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INTRODUZIONE
L‟oggetto di indagine della presente tesi è il project financing (o Finanza di Progetto),
uno strumento finanziario riconducibile nell‟ambito di quelli facenti parte della c.d.
“finanza innovativa”, particolarmente adatto al finanziamento, alla realizzazione e alla
gestione di progetti complessi che, soprattutto nelle fasi iniziali, necessitano di elevati
fabbisogni finanziari. Proprio per questa sua caratteristica questo strumento risulta
decisamente utile alla realizzazione di opere pubbliche, tanto è vero che gli affidamenti
tramite finanza di progetto costituiscono attualmente la forma più utilizzata (sia per
numero delle iniziative che per valore degli importi) di partenariato pubblico privato
nell‟ambito delle c.d. “infrastrutture strategiche”.
1
Il Partenariato Pubblico Privato (PPP) include tutte quelle forme di cooperazione tra
autorità pubbliche e soggetti privati, “miranti a garantire il finanziamento, la
costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un‟infrastruttura o la
fornitura di un servizio”,
2
ed è un fenomeno oggetto di sempre maggiore attenzione
data la sua continua espansione e la sua incidenza sulle più importanti variabili
macroeconomiche di un paese (Pil e occupazione in primis).
Il presente lavoro, quindi, partirà proprio dall‟analisi di quest‟ultimo fenomeno,
iniziando con l‟esposizione delle principali motivazioni che hanno spinto e tuttora
spingono lo Stato a richiedere l‟intervento dei privati per la realizzazione di opere di
1
Secondo i dati forniti dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
nella Relazione annuale 2009, l’importo totale a base di gara per le infrastrutture strategiche la cui
realizzazione è stata affidata tramite project finance corrisponde a circa il 46% (42.526 milioni di euro)
dell’importo rilevato per la totalità delle opere, contro il 37% dell’importo registrato per le opere
affidate mediante contraente generale (che costituisce la seconda forma più utilizzata di PPP).
L’importo totale delle opere realizzate mediante forme di PPP, quindi, è pari al 83,23 % di quanto speso
per la totalità dei lavori eseguiti, nonostante la sua distribuzione su un numero relativamente esiguo di
affidamenti (65, il 19% del totale). Il PPP, quindi, conferma la sua particolare adattabilità alla
realizzazione delle c.d. grandi opere, e più in generale, la sua importanza nell’ambito del settore dei
lavori pubblici, data l’entità delle cifre che è in grado di muovere. (cfr. Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Relazione annuale 2009, Roma - Camera dei Deputati, 22
giugno 2010, pag. 54, tabella 8).
2
Commissione Europea, Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati e al diritto comunitario
degli appalti pubblici e delle concessioni, Bruxelles, 30 aprile 2004, 327 definitivo, punto 1.1.
6
interesse pubblico, e le forme attraverso le quali, nel corso degli anni, questa
cooperazione si è sviluppata (concessioni e prestiti obbligazionari).
Sarà attribuita particolare importanza proprio alle concessioni, dato che le procedure di
affidamento tramite finanza di progetto sono state inserite nel nostro ordinamento
ricorrendo proprio a questo strumento giuridico preesistente; di conseguenza, il legame
tra queste due figure è strettissimo, tanto che è possibile considerare l‟affidamento
tramite project finance come una species della concessione di costruzione e gestione.
Dopo un breve excursus sulla distinzione tra concessione di lavori e concessioni di
servizi e sulle loro principali caratteristiche, si procederà alla definizione vera e propria
della finanza di progetto, evidenziando i passaggi cruciali, a livello legislativo, per la
sua introduzione nel nostro ordinamento (attribuendo particolare importanza alle nuove
procedure di affidamento disposte dal D.Lgs. n. 152 del 11 settembre 2008, terzo
decreto correttivo al Codice dei Contratti), per terminare con un‟analisi di pregi e
difetti di questa tecnica di finanziamento sia nel caso in cui sia applicata ad
investimenti pubblici che in termini assoluti.
Il terzo capitolo sarà, invece, dedicato a un‟analisi generale del project finance e dei
capisaldi teorici su cui esso è fondato (capacità di autoliquidazione, elevata leva
finanziaria, ring fence e previsione di un adeguato security package); infatti non
bisogna dimenticare che la finanza di progetto nasce all‟interno del settore privato,
come nuova forma di finanziamento contrapposta al tradizionale finanziamento
corporate, e solo successivamente si estende anche al settore pubblico.
