V
è assistito ad un processo di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi di
pubblica utilità cosa che ha ampliato notevolmente le possibilità di utilizzo di tale
tecnica e di business per quelle imprese che avessero voluto intraprendere in
un’ottica meramente imprenditoriale e non soggetta a forme di controllo pubblico
investimenti in un comparto che fino a qualche tempo prima era sottratto alle
logiche di massimizzazione, efficienza ed efficacia aziendale. È a questo punto
che la tecnica si evolve:
gli investimenti da sostenere in project financing non sono più soltanto le grandi
opere infrastrutturali dello Stato ma anche quelli portati a termine da imprese
private in un settore come quello delle utilities dove la redditività attesa degli
stessi per una serie di motivi è alquanto elevata e dove il terreno è assolutamente
fertile per l’applicazione di tale tecnica. Inoltre soprattutto in tempi recenti il
project financing ha assunto sempre più importanza quale strumento a servizio
delle comunità locali che intendono sponsorizzare progetti di intervento capaci di
rimuovere vincoli e strozzature infrastrutturali che si oppongono al proprio
sviluppo economico-civile nell’ambito di quella maggiore autonomia
caratteristica degli attuali assetti territoriali nazionali. È proprio in tale nuovo
contesto che questo lavoro si inserisce cercando di esaminare prima teoricamente
poi attraverso l’analisi di casi concreti come il project financing possa essere una
alternativa sicuramente valida a sostegno della finanza di impresa e
contemporaneamente del comparto utilities radicalmente ridisegnato e
ristrutturato negli ultimi anni. Come primo obiettivo si è cercato di rispondere ad
una domanda . Perché un’impresa dovrebbe decidere di adottare la tecnica del
project financing per sostenere un progetto di investimento? si è provato a
considerare i legami esistenti tra la tecnica e la teoria dell’agenzia evidenziando
come, poste certe condizioni , l’utilizzo del project financing possa portare alla
VI
minimizzazione degli <<agency’s costs>>. Fatta questa prima analisi ci si è posti
un secondo interrogativo in merito ai vantaggi che un’impresa è in grado di
perseguire dal momento che decide di porre in essere un investimento supportato
dall’utilizzo di tale tecnica. Si è innanzi tutto evidenziato come un’operazione di
project financing abbia connotati più complessi di quelli che emergono
dall’analisi dei soli elementi formali. Si è considerato i vantaggi perseguibili da
un’impresa che entra a far parte dell’assetto reticolare che caratterizza le
operazioni di finanza di progetto evidenziando come, combinazione di risorse
complementari,trasferimenti di conoscenza, effetti di apprendimento e creazione
di nuove opportunità possano essere le fonti del vantaggio competitivo ottenibile
dalle imprese che decidono di partecipare ad operazioni di project financing. Si è
poi vista l’importanza di tale tecnica come opzione di crescita per l’impresa
industriale nonché l’importanza delle relazioni e dei conflitti esistenti tra sponsor
e finanziatori e i modi attraverso i quali ridurli. Si è infine mostrato come il
project financing possa essere considerato un mezzo attraverso il quale supportare
lo sviluppo in quei contesti economici come il Meridione che sono allo stato
attuale caratterizzati da notevoli squilibri. Nell’ultimo capitolo si è cercato di
contestualizzare il più possibile l’utilizzo della tecnica del project financing al
settore delle utilities. Si è innanzi tutto constatato i cambiamenti in atto e la
ridefinizione degli assetti di un comparto che per molto tempo è stato oscurato dal
ruolo opprimente dello Stato; si è analizzato il legame esistente tra i processi di
liberalizzazione che hanno caratterizzato come detto precedentemente il finire
degli anni 90’ e le strategie delle imprese volte principalmente a cercare forme di
collaborazione per rispondere a cambiamenti talvolta troppo repentini, cercando
contemporaneamente di evitare un’eccessiva pressione da parte di gruppi esteri
che potrebbero sottrarre più di quanto già fanno attualmente una parte del terreno
VII
fertile sul quale operatori nazionali potrebbero coltivare. Si è analizzato inoltre
l’importanza che soprattutto negli ultimi tempi riveste la variabile ambientale
nelle scelte di investimento delle imprese soprattutto nel comparto energetico.
