezzando, non senza spirito di provocazione, proprio queste
forme brevi marginalizzate e rielaborandole in modi diversi.
Soprattutto l’avanguardia intende procedere allo sviluppo del cinema
come arte autonoma:
«Possiamo definire di “avanguardia tutti quei film la cui tecnica, utilizzata in
vista di un’espressione rinnovata dell’immagine e del suono, rompe con la
tradizione per cercare degli accordi inediti sul piano visivo e auditivo
(Germaine Dulac)
15
»
15
BEVILACQUA (a cura di ) I corti, cit., p. 19