Tale processo di analisi, però, è sempre svolto evidenziando analogie e differenze tra
project finance applicato ad investimenti privati e project finance applicato ad
investimenti pubblici, tanto è vero che, nella parte riguardante l‟analisi dei rischi, viene
dedicato uno spazio particolare al Public Sector Comparator (PSC), uno strumento di
analisi capace di correlare allocazione dei rischi e quantificazione del Value for Money
prodotto, studiato appositamente per il settore pubblico.
L‟obiettivo del presente lavoro, infatti, è quello di fornire un‟analisi approfondita
sull‟applicazione della finanza di progetto agli investimenti pubblici più che su questa
tecnica di finanziamento in generale, evidenziando tutti i vantaggi legati al suo utilizzo
7
ma anche i rischi ad esso associati, per altro accentuati dall‟attuale situazione del
settore degli appalti pubblici, all‟interno del quale questo strumento si va ad inserire.
Proprio a questo proposito viene fornita anche un‟analisi del D.P.R. 5 ottobre 2010 n.
207, regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice dei Contratti, che costituisce
la più recente e rilevante innovazione degli ultimi anni in materia di appalti pubblici;
quest‟ultima disposizione regolamentare, oltre ad introdurre innovazioni in materia di
qualificazioni, procedure, sanzioni e meccanismi di controllo per il tutto settore degli
appalti pubblici, incide direttamente anche sulla disciplina della finanza di progetto,
prevedendo la sua estensione anche all‟affidamento dei servizi.
Anche quest‟ultima disposizione, quindi, conferma la previsione secondo cui il project
finance e gli altri strumenti di Partenariato Pubblico Privato sono destinati a vedere
ulteriormente accresciuta la loro importanza in futuro.
3
3
A proposito si veda anche quanto scritto nell’intervento dall’ex presidente dell’Avcp Giampaolino al
convegno “Regole ed efficienza per la modernizzazione dei contratti pubblici”, tenutosi a Roma il 26
Maggio 2009: “La collaborazione tra pubblico e privato costituisce espressione dell’evoluzione del ruolo
del soggetto pubblico da operatore diretto nel mercato a organizzatore, regolatore e supervisore dello
stesso nel rispetto del principio di concorrenza e rappresenta una delle manifestazioni più evidenti del
principio di sussidiarietà orizzontale.”
8
Capitolo Primo
IL PARTENARIATO PUBLICO - PRIVATO IN ITALIA
1.1 PERCHÈ LO STATO COINVOLGE I PRIVATI?
La collaborazione tra Stato e privati esiste dalla nascita dello Stato moderno; la prima
forma di cooperazione può essere fatta risalire già nella seconda metà dell‟800, con le
concessioni di costruzione ed esercizio delle ferrovie (art. 242 - 300, legge 2248/1865),
seguite dall‟affidamento, sempre in concessione, di numerose opere di pubblica utilità
(autostrade in primis, ma anche acquedotti, gasdotti, metanodotti e molte altre). La
logica sottostante questi affidamenti era che la realizzazione di opere infrastrutturali di
interesse pubblico, spesso di notevole complessità, richiedesse ingenti investimenti e
competenze e capacità tecniche che la PA non sempre è in grado di sostenere.
A sviluppare questa tendenza intervennero in seguito anche altri fattori; infatti dopo il
boom economico degli anni „50 e '60 (periodo in cui la forte collaborazione tra Stato e
privati in Italia è brillantemente testimoniata dall‟IRI), l'impegno statale nell‟economia,
soprattutto a livello internazionale, iniziò a ridursi, fino ad arrivare al suo minimo con
le politiche reaganiane e thatcheriane; queste politiche erano state ispirate dalla crisi
petrolifera del 1974 e dalla congiuntura negativa di recessione e inflazione negli anni
seguenti, che avevano portato a quella che O‟Connor definì la “crisi fiscale dello
stato”, cioè “la tendenza delle spese governative ad aumentare più rapidamente delle
entrate”.
4
La crisi fiscale imponeva di ripensare al ruolo affidato alla Stato nella società, partendo
da una riduzione dei suoi costi; e questo non poteva tradursi in altro se non in una
riduzione dei servizi offerti, seguita dalla conseguente diminuzione dei trasferimenti
erariali alle autonomie locali.
4
J. O’ CONNOR, The Fiscal Crisis of the State, New York, 1973, trad. it. di V. Grisoli La crisi fiscale dello
Stato, Torino, 1977, pag. 4-6. L’Autore argomenta con specifico riferimento all’ordinamento
nordamericano, ma gran parte delle considerazioni sono evidentemente di portata generale.