Scelte che allo stato attuale sono condizionate da una normativa ambientale che
pone limiti severi ma che contemporaneamente ha segnato una svolta nel modo di
concepire gli investimenti. Non più impianti che sfruttino tecnologie e materie
prime altamente inquinanti ma impianti che grazie anche alle nuove tecnologie
sono in grado di ottenere rendimenti più elevati con emissioni inquinanti di gran
lunga più contenute. Si è iniziato anche in Italia a guardare in maniera sempre più
intensa verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili predisponendo impianti
che sfruttino l’energia del vento, del moto ondoso, del sole, che trasformano i
rifiuti solidi urbani in energia elettrica , fermo restando allo stato attuale una
situazione di arretratezza della nostra nazione in tale comparto rispetto ad altri
paesi d’Europa dovuta principalmente ad una serie di distrazioni politiche passate
e attuali. Sempre con riferimento alle energie rinnovabili si è cercato di dimostrare
come il Mezzogiorno possa costituire uno <<spazio>> ad alta potenzialità per
l’istallazione di impianti che sfruttino fonti rinnovabili la cui spesa può essere
sostenuta per una serie di ragioni dalla finanza di progetto. Si è poi passati ad
analizzare la situazione italiana nel comparto idrico,energetico e del gas
evidenziando nel primo caso le possibilità e i limiti dell’intervento del settore
privato attraverso tecniche di project financing a sostegno di investimenti per
quelle infrastrutture che ancora una volta soprattutto nel nostro sud sono
assolutamente carenti. Si è analizzato il comparto energetico sostenendo anche
qui la tesi che siano necessari ulteriori investimenti soprattutto per risolvere il
problema della dipendenza dall’estero della nostra Nazione evitando
contemporaneamente quelle situazioni spiacevoli che spesso ci si è trovati a dover
VIII
affrontare. Si è infine considerato il comparto del gas vedendo la situazione da un
punto di vista parzialmente diverso, in particolare più che le opportunità di
investimento in tale settore si è preferito constatare l’evoluzione che si è avuta
nell’utilizzo del gas e il maggior uso che oggi vien fatto di quest’ultimo in
sostituzione di materie prime più inquinanti come il petrolio per attivare impianti
generatori di energia elettrica. Da un’analisi teorica si è passati a constatare
l’utilizzo del project financing in casi concreti come impianti di gasificazione
integrata a ciclo combinato ( il caso ISAB ) impianti di termovalorizzazione ( il
caso Termotrezzo ) impianti eolici, ma ancor prima si è sottolineata la valenza
della finanza di progetto come mezzo attraverso il quale sostenere lo sviluppo di
contesti territoriali locali e il legame esistente tra tale tecnica e le politiche di
marketing territoriale. Ad ultimo si è analizzata l’importanza del project financing
per la risoluzione dei problemi infrastrutturali dei paesi in via di sviluppo ponendo
ancora una volta enfasi sull’utilizzo di fonti rinnovabili come risorsa strategica per
combattere la povertà e contemporaneamente salvaguardare l’ambiente.
1
1. Il project financing e la teoria dell’agenzia.
<<……se fosse possibile di svolgere l’industria privata, al punto che
essa si potesse incaricare delle grandi opere di pubblica utilità che
si farebbero nello Stato, darei di buon grado la preferenza a questo
sistema……>> Camillo Benso, conte di Cavour, (1851).