9
Queste costituiscono però il livello di governo maggiormente a contatto con i cittadini,
e che, quindi, è maggiormente esposto alle attese e alle pretese degli stessi; era quindi a
questo livello che bisognava dare risposta alle richieste provenienti dalla società civile,
nonostante i crescenti vincoli alla capacità di spesa che venivano imposti dallo Stato
prima e, in seguito, anche dalla Comunità europea.
In Italia, a partire dalla seconda metà degli anni ‟90, la soluzione ai problemi legati al
reperimento dei fondi per gli enti locali è stata trovata, grazie anche ai più ampi
margini di autonomia finanziaria garantita a questi enti nell‟ottica dell‟ampliamento
delle competenze loro attribuite, nell‟adozione di nuovi strumenti di indebitamento per
garantire gli investimenti in opere pubbliche. Ai tradizionali mutui erogati dalla Cassa
Depositi e Prestiti si sono quindi affiancate altre più moderne e soprattutto più flessibili
forme giuridiche di reperimento fondi: dapprima l'emissione di prestiti obbligazionari
(BOC), cui hanno fatto seguito la cartolarizzazione dei crediti,
5
i contratti di SWAP
6
e
per finire il project financing .
Queste soluzioni discendono evidentemente da due teoremi fondamentali: maggior
ricorso al mercato e coinvolgimento di capitali privati, sulla scorta di quanto fatto in
5
Giannotti C. (2004), La Cartolarizzazione Dei Crediti: Rischi E Regolamentazione, Franco Angeli,
Milano, pag. 9: “La cartolarizzazione dei crediti rappresenta una delle più importanti operazioni di
finanza strutturata avviata negli ultimi anni da banche, intermediari finanziari, imprese e
amministrazioni pubbliche. Il meccanismo di base è piuttosto semplice: un originator cede crediti (o
altre attività finanziarie) non negoziabili a una società qualificata (SPV), la quale provvede alla
conversione di tali crediti in titoli negoziabili sul mercato (Asset Backed Securities, ABS).” Il credito
viene, quindi, ceduto a terzi e il rimborso dovrebbe garantire la restituzione del capitale e delle cedole
di interessi indicate nell'obbligazione; se il credito diviene inesigibile, chi compra titoli cartolarizzati
perde sia gli interessi che il capitale versato.
6
Bisio L. e Nicolai M. (2009), Il patto di stabilità e gli strumenti di finanza locale. Analisi evolutiva e
prospettive per il futuro, Maggioli, pag. 298: “Lo swap di tassi d’interesse (Interest Rate Swap - -IRS) è
un contratto derivato con il quale due parti concordano di scambiarsi flussi di interesse di diversa
natura (calcolati cioè secondo diversi tassi di riferimento). Il debitore di un prestito a tasso fisso si
impegna a pagare gli interessi di un prestito a tasso variabile che gravano sull’altro debitore e
viceversa. Il contratto, quindi, consente a un soggetto gravato da un debito a tasso fisso di trasformalo
in uno a tasso variabile e viceversa, senza estinguere anticipatamente i debiti.” Ai possibili numerosi
vantaggi degli IRS (gestione attiva del debito, tempi di attivazione ridotti, ecc.) fa però da contraltare
uno svantaggio notevole: l’indeterminatezza del costo finale del contratto, che è conseguenza
dell’andamento dei mercati finanziari.
10
altri paesi (Stati Uniti e Gran Bretagna in primis) per risolvere il problema della
riduzione dei trasferimenti statali verso gli enti territoriali.
La crisi fiscale dello stato è dunque il principale motivo che ha determinato l‟aumento
del coinvolgimento dei privati da parte dello Stato, anche se accanto ad esso se ne
possono rinvenire altri: una quantomeno presunta migliore capacità gestionale,
traducibile in maggior qualità per i servizi resi o in un risparmio di risorse, la
possibilità di trasferire ad essi parte di rischi (come minimo quello di gestione)
attraverso la previsione di adeguate clausole contrattuali e la presenza, nel settore
privato, di competenze non rinvenibili presso le pubbliche amministrazioni. In generale
quindi, la crisi fiscale che si è innescata negli anni ‟80 è stata lo stimolo che ha favorito
una maggiore collaborazione tra Stato e privati, aumentando così complessivamente le
dimensioni di un fenomeno esistente da sempre e di per sé comunque già decisamente
rilevante.