1.1 Il project financing: analisi essenziale della tecnica
A partire dagli anni 80’ il project financing ha assunto sempre più importanza
quale strumento per finanziare grandi progetti non soltanto nell’ambito
dell’economia pubblica ma anche in quella privata. Prima di esaminare i
presupposti che possono giustificare tale fenomeno è opportuno richiamare i tratti
salienti delle operazioni portate a termine con tale tecnica di finanziamento. Esse
sono innanzitutto operazioni che richiedono una consistente mobilitazione di
risorse finanziarie, anche se oggi l’utilizzo del project financing non è escluso per
progetti di dimensioni minori che comportino un minor impiego delle stesse.
Tipicamente i promotori dell’iniziativa sono una molteplicità di soggetti (sponsor)
riuniti in una società, denominata project company ( o SPV ), titolare del progetto
da realizzare. Quest’ultima costituisce un’entità autonoma e separata rispetto alle
restanti attività degli sponsor che intendono procedere alla sua realizzazione. In
termini giuridici ciò significa che la project company è dotata di autonomia
patrimoniale perfetta, in quanto delle sue obbligazioni risponde esclusivamente la
società con il suo patrimonio preservando il patrimonio dei soci da eventuali
azioni di rivalsa dei creditori insoddisfatti. L’immediata conseguenza è che a
differenza di quanto accade in una ordinaria operazione di finanziamento, il cui
giudizio circa la capacità dell’impresa di soddisfare le obbligazioni assunte viene
espresso con riferimento all’attività nel suo complesso piuttosto che al singolo
2
progetto che si vuole finanziare, in una operazione di project financing l’oggetto
principale dell’analisi del merito di credito da parte dei potenziali finanziatori è
costituito innanzitutto dai cash flows e dagli utili dello specifico progetto e in
secondo luogo dagli asset di cui esso è composto
1
. Il secondo aspetto
caratterizzante tale tecnica di finanziamento è legato all’elevato grado di
indebitamento della project company. Il debito, infatti, a seconda delle
caratteristiche del progetto, può raggiungere il 65-75% del capitale
complessivamente a disposizione della società e viene raccolto in larga parte
facendo ricorso ad un pool di banche (prestiti sindacati) ed in misura minore
attraverso il mercato obbligazionario. La concomitanza della responsabilità
limitata e dell’elevato grado di indebitamento della società pone i creditori della
project company in una posizione particolare. Se, infatti, il capitale di credito è
preponderante rispetto a quello di rischio, ed inoltre i soci della project company
non sono responsabili per le obbligazioni da questa assunte, gran parte dei rischi
dell’iniziativa ricadrebbero sui finanziatori a titolo di capitale di credito, i quali si
vedrebbero trasformare da creditori in venture capitalists. In altre parole, le
banche sarebbero chiamate a sostenere una serie di rischi di natura tecnologica,
commerciale, operativa estranei all’attività ordinaria e che, in assenza di
meccanismi correttivi, non sosterrebbero, neanche se fossero remunerate alla
stregua dei possessori di capitale proprio
2
. Quali sono dunque le ragioni per cui
aspetti apparentemente incompatibili- quali l’autonomia patrimoniale della project
company ed il suo elevato grado di indebitamento- possano essere conciliati?
1
(Nevitt 1979) project financing 6° edizione;
2
A tale proposito Nevitt (1979,p10 ) stabilisce nella misura massima di 300 basis point lo spread rispetto al Libor a cui
le banche dovrebbero essere disposte a concedere credito in un’operazione di project financing. Spread maggiori,
infatti, corrisponderebbero ad un livello di rischiosità incompatibile con il ruolo di una banca nell’ambito
dell’operazione. Si può inoltre aggiungere che all’aumentare del premio per il rischio, si generano fenomeni di adverse
selection da parte del debitore, il quale avrebbe un incentivo ad incrementare,successivamente alla stipula del contratto
di finanziamento, la rischiosità del progetto oltre i livelli concordati con il creditore
3
La risposta sta in quella che può essere individuata come la terza caratteristica del
project financing, vale a dire l’esistenza di una serie di accordi attraverso i quali il
rischio viene opportunamente allocato tra i diversi partecipanti all’operazione. In
questo modo i rischi che gravano sulla project company vengono distribuiti tra i
fornitori, i soci, i costructors, le compagnie di assicurazione e i clienti, riducendo
gli stessi ad una misura accettabile per i finanziatori a titolo di credito, quali le
banche. L’allocazione dei rischi del progetto tra i suoi partecipanti è dunque
cruciale ai fini della realizzabilità dell’operazione. Ciò richiede innanzitutto la
corretta individuazione dei rischi stessi che a seconda dello stato di avanzamento
del progetto possono essere raggruppati in tre categorie:
ξ Rischi connessi all’ingegnerizzazione e costruzione degli impianti
ξ Rischi connessi con la fase di avviamento
ξ Rischi relativi alla gestione operativa del progetto.
La rilevanza assunta da ciascuno di tali rischi determina la configurazione degli
accordi contrattuali che vengono stipulati dagli attori dell’operazione. In
particolare dopo che una porzione del rischio complessivo è stata distribuita tra i
vari partecipanti, sulla base dell’ammontare dei rischi che in via residuale
vengono accollati agli sponsor è possibile ricondurre il project financing ad una
delle seguenti forme:
1) non recourse project financing, 2) project financing with completion
guarantee, 3) project financing with guarantee beyond completion. Se la
rischiosità dell’iniziativa è contenuta la responsabilità degli sponsor può essere
limitata alla quota di capitale conferito ricollegandoci alla prima forma di project
financing. In questo caso al fine di circoscrivere il rischio assunto dai creditori,
agli sponsor può essere richiesto il conferimento di una quota consistente di
4
capitale proprio ed è inoltre tipico che la tecnologia alla base del progetto sia in un
certo senso consolidata, così da evitare l’eventualità di maggiori costi o
inefficienze dovute sia alle sperimentazioni di nuove soluzioni che alle difficoltà
di realizzazione dell’opera (completion risk). In particolare il maggior
conferimento richiesto agli sponsor potrebbe essere necessario anche quando i
creditori giudicano particolarmente rilevante il rischio di fluttuazioni dei tassi di
interesse in presenza delle quali un maggior patrimonio netto ha una funzione di
stabilizzazione dei cash flows; in alternativa è frequente il ricorso alla stipulazione
di contratti futures, forward o swaps. È possibile a questo punto concludere che le
diverse forme in cui può articolarsi un’operazione di project financing sono tutte
accomunate dal ricorrere delle seguenti circostanze
3
:
ξ Autonomia patrimoniale della project company: il credito fornito dai
finanziatori dell’operazione è garantito principalmente dagli asset e dai potenziali
cash flows dell’iniziativa; infatti, quale che sia la particolare struttura di project
financing adottata, lo sponsor dell’operazione è chiamato a sostenere soltanto una
quota del rischio complessivo.
ξ Elevato indebitamento della project company: principalmente nella forma di
debito nei confronti di istituti di credito.
ξ Accordi contrattuali e finanziari tra le parti coinvolte nell’operazione per
circoscrivere il rischio complessivamente sostenuto dai creditori.