I nuovi strumenti attraverso cui si è cercato di coinvolgere i privati sono stati dunque i
BOC (a livello locale) e la finanza di progetto, che si sono venuti ad aggiungere al
tradizionale strumento di cooperazione tra pubblico e privato, la concessione, alla
quale, per altro, il project finance è stato fatto risalire.
1.1.1 I Buoni Obbligazionari Comunali (BOC): potenziali “apripista” della finanza
di progetto
In Italia, la materia relativa ai prestiti obbligazionari degli enti territoriali è stata
introdotta con gli articoli 35 e 37 della legge finanziaria 1995, che ha permesso a
comuni, unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane, consorzi tra enti
locali territoriali, province e regioni di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari
destinati, però, esclusivamente al finanziamento di investimenti o piani di
investimento; il primo e più importante limite da tenere in considerazione prima di
procedere all‟emissione di BOC
7
è dunque il divieto assoluto di assumere debito per il
7
Le obbligazioni assumono denominazioni diverse a seconda dell’ente che provvede ad emetterle,
distinguendosi cosi in “BOC” (buoni ordinari comunali), “BOP” (buoni ordinari provinciali) e “BOR”
11
finanziamento di spese correnti
8
, previsione che è accompagnata da una serie di altri
vincoli per evitare l‟utilizzo improprio di questo strumento.
Innanzitutto l‟ente emittente “non deve trovarsi in situazioni di dissesto finanziario o
strutturalmente deficitarie”
9
e deve valutare l‟importo dell‟emissione che intende
attuare in base alla sua capacità d‟indebitamento: gli interessi sui prestiti
obbligazionari, infatti, concorrono alla determinazione dell‟ammontare complessivo
dei pagamenti dovuti nell‟anno finanziario per il servizio del debito, il quale non può
superare il valore soglia individuato per legge per ciascuna tipologia di ente
emittente
10
.
(buoni ordinari regionali); nella prassi, anche in sede governativa, è però ormai diffuso l’utilizzo
dell’acronimo di “BOC” per individuare tutti i buoni obbligazionari emessi dagli enti territoriali. Per una
trattazione più approfondita si vedano: Carnà A.R. (2003), I buoni obbligazionari comunali. Dalla
finanza derivata alla finanza autonoma, in Budget, n.33, pag. 4-18; Bisio L. e Nicolai M. (2009), Il patto
di stabilità e gli strumenti di finanza locale. Analisi evolutiva e prospettive per il futuro, Maggioli, pag.
303-307; Boccia F. (1999), I Buoni Obbligazionari Comunali, Ed. Il Sole 24 Ore Libri, Milano; Piccirilli E.
M. (2001), Gli strumenti alternativi di finanza locale: i BOC, in Impresa Commerciale Industriale, n. 3,
pag. 408 e ss.; Boccia F., Nigro M. (2000), La finanza innovativa, Boc, Bop, Bor, swap e mutui: costi e
opportunità per non sbagliare investimento, Ed. Il Sole 24 Ore Libri, Milano; Dexia-Crediop, Firullo F. (a
cura di), Le emissioni obbligazionarie degli enti territoriali italiani (1996-2002), in Pubblic Finance, n.1
settembre 2003, Roma, pag. 3-14.
8
Come stabilito all’art. 5 della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001: ” I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno
un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia
dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.”
9
Questo, ai sensi art. 37 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30
dicembre 1994, n. 304, si traduce nella possibilità di emettere delle obbligazioni solo nel caso in cui gli
enti:
1. abbiano registrato un avanzo di amministrazione nei conti consuntivi relativi all'ultimo e al
penultimo esercizio precedente quello dell'emissione del prestito;
2. abbiano interamente ripianato gli eventuali disavanzi di gestione dei servizi pubblici gestiti a
mezzo di aziende municipalizzate, provincializzate e speciali, nonché gli eventuali disavanzi dei
consorzi per la quota a carico del singolo ente locale interessato.
10
Ad esempio per i comuni l’importo annuale degli interessi su un prestito obbligazionario, sommato a
quello su mutui e prestiti già contratti in precedenza e da contrarre nell’esercizio di riferimento, non
deve superare il 25% delle entrate relative ai primi tre titoli (primi due per le comunità montane) delle
entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene deliberata l’emissione del
prestito (art. 204 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
12
I BOC, inoltre, devono avere una durata non inferiore a cinque anni, possono essere
puri oppure abbinati a warrant
11
o convertibili in azioni di società di proprietà dell‟ente
emittente e soprattutto non possono essere coperti da alcuna garanzia a carico dello
Stato: pur potendoli considerare ancora titoli “a basso rischio”, il rimborso del prestito
non è dunque garantito in caso di grave crisi economico-finanziaria dell‟ente emittente.