3
Wynant,(1976) Essential elements of project financing, the banker, January
5
1.2 Uno schema per l’analisi dei fondamenti economici del project financing:
la teoria dei costi d’agenzia
Il ricorso alla teoria dei costi di agenzia come strumento per lo studio della
razionalità economica di un’operazione di project financing è giustificabile
dall’esigenza di individuare uno schema cognitivo che, in modo organico e
coerente, permetta di interpretarne tutte le principali caratteristiche. La teoria di
cui parliamo ha infatti il vantaggio di essere nei suoi tratti fondamentali molto
astratta e quindi suscettibile di applicazione in molteplici contesti: essa è
incentrata sulle relazioni che intercorrono tra un soggetto denominato principal,
ed un altro soggetto, detto agent, remunerato per assumere decisioni nell’interesse
del primo. Le relazioni che tra di essi intercorrono sono caratterizzate da
asimmetrie informative così che l’agent ha la possibilità di perseguire interessi
privati eventualmente in conflitto con quelli del proprio principal, da ciò deriva
che il punto qualificante dell’analisi di tali relazioni consiste nell’individuazione
delle condizioni ambientali e dei meccanismi che consentano di massimizzare
l’utilità complessiva del sistema principal-agent. Proprio la generalità di tale
schema teorico ne permette l’applicazione in diversi contesti: Berle e Means nel
1932 per primi hanno incentrato l’attenzione sui possibili conflitti di interesse tra
azionisti e management nell’ambito delle public company statunitensi, creando
così le premesse di successivi lavori quali, quelli di Ross nel 1973, Jensen e
Meckling nel 1976, Fama e Jensen nel 1983, le cui applicazioni vanno
dall’interpretazione della struttura finanziaria dell’impresa allo studio della
corporate governance. Ma tale teoria ha pure trovato applicazione nello studio del
fenomeno del razionamento del credito in presenza di tassi di interesse crescenti
(Stiglitz e Weiss ), nell’interpretazione delle politiche di dividendo o della
6
stipulazione di contratti di leasing e, ancora, della razionalità economica
dell’adozione di sistemi di auditing per le imprese e delle modalità di
coordinamento di gruppi di lavoro
4
. Nei paragrafi che seguono alcuni dei principi
sviluppati nell’ambito della teoria dell’agenzia vengono applicati alla spiegazione
di quelle che nel paragrafo precedente abbiamo considerato come le principali
caratteristiche del project financing quali: l’autonomia patrimoniale della project
company, l’elevato indebitamento della stessa, la razionalità della ripartizione del
rischio attraverso gli accordi tra i partecipanti all’operazione.
1.2.1 L’autonomia patrimoniale della project company nell’ottica della
teoria dell’agenzia
La scelta di ricorrere – per la realizzazione di un nuovo investimento- alla
costituzione di una project company, legalmente separata rispetto alle altre
iniziative economiche di un’ impresa, può essere inquadrata nell’ambito della
teoria dell’agenzia. In particolare oggetto di studio sono le relazioni che
intercorrono tra la forma organizzativa scelta per la realizzazione di un nuovo
progetto (corporate organization) e le determinanti della struttura finanziaria
dell’impresa (capital structure). Tali due aspetti sono infatti intimamente connessi
da un rapporto di reciproca influenza: nell’ottica della minimizzazione dei costi
d’agenzia, il livello ottimale di indebitamento dell’impresa varia in funzione del
tipo di organizzazione <<economica-giuridica>> con cui si decide di realizzare
l’investimento. La scelta di intraprendere una nuova iniziativa nella forma di
società separata rispetto alle restanti attività dell’impresa ovvero di incorporarla
4
Bigelli e Sandri (1994) , Bamberg(1987) , Spremann (1987) per le varie applicazioni della teoria dell’agenzia
7
nel complesso delle attività già in essere finisce dunque per influire
sull’ammontare complessivo dei costi d’agenzia, tra i quali quelli connessi con la
struttura di finanziamento del progetto. Le considerazioni circa la possibilità di
minimizzare tali costi devono quindi essere riferite non soltanto agli aspetti di
politica finanziaria dell’impresa, ma estesi anche alla considerazione della forma
organizzativa che si decide adottare per realizzare i nuovi progetti. Tale approccio
consente di interpretare congiuntamente due degli aspetti che caratterizzano il
project financing, vale a dire, l’autonomia giuridica della project company ed il
suo elevato livello di indebitamento. I costi di agenzia che rilevano al fine di
questa analisi possono essere ricondotti al problema di sottoinvestimento nelle
differenti accezioni proposte da Myers e da Myers e Majluf ed al problema di
asset-substitution così come definito da Jensen e Meckling, Green, Galai e
Masulis.
1.2.1.1 Il problema del sottoinvestimento di Myers
Myers ha dimostrato come l’emissione di debito da parte di un’impresa possa dar
luogo a problemi di sottoinvestimento. L’obbligo di rimborsare il debito contratto
e gli interessi maturati può, infatti- in determinati casi- indurre il management
della società a non realizzare alcuni degli investimenti a sua disposizione,
nonostante questi abbiano un valore attuale netto positivo. Il debito, quindi,
finisce per costituire un incentivo per il management ad attuare una politica di
investimento subottimale rispetto alla massimizzazione del valore dell’impresa. Il
minor valore dell’impresa, rispetto a quello potenzialmente raggiungibile se tutti
gli investimenti a VAN positivo fossero realizzati, rappresenta un costo di agenzia
indotto dall’indebitamento. Tale costo può essere definito, dato un certo arco
8
temporale di riferimento e determinati stati di natura in presenza dei quali i
progetti hanno VAN positivo, come la differenza al tempo 0 tra il valore
dell’impresa finanziata totalmente con capitale proprio e il valore dell’impresa
indebitata. In particolare nella sua analisi teorica Myers dimostra* come , il costo
di underinvestiment gravi per intero sugli azionisti della società nell’ipotesi in
cui il comportamento del management venga perfettamente anticipato da parte dei
* Teoria presentata da Myers:
In un contesto uniperiodale si consideri un’impresa interamente finanziata con capitale proprio, il cui unico asset sia
costituito dalla possibilità di realizzare al termine del periodo un investimento in un impianto di gasificazione integrata a
ciclo combinato. Sia V(s) il valore assunto dal progetto in corrispondenza dello stato di natura s realizzatosi alla fine del
periodo. Supponiamo inoltre che lo stato di natura necessario affinché il progetto abbia VAN positivo sai pari a s(a) . Il
management procederà alla realizzazione del progetto se e solo se s ≥ s(a). Il valore dell’impresa non indebitata al tempo
zero sarà pertanto pari a:
Integrale tra s(a) e ∞ Vo = ∫ q (s) [ V(s) – C ]ds
dove q(s) è il valore corrente di equilibrio del prezzo di un dollaro alla fine del periodo. Ipotizziamo ora che l’impresa
decida di finanziare una parte del costo dell’impianto ricorrendo all’emissione di debito, a fronte del quale deve essere
rimborsata alla fine del periodo una somma pari a D. Questo significa che al termine del periodo, gli azionisti
beneficeranno soltanto dei flussi di cassa residuali dopo che sia stato pagato il costo dell’investimento C e che sia stato
rimborsato il debito D. Il management, che supponiamo agisca nell’interesse degli azionisti realizzerà il progetto solo se
V(s) ≥ C+D. A questo punto la regola del VAN risulterebbe violata in quanto supposto che sia s(b) lo stato di natura in
corrispondenza del quale Vs = C+D e che s(b) ≥ s(a) ne consegue che il valore al tempo 0 dell’impresa indebitata è pari a :
integrale tra s(b) e ∞ V(0,D) = ∫ q (s) [ V(s) – C ]ds
Tale valore è necessariamente inferiore o al limite uguale a quello dell’impresa non indebitata in quanto s(b) ≥ s(a) . Il
costo di agenzia dovuto alla presenza di indebitamento lo possiamo considerare al tempo 0 come la differenza tra il valore
dell’impresa finanziata totalmente con capitale proprio V0 e il valore dell’impresa indebitata V(0,D).