Per prestiti superiori alla soglia comunitaria (200.000 euro) deve essere adita, per
garantire il rispetto delle norme di evidenza pubblica, una procedura concorsuale,
mentre nel caso opposto gli enti territoriali possono scegliere tra la trattativa privata e
la gara informale; il collocamento del prestito obbligazionario deve comunque avvenire
tramite intermediari finanziari autorizzati, il cui grado di coinvolgimento può variare in
modo significativo. Nell‟ipotesi minimale, l‟intermediario si limita al solo
collocamento dei titoli sul mercato, tramite classamento privato presso investitori
istituzionali oppure tramite offerta al pubblico; in alternativa, l‟intermediario
finanziario può essere incaricato a svolgere una funzione di collocamento e garanzia
del prestito emesso, con conseguente impegno ad acquisire l‟eventuale quota di prestito
non assorbita dal mercato. L‟assunzione maggiore di responsabilità per l‟intermediario
finanziario nell‟operazione di collocamento dei titoli si ha con la sottoscrizione a fermo
locali”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 28 settembre 2000 - Supplemento Ordinario n.
162).
11
Mangia M. (2006), Covered warrant e certificates. Una guida pratica ai securitised derivatives, Franco
Angeli, Milano, pag. 55: “Con il solo termine warrant si indica generalmente un diritto a sottoscrivere
azioni di una società quotata entro una scadenza predefinita, con una durata generalmente superiore
al periodo di esercizio dei diritti relativi ad un aumento di capitale. Il warrant è emesso da una società
in corrispondenza di un aumento di capitale o al fine di rendere più appetibili proprie obbligazioni
(obbligazioni cum warrant). Il warrant può circolare separatamente rispetto all’obbligazione e può
essere negoziato in borsa.”
A seconda dell'attività sottostante si distinguono due tipologie di warrant:
Warrant (in senso stretto) che hanno come attività sottostante esclusivamente azioni
Covered warrant che possono avere come attività sottostante azioni, obbligazioni, indici
azionari o obbligazionari o anche panieri di titoli, valute o tassi di interesse.
L’acquisto di un covered warrant “deve essere considerato un investimento altamente volatile e
rischioso perché la probabilità che il covered warrant giunga a scadenza senza alcun valore è elevata,
determinando la perdita dell’intera somma utilizzata per l’acquisto.” I covered warrant dovranno,
quindi, essere rivenduti prima della loro scadenza sul mercato, monetizzando gli eventuali utili.
13
dell‟intera emissione obbligazionaria; ed è proprio questo il caso più frequente, poiché
la totale sottoscrizione di tutti i titoli emessi è condizione indispensabile per la chiusura
dell‟operazione, e questo è il metodo più rapido per raggiungerla. Il lato oscuro di
questa prassi è stata la mancata diffusione dei titoli presso i risparmiatori, con il rischio
di ridurre l‟emissione di BOC a una forma di finanziamento per lo più analoga ai mutui
bancari tradizionali.
Le novità più importanti in materia sono state introdotte dalla legge finanziaria 2002,
12
che ha consentito agli enti locali di emettere obbligazioni dotate di strutture finanziarie
particolari, associate sin dall‟emissione a strumenti di finanza derivata. L‟introduzione
della norma, istituita per sviluppare una politica di gestione attiva del debito, in grado
di comprimerne i costi, sembra però essersi rivelata tutto sommato dannosa, dato l‟uso
che ne è stato fatto
13
, probabilmente a causa di una sbagliata valutazione dei rischi. È
bene sottolineare, comunque, come la possibilità concessa agli enti territoriali di
emettere titoli obbligazionari, pur garantendo una maggiore autonomia nella gestione
delle entrate
14
, non consenta di ampliare la capacità di indebitamento degli enti stessi,
12
La Legge 28 dicembre 2001, n. 488, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001,
Suppl. Ordinario n. 285, oltre alla possibilità di utilizzare derivati, ha introdotto diverse altre novità,
come:
il superamento del vincolo di restituzione graduale del capitale e la conseguente possibilità,
anche per gli enti locali, di emettere titoli obbligazionari con struttura di ammortamento di
tipo “bullet”, cioè con rimborso del capitale in unica soluzione finale,
la rimozione degli obblighi di collocamento alla pari dei titoli e di aggancio del rendimento
effettivo degli stessi a quello dei titoli di Stato,
la possibilità di assumere nuovo debito, attraverso emissioni obbligazionarie o mutui bancari,
per finanziare l’estinzione anticipata di vecchi mutui, qualora ne derivi un vantaggio di costo.