Integrale tra s(a) e s(b) AC = V0 – V(0,D) = ∫ q (s) [ V(s) – C ]ds
Nel caso in cui il comportamento del management venga perfettamente anticipato dai creditori, questi saranno disposti a
concedere credito nella misura massima pari a:
integrale tra s(b) e ∞ VD = ∫ Dq (s) ds
A questo punto il valore del debito verrebbe decurtato del potenziale valore che l’impresa potrebbe assumere in
corrispondenza degli stati di natura compresi tra s(b) e s(a) in quanto i creditori anticiperebbero il fatto che in quelle
circostanze l’investimento non verrebbe realizzato. Il costo del sottoinvestimento graverà quindi interamente sugli azionisti
della società e un punto essenziale nella sua determinazione è rappresentato dall’entità del debito D relativamente ai
possibili valori assunti dal progetto: data una certa distribuzione dei payoff dell’investimento al crescere di D crescono le
possibilità che l’impresa incorra nel costo di agenzia. Lo studio di Myers offre anche una spiegazione del fenomeno del
razionamento del credito in presenza di tassi di interesse crescenti, la differente capacità di indebitamento generata dagli
investimenti già in opera rispetto a quelli che invece rappresentano solo opzioni future e fornisce una spiegazione della
diffusa pratica di commisurare la durata dei finanziamenti a quella degli investimenti.( Myers 1977) Determinants of
corporate borrowing, Journal of Financial Economics.
creditori e come nella sua determinazione un punto essenziale sia rappresentato
dal legame esistente tra entità delle somme che devono essere rimborsate una
volta ricorso al debito e i possibili valori assunti dal progetto in diversi scenari di
riferimento: data una certa distribuzione dei payoff dell’investimento al crescere
delle somme che dovranno essere impiegate per il rimborso del debito crescono le
possibilità che l’impresa incorra nel costo di cui stiamo parlando. Per tale motivo
9
è molto probabile che pur avendo l’investimento un VAN positivo non venga
intrapreso, generandosi un costo dovuto al minor valore assunto dall’impresa
rispetto a quello potenzialmente raggiungibile se il progetto fosse stato portato a
termine. Dopo aver fatto tali considerazioni è d’obbligo tuttavia analizzare la
posizione teorica di Modigliani e Miller
5
in merito alla circostanza che il debito
comporti un vantaggio in termini di deducibilità fiscale degli oneri finanziari e che
date certe condizioni tale deducibilità permette un incremento del valore
dell’impresa e quindi costituisce un incentivo all’indebitamento. Ciò significa che
il livello ottimale dello stesso sarebbe il risultato di un trade- off tra costo del
sottoinvestimento e scudo fiscale. John & John
6
hanno dimostrato come
l’incorporazione di un nuovo progetto in un’entità legalmente separata – cosa che
costituisce il fondamento di un’operazione di project financing - sia in certe
circostanze la forma che permette di minimizzare il costo di underinvestiment,
massimizzando al contempo il valore dello scudo fiscale. In che modo dunque il
project financing può ridurre il problema del sottoinvestimento? Supponiamo che
un’impresa valuti la possibilità di dar vita a due progetti di investimento, un primo
che sia un impianto di gasificazione integrata a ciclo combinato (A) ed un
secondo che sia un impianto che sfrutti la medesima tecnologia di base solo che
anziché utilizzare il gas si attivi utilizzando i residui della lavorazione del gregio
(B) , che entrambi presentino un VAN positivo e che l’impresa abbia contratto al
tempo 0, l’obbligo di rimborsare alla scadenza t un importo complessivo pari a
D(a) + D(b). Ipotizziamo che al tempo 1 il VAN del progetto (A) sia maggiore di
D(a) e che il VAN del progetto (B) sia minore di D(b) e che tuttavia A+B < D(a) +
D(b). Poste tali condizioni se l’impresa ha incorporato i progetti nella medesima
5
Brealey-Myers- Sandri (1999)<< Principi di finanza aziendale>> Mc Graw Hill
6
John-John (1991) <<Optimality of project financing:Theory and empirical implications in finance and accounting>>
Review of quantitative finance and accounting,1
10
società, esisterà per il management l’incentivo a non dar vita ad alcun progetto in
quanto tutti i benefici sarebbero acquisiti dai creditori; se invece i progetti fossero
incorporati in due società distinte SPV (a) e SPV (b) alle quali fossero
rispettivamente addossati rispettivamente D(a) e D(b) – e ciò esclude la possibilità
che i creditori del progetto (B) possano rivalersi sui payoff del progetto (A) –
allora almeno il progetto A si sarebbe potuto realizzare. Lo studio condotto da
John & John dimostra che è possibile determinare il livello ottimale di debito da
assegnare alle diverse società cui fanno capo i progetti in modo tale che, qualsiasi
stato di natura dovesse verificarsi, il costo del sottoinvestimento sia inferiore o al
limite uguale a quello che si sarebbe avuto qualora i progetti fossero stati
intrapresi da un’unica società. A questo punto gli autori derivano anche una regola
di ottimale ripartizione secondo la quale il debito andrebbe allocato tra i progetti
in proporzione alla profittabilità di ciascuno di essi. Inoltre se grazie al project
financing aumentano le probabilità che i progetti a VAN positivo non si
accantonino si ottiene un incremento non solo del valore attuale della somma dei
progetti ma anche del debito e poiché il valore attuale dello scudo fiscale è una
frazione costante del valore attuale del debito anche il valore attuale dello scudo
fiscale risulterebbe incrementato. In altre parole avremo sia una riduzione del
costo di agenzia dovuto al sottoinvestimento , sia un maggior risparmio fiscale
indotto dal maggior valore attuale dei progetti. Le conclusioni dello studio di John
& John sono tuttavia collegate ad un assunto di base fondamentale e cioè che i
progetti o meglio i payoff dei progetti siano perfettamente correlati. Nell’analisi
condotta da questi studiosi non viene infatti preso in considerazione l’aspetto della
diversificazione e la circostanza che i payoff conseguentemente, potrebbero non
avere alcuna correlazione o quest’ultima potrebbe non essere perfetta. Se nello
studio vengono inserite tali variabili allora le modalità organizzative attraverso le
11
quali realizzare i progetti potrebbero modificarsi. Myers ha dimostrato come
l’effetto di diversificazione potrebbe in certe circostanze rendere più conveniente
la possibilità di intraprendere gli investimenti nell’ambito di un'unica società al
fine di attenuare il problema di sottoinvestimento. Tuttavia è lo stesso autore ad
affermare che non possa essere definita una relazione univoca tra grado di
diversificazione dei progetti e attenuazione del problema stesso. Quest’ultima
considerazione però si basa sull’assunto che il debito sia esogenamente
determinato. Altri studiosi nelle proprie analisi pur partendo dal presupposto che,
nel determinare il prezzo del debito, i creditori razionalmente anticipino il
fenomeno del sottoinvestimento, come affermato da Myers, il cui costo viene
scaricato sugli azionisti, fanno si che il livello di indebitamento diventi una
variabile endogena in quanto determinato ex ante dagli azionisti stessi
consapevoli sia di dover sopportare il costo di sottoinvestimento ma anche di
beneficiare di vantaggi in termini fiscali. Sulla base di tali premesse
l’incorporazione di progetti non perfettamente correlati in un’unica società
offrirebbe il beneficio di cash flow più stabili, determinando una minore
rischiosità del debito ed un’attenuazione del problema di sottoinvestimento. Di
conseguenza quando il grado di correlazione tra i payoff di due progetti si riduce
– e quindi aumenta il livello di diversificazione – cresce il vantaggio di includere i
progetti in un’unica società anziché in società distinte, venendo dunque meno la
logica del project financing. Tale tecnica infatti potrebbe in queste circostanze
amplificare il problema di sottoinvestimento e incrementare la rischiosità del
debito rispetto al caso in cui i progetti venissero accorpati in un’unica società.
Questa conclusione, grazie all’analisi di Flannery
7
ed altri, è sostenuta anche da
considerazioni di carattere fiscale.
7
Flannery (1993) <<Financing multiple investment projects>> Financial management;