13
In alcuni casi si è arrivati addirittura al fallimento dell’ente (come i comuni di Catania e Taranto), ma
molti altri comuni risultano pesantemente indebitati (Milano, Napoli). Certamente questo può essere
ascritto solo parzialmente alla possibilità di ricorrere ai derivati, ma dati i rischi forse sarebbe stato
meglio mantenere la precedente versione della norma, limitandosi a prestiti obbligazionari “standard”,
e non ricorrendo a strumenti di finanza derivata. Sul tema si veda Montemurro F. (2003), Bilanci e
patto di stabilità, le difficoltà dei grandi comini, in Comuni d’Italia, Maggioli, n.10, pag 21 e ss e Bisio L.
e Nicolai M. (2009), Il patto di stabilità e gli strumenti di finanza locale. Analisi evolutiva e prospettive
per il futuro, Maggioli, pag. 304 e ss.
14
Autonomia che è stata garantita grazie alla riforma dell’art. 119 della Costituzione. Sull’estensione di
questa autonomia, però, il dibattito è più che mai vivo ed attuale. A titolo esemplificativo sulle due
posizioni presenti (una che spinge verso un maggiore decentramento, l’altra più preoccupata a
14
essendo il nuovo strumento una forma alternativa e non aggiuntiva di indebitamento; il
legislatore, però, con l‟istituzione dei BOC, si era posto obiettivi di portata più ampia
rispetto al mero allargamento delle fonti di finanziamento a disposizione degli enti
locali. L‟auspicio era che l‟emissione dei BOC potesse favorire la formazione e la
diffusione di una cultura economica nella valutazione degli investimenti pubblici, che
avrebbe dovuto costituire la base per promuovere una più stretta e intensa
collaborazione tra settore pubblico e privato, da realizzarsi, in seguito, attraverso le
varie forme di partenariato, project financing in primis; tanto è vero che i BOC erano
considerati come “uno strumento a metà strada tra le modalità tradizionali di
finanziamento e il project financing, specie se il rendimento dei titoli è in qualche
modo collegato alle ricadute dell‟investimento compiuto con le risorse in oggetto”
15
.
Nonostante progetti di questo tipo (opere calde) siano stati intrapresi, non si può dire,
però, che assieme alla diffusione dei BOC si sia sviluppata “una comune accettazione
della cultura del project financing”
16
, dato che nella valutazione del BOC da parte del
sottoscrittore l‟elemento determinante sembra essere costituito dalla situazione
economica e finanziaria dell‟emittente, piuttosto che dalla capacità del progetto di
generare ricavi.
Ma proprio l‟isolamento del progetto e la sua capacità di generare flussi di cassa tali da
consentire il rimborso del debito, accompagnato da un ragionevole profitto, devono
essere alla base di un‟operazione di project financing, e nel momento in cui queste
valutazioni vengono messe in secondo piano rispetto alla salute finanziaria dell‟ente
proponente, siamo di fronte a qualcos‟altro, a una normale forma di corporate finance
applicata alla PA.
garantire uniformità a livello nazionale) si vedano: A. Amatucci, L’ordinamento giuridico della finanza
pubblica, Jovene, Napoli, 2004, pag. 77 e ss.; Leccisotti, Considerazioni a margine del cosiddetto
federalismo fiscale, in Diritto e Pratica Tributaria, 2002, I, pag. 341 e ss; F. Gallo, Prime osservazioni sul
nuovo art. 119 della Costituzione, in “Rassegna Tributaria”, n. 2, 2002, pagg. 585 e ss; Fedele, Appunti
dalle lezioni di Diritto tributario, I, Giappichelli, Torino, 2003, pag. 40 e ss.
15
Pompella M. (1999), Le nuove modalità di finanziamento degli investimenti strutturali: la finanza di
progetto, in Banche e Banchieri, volume 26, fascicolo n. 1, pag. 29-53.
16
Benvenuti M. – Calò A. (2000), Le obbligazioni degli enti territoriali: analisi e commenti, in Studi E
Note Di Economia, n. 2, pag. 93-121.